E poi?
Siete tronfi. Tronfi come il Re Gnocco in cima al suo carro, con le guance rosse e la forchetta in mano.
Avete finalmente finito la prima stesura della vostra storia. Anzi, della vostra Storia, con la S maiuscola, eccheccazzo.
Bene, godetevela, fine del capitolo. Ciao.
Avete festeggiato? Bene.
Passati i bagordi, le chiamate ai parenti, il cambio di professione su ogni social possibile e immaginabile (ora sì, che siete scrittori barra ici), arriva la realtà a svegliarvi, solitamente con una padellata in testa. Sappiamo tutti che la realtà non entra certo in punta di piedi.
E cominciate a pensare che il testo così com'è non va ancora del tutto bene. Non è un pensiero che vi sveglia nel cuore della notte, né un'insolazione potente sulla via di Damasco. No, è un sassolino nella scarpa, che sta lì, e infastidisce e continua a ripetere che qualcosa deve cambiare. (Se non vi viene questo pensiero fatevi vedere da uno bravo, consiglio spassionato e gratis.)
Vi dò una buona notizia. Avete ragione. Il testo, così com'è, non va bene, e sì, va rivisto e migliorato. Magari non di molto, più probabilmente sì.
La vostra prima stesura, altro non è che un passo, il primo, importante, decisivo - ma comunque uno solo - passo nella costruzione di un lavoro finito che sia degno di essere esposto a occhi indiscreti.
Pensate che l'editing sia solo correggere refusi, errori ortografici e punteggiatura? Sbagliato.
Le correzioni ortografiche sono le ultime da apportare nella scala gerarchica delle correzioni, perché sono le meno importanti (ma non non importanti, occhio!), un mero processo meccanico dopo tutto il processo creativo. Ribadisco, non è che essendo ai piedi della scala gerarchica potete sbattervene, ma se centrate tutte le consecutio come un cecchino e poi toppate la trama, il problema è ben più grave del caso contrario. Va anche detto che una sfilza di errori ortografici su una storia con i contro cazzi, dà ugualmente fastidio. Tutto chiaro? Bene. Continuiamo.
Cosa si guarda allora in fase di editing, soprattutto di una prima stesura?
Andiamo con ordine.
Primo. L'editing si fa quando il testo è concluso. Non quando ancora vi mandano quindici capitoli alla fine, capito? Scrivete i maledetti capitoli, se ancora non l'avete fatto. Poi passate all'editing. Non ha senso farlo prima, è una perdita di tempo. Non vi mettete mica a tagliare una torta mentre cuoce nel forno, no? Aspettate che sia cotta, diamine. E magari, che si sia raffreddata. Magari.
E, certo, potete segnarvi tutti i dettagli che vi vengono in mente da sistemare, man mano procedete nella stesura (nessuno ve lo impedisce), ma non è che inserite dal nulla un plot twist al capitolo diciotto, se poi al capitolo venticinque avevate già deciso di prendere un'altra direzione che con il sopracitato plot twist non c'entra una mazza (cosa ben più frequente di quanto si immagini!). Se questo nuovo plot twist che vi è appena venuto in mente vi fa svenire nelle scarpe, fatevi un appunto e tenetelo lì al fresco, da estrarre al momento opportuno. Può essere che la genialata del secolo, vista a posteriori sia in realtà una mezza cagata. O forse no, ma non sconvolgete tutto per la semplice incapacità di darvi un contegno, diamine.
Occhio, non sto dicendo che se, a un certo punto, la trama vi chiede a gran voce di andare da un'altra parte, voi, no, duri, continuate sulla via decisa a monte e chissenefotte di quello che nel frattempo potrebbe essere uno sviluppo più adeguato agli eventi o ai personaggi per come sono stati scritti.
Intendo invece dire: non fate cambiamenti solo perché la mattina vi siete svegliati ribelli o perché qualcuno vi ha detto che ormai "io sono tuo padre" è un rivelazione un tantino trita e voi, guarda a caso, avevate centrato tutta quanta la vostra storia fino al capitolo diciotto attorno al "io sono tuo padre" originario e invece lo cambiate in "io sono tuo zio", solo per compiacere un lettore anonimo di turno oppure un pensiero ramingo che vi è cascato in testa (e magari ha sbagliato testa) o un articolo a caso scritto da Giovanni Sticazzi Vattelapesca.
