Recensioni Tremende - Dopo Tzar - Lista 10.1

Questa è la recensione dell'opera Dopo Tzar di sunadir

La recensione qui presente non intende essere offensiva, è un mio parere personale. Sono caustica, lo so. Ma lo sono sull'opera, non su di voi. Non sono attacchi personali, lo devo specificare perché qualcuno purtroppo fraintende. Potete prendervela, e anche tenervela. Sorry, not sorry.

Let's go!

Premetto. È probabilissimo che io non abbia capito un cazzo – e la mia riflessione è comunque circoscritta ai dieci capitoli da me letti, non oltre – ma se questa è fantascienza, io mi chiamo Moira Orfei.

Cara autrice, ti devo avvertire. Eventi traumatici causati consapevolmente da me stessa a me stessa medesima hanno portato a una drastica riduzione del mio livello di tolleranza a qualsiasi cosa. Mi scuso in anticipo per il mio tono che prevedo già sarà parecchio scartavetrante. Ci tengo a ribadire che la mia scartavetratura è sempre circoscritta a testo. Puoi sempre e comunque mandarmi a cagare, è un augurio che prendo a cuore. Posso anche unirmi con giubilo al coro di invio. Just sayin'.

Grammatica/Ortografia/Sintassi

La forma ­­­­­­­è sul tremendo andante: macchinosa, con gerundi giustapposti, avverbi messi di traverso, perifrasi stopposissime e tutta una serie di ripetizioni inutili che rallentano il ritmo e mi fanno chiedere, alla fine della fiera, dove diavolo tu voglia arrivare e a me lettore se ancora interessi saperlo. Nella mia testa ho trovato tante/troppe somiglianze con la lingua parlata, che, tuttavia, nel fermarsi sul foglio perde tutto il brio (laddove ce ne sia in partenza, a dire il vero, e qui un paio di dubbi alla volta mi sono venuti) e la rapidità proprie della comunicazione orale.

Cap 1. Lui in risposta le si strusciò sulla gamba scodinzolando. Io avrei tagliato in risposta. Cioè la tizia è nel bosco con il cane, non è che si mette a parlare con gli elfi silvani. E poi quel gerundio finale, come un brufolo la sera dell'appuntamento con il tizio che ti intrippa da mesi e mesi. Mettiamo due verbi alla forma finita e una benedettissima coordinata che è molto più semplice, immediato e comprensibile. Almeno per me. Che magari non capisco un cazzo, ma questi sono dettagli. Quindi. Lui scodinzolò e le si strusciò sulla gamba. Che poi se questa è una reazione del cane a qualcosa che lei dice, io che leggo lo capisco in automatico che sia una pseudo risposta canina. O qualcosa del genere. Non c'è bisogno di farmi lo spelling. Sono intelligente. Ci posso arrivare. Credo.

Cap 1 Ityu era il suo migliore amico, era solo un cane, ma Kejsi era sicura che riuscisse a capire tutto quello che gli diceva. La complicità tra loro era semplicemente unica, dove andava Kejsi andava Ityu.­­­

La costruzione di questa frase è estremamente pesante. Pesanterrima. L'inciso, era solo un cane, è utile quanto un coltello per la minestra e il giro di parole per dire che il cane è fedele (mai sentita questa cosa, davvero mi sono cadute le calze dalla sorpresa) e le sta sempre appresso mi sembra un tantinello eccessivo. Lei era sicura che lui capisse che lei gli avesse detto che al mercato mio padre comprò. A.I.U.T.O. Vieni al sodo per piacere e non mi spiattellare quello che uno pensa che l'altro riesca a fare, perché siccome uno dei due soggetti è dotato di parola e l'altro no, tutto quello che il soggetto non parlante pensa o meno è comunque frutto di una sega mentale del verbo-dotato. 

La base della frase è soggetto - verbo - complemento. Si comincia a padroneggiare le strutture semplici e poi si inizia ad aumentarne la complessità. Occhio anche alla punteggiatura, all'eccessivo uso di avverbi in mente che danno il colpo di grazia a una struttura già di per sé piuttosto greve.

A proposito di punteggiatura. Io non so quante volte l'ho ripetuto ma mi sto venendo a noia da sola. E un po' mi venite a noia pure voi. Dopo le virgolette, le caporali, il trattino alto basso medio o qualsiasi diavolo di stratagemma vogliate usare per indicare il discorso diretto, ecco dopo le virgolette (...), il maledetto verbo dichiarativo che segue va con la maledetta lettera minuscola. Uffa.

