CAPITOLO 43


Non si può fare come ti pare
Tra un po' non avrai più vent'anni
E la vita diventa un mestiere

Il tempo era passato, lentamente, i giorni erano stati cosí noiosi che sembravano solo ognuno la brutta copia di quello prima.
Alla fine era arrivata anche la festa di Klaus e Lidia. Quella tanto temuta, organizzata controvoglia e anche un po' desiderata, infondo.
Cassandra sapeva che Aron volesse parlarle, e aveva intenzione di rovinare l'evento con i soliti drammi. Quindi si era preparata a sopportarlo, o almeno cosí credeva. Come ci si preparava ad una cosa simile? Allo sguardo vuoto della persona che ami, mentre non ti riconosce?

Noah aveva proposto a Cass di prendere una stanza nell'hotel più vicino, non gli sembrava proprio il caso di occuparne una in casa Van der Meer, si sentiva fuori luogo e comunque non era un vero fidanzato. Ma lei gli rispose che tanto quella villa fosse così grande da poter ospitare chiunque, nessuno si sarebbe quasi accorto della sua presenza. "Sai quanti ne ho ospitati di nascosto?" Gli disse anche la giovane, strappandogli un ghigno divertito.

Era una cosa che non si poteva spiegare, il modo in cui quel posto la facesse sentire sola. Noah aveva capito quale fosse il vero problema, e alla fine l'aveva convinta a stare in hotel con lui.
Non voleva stare da sola, aveva il terrore di sentirsi sola a casa sua. Era anche quella una cosa quasi impossibile da comprendere, ma succedeva sempre.
E questa volta non pensava di poterla affrontare. Neppure con l'alcol, i bei vestiti, la musica e la droga, proprio con niente.

« Sei agitato? »
Noah si stava sistemando allo specchio, non riusciva a tenere i capelli in ordine senza gel e Cass vedeva quanto gli desse fastidio non poterlo usare. Ma odiava anche perdere, non rispettare gli accordi. Le venne da ridere.
Le piaceva dargli fastidio.
« Un pochino, alla fine non conosco nessuno, anche se alla fine non sei la mia vera fidanzata, quindi che io faccia bella figura è importante fino ad un certo punto. »
« Guarda che se tra vent'anni siamo ancora in queste condizioni pietose, quelli di stasera diventano tuoi parenti. »

Lei era già pronta, aveva comprato un abito nuovo solo per quell'occasione. Era simile ai modelli che usava di solito, di seta, scollato sulla schiena e coprente davanti. Aveva le maniche corte e lo scollo a barca che andava aprendosi, dietro. Lungo, ovviamente, e scuro, scurissimo. Di un blu notte intenso.

Noah si volse per osservarla, le sorrise. « Stai benissimo. »
Ma che stavano facendo. « Lo so. » Lo raggiunse e gli si mise accanto, si guardarono allo specchio e si resero conto che non fossero poi così tremendi, insieme. « Se avessimo dei figli sarebbero davvero belli. Merito mio, chiaro. »
Noah strinse le labbra. Qualcosa lo aveva turbato. « Chissà se il mio mi somiglia. »
Cassandra non disse altro. Era stata indelicata. È che tra Klaus e sua nipote, ma anche dopo aver conosciuto la figlia della gemella di Aron, ormai le veniva facile parlare di bambini. Gli prese un braccio e lo strinse, per confortarlo. « Magari prima o poi lo scoprirai. »
« Magari. » Una risatina amara gli scurí il volto. Sospiró, piegó il capo di lato e lo poggió su quello di Cass. « Non voglio deprimermi oggi. »
Lei annuí delicatamente. « Non ho intenzione di tornare a casa sobria. »
« E io non ho intenzione di farti tornare a casa. »
Le cinse un fianco con un braccio, lei alzó il capo e si staccó un momento da lui. Lo guardó e lo bació, come se fosse realmente innamorata. Lui ricambió quell'attenzione con un altro bacio, più passionale. Chiuse gli occhi.
La strinse anche con l'altro braccio. « Siamo in ritardo. » Comunque non si staccó da lei, la spinse contro la scrivania davanti al letto e s'infiló tra le sue gambe, mentre le alzava il vestito aderente e scendeva con le dita sui suoi glutei magri.

