CAPITOLO 42


why is it
that when the story ends we begin to feel all of it

Sembrava tutto tornato alla normalità, Klaus stava per diventare padre, Polly passava le sue giornate al maneggio; Aron, invece, era rimasto in Polonia. Aveva deciso di restare da solo, -ovviamente- anche se non ricordava nulla dell'ultimo periodo. Sua sorella aveva provato a ricontattarlo ma poi aveva finito sempre per morire di paura, temeva di sconvolgerlo e s'era limitata ad osservarlo da lontano.
Non era comunque insolito che Aron preferisse la solitudine, non a caso lo chiamavano il Lupo. Eppure, Klaus era convinto che questo modo di affrontare le cose gli avrebbe reso piú difficile ritrovare la memoria, senza stimoli, senza nessuno. Polina lo chiamava almeno tre volte al giorno, era stata con lui le prime settimane, poi s'era resa conto che non la volesse tra i piedi, e che avrebbe fatto meglio a tornare in America. Anche se aveva sempre pronti i biglietti per partire.
Sembrava davvero tutto tranquillo.
Un po' inquietante.

Intanto, Lidia aveva organizzato una festa splendida, la pancia cominciava a farsi vedere e Klaus ne era orgoglioso da morire, ogni volta che la guardava gli sembrava divenisse sempre più bella.
E allora cosa c'era che non gli tornava?
Era insieme a lei nel salottino al piano di sopra. Sedeva sul divano, teneva le braccia allungate sullo schienale basso. « Quindi staremo tutti in salotto? »
« Si, fuori fa troppo freddo, useremo quello grande. »
« Hai ragione, hai sentito Polina? »
« Si, è d'accordo con me, lei conosce qualcuno che puó occuparsi del cibo e tutto il resto. »
« Si, lo so, mi aveva detto di sapere chi chiamare. Sai quanti saremo? »
« Una cinquantina, non tantissimi. »
« Meglio così. » Fece per prendere le sigarette, poi ricordó che non potesse fumare con Lidia vicino. Sembrava un buon modo per smettere. « Vanessa e Ricky ci sono, vero? »
« Si, anche i Draper e anche tua sorella, mi ha detto che viene con un ragazzo, ma tu ne sai qualcosa? » Aveva una faccia strana, ma Klaus non se ne sorprese. Era abituata a capire tutti, tutti meno che Cass. Non era possibile comprendere cosa pensasse, o quali ragioni ci fossero dietro alle sue azioni. Doveva essere una tortura per una psicologa.
Comunque, Klaus roteó lo sguardo.
« Un altro? » Adesso aveva proprio bisogno di una sigaretta. « Ma poi fino a due giorni fa era innamorata di Nowak, ora c'è un altro? »
« Non mi ha detto che sono fidanzati, mi ha solo detto che viene con lei. »
Sospirò nervosamente. « E secondo te cosa lo porta a fare? »
« Penso che non voglia restare da sola. »
« Ma non è sola! » Alzó la voce. Era assurdo, perchè non riusciva a capirlo? O forse era Klaus che non poteva sapere cosa volesse dire sentirsi soli al mondo, in mezzo a mille persone. Te ne sei scordato cosa si prova, a non avere niente e nessuno?

Lidia era seduta sul divano del salottino, si rilassó con la schiena all'indietro e posó una mano sulla pancia gonfia. « Un po' la capisco, dovrà rivedere Aron che la tratterà come se non fosse accaduto niente, tutte quelle cose che hanno provato le ricorda solo lei, è straziante. Pensa se io domani mi scordassi di te. »
Klauss annuì. Solo il pensiero che potesse accadere una cosa simile lo faceva agitare.
« ...Hai ragione. Come al solito. »
Si mise accanto a lei. Un braccio steso dietro la sua schiena. « I tuoi genitori che hanno detto? »
« Che sono una pazza, ma che verranno, ovviamente. »
Gli vennr da ridere. « Cosa dico? "Salve, sono il marito di vostra figlia." »
Si misero a ridere, Lidia poggió la testa sulla sua spalla. « E mia sorella? Di lei che dico? »
Scosse il capo. « Non lo so, ti giuro che non lo so. » Ed era assolutamente raro, che Klaus non sapesse che dire.
« Forse con lei ho sbagliato tutto, mi sarei dovuta comportare diversamente. » Prese la sua mano e la strinse tra le dita sottili. Lo sguardo di Klaus cadde sulla fede d'oro, e sul diamante dell'anello di fidanzamento. Pensó che dovesse farle un altro regalo, per la nascita del figlio.
« Ehi, ehi... » Le spostó il mento verso l'alto. « Non hai sbagliato niente, niente. » Le bació le labbra. « Capito? » Parló così dolcemente che gli parve quasi di non averlo fatto lui. « Vederai che si sistemerà tutto. » Solitamente era lei, a dirlo. Era assurdo, un mese prima era convinto di volerla ammazzare, ora provava a capirla, a dare un senso ai comportamenti di Andrea.