Tenete la struttura originale, mettete una nota a margine che dice forse io sono tuo padre è un tantino abusato, rivedere?, e poi continuate per la strada tracciata. L'ho già detto: non scriviamo le lapidi al cimitero. Il testo subirà ancora tante di quelle trasformazioni da risultare irriconoscibile, ma se voi continuate a trasformarlo strada facendo, finirà che i primi a perdere la tramontana, sarete proprio voi.
Senza contare che, voi scrivete le cose che avete in testa, poi vi piglia la tarantola dell'editing e iniziate a cambiare dettagli qua e là, tipo spuntatina di capelli fatta alle nove di sera davanti allo specchio del bagno con lampadina sfarfallante. La vostra mente resterà sintonizzata più probabilmente sui dettagli "originari" e quindi proseguirà su quei binari e quando, poi, un lettore ignaro legge, si trova le sforbiciatine che sembrano le scale di Piazza di Spagna nel testo, invece di un bel taglio scalato alla Jennifer Aniston di Friends.
Non è che dovete reprimere l'inner editor che avete dentro, ma dovete dirgli che, mentre ancora scrivete, deve stare a cuccia. Arriverà il suo momento di splendere, ma se ancora non avete concluso la storia, lui deve semplicemente chiudere il becco e splendere da qualche altra parte che non sia in mezzo ai vostri piedi. Fine della storia. Dell'editing in fieri intendo, non di quella che state scrivendo.
Lo so, è una questione di buon senso, ma ho scoperto che il buon senso non è così diffuso come dovrebbe. Quindi, nel dubbio carica, io ve lo dico. Siete stati avvisati. L'editing si fa a prima stesura conclusa. Cercare il termine concluso sul dizionario per afferrare il significato.
Non esiste un modo univoco di fare editing. Non esiste un modo giusto e un modo sbagliato. Esistono modi funzionali per come siete fatti voi e il vostro testo e modi non funzionali. Espongo l'ovvio: dovreste trovare qualcosa che funziona per voi. Anche qui come per il buonsenso, meglio specificare.
Fare editing su un proprio testo, è impegnativo. Per l'attaccamento emotivo, il coinvolgimento e tutto ciò che voi sapete della storia, che non è su carta, ma nella vostra testa, e che va inevitabilmente a tappare gli eventuali e oggettivi buchi che ci sono (e fidatevi, i buchi ci sono, parola di Francesco Amado- ah no, scusate). Voi, autori, non avete bisogno di spiegazioni, mentre una persona esterna, capisce solo ciò che avete scritto, senza i tramini aggiunti dalla vostra testa, e quello che avete scritto non sempre è liscio come l'olio, ma fa sorgere domande, la cui risposta per voi è scontata, ma per una persona esterna, no.
Il fatto che sia più difficile lavorare su un proprio testo però, non significa che sia impossibile. E soprattutto almeno dopo la prima stesura è normale essere editor di sé stessi. Primo perché il testo che, eventualmente, darete a un editor deve avere una certa qualità di fondo (che alla prima bozza manca quasi per definizione) e solo un folle spedirebbe una prima stesura non rivista. Secondo perché dopo aver finito di scrivere dovete verificare quello che avete scritto, e scoprirete cose, garantito.
Potete anche impiegare una persona di fiducia, un beta reader, che vi segnali cosa non fila e cosa sì. Senza pendere troppo dalle sue labbra, ovviamente, perché i gusti personali di ciascuno sono una componente fondamentale e fuorviante nel giudizio finale. Ma vi può essere utile per ragionare su cosa risulta poco chiaro e su cosa invece funziona prima di mettervi al lavoro. Anche qui, vi garantisco, scoprirete cose.
Bene. Pronti, partenza, via.
Come prima cosa, abbiamo detto, bisogna prendere le distanze dal testo - lasciar raffreddare la torta, ricordate? Questo significa dimenticarsene totalmente per qualche settimana (o anche qualche mese). Quando tornerete a esaminare la storia, avrete la mente più fresca e più attenta a percepire cosa c'è da migliorare, cosa vi piace, cosa no. Buchi di trama, uno che era morto poi ricompare, ma nessuno fa una piega, connessioni logiche che non sono così logiche, mattine e sere che si intersecano, uno che beve una tazza di thè e ne appoggia una di caffè e via dicendo. Ve lo dico per esperienza. Quando leggete un testo per la terza volta di fila, gli errori non li vedete più. È dimostrato scientificamente.