Cassandra sorrise, maliziosamente. Poi si avvicinó al suo orecchio e gli leccó un lobo, piano. « Non preoccuparti, per facilitarti non ho messo le mutande. »
Dopo quelle parole, Noah si sporse in avanti per sollevarle completamente il tessuto morbido della gonna, scoprirle le gambe e il ventre accaldato. Lei gli slacció la cinta e tiró via la camicia, impaziente. Si liberó dei pantaloni e dei boxer insieme, e si spinse subito dentro di lei, velocemente, con una certa violenza che a lei piaceva particolarmente. Inizió a muoversi piano, tanto che lei pensó di implorarlo di andare più veloce. Ogni volta che la riempiva gemeva sommessamente, e quando si allontanava era un'agonia. Continuó in quel modo per un po', fin quando lei non decise di prendere la sua mano e leccargli l'indice, seguendo il ritmo delle sue spinte.

A quel punto lui si spostó e la fece mettere di spalle, lei obbedì in silenzio e si piegó sul tavolo di legno. Noah la prese dalle cosce e tornó tra le sue pareti con una spinta forte, tanto che la scrivania si mosse in avanti. Continuó lentamente, poi prese ad andare più veloce. Cassandra si sentiva esplodere di piacere, ogni volta che lo sentiva affondare in lei stringeva le dita al bordo della scrivania. Quando raggiunse l'orgasmo urló. E ringrazió di non essere a casa sua.

Noah invece, prima di venire, uscì da lei un'altra volta. Cassandra capì e s'inginicchió, prese la sua erezione in bocca, la leccó fin quando non fu soddisfatto anche lui. La sentiva crescere tra le sue labbra e si eccitó nuovamente. « Cass... cristo, mi piace da morire quando— ah. » Non ebbe neanche il tempo di finire la frase. Si abbandonó a lei e chiuse gli occhi.

Quando ebbero finito, Cass si alzó. « Siamo in perfetto orario. »
Noah le strinse il sedere. « Dici che a qualcuno potrebbe dare fastidio se ad un certo punto scappiamo? » La cinse da dietro, come se non ne avesse avuto abbastanza.
« Vediamo come va. »

Non era lì per scappare. Per questo si era portata dietro Noah, sarebbe rimasta, alla faccia della sua vita di merda. Andó a sistemarsi, doveva ancora truccarsi. Decise di tenere i capelli sciolti, giusto per cambiare. Chissà cosa diavolo sperava cambiasse, insieme alla sua acconciatura.
Si stava sistemando il rossetto, quando Aron le diede una gomitata per farla sbagliare.
« Sei proprio scemo. »
« Vuoi consumarlo tutto, prima di uscire? »
Lei roteó gli occhi chiari e lo richiuse, nervosamente. Non era bastata la scappatella di prima a rilassarla, non ne sarebbero bastate dieci.

« Non vorrai rendere inutile il sacrificio fatto per guadagnarti questa serata con me. »
« Te l'ho già detto che sei scemo? » Noah l'abbracció da dietro, per darle coraggio.
« Ogni giorno. » Le bació il collo. Cass socchiuse gli occhi, le piaceva quando l'abbracciava così. Si sentiva al sicuro, anche se non avrebbe dovuto sentirne il bisogno. Era bello sapere di non essere soli.

« Sicuro che vuoi andare? » In verità, era lei che non sapeva bene che fare. Aveva paura. Si guardavano allo specchio, e pensó che fossero una bella coppia. Se solo si fossero amati, sarebbe stato tutto perfetto. Facile.
« Non è che vuoi scappare, Van der Meer? »
« Lo dico per te. »
« Cosa avrà mai di così insopportabile, la tua famiglia? »
Non esiste.
Non disse nulla, si sciolse dalla sua presa e andó a cercare la giacca.

Fuori faceva freddo, ma nel taxi che avevano chiamato si stava bene. Lei guardó fuori tutto il tempo, aveva paura. E l'ansia aumentava ogni momento che si avvicinava un pochino di più a casa, Noah lo notó subito e infatti le teneva stretta una mano, ma senza dire niente. Era curioso di sapere se i parenti di Cass fossero realmente così spaventosi come se li immaginava.