Cap. 6 "Cos'hai trovato?" 

Chiese con due occhioni spalancati.

Io boh. Che poi magari un giorno un'anima pia mi spiegherà perché cacchio andate a capo. Non so se sarei in grado di capirlo, ma almeno qualcuno che me lo spieghi. Please.

Mi ripeto anche sugli avverbi in mente. Possono andare se usati con cognizione di causa. Qui purtroppo sono messi, puntualmente in frasi in cui non sono assolutamente necessari. Cito un tizio con il nome di una patologia: Dio che fastidio!

Presentazione e sviluppo dei personaggi. Partiva sulla carta come un romanzo di fantascienza. Peccato che i primi capitoli assomigliano ad Harmony. E dei tre personaggi sulla scena per la maggior parte del tempo, quello con più personalità finora è il cane. Trai tu le tue conclusioni.

Niente, e sottolineo niente, di quello che i personaggi pensano o sentono, per quanto tu ti ostini a spiegarlo e rimarcarlo a parole, mi arriva. Lo ribadisco. Sarò io che non capisco un cazzo, ma a me hai chiesto la recensione, quindi ti tocca.

Ogni caratteristica della protagonista è esposta con dovizia di particolari e niente di quello che sente o pensa, nonostante sia appunto sviscerato come una trota al banco del pesce, arriva fuori dal testo. E la colpa è tua autrice che ti metti di mezzo a spiegare, dire, fare, baciare, lettera e testamento su quanto lei pensi, e senta e percepisca. Ma levati di mezzo, per favore e lascia che i tuoi personaggi agiscano di vita propria. E invece no. Tu ci sei e vuoi farti sentire, filtrando tutto quanto come un colino da brodo. 

Stesso discorso per lui. 

Risultato: i due sembrano due pezzi di plastica.

Certo agiscono in maniera vagamente logica, questo glielo devo riconoscere, ma è davvero troppo poco perché io senta anche un microgrammo di empatia nei loro confronti. Io che sono una scassacazzo esigo di sentire nella pancia quello che provano, non perché me lo dici tu autrice, ma perché esce fuori dalla pagina come un'esplosione nucleare, appunto. E invece nulla. Tutto, anche la percezione del dolore fisico rimane intrappolata nelle parole come le ali di un uccello nella macchia di petrolio. Il trionfo della noia.

E la storia d'amore è quanto di più incongruente io possa immaginare. Capisco che trovarsi insieme in una tragedia di portata mondiale possa avvicinare due tizi. Ma il modo in cui nasce la faccenda è davvero inverosimile. Ciascuno dei due si fa un'idea dell'altro basata su Dio-solo-sa-cosa - i dialoghi sono scarni e davvero poco profondi-  e bam! sono innamorato/a e io ti proteggerò a costo della vita

Chissenefrega della sopravvivenza, della paura dell'incertezza, della fottuta guerra nucleare. Viva l'ammore!

Ma siete seri? Non è che le radiazioni vi hanno fritto i neuroni?

Passo. 

Comunque l'avevo detto che quello più credibile è il cane. Inciso sulla tipa, che pensa due misere volte ai genitori nel corso dei dieci capitoli. Io boh.

Descrizioni.  Una cosa che non mi spiegherò mai poi sono le descrizioni dettagliate degli outfit. Ricordo male o si parlava dell'esplosione di una bomba nucleare?

Da migliorare molto. Non con l'implementazione della quantità degli aggettivi. Per favore.

Sono andata a cercare una foto del cane lupo cecoslovacco di cui ignoravo connotati ed esistenza. Grazie, ho imparato qualcosa di nuovo.

Trama. Ti faccio una domanda spassionata: ma tu hai una vaga idea di cosa significhi sopravvivere a un'esplosione nucleare?

Propenderei per il no. Ti colloco in un'età che ha avuto la gran fortuna di non sperimentare la cosa direttamente, anche solo raccontata in diretta TV. Come la sottoscritta, del resto . Ma scusami la franchezza scartavetrante: la tua descrizione degli eventi sembra né più né meno come una presa in giro. La storia e noi uomini non ci siamo risparmiati nemmeno questa amenità, per cui ci sono pacchi di testimonianze, fotografiche, scritte, storiche da consultare. E parlano tutte di un'esperienza raccapricciante. Raccapriccio di cui nella tua storia non c'è nemmeno il sentore.

