Recensioni Tremende - Coywolf - Lista 9.1
Questa è la recensione dell'opera Coywolf di vincenzo14599
La recensione qui presente non intende essere offensiva, è un mio parere personale. Sono caustica, lo so. Ma lo sono sull'opera, non su di voi. Non sono attacchi personali, lo devo specificare perché qualcuno purtroppo fraintende. Potete prendervela, e anche tenervela. Sorry, not sorry.
Let's go!
Che dire, leggo la sinossi e dopo due frasi mi parte la sigla di Ken Shiro nella testa, sigla che secondo me insieme al quella dell'Uomo Tigre, è una delle più belle sigle dei cartoni animati di sempre, non accetto altri pareri, grazie, ciao.
Come ho già messo in chiaro altrove, io e la fantascienza ci prendiamo poco (e deduco che l'aggettivo post-apocalittico sottointenda il macrogenere fantascienza, dacché io di romance post apocalittici ne conosco zero, ma potrebbe anche essere la mia limitata conoscenza, chissà), ma cercherò di non farmene una colpa.
Dunque, gambe in spalla e via.
Grammatica/Ortografia/Sintassi. A livello grammaticale ho riscontrato diversi problemi che potrei raggruppare in tre macrocategorie:
- problemi nella gestione dei tempi verbali che spesso se ne sbattono la ciolla delle relazioni di tempo;
Cap. 2 "Il luogo dove vissi... Delle tre aperture che aveva, una fu saldata.." Qui c'è un racconto di un passato più passato del passato in cui si svolgono gli eventi. Per rendere meglio questa idea userei un trapassato prossimo, era stata saldata, che btw si collega molto meglio al prima che nascessi che segue.
Cap 2 "mentre i miei genitori si misero..." Mentre implica un'azione nel suo svolgimento e quindi preferirebbe, in un mondo ideale, l'imperfetto e non il passato remoto che ha significato più puntuale. Mentre i miei genitori discutevano...
Cap 7. "Tra tutti i miei fratelli lei è sempre stata l'unica a condividere una curiosità come la mia." Ce lo ricordiamo vero, che il tempo della narrazione è il passato remoto? Era l'unica, porco becco, altrimenti la concordanza va a funghi! Uffa. E leviamo quel sempre che non c'entra una fava – visto che la verità della cosa è veicolata dal tempo verbale e non ha bisogno di avverbi rafforzativi di nessun genere.
Cap. 8 "In seguito, abbiamo imparato..." Rivedi sopra qual è il tempo della narrazione [inserisci parolaccia molto colorita qui].
Cap. 9. "Grazie alle ricchezze che mio padre riportò dalla città fantasma, avevamo aggiunto..." La relazione temporale così com'è, suona davvero bislacca. O tieni entrambi i verbi al passato remoto (riportò... aggiungemmo), o entrambi al trapassato prossimo (aveva riportato... avevamo aggiunto), oppure prima al trapassato remoto e poi al passato remoto (aveva riportato ... aggiungemmo). Personalmente, l'ultima è quella che preferisco perché secondo me rende più chiara la relazione temporale/consequenziale tra i due eventi.
- problemi di ortografia: soprattutto virgole che si perdono per strada.
Cap 4. "Dopo un po' le ossa..." Mmm "Dopo un po', le ossa..."
"Dietro la scrivania le finestre..." Mmm "Dietro la scrivania, le finestre..." Uff.
Cap. 5. "Mio zio era qualche centimetro più alto e, a differenza di mio padre, portava..." Mmm... "Mio zio era qualche centimetro più alto e, a differenza di mio padre, portava..."
- problemi di gestione delle frasi in cui le parole/complementi penzolano lontani da quello a cui si riferiscono:
Cap. 1 "si avvicinò con fare rilassato, facendo ondeggiare l'ampio abito scuro che aveva indosso a ogni passo." Quell' "A ogni passo" appartiene alla principale, non può essere messo dopo la relativa. Da spostare dopo ondeggiare. Per favore.
Cap 1 "distesa di polvere spoglia ..." la polvere spoglia? Cioè, ma se è una distesa di polvere, non è che mi immagino chissà che altre installazioni. Aggettivo superfluo, o quantomeno in posizione discutibile – capisco che ad essere spoglia è la distesa e non la polvere, ma l'aggettivo lì dov'è crea confusione. Al limite, ma proprio limite, si può dire, spoglia distesa di polvere. Limite.