Quando entrarono, comprese subito un'altra cosa: perchè lei odiasse tanto quel posto. Era pieno di gente, ma trasmetteva a Cass così tanta tristezza che non riuscì a sorridere, neppure quando vide suo fratello. Faceva abbastanza caldo da sfoggiare la scollatura profonda.
« Ben arrivati. » Chiaramente, voleva subito capire chi diavolo Cass si fosse portata dietro. « Tu devi essere Noah. » Certo. Lo sguardo era cordiale, ma conservava sempre quel velo stranamente inquietante che lo accompagnava da quando aveva imparato a manipolare la gente.
« Esatto, Noah von Hallwyl, e tu Klaus, immagino. » Era perfetto. Perfetto.  Cassandra lo sapeva, che Klaus si stesse chiedendo che diavolo ci trovasse di bello in tanta perfezione, lei, che aveva sempre odiato le cose troppo ordinate.
« Si, piacere di conoscerti, lei è mia moglie, Lidia. » Si sporse verso sinistra, per presentargliela.
Cassandra gli posó una mano sul braccio. « Attento, non fidarti troppo, in realtá ti sta già studiando. » Ed era vero. Il tono era scherzoso, ma diceva una verità. « Mia cognata è una bravissima psicologa. »
Sembrava tornata indietro di dieci anni. Klaus abbassó lo sguardo e poi cercó quello di sua moglie. Era tanto che non la vedeva così distante, che non risentiva quel modo strano di provocare.
Era a disagio. Sei proprio inaffidabile, Cass.

Noah sfoderó un sorriso brillante. « Non sono una persona così interessante. » Si sistemó l'orologio sul polso. « Comunque congratulazioni, per tutto, Cassandra mi ha raccontato. »
« Grazie. » Non lo capiva, non lo capiva e gli dava fastidio. Non sapeva neanche che rapporto ci fosse tra lui e la sorella. « Ti voleva salutare Polina. »
Cass sospiró lentamente. « ...Figurati. » Lo mormoró piano, ma comunque la sentirono tutti. Non aveva voglia di affrontare Polly.
« Non ti vede da mesi. » Suonò quasi come un rimprovero.
« Si, poi la saluto. Dove si prende da bere? »
Stava perdendo la pazienza. Non si era occupata di niente, non sapeva quali fossero i punti appartati e dove scappare. Camera sua peró c'era sempre. « C'è il bar infondo alla sala. » Klaus scosse il capo. Cassandra si sentiva osservata, odiava quando la studiavano e cercavano di capire dove fosse rotta, quale fosse la crepa nella maschera che si era costruita. Perchè era impossibile che fosse forte, impossiibile che stesse bene sul serio.