Il problema non è la storia d'amore in sé. È che questi sono sopravvissuti a una stramaledetta bomba nucleare e per tutto il tempo sembrano due che stanno facendo la scampagnata di Pasquetta. Mi dispiace, per me è no.

C'è un totale scollamento tra la gravità dei fatti narrati (almeno quelli legati all'esplosione) e l'appiglio emotivo che è totalmente mancante. È come se esistesse un filtro tra ciò che succede e ciò che viene percepito e questo filtro, lo ripeto, sei tu autrice, con le parole ridondanti su un dolore fisico ed emotivo che viene solo descritto, a volte anche minuziosamente ma non esce per nulla dalla pagina. Mi aspetto di sentirmi strappare le budella e invece le mie budella sono ancora saldamente fissate alla mia parete addominale. L'emotività non si trasmette con dettagli pulp o con una carriola di parole che si inseguono. L'emotività si trasmette con un numero adeguato di parole calibrate. Cercare il significato di calibrato sul dizionario.

Varie ed eventuali.

La mole di infodumping che hai messo in piazza mi ha steso. Mi sono partiti i ma che cazzo me ne frega? seguiti dagli e quindi? a ripetizione. Non mi puoi buttare info a caso con il badile in mezzo alla narrazione. Io voglio sapere cosa sta succedendo, se la tizia ci lascia le penne ed eventualmente in che modo, non come cavolo si chiama il cane del vicino di casa di quando la suddetta tizia aveva 5 anni.

Esempio 1. Lei che si spiega la rava e la fava, facendosi domande e dandosi risposte su cose di cui comunque non ci frega una cippa, tipo le dimensioni degli aerei.

Esempio 2. Lui che si mette a pensare della madre malata di cancro mentre la tizia sulla barella sta rischiando di lasciarci le penne male - Cap 3.

Cap. 1 Sentì il telefono vibrare, era Rebecca. > ecco qui c'è una semplificazione dei passaggi logici un tantino eccessiva. A me viene il dubbio che questa abbia un microchip nel cervello e riesca a sapere chi è e cosa vuole senza nemmeno prendere in mano il telefono. Certo che lo deve avere fatto, ma per come lo hai scritto con quella maledetta virgola che sembra legare le due frasi con lo sputo, la relazione causa/effetto, tempo/spazio e tutto il resto è troppo immediata, e a me, che mi faccio le seghe mentali di natura, non mi garba. Metti almeno un punto. In quella pausa, se non altro, posso inferire un gesto che tu non mi vuoi dire. 

Esempio brutto: "Sentì il telefono vibrare. Alzò gli occhi al cielo vedendo l'ennesimo messaggio di Rebecca che le chiedeva un rene..."

Così poi mi togli anche il tremendissimo "anche se controvoglia stava per..." che segue e che mi si è piazzato di traverso come un osso di pollo. L'allungamento di un'azione inutile; non so se sia peggio il controvoglia (questo controvoglia potrebbe essere sostituito più efficacemente da un'azione, tipo sbuffare, alzare gli occhi al cielo o dire tre Ave Maria) o la costruzione perifrastica che solitamente è gradevole come un dito nell'occhio. Soprassiedo.

Ma che cacchio vuol dire, nel primo capitolo: istinto sviluppato nei ventitrè anni di vita e di studio?

L'istinto è qualcosa che entra in gioco a prescindere dalle esperienze pregresse.

Cito Wikipedia: L'istinto, o comportamento innato, è la tendenza intrinseca di un organismo ad eseguire o mettere in atto un particolare comportamento. Sono comportamenti automatici cioè non sono frutto di apprendimento né di scelta personale. L'istinto ha un rapporto piuttosto rigido con ciò che desidera e a cui mira, difficilmente ottenendo soddisfazione da un oggetto diverso."

Ed è il motivo per cui tutti i discorsi che iniziano con "Se io mi trovassi in questa situazione farei così..." sono delle grandissime puttanate > non sai come reagisci ad una situazione di pericolo finché non ci sei dentro e tutto il resto è pura chiacchiera da bar.

Quindi dire che questa ha sviluppato l'istinto in 23 anni di vita è un'affermazione paradossale a livello di significato, essendo appunto l'istinto un impulso innato e non qualcosa che si può sviluppare. Uffa.