Cap. 2. "c'era un piccolo regno perso tra le montagne, governato da un re molto giovane e ambizioso. Questo si trovava proprio accanto a un immenso impero..." Questo è malposto, anzi malpostissimo. Lì dove si trova riprende il sostantivo che più gli è vicino, e questo sostantivo è il re giovane e ambizioso. Re giovane e ambizioso che dubito si collochi geograficamente vicino a un immenso regno... Quindi Questo va tramutato in aggettivo e accompagnato a un sostantivo per chiarire a cosa si riferisca effettivamente, pena il garbuglio di significato. Anche un generico, Il regno sarebbe andato più che bene.
Presentazione e sviluppo dei personaggi. I personaggi sono molto monodimensionali. Il protagonista, un po' meno piatto, ma comunque con una profondità psicologica non pervenuta. Tutto il resto sembra il teatro dei burattini. Perplessità a secchi.
La famiglia presenta delle peculiarità che potrebbero essere interessanti – la madre straniera che sa leggere e scrivere, il padre cugino di Chuck Norris, lo zio che è quello strano che se fai flash forward di solito è quello che poi manda tutto a fano... sì, una base di potenziale interesse c'è. Il problema è che tutti sono presentati in maniera molto blanda, e con delle motivazioni logiche per il loro modo di comportarsi, spesso non pervenute.
I fratelli del tizio sono ancora meno significativi. Anche qui c'è del potenziale, tra la sorella impicciona e il fratello invidioso, ma tutto rimane in superficie e non prende mai l'interesse del lettore, perlomeno del mio.
L'amico è una marionetta alle dipendenze del protagonista. Non so che altro ruolo dargli, visto che è totalmente privo di vita propria. A parte quando dorme.
Il problema di questi personaggi così inconsistenti è, appunto, che non hanno vita propria. Vengono accesi o spenti al bisogno e di conseguenza non creano situazioni credibili o emotivamente coinvolgenti. L'unico barlume di eccezione è lo zio strano che, già solo per il fatto di fare due cose di nascosto crea un minimo di guizzo negli eventi, e quindi un lumicino di interesse. Le ragioni di tutto quello che fa restano sempre nel magma dell'ignoto, ma quantomeno c'è l'impressione che si discosti, anche se solo millimetricamente, dal piattume generale. Non è comunque abbastanza.
Descrizioni. Le descrizioni sono piuttosto meccaniche. Tutto si basa troppo su aggettivi qualificativi e troppo poco su azioni. Non è il male assoluto, l'importante è trovare (ma quante volte l'ho ripetuta sta cosa, sto diventando noiosa alle mie stesse medesime proprie orecchie) l'equilibrio.
Cap 2. Incontriamo la madre incazzata come una biscia. Descrizione:
Braccia conserte, sopracciglia sottili, occhi nocciola, mascella delicata.
No, Maria io esco. No, anzi, resto e ti spiego. Non ho nulla in contrario all'uso dell'aggettivo qualificativo, l'ho spiegato nel mio pippone sull'aggettivo (marketta fatta, grazie, ciao), tuttavia in una situazione del genere, in cui appunto la madre è incazzata come una biscia, calcare su certe caratteristiche non centrate sul punto principale della descrizione (ovvero il fatto che è incazzata), ma su elementi "circostanziali", diluisce la gravità della situazione, svia l'attenzione del lettore sulle sopracciglia sottili e sulla mascella delicata (che francamente, ma chi se ne fotte, vai dritto al punto, le sopracciglia sono aggrottate e sta digrignando i denti come un coyote all'attacco). Forse, ma è un'ipotesi, potresti sottolineare il contrasto tra com'è la madre di solito e com'è in quel momento – ma non so se funziona; di tutte le volte che questa donna è comparsa in scena, il 95% era incazzata nera. Per me è da rivoluzionare, perché così la scena è un tantino slavata dai troppi aggettivi.
Ho visto anche che quando ti addentri nella descrizione di qualsiasi cosa hai la tendenza a usare degli intercalari tipici del parlato che francamente sono piacevoli da sentire come due gatti che si azzuffano in cortile.
Cap 2. "Il luogo dove vissi per gran parte della mia infanzia, la mia prima "casa", se si può definire tale ..." Quel se si può definire tale, bah, boh. Perché? È solo una perdita di tempo, un cincischiare senza arrivare al punto. Per me è no.