La parola d'ordine per iniziare quindi, è DISTACCO. Capite ora perché l'editing in corso è quasi sempre una pessima idea? Come potete essere distaccati da qualcosa che state ancora partorendo? Semplice, non potete. E si rischia di fare più danni che altro. Lo so che sapere di aver scritto una cagata e lasciarla lì a puzzare nell'aria è psicologicamente difficile come mollare il pedale del freno quando la macchina slitta. Eppure, è la scelta più saggia a lungo termine.
Quindi, iniziamo. Ah no, l'avevamo già fatto. Allora continuiamo.
Cosa si prende in considerazione?
Facciamo che la prendiamo larga. Prima ancora di farvi domande ancestrali sulla trama, la struttura, i personaggi e tutto il resto, prendete un foglio e scrivete cosa vi piace della vostra storia. Quello che vi è rimasto addosso. Così, di pancia. Una scena, una situazione, un dialogo, un passaggio della trama, qualsiasi cosa.
Poi ne prendete un altro. Scrivete quello che non vi è piaciuto. E non barate – che non ci credo neanche se mi date cinquanta euro che vi è piaciuto tutto. È matematicamente impossibile.
Poi ne prendete un altro. Scrivete quello che invece vi lascia indifferenti. Su questo posso essere più indulgente, ma sappiate che è poco credibile pensare che ogni casa ricada nel primo o nel secondo foglio con certezza assoluta.
E adesso?
Adesso ragionate sui punti riportati nel secondo foglio e cercate di capire perché non vi convincono, e come potrebbero farlo. Poi prendete il terzo foglio e domandatevi, questi punti sono indispensabili, o possono essere rimossi senza remore? Se devono essere mantenuti perché indispensabili alla trama, come potete migliorarli e renderli più avvincenti?
Pensateci per bene e mettetevi al lavoro.
Questo è un buon punto di partenza per analizzare il vostro testo concluso in maniera leggera, individuando punti di forza e di debolezza, soprattutto dal punto di vista emotivo. Considerando cosa vi piace e cosa no, in questa fase, facilmente andrete a individuare quelle parti che più creano risonanza emotiva. Ricordate che state facendo un'analisi di pancia. Pensate alle parti che avete preferito scrivere, quelle che invece sono state più difficili, quelle che non vi hanno soddisfatto e quelle che invece vi hanno lasciato insoddisfatti. Siate sinceri con voi stessi, critici ma non inutilmente duri. Se doveste consigliare un solo passaggio della vostra storia a un estraneo, quale consigliereste? Quale invece non consigliereste per nulla?
Prendetevi il vostro tempo e pensateci.
Fatte queste prime considerazioni, potrebbe venirvi voglia di dare un'occhiata più strutturata alla vostra storia.
Faccio alcune considerazioni generali preliminari alla parte strutturata
Quando decidete di scrivere una storia, (almeno) due cose devono essere chiare:
- il target: Per chi è scritto il tuo testo? Bambini, adolescenti, adulti, serial killer, vegani, fate del bosco? Se non sapete a chi è destinata l'opera da rivedere non potete sapere come muovervi, un po' come fare la valigia per le vacanze senza conoscere la destinazione. Che se mettete il costumino e il pareo per andare in Siberia sono cazzi, per dire.
- il tema: di cosa parla davvero la tua storia? E non mi riferisco alla trama, mi riferisco all'argomento che sta sotto, a quello che vuole dire il testo, ciò che rende una storia non piatta. Può essere la forza della resistenza di fronte alle avversità (es. Via col vento), oppure la trasformazione e la solitudine (es. Metamorfosi), l'uomo contro le forze della natura (Moby Dick), etc, etc, etc. Esistono temi universali che si ritrovano in mille storie come il rifiuto del diverso, il percorso di formazione, la caduta in miseria, l'amore ostacolato, la vendetta e via dicendo. La definizione del tema, lo ripeto, non è la trama, ma influisce sulla trama, dandole una traccia da seguire, e definendo soprattutto cosa non scrivere e come non scriverlo. Come vedete dagli esempi il tema è qualcosa che si esplicita nelle azioni che compongono la trama, senza mai arrivare prepotente in superficie, ma restando in sottofondo come un aroma definito che pervade ogni parte della storia. Se ci pensate bene, anche gli young adult che si elevano sopra il piattume del clichè, hanno come elemento discriminante il tema definito. Pensate a Twilight e la dicotomia Amore/Morte di cui ho parlato in un capitolo precedente.
