Il condizionale - Approfondimento
Ogni anno il condizionale fa più vittime degli incidenti stradali.
Fine dell'approfondimento.
No, dai, scherzo. Sull'ultima frase, non sulla prima.
Non so voi, ma a me, sentire un condizionale ad minchiam fa lo stesso effetto della puntina che gratta il disco. Quindi non importa se avete un grammofono da seicentordicimila euri. L'effetto del Se avrei/Se sarei, manda la melodia a signorine Buonasera. Sì, è un modo carino per dire a puttane.
Partiamo dalle cose semplici.
Il condizionale è un modo verbale che ha due tempi, presente e passato, e si forma sulla stessa radice del futuro.
manger-ò -> manger-ei; berr-ò -> berr-ei; dormir-ò -> dormir-ei
avr-ò mangiato/bevuto/dormito -> avr-ei mangiato/bevuto/dormito
Per tutti i tecnicismi dovuti alla formazione di questo tempo verbale, alle eccezioni/regole ortografiche e quant'altro, vi rimando ad una grammatica italiana seria, che vi spieghi nel dettaglio tutti i casi, il perché e il percome e l'in-con-su-per-tra-fra.
Quando si usa il condizionale?
Il condizionale viene solitamente usato per indicare un evento o una situazione che ha luogo solo se è soddisfatta una determinata condizione (cit. Wikipedia). Questa ovviamente non è l'unica circostanza in cui viene impiegato questo modo verbale, ma ci dà tuttavia un'idea del significato che tale modo veicola.
Distinguiamo gli usi tra condizionale presente e condizionale passato:
Condizionale presente
- esprimere:
un desiderio, Vorrei un miliardo di euro;
un dubbio, Cosa dovrei fare?
un'opinione, Sarebbe meglio non immischiarsi;
un consiglio, Dovresti andare a trovarlo;
- fare una richiesta cortese, Potrebbe aiutarmi?
- illustrare una possibilità, Con un po' di buona volontà, potrei riuscire;
- supposizione, Si tratterebbe di una banda di professionisti.
Condizionale passato
- esprimere nel passato:
un desiderio, Avrei voluto un miliardo di euro;
un dubbio, Cosa avrei dovuto fare?
un'opinione, Sarebbe stato meglio non immischiarsi;
un consiglio (ormai non realizzabile), Avresti dovuto andare a trovarlo;
- un fatto che avrebbe potuto realizzarsi ma per cui non ci sono state le condizioni,
Avrei voluto studiare storia, ma non ho avuto tempo;
- esprimere un'azione futura nel passato (vedi capitolo consecutio, please)
Mi ha detto che sarebbe passato a prendermi;
- supposizioni nel passato, Si sarebbe trattato di una banda di professionisti;
- notizie smentite dai fatti, Secondo le previsioni a Pasquetta ci sarebbe stato bel tempo (invece ciupa!).
Lo so, lo so.
I più attenti hanno già le mani sui fianchi e la voce della signora Cesira. "E il periodo ipotetico?"
Calma e gesso.
Ci arrivo ora. Merita una menzione a parte, o no?
Sì, la merita.
IL PERIODO IPOTETICO
A braccetto con l'uso del condizionale, va il periodo ipotetico, altro tallone da killer dei cecchini professionisti della lingua italiana.
Definiamolo.
Il periodo ipotetico è una struttura composta da una subordinata (detta pròtasi) e dalla sua (detta apòdosi). La pròtasi (dal protăsis, dal greco πρότασις, prótasis, da protéino, "protendere", "mettere innanzi"), esprime la premessa, cioè la condizione da cui dipende quanto predicato nella reggente; la apòdosi, indica la conseguenza che deriva o deriverebbe dal realizzarsi della condizione espressa dalla proposizione subordinata. Le subordinate vengono introdotte da una congiunzione, che per il suo specifico ruolo viene detta "congiunzione subordinativa". Quella tipica della pròtasi è, in italiano, se. (cit. del pippone, Wikipedia)
Vi ho messo il pippone per intero che nel dubbio, carica. Vi concedo di saltare solo le parentesi. Anzi no. Non saltate niente, che nessuno è mai morto per aver letto una spiegazione di troppo.
Riduciamo il pippone in parole povere.