Cap. 7. "Andai nella casa di Abdon, un'abitazione piuttosto... "modesta", diciamo così, fatta di lamiere striate di rosso e tenuta insieme da chiodi corrosi, sputo e tanta buona volontà." Ora di questa descrizione non so cosa mi disturba di più, se i tre puntini di sospensione, il modesta tra virgolette o il diciamo così. Nel dubbio accetterei (nel senso di toglierei con l'accetta) tutto quanto dal piuttosto... fino al così, e collegherei direttamente l'abitazione con il fatta di blablabla. In questo modo la descrizione è molto più efficace, e invece di dirmi che è modesta (cioè mi dici che è tenuta insieme con lo sputo, non è che mi immagino Neue Schwanstein), me la mostri senza quelle fastidiose interruzioni tipiche del parlato che qui ci stanno come un cavolo a merenda.
Trama. Allora la trama ha due problemi significativi. Fino al momento della visita alla città fantasma, le cose vengono raccontate in maniera asettica, come se non ce ne fregasse una minchia di quello che succede e del perché le cose sono come sono, nel momento in cui vengono raccontate. Inoltre, gli eventi sembrano muoversi/accadere più per una causa esterna (ciao autore, sto parlando di te), che per delle concatenazioni logiche fondate. Come diceva il mio amico Luciano, se sai il perché, trovi anche il come.
Cominciamo allora a chiederci perché succede quello che succede. Esempio dal primo capitolo: perché i ragazzini giocano alla versione post-apocalittica di ruba-bandiera? Non mi devi fare lo spiegone, bastano due parole ben piazzate. Perché si stanno allenando? Perché gli adulti li vogliono fuori dai piedi, perché non hanno nulla da fare, perché in qualche modo devono passare il tempo, vedi tu il motivo, lo piazzi nella frase, giusto per fare conversazione e le maglie del racconto si stringono, e stringendosi rafforzano la base. Lo ripeto: non devi fare Alberto Angela modello trattato di anatomia, basta davvero una frase del cazzo. "Stavamo lì tutti i pomeriggi perché non avevamo niente di meglio da fare. Oppure quel giorno non ero lì come al solito perché mi ero svegliato tardi oppure non mi andava di alzarmi perché sentivo freddo al naso e sotto le coperte stavo meglio. Non avevo comunque niente da fare, tanto valeva stare comodi." Non è che ho sprecato parole, ma con una frase ho dato fondamento logico a qualcosa e se questo qualcosa avrà delle conseguenze, leggendole sembreranno tutte legittime, o perlomeno fondate. Bisogna dare una ragione di essere anche alle cose apparentemente senza ragione. Anche al non so perché l'ho fatto, che pure esiste nel mondo e nella psicologia dei personaggi. Il personaggio magari può pensare che qualcosa accada senza una particolare ragione, ma il lettore deve vedere un piccolo filo da pesca che tiene insieme gli eventi (anche in apparenza casuali) che hanno portato fino a quell'agire senza ragione.
Anche il viaggio con lo zio, sa tanto di campato per aria. Cioè si percepisce un sottile strato di pericolo nella situazione generale. Dici che i bambini imparano a combattere, che le munizioni sono cosa rara e tutta un'altra serie di dettagli, e poi questi vanno a fare una scampagnata nel deserto, che se ne esce come proposta un po' dal nulla e sa di telefonatura di ciccia? Scusa, ma se non mi dai una ragione logica, mi sa di pigliata per il culo.
Compito: trova il perché.
Varie ed eventuali.
E ora una lista di segnalazioni di cose a caso.