Esempio. I promessi sposi. Di cosa parla? Parla di due che non riescono a sposarsi. Questa risposta, che a primo impatto può sembrare semplicistica, in realtà centra a bolla il tema. Non è che quando dovete dire di cosa parla iniziate a dire, "Allora c'è un prete vigliacco che non vuole sposare due perché è stato minacciato e allora..." Cercate di essere concisi e di andare al nocciolo. Facile che nel presentare il nocciolo, centriate il tema o qualcosa che fa da metafora al tema. Siete a cavallo.
Se il tema non vi è chiaro prima di partire, non disperate (meglio se lo è, ovviamente, ma comunque non disperate. Ancora). Se il tema non vi è chiaro dopo la prima rilettura, disperate pure. Alla grande. Perché è probabile che il lettore arrivato alla fine della vostra storia vi chieda, E quindi? No, non è una bella domanda. Vuol dire che la storia non ha lasciato nulla se non la distinta sensazione di aver perso tempo. E voi siete nei guai.
Una volta definiti questi due elementi, si può prendere passare a esaminare il testo dal generale al particolare come segue:
1. La struttura dell'opera. La prima cosa da verificare è se la struttura dell'opera è solida. Parliamo ovviamente dell'editing di una prima stesura, quando bisogna riprendere ogni cosa in mano, come se fossero gli esami di check up di un neonato.
Come lo scheletro per il corpo umano, se manca qualche elemento portante (tipo un femore), è difficile che la struttura nella sua interezza stia in piedi. Gli eventi hanno una successione logica o manca qualche pezzo? C'è un conflitto iniziale che mette in moto gli ingranaggi? C'è uno sviluppo? I personaggi agiscono per un motivo a prova di bomba o sembrano dei burattini che fanno cose senza ragione alcuna? Fatevi tutte queste domande e anche di più. Pensate al capitolo sulla struttura della storia (marketta fatta, grazie, ciao) e partite dalla struttura più semplice.
Inizio - svolgimento - fine. Se avete fatto una scaletta è il momento di estrarla per vedere se l'avete seguita; se non l'avete fatta, prendete un foglio bianco e fate un elenco delle scene che si susseguono. Alla fine, rileggete e verificate che le cose si snocciolino con senso logico. Se manca, mettetecelo.
Esempio volante. In Harry Potter 2, Harry sente la voce del basilisco, perché? Perché invece di andare alla festa in Sala Grande con gli amici (dove ci sarebbe stato un frastuono assurdo), va a una festa per fantasmi. Perché? Per fare un piacere a Nick-quasi-senza-testa quando l'ha visto abbacchiato nei corridoi e gli ha chiesto il motivo e il fantasma gliel'ha detto e blablabla. Certo, Harry avrebbe anche potuto rispondere picche senza problemi, e allora JK avrebbe trovato un'altra situazione in cui fargli sentire il basilisco. Ma ha scelto quella che ha scelto. E sta in piedi. Harry si trova in quel momento per le scale, appena lasciata la festa di fantasmi, lontano dai rumori che gli permettono di sentire la "voce" per un motivo solido e argomentato. Non è che a un certo punto ha detto, "Mmm, mi andrebbe di fare una passeggiata per il castello questa sera..."
Questo intendo, quando parlo di concatenazione logica degli eventi. Partiamo da questa, perché è semplice, e a me piacciono le cose semplici. Quindi, in sintesi: la situazione iniziale che avete esposto presenta un conflitto interessante? Come si evolve questo conflitto? Come si risolve?
Individuate la domanda a ciascuna risposta e se tale risposta è esaustiva e coerente. Se manca qualcosa, segnatevi dove intervenire e fatelo.
2. L'arco dei personaggi. È buona norma che almeno i personaggi principali subiscano una trasformazione alla fine degli eventi. Come ho già detto, uno non può portare l'anello del potere al Monte Fato e poi tornare a casa a fare baldoria come se niente fosse. Prendete i vostri personaggi e domandatevi come sono all'inizio e come sono alla fine. Quello che hanno passato, come li ha cambiati? Se non li ha cambiati, allora c'è qualquadra che non cosa. E anche al lettore resta addosso quel senso di incompiuto che poi porta a storcere il naso.