« Abbiamo solo sbagliato a pensare che sarebbe stato facile, solo questo. »
« Forse ora che diventerà zia... »
« Vedremo. » Il tono di voce non era molto convinto, era riluttante all'idea che potesse tenere tra le braccia suo figlio.
« Comunque i miei vogliono conoscerti prima, ovviamente. »
« Non sapevano proprio nulla, di me? »
« Ho parlato spesso di te con loro, l'unica cosa che non ho mai menzionato è il matrimonio. »
« Sul serio? »
« Certo, mi piaceva parlare di te. » Klaus si chiese automaticamente che diavolo avesse da raccontare loro che non fosse orribile. Conosceva la sua parte peggiore, come aveva potuto innamorarsi di lui?
« Che gli dicevi? »
« Che sei molto devoto alla tua famiglia, che ti sei preso cura di tua sorella quando avevate entrambi ancora bisogno di qualcuno che si prendesse cura di voi. Che sei una persona corretta e fedele, di cui posso fidarmi, sempre. »
« Che ero un tuo paziente glie l'hai detto? »
« Si, è l'unica cosa che li ha un po' turbati, ma niente di che. » Alzó le spalle.

« Penso che a mia madre saresti piaciuta. » Lidia sorrise. Klaus non sapeva che Cassandra avesse accompagnato Lidia al cimitero, che fosse stata lei ad introdurla ai suoi genitori. « Perchè quel sorriso? »
« Perchè... non so se posso dirtelo, comunque tua sorella un pomeriggio mi ha portata a visitare dove hanno sepolto i vostri genitori. »
Lui alzó le sopracciglia, sorpreso. Cassandra solitamente non aveva questi picchi di empatia. Non gli dava fastidio. « Ti ha reso meno traumatica la cosa. O forse... no? » Assottiglió lo sguardo. Non aveva idea che fossero così in confidenza.
« In realtà mi è servito per entrare più in confidenza con lei, mi sembrava impossibile. »
« Comunque se vuoi ci torniamo insieme. »
Klaus ci andava spesso, non aveva idea che Lidia lo sapesse già. Gli piaceva l'idea di non andarci più da solo. Lei forse capì, o forse no. Ma comunque annuì. Sarebbe stato un altro momento solo loro. « Dobbiamo pensare ad un nome. » Abbassò lo sguardo sul ventre gonfio.
« Ma non sappiamo neppure se è femmina o maschio. »
« Pensiamone uno da maschio e uno da femmina, così non sbagliamo. »
Lei rise. Era impaziente. « Va bene. »
« Partiamo dalla femmina. » Gli sarebbe piaciuta una figlia, anche se sapeva già sarebbe stato gelosissimo.
« Tua madre come si chiamava? »
« Non te l'ho mai detto? »
« Neanche quando ero la tua psicologa, non hai mai pronunciato il suo nome. » E questo doveva dirla lunga, su come avesse affrontato la sua morte. E sul perchè da giovane avesse tanto odiato Cassandra. Non riusciva a guardarla in faccia.
« Si chiamava Lilith, Lilith Janssen. » Era così tanto che non pronunciava quel nome ad alta voce, che non ricordava neppure più come suonasse.
« Lilith. È un bel nome. » Non aveva mica intenzione di chiamarla sul serio in quel modo, o no?
« Si, è vero. »
« Che ne pensi? Ti piacerebbe? »
« Si, credo di si. Mia madre sarebbe contenta. » Ed era vero. Un modo dolce per far sopravvivere il suo ricordo, per lasciare qualcosa di lei ad una nipote che non l'avrebbe mai incontrata.
« E se è un maschio? »
« Non lo so, sei tu che hai le idee geniali. »
« Potrebbe avere anche due nomi. » Klaus aggrottó le sopracciglia, cosa aveva in mente?
« Si, potrebbe. »
« Pensavo al mio papà. »
« Tuo padre ha due nomi? »
« No, pensavo a lui e ad un'altra persona. »
« Quindi Killian e...? » In realtà sotto, sotto sapeva già chi avesse in mente. Quello che non comprendeva era il perchè.
« Lo sai, l'hai già capito. »
« Davvero? » Forse non aveva pensato al suo stesso nome, era impossibile.
« Si, alla fine se lo merita. »
« Ma stiamo parlando della stessa persona? »
« Si, di Aron. »
« Aron ha due nomi per davvero, sai? »
« E perchè si fa chiamare solo Aron? Quale sarebbe l'altro? »
