CAPITOLO 8


I said no
Ya know
Like a liar

Cassandra non aveva ansia, aveva dovuto conoscere e passare del tempo con cosí tanti sconosciuti nella sua vita che una persona in più non faceva differenza. Le prendeva solo una strana agitazione quando pensava che Klaus provasse amore nei confronti di quella donna, e allora si chiedeva come fosse possibile, se non fosse tutto finto, uno scherzo per metterla alla prova. Alla fine suo fratello aveva deciso di invitarla a fare colazione insieme, mentre Cassandra si allenava con Dominic.

Arrivò in anticipo come al solito, prima di entrare in palestra, controllò dai vetri se ci fosse Aron. Fu un gesto istintivo, spontaneo, non aveva idea del perchè volesse verificare la sua presenza. Non la metteva a disagio, non le dava fastidio. Forse le piaceva la sua compagnia? Comunque era sola. Fu un po' delusa. Ma che ti aspettavi, che venisse solo perchè anche lui sperasse di trovarti?

Decise di non pensarci, il modo migliore per pulire la mente era l'esercizio fisico, iniziò a riscaldarsi, dopo qualche minuto arrivò il suo maestro. Lo salutò con un cenno del capo, era pronta. Si rirò su i capelli e salí sullo stesso ring che i giorni prima aveva sporcato di sangue.

Iniziarono la solita lotta, il solito massacro, e quando finí al tappeto per la terza volta controllò l'ora sull'orologio appeso al muro; il suo insegnante sapeva dovesse lasciarla entro le otto. Pensò che non avessero finito, ma gli ordini di Klaus erano indiscutibili. « Devo solo fare delle commissioni, quando torno possiamo riprendere. » Si alzò, il labbro rotto le faceva ancora male. Aveva le ginocchia sbucciate e le nocche rotte.
Lui la squadrò, iniziava a piacergli il suo spirito combattivo. « Se ce la fai. »
Quella si sporse in avanti, era ancora inginocchiata a terra e stava raccogliendo le forze per alzarsi. « Si che ce la faccio. » Aveva l'affanno. Sputò un grumo di sangue addensato misto a saliva. Qualcuno avrebbe pulito.

Raggiunse la solita borsa e si rivestí, Lidia sarebbe arrivata tra poco, aveva appena il tempo di farsi la doccia e darsi una sistemata. I gomiti le bruciavano, strinse i denti e li sciacquò sotto l'acqua calda; quando fu davanti allo specchio controllò dove avesse più lividi, forse la schiena poteva lasciarla scoperta. S'infilò un jeans a vita bassa, una maglietta che lasciava scoperta la pancia e il solito maglioncino che aveva di mille colori diversi. Ai piedi portava degli stivaletti bassi di Prada, e prima di scappare di sotto afferrò la Birkin nera.
I capelli erano sciolti, arruffati e disordinati. Il trucco sempre troppo scuro, ma non le importava, si piaceva cosí, quando i giornali la descrivevano cupa, misteriosa, difficile, si sentiva una specie di personaggio. Le pareva che potesse scegliere come gli altri la vedessero.

« Klaus? » Bussò alla porta della sala da pranzo, sembrava quasi davvero timida, mentre restava sulla soglia, in attesa che le dicesse di poter entrare. Cercò con lo sguardo cristallino Lidia, erano seduti accanto. Per un momento provò un po' di invidia, lei non era mai riuscita a farsi volere cosí bene da suo fratello, poi arrivava lei e con la sua laurea in psicologia riusciva a fregarlo completamente. Li osservò silente qualche istante, poi sorrise. « Ciao, io sono la sorella di Klaus, Cassandra. »
« Piacere di conoscerti, Lidia. » Era italiana? Eppure non sembrava dall'accento. Aveva lo sguardo calmo, come se fosse a suo agio. Come poteva esserlo davanti a lei, in quella stanza cosí grande, cosí vuota? C'era un tavolo lunghissimo, di legno lucido al centro e dei banconi disposti attorno alle pareti. Ci cnservavano servizi d'argento e vecchi piatti, posate. Dal soffitto pendeva un lampadario troppo luminoso eppure non riusciva a rendere caldo l'ambiente. Era solo fastidioso.