Noah andó a prendere da bere per entrambi. Tornó con due calici di champagne. « Non mi sembrano così male. »
« Mio fratello vuole che parli con Aron, Polina mi sta cercando per questo. » Strinse i pugni, poi prese il calice dal gambo di cristallo e se lo portó alle labbra.
« Ma chi è Polina? »
Non glie l'aveva detto? « Sua madre. » Le tremavano le mani. Noah non immaginava, forse, che sarebbe stato così difficile.
« Senti, facciamo una cosa, saluti chi devi, ti fai la tua chiacchierata, e poi ce ne andiamo, andiamo da qualche parte a ballare. » Le prese la mano libera. Puntó il suo sguardo in quello di lei. Si sentì rassicurata. « Va bene, va bene.
Odio questo posto. » Lui non era pronto, non sapeva come fosse la parte peggiore di Cassandra. Lei decise di darsi una calmata. « Ho portato una cosa. » Gli porse il bicchiere in modo da liberarsi le mani, poi prese la pochette dorata e l'aprì.
Non tiró fuori niente, lo fece avvicinare in modo da fargli spiare cosa avesse dentro, c'era una bustina con delle pasticche bianche. Non serviva che gli dicesse cosa fossero.
Gli brilló lo sguardo. « Se ti bacio davanti a tutti dici che ci torno a casa? » Lei si mise a ridere, chiuse la borsetta e si sporse in avanti per posare le proprie labbra sulle sue. Noah per poco non rovesció il contenuto dei calici a terra. « Quanto ti piace provocare la gente. »
« Almeno ci divertiamo. »
« Tu sei pazza. »
« Hai cambiato idea sul brunch di tua madre? »
Riprese il suo calice, se lo portó alle labbra senza allontanarsi da Noah.
« Assolutamente no, sei proprio la persona perfetta per vendicarmi. »
« E perchè? Non basterebbe portare una qualunque? Tanto tua madre pensa che siano tutti inferiori. » Lui le accarezzó una mano, guardó gli anelli preziosi che portava alle dita, poi cercó il suo sguardo.
« No, non sarebbe la stessa cosa. » Prese un sorso di champagne. « Tu hai visto il peggio delle persone e non avresti paura di lei, dell'aura di disprezzo che si porta sempre dietro... e poi— » Sembró esitare, cosa voleva dirle? « E poi mi vuoi bene. » E come stava facendo lui, l'avrebbe aiutato quando sarebbe crollato.
« Non farti idee strane, sei solo bravo a letto. »
Scoppiarono a ridere un'altra volta, lui si avvicinó per sussurrarle qualcosa all'orecchio, ma si scordó forse cosa volesse dirle e le bació il collo.
« Sono il tuo antidoto allo stress. »
Cass socchiuse gli occhi, si chiese se non stesse davvero esagerando. Poi finì il suo champagne e pensó che non glie ne fregasse davvero niente.
« Sei molto meglio. » Molto meglio di quello che pensasse. Cass sapeva quanto si sentisse un verme. « Sei molto meglio, capito? »
« Io inizierei a fare il giro dei saluti, così ce la svignamo. »
« No, non possiamo andare via subito. Sono qui per Klaus, saró zia tra un po', non voglio essere la zia che non c'è mai. » Abbassó lo sguardo, si sentiva incolpa.
« Allora ci servirà altro champagne. »
Lei alzó le spalle. « Assolutamente. »

« Cassandra? » Un brivido le scosse la schiena. Riconobbe subito quella voce, e sapeva che volto abbinarle, anche l'espressione. Vanessa.
Di quella storia Noah non sapeva niente. Andó nel panico per un momento. « Vane, ciao. »
« Avevo paura di non incontrarti. » Avresti potuto chiamarmi, stronza. Poi pensó che alle uniche due chiamate che avesse ricevuto da lei aveva deciso di non rispondere. « Mi dispiace per... insomma, tutto. » Neanche riusciva a dirlo. Sapeva quanto la bionda odiasse essere compatita.
« Almeno non è morto, forse era destino che andasse così. Comunque ti presento Noah. »
« Noah von Hallwyl. » Quando pronunciava il suo cognome gli tornava l'accento svizzero, Cassandra lo trovava affascinante.
Vanessa aveva già sentito quel cognome, ovviamente. « Vanessa, Vanessa Galiani. »
« Forse conosco qualche Galiani. »
« Mio zio, probabilmente. »
« Italiana. »
« Sì. » Di che diavolo stavano parlando? Noah non sembrava più sereno. Non pensava di trovare qualcuno che conoscesse, evidentemente. « E tu sei svizzero. Salutami la duchessa. »
« Certamente. » Stava sorridendo, ma si vedeva che era un sorriso di circostanza. Che diavolo stava accadendo? E perchè Vanessa aveva tanti contatti? Vanessa andó via.

Cass intervenne subito. « Che succede? »
« Avevi ragione, questa festa è assurda. » Lui si sistemó nervosamente il colletto della camicia.
« Ma la conosci? »
« Si conoscono le nostre famiglie. Suo zio è amico di mio padre. »

Che cosa assurda. « ...Era la mia migliore amica. » Noah era ancora agitato.
« Ehi. » Lei richiamó la sua attenzione, erano proprio da buttare via. « Noah, sei a casa mia, nel mio salotto, nessuno ti rompe i coglioni, qui. E se lei ti da fastidio, me lo dici e sistemo tutto. Tutti hanno dei segreti, anche la sua famiglia. » Tutti hanno un prezzo. Tutti sono ricattabili.
« Sei spietata. »
« Proteggo le persone a cui voglio bene. » Un modo particolare per dimostrare il proprio amore. Tipicamente Van der Meer.