Il periodo ipotetico illustra una condizione e la conseguenza che ne deriva/potrebbe derivarne/sarebbe potuto derivarne. Se A allora B, per mettela in logica matematica, e scomodare Aristotele, che tanto non è mai stato seduto comunque.
Quindi SE + premessa -> CONSEGUENZA.
Occhio però, inserire parolaccia composta qui, che il condizionale sta nella principale e non lo troverete mai e quando dico mai, intendo dire mai, inserire parolaccia semplice qui, nella frase subordinata, ovvero quella introdotta dal se.
Mai. Capito?
MAI. NEVER EVER EVER EVER EVER. NIEMALS. NUMQUAM. etc etc etc...
Esistono tre tipi di periodo ipotetico, determinati dal tempo della reggente (che è sempre il punto di partenza per qualsiasi ragionamento) e dal grado di probabilità dei fatti che tale tempo indica.
Vediamo una diapositiva:
E ora pettiniamo le bambole una per una.
I Tipo: Periodo ipotetico della realtà. Il periodo ipotetico della realtà esprime un'ipotesi reale/ plausibile/sicura che ha una determinata conseguenza.
Esempio:
Se dormi, non pigli pesci (indicativo presente + indicativo presente)
Se dormi, non piglierai pesci (ind. presente + ind. futuro semplice)
Se dormirai, non piglierai pesci ( ind. futuro semplice + ind. futuro semplice)
Se vai/andrai a Roma, mandami una cartolina (ind. presente o futuro semplice + imperativo)
II Tipo: Periodo ipotetico della possibilità. Il periodo ipotetico della possibilità presenta un'ipotesi possibile, ma non sicura, che se si verificasse (o meno), avrebbe (o meno) una determinata conseguenza.
Esempio:
Se piovesse, ti bagneresti.
Se non ti lamentassi, saresti meno stanca.
Se studiassi, non faresti fatica.
Se non studiassi, faresti fatica.
Postilla. Anche nel periodo ipotetico del secondo tipo è possibile l'uso dell'imperativo nella principale.
Esempio:
Se non rispondesse, telefonagli!
III tipo. Periodo ipotetico della irrealtà. Il periodo ipotetico dell'irrealtà presenta un'ipotesi non possibile/realizzabile (nel presente o passato), e la relativa conseguenza non realizzata (nel presente o passato.
Esempio:
S'i' fosse foco, ardere' il mondo (cit. supercolta)
Se fossi Beyoncé, sarei felice (irrealtà riferita al presente, conseguenza riferita al presente)
Se avessi viaggiato, sarei stata felice (irrealtà riferita al passato, conseguenza riferita al passato)
In soldoni, questa è la costruzione preferita di chi vuol far prendere aria alla bocca per lanciarsi in supposizioni che, siccome non si sono realizzate, o non si realizzeranno mai, col cavolo che puoi prevederne le conseguenze. Scusate, sconfino nel filosofico.
Rientro nei ranghi.
Una ramificazione del periodo ipotetico del terzo tipo, che prende il nome di periodo ipotetico misto, si realizza quando la condizione espressa nella subordinata è passata, ma le sue conseguenze si riflettono al presente. Per sottolineare questa differenza, nella principale vengono spesso usati avverbi di tempo come ora o adesso.
Esempio:
Se mi avessi ascoltato, ora non saresti nei guai.
Attenzione!!
"Nella lingua parlata è molto comune l'uso dell'indicativo imperfetto sia nella protasi, sia nell'apodosi del periodo ipotetico dell'irrealtà nel passato, al posto di congiuntivo imperfetto e condizionale
Se me lo dicevi per tempo, venivo anch'io alla tua festa
L'uso di questa forma è sconsigliabile, almeno nella lingua scritta, anche se vanta attestazioni già nell'italiano antico." (cit. Treccani)
Quindi, vi faccio la parafrasi. Potete usare una costruzione del genere quando parlano i personaggi, nel discorso diretto o se la narrazione avviene in prima persona, cioè è il personaggio stesso che racconta con la sua voce. (Certo, non fanno una grande figura, ma serve a dargli colore, amen ;)). Nella narrazione in terza persona, invece, per cortesia, evitatela come la peste.
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