« Mangi qualcosa? » Con noi, intendeva. Cassandra la mattina presto non mangiava mai, e odiava fare colazione in compagnia, non era abituata.

« Non ho molta fame, però aspetto qui. Mi ha detto Klaus che anche a te serve un vestito per il matrimonio di... come si chiamava? » Si girò verso il fratello. Si mise seduta, scomposta, la schiena poggiata all'indietro e le gambe tese, allungate in avanti.

« Elijah. » Intervenne subito.

Allora Lidia cercò l'attenzione di Cassandra. « Non è un amico di famiglia? » Perchè non ricordava il nome di un fedelissimo di Klaus? La giovane assottigliò le iridi chiare. Si chiese che diavolo il fratello le avesse raccontato, poi pensò che tante cose esistessero solo nella sua mente, che Klaus non potesse sapere Cassandra odiasse tutti i suoi stupidi amici, e che di famiglia non considerasse proprio nessuno.
« ...Si, si. » Stava quasi per correggersi, poi decise che non avesse senso. « Più che altro amici di Klaus. »

« Ah, ho capito. » Il viso era delicato ma dai tratti forti, le labbra carnose e il naso pronunciato la rendevano affascinante. Anche se Klaus era stato con donne molto più belle, modelle, attrici, ballerine. Che aveva lei di speciale? « Io comunque ho finito, possiamo andare. » Si pulí le dita sfregandole tra loro, fece cadere un po' di zucchero a velo. Stavano mangiando delle brioches ripiene, sembravano quelle che Cassandra comprava sempre a Parigi. Le mancava quella vacanza, Vanessa, non doversi sottoporre ogni mattina alla follia di Dominic. Poterci provare con chi volesse, senza la paura di essere scoperta. E soprattutto avere attorno della gente che non fosse troppo spaventata da suo fratello per chiederle di uscire.

« Si, c'è Finn che ci aspetta fuori. »
Klaus intervenne quasi allarmato. A Cassandra venne da ridere. « Chi è Finn? »
Roteò lo sguardo e non trattenne un risolino sfacciato. « L'autista, si chiama Finn. » Ma tanto tu ricordi solo i nomi di quelli che ti servono, vero, fratellone? Si alzò, sapeva che gli avesse promesso di togliersi dalla faccia quell'aria ostile che si portava sempre appresso, ma era impossibile.

Fece finta di assecondarla. « Lui è sicuramente tuo amico. » L'apparenza è importante, vero?
« Direi. » Si alzò e raccolse la borsa, quando Lidia si accorse di che modello si trattasse alzò le sopracciglia. Soprattutto perchè lei la trattava come fosse una qualsiasi. « Dai, se ce la facciamo ci infiliamo dentro anche un aperitivo. » Lidia la guardò ancora confusa. Forse non era mai stata in Italia. Quindi non è italiana. Sul serio, era tutto un sotterfugio per capire quali fossero le sue origini? « In Italia fanno questa cosa... praticamente si trovano dalle undici in poi e bevono dei drink, mangiano qualcosa e fondamentalmente... bevono.
È molto divertente. »
Klaus la stava fulminando. Ma lei non capiva, nessuno le aveva mai detto cosa fosse sbagliato, conosceva solo le regole di suo fratello che riguardavano più che altro l'apparenza, il denaro, la forza, e la gerarchia dei suoi uomini.
« A dopo, ah, ho detto a Dominic che ci troviamo quando torno per finire la lezione, okay? »
Il fratello sembrò quasi fiero, forse Cassandra stava iniziando a ragionare, a diventare quello che lui aveva sempre voluto. E cosa, una macchina da guerra? « Allora te lo lascio libero. »

La psicologa comprese subito quanto Cassandra fosse difficile, la giovane sapeva bene come porsi ma c'era sempre qualcosa di cupo le che le girava intorno. Aveva visto il suo viso solo da alcune foto sui giornali, e anche in quelle portava quasi sempre gli occhiali da sole. Si allungò verso il biondo e gli lasciò un bacio sulla guancia, fu una scena cosí dolce che la sorella dovette sbattere le palpebre qualche volta per assicurarsi che fosse reale. Non capiva, era convinta che non avrebbe mai capito. Si limitò a scuotere il capo e aspettarla immobile.