Lasciarono i calici vuoti e ne presero altri, poi altri ancora. Aron non si era fatto vivo e neppure Polina, o forse Cass era troppo impegnata a distrarsi per notarli. « Sai a che tavolo siamo? »
« Saremo con mio fratello, non ho molti altri parenti. » E Aron, da che aveva memoria alle feste si erano sempre seduti appiccicati.
« Eccolo. » Indicó con un cenno del capo un punto in lontananza, era Lidia con Klaus. Si stavano per mettere a sedere.
« Andiamo. »

Come aveva previsto, i loro posti erano proprio difronte ai nuovi sposini. Cassandra guardava le fedi alle loro mani e quasi non ci credeva.
« Ma non dovevano esserci anche i Nowak? »
« Hanno cancellato il volo di Aron, ne ha preso uno più tardi, dovrebbero arrivare tra poco. »
« Ah. »
Noah le strinse un ginocchio da sotto il tavolo, solo per rassicurarla.
Ma lei voleva morire.

« Oh, ecco Polina. »
Lidia alzó una mano per salutarla. Cass restó immobile, pietrificata. Era come se avesse visto un fantasma. Suquadró Noah come fosse un alieno, mentre si spostava i ricci ribelli dietro le orecchie ornate dai soliti gioielli in oro.
« Scusate il ritardo, Aron sta arrivando. »
Si mise a sedere vicino a Lidia. Si volse verso la bionda e la salutó come al solito, con un sorriso che sapeva di famiglia. Ora le metteva solo ansia. « Come stai? Non ti sento da un sacco. »
« Bene. » Taglió corto. « Ti presento Noah. »
« State insieme? » Era l'unica che aveva avuto il coraggio di porre loro quella domanda, oltre Klaus, più o meno. Noah forse comprese chi avesse davanti, sembrava più agitato. Altro che tua madre, signor duca.
« Sì. »
Tanto lei la risposta la sapeva già, e sapeva già anche cosa sarebbe successo nel loro futuro. La bionda non distolse lo sguardo, restó a fissarla fin quando non la vide seduta. Noah per poco non si affogó con lo champagne. Sapeva quali fossero gli accordi, ma era comunque strano. « Polina, Nowak. »
« Noah von Hallwyl. » Le sorrise. Non era cambiato niente, era ancora tutto uno studiarsi, sfidarsi, interrogarsi finchè l'altro non crollava.

Cassandra lo sentì ancora prima che arrivasse, il petto divenne pesante e il respiro affannoso. Aron.
« Salve a tutti, scusate, mi hanno cancellato il volo e ho dovuto prendere quello dopo, sono atterrato un'ora fa. » Spostó indietro una sedia e si mise proprio accanto a lei.
Era così tranquillo che lo invidió, non ricordava niente ed era felice. « Ciao Cass, come va a Londra? » Le sorrise e lei pensó che fosse il più bel sorriso che avesse mai visto. « ...Bene. »
Il polacco si accorse di Noah. « Scusa, non mi sono presentato. Sono Aron Nowak. »
« Noah von Hallwyl. » Era tutto confuso.
Cassadra rimase in silenzio per tutta la cena, per tutto il tempo che lo ebbe accanto. Mentre chiacchierava, rideva, mangiava e scherzava sul fatto che non ricordasse niente. Ogni tanto Noah le accarezzava una mano da sotto il tavolo per assicurarsi che fosse viva.

« Da quanto vi conoscete? » domandó Polly.
« Dal primo anno di università. » rispose lui, Cassandra aveva proprio perso la voce.
« Quindi studiate insieme. » Aron sembrava interessato alla questione. Solo perchè sei la sorella di Klaus.
« Si, nella stessa università, solo che io studio economia. »

Aron li ascoltava con attenzione, e Cass ripensó a quello che le aveva detto in Polonia: non si era mai diplomato, ma studiare era un suo sogno nel cassetto. « Non è stato proprio un colpo di fulmine. » Intervenne Lidia.
La bionda alzó le spalle. « Avevamo la testa da un'altra parte. »
Continuarono a parlare del niente per un po', poi le portate finirono e lei lanció una breve occhiata a Noah, era tempo di svignarsela.