Prologo. "Alle mie spalle rombavano motori e nitrivano cavalli impazienti, una frana di macchine pronta ad abbattersi su chiunque avesse provato a mettersi sul mio cammino con un solo cenno della mano." Questa frase mi causa perplessità a secchi. A parte i cavalli impazienti, aggettivo che crea un po' di asimmetria nella frase, visto che i motori non sono accompagnati con la mano dall'aggettivo ma i cavalli sì, (e in questo caso io non metterei un aggettivo a motori, ma leverei anche quello a cavalli), la frase dalla virgola in poi è un grande boh. Messa lì sembrerebbe una coordinata per asintoto, ma manca il verbo. Allora è forse un'apposizione di cavalli e motori? Meh, dici una frana di macchine come faccio ad appiccicarlo logicamente a cavalli? Sono cavalli meccanici? Non lo so. Io sistemerei inserendo un ausiliare e completando il verbo con era (pronta) e, proprio per fare le cose per bene, sostituirei la virgola con un punto e virgola. E, per finire, farei trasmigrare il cenno della mano dopo abbattersi, perché, lì dov'è messo, sembra il classico complemento di mezzo che ci siamo ricordati all'ultimo e l'abbiamo schiaffato giusto un secondo prima del punto. In alternativa starebbe bene anche in principio, ovvero dopo la virgola/punto e virgola.
Cap. 1 "mi preparai subito per lo scatto." Questo subito ha un significato che stride con la logica della frase. È un subito che significa alla svelta, in fretta. E allora perché non mettere quello che significa effettivamente invece di una parola che non è così centrata? Chiedo per un amico.
Cap 1. "Corsi sopra i tetti della via, causando l'ovvio fastidio..." Ovvio fastidio, di cui sinceramente, non ci frega una sega.
Cap 1. "Facendolo cadere a terra e lasciar' andare..." Non so da cosa iniziare, dall'apostrofo ad minchiam? Dalla coordinata al gerundio che cambia anguillamente la percezione del soggetto, prima il protagonista e poi il placcato? Dal verbo lasciar andare che ha un significato non all'altezza della concitazione della scena. Non lo so.
Cap 1 "i nostri due portatori... potei notare che il portatore avversario..." Ma se due secondi fa erano nostri, perché poi diventano uno nostro e uno degli altri?
Cap. 1 "Quella volta ..." Quale volta? È appena finita la partita dei ragazzi e stanno tutti tornando a casa, a quale volta ci si può mai riferire così dal nulla?
Cap 1 "mollai la cora..." Immagino intendessi la corda;
Cap. 1 La parte finale sullo sguardo del padre, da dove salta fuori? Mi sembra messa un po' lì a beneficio del lettore senza una vera e propria spiegazione logica.
cap 2 "Entrammo dentro..." Ho sentito le urla dei condor nelle orecchie. Entrare dentro è ridondante, giacché il significato della parola dentro è inserito nella radice stessa del verbo, dal latino Intro, as, avi, atum, are > Intra ovvero dentro. Ergo, ripetizione inutile. Comunque grazie, era un sacco che volevo tirarmela con la corda sul latino e finalmente ne ho avuto l'occasione, - certo non era fero, fers, tuli, latum , ferre, ma ho comunque raggiunto la pace dei sensi. Il Castiglioni-Mariotti mi fa un baffo! Tiè!
Cap. 2 "nostra mamma" Nostra di chi? Sembra che non sia anche la madre dei due che sono appena arrivati, ma della sorella che parla e di quello che dorme. Perché non dire "la mamma?" Sarà mica uno spoiler?
Cap. 2 "che nonostante avesse tre anni continuava a dormire beato..." Spiegami, cosa c'è di sconvolgente nel fatto che un bimbo di tre anni dorma il pomeriggio? Non capisco. Anche perché poi dici che c'è casino, quindi, a senso logico, è più plausibile che il bambino continui a dormire nonostante il casino, che nonostante l'età.
Cap 2 "rimanemmo la per un po' non sapendo cosa fare..." Qui mi è caduta una palla. Cosa vuol dire questa frase che è un sunto di nulla cosmico? Cioè, questi si mettono a fissare le pareti e tu le fai metaforicamente fissare anche al lettore? Ma anche no. Ma proprio no, diavolo boia!
Cap 2. Ho delle perplessità sulla struttura abitativa. Prima dici baracca, poi capanna, poi sembra un container... io boh.
Cap 2 "che potevamo infilare dove non poteva dare fastidio." Mmm, a parte il senso vagamente doppio della frase, perché inserire un servile per attenuare il significato di qualcosa che funziona senza? Che potevamo infilare dove non avrebbe dato fastidio. Easy pizy.
Cap 2. "soprattutto mio fratello che era più grande." Che è più grande, l'hai già detto nel capitolo prima. Che bisogno c'è di ripetere? Risposta: nessuno.