Mentre l'altra finiva di rivestirsi del cappotto, cercò una sigaretta nella borsa, se la portò tra le labbra e l'accese subito, senza aspettare di uscire. « Perchè ti ostini a fumare dentro? » Lui sbuffò, puntò i gomiti sul tavolo. Lei sapeva già cosa le avrebbe detto.
Cass sospirò. « Dai, tanto tra due secondi
esco. »

Quando furono fuori smicciò sulle mattonelle dell'ingresso principale, Finn era già fuori dall'auto ad aspettarle. « Ciao Finn. Oggi ci accompagni a fare shopping. » Sembrava quasi felice mentre le vendeva la parte migliore della sua realtà.
« Buongiorno. » Quello rispose educatamente, come al solito.

Lidia forse in una limousine non c'era mai stata, perchè prese a guardarsi intorno come se fosse in un posto assurdo. « Ti piace? Io volevo metterci delle luci blu ma Klaus dice che fanno schifo, tu che ne pensi? » Teneva la sigaretta stretta tra le labbra, quel modo di fare fintamente sciolto era tutta una strategia, tutta una maschera per far sentire Lidia a suo agio. Cassandra a volte non aveva idea di quale fosse il suo vero carattere, il suo stato d'animo. Ne sceglieva uno e lo faceva vedere, da sempre.

« Non lo so, forse mi darebbe fastidio agli occhi, a te no? »
« Secondo me te la fa prendere benissimo prima di andare a ballare. » Soprattutto se era sotto l'effetto di droghe pesanti.
Erano sedute accanto, Cassandra non riusciva a capire come si sentisse Lidia, era proprio una cosa che non era abituata a fare, considerare i bisogni degli altri. La sentí tossicchiare, forse le dava fastidio la sigaretta. « Vuoi che apra? »
« Si, non riesco a respirare bene. » Non era abituata al fumo. Ma che aveva in comune con suo fratello? Abbassò il finestrino e fece cambiare aria, poi spense la sigaretta in un posacenere.

« Scusa. » Richiuse il finestrino oscurato, poggiò la testa contro il vetro e restò zitta. Cassandra senza nicotina era nervosa, più intrattabile del solito.

Fu l'altra a spezzare il silenzio che era calato. « Hai già in mente qualcosa, per il vestito? »
« Non lo so, sicuramente non qualcosa di giallo, odio il giallo. » Prese a giocare con un elastico che aveva al polso. « Tu? » Non aveva mai capito per quale motivo odiasse tanto quel colore, ma non riusciva proprio a vederlo, come fosse una brutta senzazione.

« Non lo so, vedo cosa mi piace quando arrivo. Comunque qualcosa di semplice. »
La bionda scosse il capo. « Semplice non va bene. »
« In che senso? » Sono le regole non scritte del mondo in cui hai deciso di infilarti.
« Che se scegli un vestito semplice è perchè hai dei super accessori, tu li hai? »
« Ho una collana e degli orecchini che mi ha regalato tuo fratello. »
Cassandra restò calma, tutto l'entusiasmo di prima era scemato. Perchè era finto. « Allora li hai. » Aveva scelto di mostrarsi come le aveva chiesto Klaus.