Vi faccio un esempio. Ho appena finito di leggere la bilogia di Leigh Badurgo, Six of Crows e Crooked Kingdom. No, non mi è piaciuta molto, lo ammetto senza vergogna. E una delle cose che più mi ha lasciata perplessa è la mancata evoluzione, tra gli altri, del personaggio di Kaz, che è tipo il gallo del pollaio, l'elemento principale nella rosa dei sei personaggi protagonisti. Questo fa tutti i tramini e i sottefugi (a volte pure troppo), e ti propone il barbatrucco che risolve il casino all'ultimo istante, senza che tu ne abbia avuto uno straccio di sentore preliminare (e anche i suoi compagni di merende cadono spesso dal pero con un grandissimo WTF in fronte, sia detto), lasciandoti con la distinta sensazione di grandissima persa per il culo. La mia è una voce fuori dal coro. Questo libro ha avuto un successo enorme di pubblico (non immeritato, sia chiaro, lei scrive oggettivamente molto bene - mi ha ricordato JK Rowling in alcuni tratti e per me, JK è sinonimo di qualità) e io invece l'ho trovato meh. Perché appunto, dei sei personaggi principali, Kaz, che è la figura cardine della combriccola, è quello con l'evoluzione più microscopica nella storia delle evoluzioni microscopiche. Praticamente passa le dodici fatiche di Ercole, trovandosi a cinque centimetri emotivi da quanto ha iniziato. Io boh. L'ho trovato molto deludente, e per questo non mi è rimasto il segno. Non che gli altri cinque pischelli abbiano delle evoluzioni pirotecniche, siamo seri, ma quella di Kaz è davvero a livello pico (della serie "e quindi?" alla n, per intenderci). Capisco tutto il background tragico e il trauma del bagno con i morti, ma porco ka(t)zo, così mi sembra davvero ridicolo. Quindi per me: thank you, next.
Prendiamo invece il Signore degli Anelli, e in particolare la compagnia dell'anello come determinazione dei personaggi principali di tutto il grandissimo baraccone (che altrimenti sono seimila e sciaubelli!).
Frodo: parte da pesce lesso e torna con il male di vivere. E ci sta, con tutto quello che ha passato. Sarei rimasta delusa dal contrario.
Aragorn: parte come ramingo che rifugge il suo lignaggio come la sfiga/sciagura/iattura e alla fine accetta il suo ruolo come re di Gondor - alla buon'ora.
Gandalf: beh, Gandalf passa di livello già nella prima parte del primo libro, ma soprattutto affronta il suo ex mentore, cosa che prima non poteva (né probabilmente voleva) fare.
Merry e Pippin: questi partono come due cazzari giganti e si ritrovano a guidare una rivolta civile per scacciare Saruman che ha infestato lo Shire, per dire.
Boromir - rip.
Legolas e Gimli: partiti ciascuno con i pregiudizi tipici della loro razza sull'altro, alla fine stringono l'amicizia di una vita, riuscendo ad andare oltre i preconcetti iniziali e partendo insieme per Valinor.
Sam: sempre trattato dagli altri come lo scemo del villaggio, grazie alla presa di coscienza sulle sue capacità e sul fatto di essere coinvolto in una missione più grande di lui, Sam fa un'evoluzione mastodontica quando scopre di avere le palle, affronta Shelob, gli orchi e fondamentalmente impedisce che tutto quanto vada a funghi perché Frodo oramai è alla frutta.
La vedete la differenza? Vedetela!
Un'altra domanda che dovete farvi riguarda i personaggi di contorno, o secondari (che compaiono in almeno più di tre scene, diciamo, indicativamente).
Questi personaggi secondari sono lì per fare numero o servono a dare qualche impulso alla trama? Se non hanno né scopo né motivazione, valutate anche l'opzione di levarli di torno. Se non danno contributo alcuno e stanno solo a ballare la macarena in background, insomma... ecco, vedete un po' voi! Io già ve l'ho detto.
Valutate se qualche personaggio sembra monco, se è un prezzemolino senza direzione, o un Ficus Benjamin in background; calibrate il punto di partenza e di arrivo di ciascuno e valutate gli eventuali aggiustamenti da mettere in atto. Ciascuno deve avere una sua ragion d'essere, che quelli che scaldano la sedia non servono a nessuno.
Questi due punti – trama e personaggi – sono i primi da trattare e risolvere dopo la prima stesura. Una volta risolti questi nodi, almeno a livello base (perché è possibile che sia la storia che i personaggi subiscano altre modifiche man mano si procede con le revisioni), si può analizzare il resto.