La sorella entra sulla scena senza darle un nome. E invece a un certo punto spunta un Aaron dal nulla... che io facendo la conta dei presenti deduco essere il fratello che dorme nonostante l'età (!), mah boh... magari quando lo presenti nella sua fase rem, appioppagli subito il nome così poi lo puoi riprendere senza causare un WTF nel lettore.
cap2. "Cosa vuole ancora quel porco..." Così dal niente. Insulti a caso e dove trovarli.
Cap. 3 "parecchio più grosso di un suo omologo." EEH? Simile non andava bene? Chiedo per un amico.
Cap 3. "Dopo un po' di tempo, alla fine..." Allora, o dopo un po' di tempo, o alla fine. Diamo un senso alle relazioni temporali, please.
Episodi vari di infodumping, dalle riflessioni del protagonista sul senso della vita (vedi inizio cap 4, o il pippone sul vento nel cap. 8, più varie ed eventuali) allo zio che spiega quello che fa partendo con "Sai bene che..." (Domanda, se quello con cui stai parlando sa bene che +qualsiasi cosa, che cacchio glielo dice a fare? Lo sa bene o no? A chi lo stai dicendo, porco becco?)
Cap 6. "Nonostante fossi andato a letto, mi svegliai... Alla fine..." Ma alla fine di cosa esattamente?
Cap 6. "Mentre il tempo passava iniziai a sentire una certa fame..." Aiuto. A parte la virgola dopo passava, c'è una discrepanza temporale tra il mentre (idea di azione nel suo svolgersi) e l'iniziai (idea di azione puntuale – iniziare, però legata a qualcosa che invece è durativo - ovvero l'avere fame) e il concetto stesso di fame, che non è che arriva per gradi (di solito). Tutto da rivedere.
Cap. 7 "Alla fine, volente o nolente, nostro zio..." Il senso di quel volente o nolente mi sfugge. Di nuovo c'è un'intercalare dal parlato che qui stona e non rende nemmeno l'idea della riluttanza dello zio.
Cap. 7 "Non ci stava neanche provando a negare." L'annegamento nel gerundio. Uffa. Non provava nemmeno a negare. Molto più semplice, molto più immediato, molto più chiaro. Meglio ancora, non negava nemmeno. Dritti al punto senza tangenti.
Cap. 7 Il lampo di genio sulle origini della madre, onestamente, sto ancora cercando di spiegarmelo. Per la serie, rivelazioni a comando. Non credibile. Ma neanche un po'.
Cap. 8. "I mesi passarono uno dopo l'altro..." Salti temporali e dove trovarli. Tra l'altro l'infelice accostamento tra gli undici mesi e la gravidanza della madre poco dopo, sembra far supporre che in questo futuro post-apocalittico anche i tempi di gestazione siano cambiati.
Cap. 8 "facendolo assomigliare più a un grosso cazzo..." Ho dovuto leggere tre volte la frase per essere sicura di aver compreso il paragone. Sicuro non ci fosse niente di meglio come termine di paragone del grosso cazzo? E non perché l'immagine mi disturbi particolarmente, ma qui proprio, non c'entra un cazzo, per restare in tema. È fuori registro (se proprio vuoi usare quell'immagine, usa il termine italiano, pene, non quello colloquiale), fuori contesto, fuori luogo, come se ad un certo punto uno per dire che due sono parenti dicesse, quei due avevano una forte affinità di acido desossiribonucleico. Anche no, dai.
Concludendo
Credo che il tuo stile sia ancora molto, molto acerbo. Credo che tu abbia bisogno di esercitarti molto e di leggere moltissimo per distaccarsi dallo stile colloquiale della lingua parlata, per snellire certe costruzioni, per smorzare la tendenza al girare intorno alle azioni, perdendoti in gerundi e verbi servili e sembrare a caso. Secondo me devi fare pratica, come se non ci fosse un domani. O anche come se ci fosse.
La cosa più importante però è la struttura logica della trama, che va resa molto più coesa nelle sue relazioni di causa-effetto. Ti rinnovo l'invito a cercare il motivo per cui accadono gli eventi. Motivo che non dubito a te sia chiaro, ma che nella resa in parole si perde.
Gli spazi di miglioramento ci sono e sono notevoli, la percezione di fondo è che ci sia un'idea alla base (cosa molto buona), ma che l'esecuzione vada affinata parecchio al fine di renderle la giustizia che merita.
Buon lavoro.
Fine.
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