Stette zitta per un po', poi si perse nei propri pensieri. « A me non stanno bene le cose semplici, mi fanno sembrare una sedicenne. »
E lei odiava non sembrare grande, quando la trattavano da stupida. L'aveva sempre avuta quella fissa, anche quando era piccola si disperava per sembrare adulta. « Penso che cercherò qualcosa di MiuMiu, o Prada. »
O qualsiasi altra cosa che la facesse sembrare una già vissuta, che avesse qualcosa da dire anche se poi era vuota.

Si fermarono davanti al primo negozio, una boutique dove spesso la bionda si riforniva. Appena si avvicinò alla porta principale, un giovane commesso le aprí, facendola entrare con Lidia. Si sentiva a casa, tutti la rispettavano, tutti sapevano chi fosse. E l'altra donna, era ben accetta solo perchè amica della più piccola.

« Ci serve qualcosa per un matrimonio, lei vorrebbe restare sul semplice, io no, ho solo bisogno che non sia troppo scollato, e abbia le maniche lunghe. » Non voleva che tutti le vedessero i segni del suo allenamento, quando finiva le davano soddisfazione, ma non stavano bene su un abito elegante. Cassandra non sapeva neppure a chi stesse parlando, precisamente. Aveva iniziato a dare ordini certa che qualcuno potesse sentirla, servirla. L'altra si spostò i capelli castani su una spalla, era a disagio, si percepiva benissimo, ma la giovane Van Der Meer non poteva farci niente. Tutti loro si erano sentiti a disagio ad un certo punto, avevano poi imparato a convivere con quella sensazione, con l'ansia, la paura di essere sbagliati.

La titolare del negozio la raggiunse subito. Quando si trattava di loro, tutto doveva essere perfetto. « Buongiorno signorina Van Der Meer, se volete seguirmi vi mostro quello che abbiamo. »
Si volse in direzione di Lidia. « Andiamo. » Il tono di voce era autoritario, le veniva spontaneo dare ordini, era stata cresciuta in quel modo, non aveva altri modi di approcciarsi alle situazioni.

La donna che le stava servendo tirò quasi subito fuori l'abito adatto a Cassandra, era come l'aveva chiesto: maniche lunghe e senza scollatura. Odiava doversi coprire troppo, ma avrebbe odiato ancora di più eventuali domande sul suo corpo.
Il vestito era verde acqua, lungo e leggero, trasparente sulla parte superiore, ma decorato con vari inserti e figure ondulate che coprivano bene i lividi, su tutto il busto. In vita era stretto da una cinta di raso, sottile, poi scendeva giù moribido fino a terra. L'unica parte provocante era uno spacco profondo a destra, ma non si notava troppo. Zuhair Murad era il nome dello stilista che disegnava quei capolavori, sperò anche Lidia avesse trovato qualcosa di carino.

L'abito dell'altra era azzurro, semplice, come l'aveva chiesto: un abito a fascia, lungo. Le stava benissimo. Forse l'aveva scelto per far risaltare di più i gioielli che le aveva regalato il fratello. Le fasciava il corpo perfettamente, sembrava le fosse stato disegnato addosso. Non si era neanche dovuta impegnare, Cassandra l'avrebbe invidiata da morire, odiava non essere la più bella, era una delle tante cose sbagliate che le si era radicata nella mente.
Ma sapeva farci i conti.

Quando ebbero finito, la giovane domandó ad un commesso se potessero portarle un calice di prosecco. Era un'abitudine che aveva preso da un paio d'anni, poco le importava che fosse mattina, che non avesse fatto colazione. « Lidia lo vuoi anche tu? »
Scosse il capo. « No, grazie. » L'altra alzò le spalle e si mise a sedere su una delle poltroncine riservate ai clienti. Le luci calde rendevano l'ambiente gradevole. Lidia la copiò cercando posto su quella accanto. « È questo l'aperitivo di cui parlavi? »
Cassandra era rilassata, lo fu ancora di più quando le arrivò il suo prosecco. « Più o meno, in Italia è molto meglio, dovresti chiedere a mio fratello di portartici, è proprio un bel posto. »
Solitamente Klaus non aveva mai tempo per niente, ma visto come stavano andando le cose, non si sarebbe sorpresa se per Lidia l'avesse trovato.