Direi, sempre in maniera indicativa che i punti da qui in poi, possono essere oggetto di editing a stadio più avanzato. Tenete sempre in mente il foglio preliminare, quello delle cose che vi piacciono e no, o che vi sono indifferenti all'interno della vostra storia. Usatelo come bussola per capire come amalgamare gli interventi da fare all'interno del processo di revisione.
Procediamo:
3. La pesatura delle scene. Se in una scena non vengono fornite nuove informazioni, non viene approfondito qualcosa e non c'è progressione della trama, facilmente è una scena inutile e va tolta. Non affezionatevi, già ve l'ho detto. Questo è il momento in cui voi fate il boia della vostra storia e tagliate testa senza alcuna pietà. Leggete una scena e chiedetevi: cos'è successo? cosa ho scoperto? Se faticate a dirlo, tagliate. O almeno ridimensionate fino a lasciare solo l'indispensabile.
Allo stesso tempo se una scena è cruciale, ma mancano dettagli per renderla fluida e comprensibile, allora integrate, riscrivete, manovrate le parole per esprimere al meglio quello che vi serve e mantenere il ritmo per evitare grandissimi calamenti di palpebra nel lettore.
4. Le descrizioni. Riassumiamo in due soldi. Quando una descrizione è fatta bene la scena descritta vi si materializza davanti agli occhi, quando è fatta male alla meglio vi fa cadere le palle. È inutile dire la stessa cosa sei volte, con parole diverse. Ditela una volta, se serve che venga detta, ditela bene e passate oltre. La descrizione fatta bene è come uno stereogramma. Uno legge una pagina piena di parole e, magia, esce fuori un'immagine 3D.
5. I dialoghi. Il dialogo è un propulsore di trama come poche altre cose in un testo. In più ha un ritmo proprio che aiuta a mantenere viva l'attenzione. Certo dipende dall'argomento. Se si parla del tempo, forse non abbiamo preso l'argomento più avvincente possibile.
Prendeteli in esame uno ad uno e verificate:
- se portano avanti la trama;
- se i personaggi che parlano sono facilmente riconoscibili;
- se servono a qualcosa o se sono un mero riempitivo, o peggio un mero esercizio di stile;
Parola d'ordine: nessuna pietà.
6. Verifica delle informazioni. Tutto ciò che inserite e che ha un qualsivolgia aggancio con la realtà va verificato. Le località geografiche, gli usi e costumi di un certo popolo, la collocazione di certe pratiche. Non potete parlare di pomodori in un romanzo del 1300 ambientato in Spagna, semplicemente perchè il pomodoro, essendo originario del Sud America, è arrivato in Europa dopo il 1492 (!). Anzi secondo Wikipedia è arrivato addirittura nel 1540, per dire. Quindi verificate, verificate, verificate. Anche se sapete che Roma è la capitale dell'Italia e voi a Roma ci vivete, andate a verificarlo. Perché nel momento in cui date per scontato qualcosa, sappiate che la scure si abbatterà sulla vostra testa. Autore avvisato...
Dopo che avete valutato questi punti, potete buttarvi sui refusi. Facilmente, avete già sistemato molte cose man mano sistemavate i punti di cui sopra. Ma, di sicuro, ce ne sono ancora fino a cavarvi gli occhi. Allora, penna rossa e lettura ad alta voce. Oppure fate fare al lettore di Word e state ad ascoltare. Ha un accento talmente finto che qualsiasi cosa non funzioni vi salterà all'orecchio come la sveglia della nonna.
Tenete conto che non basta rivedere il testo una volta e siete a cavallo. Dovete rivederlo poi rivederlo poi rivederlo e poi rivederlo. Ogni volta andate a sistemare qualcosa in più, finché non è pronto per un parere professionale.
È mia opinione personale che prima di un'eventuale pubblicazione il testo passi comunque dalle mani di un editor professionista. La parola professionista spiega il motivo in maniera esaustiva. Per quanto voi siate portati per la scrittura e siate degli scrittori efficaci non avete l'occhio e la competenza professionale per rendere il vostro testo pronto per il grande pubblico, non esistono storie. Per questo serve l'editor.
Spero che questo capitolo vi sia stato utile. Ci sono comunque, come sempre, un sacco di risorse online a cui attingere per avere una traccia da seguire appena finito di scrivere. Vi accorgerete presto che mentre scrivete, scrivere sembra difficile, ma la verità è che sembra difficile solo perché non avete ancora affrontato la fase di editing. È lì in effetti, che sono veramente cazzi.
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