Si alzó per andare al bagno, aveva già annunciato che fosse sua intenzione andare via prima.
L'unica a cui non andó bene fu Polina, glie lo leggeva negli occhi; se ne sarebbe fatta una ragione.

Aron, invece, sembrava indeciso, combattuto. Forse pensava fosse il momento sbagliato per parlare, forse stava cambiando idea.
Ma proprio mentre Cassandra andava verso il guardaroba, si sentì afferrare un braccio.

Noah era già fuori. Tremó d'ansia, era sola. Si bloccó d'istinto, lo stomaco le si aggroviglió tutto e le venne da vomitare, tanto era agitata. Quel tocco non lo ricordava così malefico, di solito bruciava quando la sua pelle incontrava quella di Aron.
Era tutto così assurdo.
« Aspetta. » Cosa? Forse ricordava qualcosa?
« Sto provando a ricostruire alcune cose, e volevo parlarti un secondo. »
« E perchè? » Ma come perchè, Cassy.
« Perchè ci sei quasi sempre tu che condizioni tutto, lo so che è strano, si vede che il mio cervello parte dalle cose più stupide. Mi dai una mano? » Certo, lei era una cosa stupida, al momento. Insignificante.
Sospiró, amareggiata. « Non so se riesco... che ricordi? »
« Alla festa al maneggio, hai presente? »
Certo che aveva presente. « Si. »
« Eri triste? » Da morire. Solo a pensarci stava decisamente peggio. Non era per niente semplice.
Era indecisa se raccontargli la verità.
« Si, molto... »
« Lo sapevo, non mi sono immaginato tutto!
E perchè? » Le venne da sorridere. Non ce la faceva, se lui era contento allora stava bene anche lei. Se per vederlo così avrebbe dovuto soffrire ancora, allora l'avrebbe fatto.
« Perchè? » Sgranó lievemente lo sguardo, non sapeva che dire.
« Si, perchè? »
« Perchè... ma sei sicuro? »
« Sicuro di cosa? » Ma che domanda stupida, certo che era sicuro.
Cassandra si guardó intorno, fece un passo in avanti ma non si avvicinó comunque troppo a lui. Forse non era il posto giusto. « Ti dico una cosa che secondo me è giusto che tu sappia, e poi ci vediamo un'altra volta perchè Noah mi aspetta. »
Prese un respiro profondo. « Non ci sono solo cose belle da ricordare, ci sono anche cose brutte, cose che ti faranno star male. » Non piangere, non piangere. Ricacció indietro le lacrime, si ricordó che davanti aveva un estraneo. « Ricordare potrebbe non farti piacere. »
Lui alzó le spalle, era decisamente sicuro di se. « Che cosa potró mai aver fatto. Non mi sembra che nessuno stia male. »
« ...Stai male tu. » E io. A quel punto lei dovette spostare lo sguardo altrove. La voce le tremava, e non era certa di poter fare altri discorsi.
« Cioè mi sarei fatto del male da solo? » No, non da solo. Avrebbe voluto dirgli che fosse colpa sua, ma gli avrebbe svelato troppo.
« Peró ci sono anche cose belle. Solo che... devi prenderti pure le brutte. »
« Perchè sembri tu quella che sa tutto? Perchè non è Klaus? » Perchè c'era sempre lei nella sua testa?
Era questo che si chiedeva da giorni. Tutto si riassumeva in lei, a cosa volesse, come stesse, perchè.
« In Polonia c'ero io. » Che bugiarda.
« La festa è prima della Polonia. »
« ...Quella festa era la mia grande occasione, facesti anche un discorso commovente. » Non voleva dirgli tutto subito, non lì, non in quel guardaroba nascosto. Aveva giurato di stargli alla larga, ma come al solito, non era riuscita a tener fede alla sua promessa. « Adesso no, Aron. Domani parliamo con calma. » Lui sembró capire, Cassandra era certa che non avrebbe dormito tutta la notte. Si mise a cercare la sua giacca tra le altre, sembrava un'impresa.
« Ah, volevo dirti una cosa. » Cosa? La bionda si giró un'altra volta.
« Hai scordato il tuo vecchio diario in ospedale, l'ho dato a Klaus, giuro che non l'ho letto. Ho aperto solo la prima pagina per vedere la data e il nome. » Ripensó alle loro ultime promesse, a quello che si erano detti prima di separarsi.
« Anche se l'avessi letto sono solo cose scritte da una ragazzina di sedici anni, non c'è nessun segreto importante, dentro. »

Adesso doveva proprio andare, non riusciva a sostenere quella conversazione, non dopo aver bevuto, non mentre lui la guardava in quel modo, ed era bellissimo nel suo completo elegante.
E lei avrebbe solo voluto le dicesse che era tutto un gioco, uno scherzo cattivo e che lui in realtá ricordasse tutto.