« Tu ci vai spesso? »
« Si, una mia amica molto stretta è italiana. »
Quindi scappi da lei quando puoi. « Si? E come l'hai conosciuta? »
« Sua madre era amica della mia, quando è morta mio padre decise di spedirmi da loro tutte le estati, e quando è morto anche lui ho iniziato a passarci praticamente metà dell'anno. » Perchè non averla tra i piedi era meglio. Cercò di non usare un tono di voce triste, non voleva che Lidia pensasse di poterla compatire. « Quindi siamo cresciute insieme. Anche lei vive in America, però d'estate vanno sempre in Toscana. »
« Mi ha detto Klaus che l'Europa ti piace molto. »
Si, soprattutto perchè è lontana. « Si, non vedo l'ora di tornare a Londra. »
« Studi legge, giusto? »
« Esattamente. » Sapeva proprio tutto. Cassandra si poggiò con un gomito sul bracciolo della poltrona, stavano sistemando i loro acquisti.

« Tu invece eri la sua psicologa. » Tagliente, la giovane buttò giù l'ultimo goccio di prosecco. Lidia non sapeva cosa risponderle. Non è una domanda. « Non sapevo che andasse da qualcuno, non l'avrei mai detto. »
« Non sempre chi soffre lo fa vedere. » Poverino.
La giovane fu tentata di risponderle malissimo, di dirle che le lezioni morali e di vita dovesse farle a qualcun altro, che Klaus avesse pensato solo a se stesso, che lei avesse solo una versione delle loro vite, e che i giochetti da strizzacervelli potesse infilarseli nel culo.
Ma tacque, perchè il modo migliore per sopravvivere era non dare importanza agli altri, e poi perchè era abituata a stare zitta. A tenersi le cose dentro fin quando non impazziva.

Rimase zitta anche dopo, quando arrivò la titolare a informarle che le loro cose fossero pronte. Abbandonò il flute in cristallo e si diresse alla cassa per recuperarle, misero tutto sul conto di Klaus. Salutò la commessa con un cenno del capo, Finn era già fuori. « Andiamo a casa. »
Lidia sembrò dispiaciuta, che cosa poteva saperne lei, di come funzionasse la testa di Cassandra? « Non volevi fare quell'aperitivo? »

L'altra scosse il capo, cercò nella borsa una sigaretta e abbassò il finestrino quel tanto che bastava per non appestare l'aria. « No, abbiamo fatto tardi, devo andare in palestra. »
« Peccato, e non puoi recuperare un altro giorno? » Voleva davvero passare del tempo insieme alla sorellina del suo fidanzato?
« No. » Improvvisamente odiò i suoi modi gentili, comprensivi, pieni di sorrisi gentili. Sembrava che volesse fregarla, aveva il terrore che la stesse psicanalizzando. E poi le dava fastidio il modo in cui parlasse della situazione tra lei e il fratello come se conoscesse tutto, non sapeva niente.
O meglio, conosceva quello che poteva averle detto Klaus, cioè una versione distorta di tutto.
La sua.

« Ho detto qualcosa di sbagliato? »
« No, no, è che ho un allenamento con Dominic e se faccio tardi me la fa scontare. »
Stai zitta. Lidia era la persona più buona del mondo, estremamente perspicace e intelligente, solo una cosí aveva le capacità per far rincretinire suo fratello. Sapeva di aver osato troppo. Cassandra andava presa a piccole dosi.