Cap. 1 "ubbidiente alla padrona." A chi altro deve ubbidire visto che sono lì in due?

Secondo me la descrizione dell'esplosione è totalmente scentrata. Potrebbe essere molto più di impatto se dosata bene nel contrasto tra accadimenti esterni e reazioni interne della protagonista. Invece c'è questa specie di elenco: primo stadio, bla bla bla, secondo stadio, bla bla bla, che calpesta l'impatto emotivo di un evento tanto tragico (quando potrebbe invece amplificarlo) e si perde in complementi inutili senza travolgere il lettore con una mazzata nello stomaco. Davvero poco efficace. Allora la mia domanda è: vuoi un racconto distaccato/asettico? Allora perché insistere sulla descrizione del dolore? Vuoi mettere le emozioni? Allora dacci dentro, non fare la timida che lancia il sasso e poi nasconde la mano. Così com'è, non è né carne né pesce. Meh.

Cap 3. "si girò verso la ragazza, avrà..." Qui giace la consecutio temporum, prematuramente scomparsa assassinata dall'autora. Senza contare che questo tizio è appena sopravvissuto a un'esplosione atomica, ha vicino una tizia ridotta a carbonella e si mette a fare i discorsi esistenziali? Ma stai bene? Sappi che il suspension of disbelief si è appena lanciato dalla finestra. La mia domanda qui è: ma tu hai provato a immedesimarti in questa scena?

Hai mai visto le foto dei sopravvissuti alle bombe atomiche? Ti sembrano persone che si mettono a pensare al senso della vita? Ho avuto l'opportunità di visitare il Museo della Pace a Hiroshima e - forse sono io la strana - ma a me vedendo le cose sciolte (tipo bottiglie di vetro, giocattoli e qualsiasi altro oggetto presente nella quotidianità di chiunque) che sono state raccolte e messe in teche a perenne monito, francamente è venuto freddo. Già, perché se le cose erano in quello stato, cosa era toccato alle persone? Lo so cosa è toccato. Ho visto foto, letto testimonianze, visto manichini esposti e modellati sugli effetti dell'esplosione nell'immediato sul corpo umano. E no, non mi è venuto da pensare al senso della vita. Mi veniva solo da vomitare dallo schifo che una cosa del genere fosse potuta accadere veramente. E io ero un'ignara spettatrice di una cosa accaduta cinquant'anni prima. Boh. Boh. Boh.

Cap 3. "Antibiotici che finiscono in ina..." in effetti le sue conoscenze mediche sono davvero approfondite. Aspirina, anche? Se fossi in lei a questo punto preferirei morire subito, che quello magari ti inietta un po' di sana aria nel sangue pensando di farti anche del bene! Macheccazz!

Cap 4 "dove andava Kejsi andava lui..." dove l'ho già sentita questa?

Cap 4. "ma lui di quelle cose non aveva alba" Non avere alba credo sia dialettale, perché io che pure a naso posso arrivare al senso non l'ho mai sentito in vita mia. Dialetto: no, grazie.

E niente, Amos al capitolo 4, dopo aver giustamente dubitato delle sue capacità di eseguire un intervento di ricostruzione della pelle (una quisquiglia mi dicono), ci ripensa e nel capitolo 6 si getta nell'impresa, roba che Mark Sloan e Jackson Avery, levateve de torno. Ovviamente ha acquisito le capacità attraverso un viaggio astrale durante la notte modello Dr Strange e riesce anche, non solo a non ammazzare la tizia nel processo (diverse ore di intervento, niente meno), ma addirittura a fare un buon lavoro. Ma a che serve studiare medicina, dico io. Io ho visto 17 stagioni di Grey's Anatomy, posso praticamente fare il cardiochirurgo. Chiamatemi pure Dottoressa, grazie.

Sì, sono sarcastica. La domanda sorge infatti spontanea: ma mi pigli per il culo?

Sospetto che la risposta sia sì, perché per quanto io frequenti un ospedale, trovo alquanto improbabile potermi trasformare in un chirurgo plastico dalla sera alla mattina ed eseguire un intervento al buio senza uccidere la paziente. Sorry, not believable.