« No, meglio di no. »
Ancora? « Parla anche di te. » Gli sorrise, ma dentro stava morendo.
« Appunto. » Rise, lei non capì.
« In che senso? » Sembrava la brutta versione della conversazione che avevano avuto in Polonia.
« Non vorrei confondermi troppo le idee tra passato, futuro e presente, ho già la testa abbastanza incasinata. » Ah.

« Allora ci sentiamo, okay? »
« Dove vai? » E a te che te ne frega.
« C'è la serata al Dionysus. »
« Giusto, allora forse ci vediamo lì. »
« Si? »
« Credo che arriveró tardi. »
E con chi? In tutto quel periodo, Cass s'era scordata che Aron avesse altri amici oltre Klaus. E che gli piacesse far festa, divertirsi. Erano tutte cose che la Polonia, lei, sua sorella... gli avevano tolto. Si convinse ancora di più che non gli avesse fatto bene, e si rese conto di quanto fosse stato malato il loro rapporto.

« Ciao, Aron. »
Scappó via, raggiunse Noah e si scusó di averlo fatto aspettare tanto. Gli spiegó cosa fosse successo, e lui non disse niente. Non provó neppure a farle la morale. Le si avvicinó solamente, poi aprì di poco il cappotto elegante e le fece vedere cosa nascondesse, una bottiglia di champagne. « Menomale che ci sei tu. »
Le morse il labbro inferiore e poi le cinsenun fianco. « Andiamo. »
Questa volta Cassandra chiamó l'autista, la bottiglia era già aperta, dovevano solo finirla prima di arrivare al locale. Non sembrava troppo difficile. Erano bravi a farsi del male.
Quando arrivarono quasi alla fine, Noah si avventó sul collo di Cass, che per un momento pensó di non andarci proprio, a quella festa. Sentì la sua lingua bagnarle la pelle e i denti morderla piano. Voleva spingerlo via, dirgli di aspettare, ma tutto quello che riuscì a fare fu allontanarlo per poi baciarlo ancora, tirarlo su di lei come se lo amasse davvero. L'auto si fermó prima che potessero andare oltre. Mollarono la bottiglia e uscirono, il freddo di New York non li turbava più.

Sfilarono verso la porta principale. Cass aveva il cappotto lungo aperto, le dita intrecciate a quelle di Noah.
Tutto quello che facevano non aveva senso. Eppure era così bello far finta di star bene.

Lasciarono il cappotto al guardaroba, il locale era di Klaus, li fecero entrare velocemente, e diedero loro il tavolo che riservavano sempre per il proprietario. Forse a breve sarebbe arrivato Aron, ma lei sarebbe stata troppo fatta per riconoscerlo.
Senza neppure che dovesse chiederlo, portarono al tavolo due bottiglie di champagne, forse pensavano che sarebbe arrivata altra gente, o forse sapevano di Aron. Oppure sapevano quanto adorasse rischiare Cassandra.
Prese dalla pochette la bustina trasparente di prima, allungó la lingua e ci mise sopra una pasticca. Noah la guardó con aria di sfida, la bació e le rubó l'extasy. Poi la buttó giù con un sorso di champagne. Lei fece lo stesso, e poi si alzó, non aveva voglia di sprecare l'effetto di quella roba srantosene seduta. Voleva ballare.