Si portò la sigaretta alle labbra e prese un tiro, poi sputò fuori una nuvola di fumo densa e fastidiosa. Tornarono a casa forse prima del previsto, perchè Klaus non c'era. Che idiota. Pensò che Lidia si sarebbe dovuta abituare alle sue assenze. « Vieni con me in palestra? Ti posso prestare io quello che vuoi. » Provò quasi qualcosa di simile al dispiacere. Non se la sentí di abbandonarla.
« Ma tuo fratello? »
« Ogni tanto sparisce, ma poi ricompare
sempre. »

« Ah. »
Nemmeno il tempo di lamentarsi, che lui le raggiunse. « Pensavo ci avreste messo più tempo. » Camminava nell'ingresso, le scarpe eleganti battevano rumorosamente sul marmo chiaro. Si avvicinò a Lidia e le cinse un fianco.
Cassandra alzò le spalle. « Abbiamo trovato subito quello che cercavamo. »

« Avevo detto a Dominic di liberarsi tra un'oretta. »
« Vabbe, ho il tempo di cambiarmi con calma. »

« Mentre non c'eri mi ha proposto di accompagnarla ad allenarsi, dici che Dominic potrebbe allenare anche me? » L'ennesimo tentativo di fare amicizia. Quella poveretta non aveva idea di cosa avesse chiesto.
Cassandra sgranó gli occhi. « Le hai detto cosí? » Giustamente, Klaus la riprese subito.
« Le ho detto che se avesse voluto sarebbe potuta venire con me in palestra. Non ho parlato dell'allenamento con Dominic. »

Klaus dovette spiegare meglio a Lidia.« Cassandra fa delle lezioni di lotta corpo a corpo molto intense. » Detta in quel modo sembrava quasi una cosa normale. « Per questo mi sembrava strano ti avesse proposto di accompagnarla. »
« Ah, ho capito. » E perchè fa delle lezioni del genere? Lidia si strinse nel cappotto cammello, percepiva che ci fossero ancora tante cose da scoprire.

Klaus odiava vederla a disagio. Le strinse un fianco e le lasciò un bacio sul collo. « Se vuoi puoi cominciare anche tu, posso essere io il tuo maestro. » A Cassandra sembrò un'altra persona. Anche e lei sarebbe piaciuto averlo come insegnante, invece la spediva sempre da qualcuno perchè se ne occupasse. Si sentí, per l'ennesima volta, non abbastanza. Perchè non era mai riuscito ad ottenere niente da lui?
Lidia rise e si volse per lasciargli un bacio sulle labbra, poi si scansò subito, ricordò che Cassandra fosse ancora lí.

« Allora io vado. Ciao, Lidia. » La salutò con un gesto della mano, si sforzò perfino di sorriderle. Quando potè darle le spalle liberò un sospiro di sollievo. Non era mai stata cosí contenta di andare in quella schifo di palestra.
Aveva mille domande che le frullavano per la testa, ma decise che non avesse voglia di farsi travolgere dai propri pensieri.
Si preparò con calma e poi camminò fino alla depandance. Forse avrebbe dovuto mangiare qualcosa, non si sentiva tanto in forze.

Si tirò su il cappuccio della felpa, la palestra era già aperta. Aron.
Fu quasi contenta di vederlo, dopo quella mattinata strana era l'unica cosa normale che avesse incontrato, oltre allo sguardo severo di Dominic. Si stava asciugando il sudore dal collo e dalla faccia, Cassandra decise di godersi lo spettacolo da lontano, e che non le importasse che lui potesse accorgersene. Entrò lentamente, senza togliergli lo sguardo di dosso.

Lui si accorse di lei quasi subito. « Non ti allenavi la mattina? » La scrutò da capo a piedi.
« Oggi anche il pomeriggio. » Andò verso la panchina di sempre e si tolse la felpa larga, rivelando il corpo esile, il ventre piatto, i lividi che peggioravano ogni  giorno. Il fianco sinistro era coperto da una benda chiara, fasciato in modo da guarire più in fretta. Stava cercando l'acqua nella Goyard verde, i capelli erano ancora disordinati.