E non ho finito. Che una che riporta ustioni di non so che grado guarisca in meno di un mese, seppur opportunamente curata (cioè non in questo caso), la vedo piuttosto ottimistica come previsione (a livelli di utopia o universo magico direi). Se poi le cure sono date in condizioni più che precarie - francamente - col cacchio che guarisce. E invece no, questa non solo non muore e non perde arti a caso, nossignore, non si piglia un'infezione manco a darle cinque euro. Che poi abbia voglia di mettersi un vestito da sera a sirena, quindi attillato e sbrillantinoso (soprassiedo sul fatto che la taglia sia magicamente perfetta), quando anche le fibre naturali sono praticamente una tortura sul tessuto ustionato, direi che mi suona quantomeno fantascientifico (si, ho fatto un gioco di parole).

Cap 5. "Furono pensieri tristi perché la risposta sapeva di conoscerla già..." Ogni pensiero logico dopo questa frase è stato estirpato alla radice. Tizia pensa ai genitori e ovviamente le sale la depressione non vedendo possibilità di salvezza. Peccato che questa acrobatica affermazione poi si riproponga in molteplici salse che la eviscerano dal concetto di base e venga infine smentita dal suo comportamento -> infatti vuole andare a cercare i genitori. Tizia decidi cosa vuoi pensare, se mantenere viva la speranza e agire di conseguenza, oppure se fingere di perderla ma mantenerla in segreto malgrado te stessa e la tua grande praticità, oppure ancora se credere che tutto sia andato alle ortiche e pensare di conseguenza. Insomma che cacchio vuoi pensare?

Cap. 6 "Si sentì disperata e allo stesso tempo sollevata..."  Che significa esattamente? Uno non è che si sente disperato. Uno lo è o non lo è. Non è un sentimento che va per gradi. E, boh, sarò ottusa, ma se uno è disperato c'è spazio per poco altro che non sia peggio. Di sicuro non per il sollievo. Ossimoro allo stato brado.

Ho trovato i flashback di un'inutilità cosmica. Non aggiungono nulla. Occupano solo spazio. Vale per la lezione sull'energia nucleare, sul siparietto con i genitori e sull'adozione del cane. Tutti inutili.

 E poi al capitolo 9 abbiamo la svolta comica. Sì, perché quello che era iniziato come il racconto di una storia terribile si sta tramutando in una serie di eventi tra l'inverosimile e l'improbabile.

Scusa, ma qual è il fondamento logico, in un contesto di guerra nucleare, di un vecchio che comprensibilmente impaurito da due sconosciuti, li invita poi a casa sua per farsi perdonare per avergli puntato contro un'arma e vuole sdebitarsi con una torta di mele? Ma ripeto: ma mi stai prendendo per i fondelli?

Io boh.

Concludendo

Lo stile è acerbo. Nulla di irrimediabile, quindi. Devi leggere. Devi leggere. Devi leggere. Devi leggere. Devi leggere. Devi leggere. E questo dovrebbe aiutarti a migliorare sensibilmente la forma, che ne ha bisogno.

Quello a cui devi fare attenzione soprattutto però, è la mancanza di senso logico del testo. Non puoi dire che il tuo testo è un romanzo fantascientifico/post-apocalittico e poi piazzarci la storia d'amore spicciola per guadagnare consensi di botto. Io leggevo e intanto continuavo a chiedermi: sì, ma nel mondo che cacchio sta succedendo? Niente, questi sembrano in una dimensione parallela.

Non puoi spiattellare competenze dal niente senza uno straccio di giustificazione. Se questo opera a freddo, magari dagli almeno un background di formazione medica (fa lo stesso alzare un sopracciglio, ma c'è un vago fondamento che giustifichi le sue azioni). Non puoi sminuire la gravità di certi eventi solo perché ti fa comodo o fa comodo a dove vuoi mandare gli eventi (ho letto per curiosità un paio di testimonianze a Hiroshima. Uno dei tizi con ferite gravi, ma non necrotiche racconta che è stato curato ogni giorno per un anno e mezzo prima di rimettersi in piedi, per dire).

Ragiona sulla logicità e sulla verosimiglianza di certi passaggi e documentati per bene su quanto scrivi. Ogni autore ha la responsabilità di quanto scrive, dell'esattezza delle informazioni che presenta, della ricerca e della verifica delle loro fonti e per una certa misura anche dell'interpretazione che ne da. Io ho trovato molte incongruenze che ti ho segnalato, e che mi hanno fatto storcere parecchio il naso, per non dire di peggio.

Ripeto, nulla di irreparabile. Ma un testo che affonda le radici su una ricerca a monte ben fatta fa un effetto ben diverso al lettore.

Buon lavoro.








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