Si trascinó lui dietro, andarono sulla pista da ballo al centro del locale. Sentiva il corpo riscaldarsi, la testa più leggera e il cuore andava così veloce che temeva di vederlo scoppiare fuori dal petto.
Lui l'abbracció da dietro, posó delicatamente le mani sui suoi fianchi, mentre muoveva il bacino a ritmo di musica. Chinó il capo all'indietro e Noah tornó a baciarle il collo. « Ti giuro, mi piaci da morire. »
Lei rise, sentiva il sudore bagnarle la schiena nuda ma non le importava. « Attento a non affezionarti troppo, Noah. » Lo disse loro perchè sapeva fosse impossibile. Gli morse le labbra e lo tiró dalla giacca. Si baciarono ancora, l'exstasy rese tutto così magico che non riuscivano più a fermarsi. Le loro lingue si aggrovigliavano e si cercavano come se non potessero fare altro.
« Alla fine da te non è così male. » Le infiló una mano sotto il vestito, dalla scollatura posteriore. Lei si abbandonó contro di lui, ansimó piano e gli allentó il collo della camicia, per baciarlo lentamente.

« Così mi costringi a portarti via. »
« Non ci provare. » Si volse per baciarlo più intensamente, spegnere il cervello.

Noah le sorrise, ebbe un attimo di lucidità. Conosceva bene il dolore di Cass. « Lo stai aspettando, vero? »
Non sapeva neanche le avesse detto che sarebbe venuto. « Se vuoi andiamo in un altro posto. »
« No. »
« Comunque arriverà tardi, forse noi saremo già andati via. »

Noah decise di non farle più domande, e lei glie ne fu grata. « Ho una sorpresa. »
« Che cosa? »
« Controlla la tasca della giacca. » Cass allungó le dita curate nella tasca dell giacca elegante di lui, prima a destra e poi a sinistra. La riconobbe senza doverla neanche vedere. Stagnola. Cocaina.

« Andiamo. »
« Qui, davanti a tutti? »
« Questo posto è mio, possiamo fare quello che vogliamo. » Non era una buona idea mischiare l'extasy e la coca, lo sapevano bene entrambi, da bravi figli dell'alta società. Ma non importava.

Tornarono al tavolino e videro che in quello accanto c'erano posate delle giacche, erano gli amici di Aron. Sicuramente.
C'era anche lui? Non doveva importarle.

Prese il cellulare e lo lasció sul tavolo, con lo schermo rivolto verso l'alto. Noah ci svuotó sopra la roba e poi la divise in tante strisce piccole con una carta di credito. « Prego. »
Si allonranó per lasciare che la prendesse prima lei, Cass sentiva il cuore a mille, pensava che sarebbe morta e forse non le sarebbe neppure dispiaciuto troppo. Si chinó verso il basso e tiró con il naso, l'effetto fu immediato, era felice.
Le mancava il respiro, le veniva da vomitare e tutto intorno a lei sembrava stare svanendo lentamente. Non aveva paura.

« ...Cazzo. »
Si posó con la schiena contro il divanetto, le faceva male il petto. « Cass? » Noah aveva già preso la sua dose, era abituato, non gli era mai successo niente di troppo grave. Perchè a lei faceva così? « Cass? Ci sei? »
Aveva mischiato varie cose tante altre volte, non capiva perchè ora le facevano quello strano effetto. Perchè le mancasse l'aria, le tremavano le mani.
Cass si sollevó in avanti e strinse un braccio di lui. « Sto di merda. » Riuscì a dire, prima di chiudere gli occhi. « Sto di merda Noah. »
« Ti devi calmare, non hai fatto niente di insolito, niente di nuovo. » Stava andando nel panico.
« No Noah, sto davvero male, non mi è mai successo così. » Forse aveva esagerato, o forse era da troppo che non lo faceva. « Chiama mio fratello. » Invece dell'ambulanza, lei pensava a Klaus. Si accasció sul divano, sentì Noah scuoterla ma non sentiva niente. Poi solamente la voce di Aron, urlava qualcosa, non sapeva se la stesse immaginando, o fosse lì accanto a lei. Era il paradiso? O forse la sua punizione eterna.

« Merda. »

💎💎💎
Hehehe, ci vediamo al prossimo capitoloo
Vi lascio cosí, con tutta questa suspance
Vorrei dirvi non odiatemi, ma in realtà si, odiatemi hehe
Ps, qualcuno di voi ha riconosciuto la frase di inizio capitolo? (se no, cercatela, è una bellisssssima canzone)

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