Lui non disse niente, rimase in silenzio un paio di attimi, poi trovò le parole giuste. « Che cosa sono quei segni? »
« Quali? » Non capí subito che si stesse riferendo agli ematomi che aveva su tutto il corpo.
« I lividi, che hai fatto? »
« Ah, è l'allenamento speciale di Klaus, funziona che va avanti finchè non sputi sangue. »
Il volto di lui si piegò in un'espressione ambigua, contrariata. « È un massacro, che cazzo dovresti imparare in questo modo? » E a te che importa, Nowak?
Cassandra non si aspettava tutta quella apprensione, non sapeva se esserne lusingata o infastidita. Pensava fosse ancora una bambina?
Decise di avvicinarsi a lui, dall'altra parte della stanza. Gli si mise davanti allo sguardo, il naso puntato verso l'alto per raggiungere il suo.
« Imparo a non essere debole, Nowak. »
Lo vide contrarre i muscoli, prendere un respiro profondo, il suo petto nudo gonfiarsi e poi svuotarsi. Quel movimento fu quasi ipnotico, s'incantò qualche secondo. « Sicura, Cass? »
La voce gli venne fuori calda, lenta. Allungò una mano sul fianco di lei, proprio dove aveva la fasciatura. L'accarezzò piano e lei si sentí avvampare, le mancò il respiro, se solo non si fosse trattato di Aron Nowak... proprio mentre stava godendo di quelle attenzioni inaspettate, lui strinse la presa sulla sua pelle, con l'intenzione di farle male. Infatti, Cassandra si chinò verso il basso, poggiò una mano sulla sua spalla per reggersi perché altrimenti sarebbe finita a terra, tanto era il dolore. « Ma che cazzo fai! » Mormorò piano, a denti stretti. Lui la lasciò, poi le diede una mano per sollevarsi. La prese dalla schiena per aiutarla a rimettersi composta. Aveva ancora le mani aperte sui suoi fianchi quando si avvicinò al suo orecchio. « A me sembri solo più fragile. »La stava provocando, ancora. Sembrava non riuscisse a fare altro. « Questa volta Klaus sta sbagliando. » Fatti gli affari tuoi.

Lei si divincolò dalla sua presa. « No, questa volta fa bene. È l'unica cosa che ha pensato giusta in ventidue anni. »

Ad Aron venne da ridere. « Anche questa glie l'ha consigliata la psicologa? »

E certo, l'unica stupida a cui mentisse era lei. « ...Figurati se tu non sapevi niente. »
« Di Lidia? » E anche che oggi l'avrebbe incontrata.
« Eh. »
« Mi sembra una okay, sinceramente. »
« A me sembra che non sappia farsi i fatti
suoi. » E che debba trattarmi come la sorellina problematica. Non voleva essere psicanalizzata ogni volta che apriva bocca.
Aron alzò le spalle. « È abbastanza espansiva, e tu sei molto chiusa. » Vero.

« Io mi faccio gli affari miei e basta. » E guai a chi provava ad infilarcisi dentro.
Lui annuí, da quel punto di vista erano simili, riusciva a capirla. Trovavano la pace nella solitudine. « Lo so, ma ci sono persone che non non lo capiscono. »

Cassandra si avvicinò nuovamente a lui, incrociò le braccia a petto e piegò le labbra in un sorrisetto divertito. Le sembrò stra o andare d'accordo con lui. Di solito la faceva incazzare e basta. « Sinceramente, cazzi loro. »

La bocca di Aron si schiuse, una risata sommessa gli scosse il petto e vibrò poi nell'aria. Aveva ragione. Le parve di vedere una briciola di approvazione nel suo sguardo chiaro, tanto che si sentí a disagio, non era mai successo. Poi scomparve, Aron tornò serio. « Mh. Comunque la prossima volta che vieni qui di pomeriggio avvisa, cosí non vengo io. Mi piace allenarmi da solo.
E tu sei fastidiosa. »

La lasciò senza parole. Decise di voltarsi dall'altra parte, tra qualche momento sarebbe arrivato Dominic.

💎💎💎
Hola! Come va?
Che ne pensate della storia fino ad ora? Siete curiosi di conoscere meglio il nostro Klaus? E Lidia? Vi fidate?
Mentre Aron, secondo voi perchè si comporta cosí?

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