« Krzysztof. » Cercó di pronunciarlo come faceva sempre Polina, lo chiamava così solo quando era nervosa. Aron era così usato che gli pareva americano, la stessa cosa valeva per Wilk, volpe in polacco. Mentre Krzysztof, quello era rimasto europeissimo. « Non so perchè si faccia chiamare solo Aron, forse perchè è più facile, oppure c'è qualche storia legata alla sua infanzia che non so. »
« Non ti ha mai detto nulla? »
« Mi racconta... raccontava quasi tutto, ma ci sono cose della sua vita che non sa nessuno. »
Lidia sospiró. « E ora ci sono cose della sua vita che lui è l'unico a non sapere. Come è strano il destino. » Destino, sfortuna. Aron si stava facendo ammazzare pur di eseguire gli ordini del pazzo del suo amico, si meritava almeno che suo figlio portasse quel nome.
« Se è maschio Killian Aron. »
« Con la virgola? »
« Si, così puó scegliere quale gli piace di più. »
« E noi come lo chiamiamo? » Ne parlavano come se fosse già nato. Come se fossero certi sarebbe stato un maschietto. « Killian, altrimenti si crea confusione. » Giusto.
Sentì il telefono squillare, strano. Aveva detto a tutti di non disturbarlo, forse era Cass. E invece, quando tiró fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni sartoriali, vide scritto il nome di Aron. Perchè lo chiamava?
Ricordó che non aveva idea di cosa fosse successo, della litigata, di sua sorella, dei pugni e delle settimane in cui s'erano odiati. Quindi era normale che lo chiamasse. « Dimmi tutto. »
« Klaus, ho bisogno che mi aiuti a capire una cosa, se... se una cosa è successa davvero o no, okay? » Lo sentiva allarmato.
« Si, avoglia. » In realtà era preoccupato. Erano accadute così tante cose che temeva di turbarlo troppo. I dottori avevano detto di aspettare che fosse lui a lanciare i primi segnali. E così stavano facendo.
« Ho sognato che c'era una festa al maneggio, è vero? »
« Si, è vero, abbiamo fatto una festa lì per raccogliere dei fondi per le tue società. »
« Allora non sono pazzo, sto ricordando! »
Sorrise. « I dottori avevano ragione, visto? »
« Ma è successo qualcosa di brutto a quella festa? »
« Veramente no, è filato tutto liscio, aveva organizzato ogni cosa mia sorella. Perchè? »
« Nel sogno ero triste, peró non so perchè, ma veramente stavo malissimo per qualcosa... forse è perchè non ricordo niente... non lo so. »
Klaus serró i denti, gli venne in mente che forse, forse, fosse distrutto perchè avrebbe voluto passare la serata con Cassandra, e invece c'era lui a rompere le palle. Come poteva dirglielo?
« Non ricordi altro? »
Schioccó la lingua sul palato. « No, figurati. »
« Lidia magari ha dei consigli su come attivare la memoria, posso chiederle se conosce qualche metodo. »
« Ah, giusto, la psicologa. A volte mi scordo che sei sposato. »
Lidia aveva ascoltato la conversazione, immaginava che Klaus le avrebbe chiesto aiuto. E infatti era già pronta a rispondergli. Gli suggerì di dire al suo amico di concentrarsi sui dettagli, sui particolari di quella notte, senza sforzarsi di ricostruire subito il quadro generale.

« Che ricordi di preciso, di quella sera? Vestiti della gente, luci, cibo? »
« Mi ricordo che tua sorella aveva un vestito lungo, tipo di seta, nero, chiuso sul collo e con la schiena scoperta, scollatissimo. E che aveva dei tacchi fastidiosi, facevano un rumore strano mentre camminava sul pavimento di legno. » Figurati se non si ricordava perfettamente della schiena di sua sorella. Aron non immaginava mai che diavolo potesse aver fatto, perchè quella fosse solo l'ennesima conferma di quanto la storia sua e di Cass fosse iniziata troppo presto. Era inevitabile, prima o poi sarebbero finiti insieme.
« Si, era vestita così, e poi? »
« Ed era agitata per qualcosa, vero? Forse lei lo sa che cosa era successo. » E come se lo sapeva. Era come se il suo cervello si stesse sforzando per non ricordare che diavolo avessero combinato quei due.
« Non lo so, prova ad andare avanti. Che altro ricordi? »
« Che tu eri con Lidia, e lei aveva una collana luminosissima, brillava ogni volta che si muoveva. »
« Si, glie l'ho regalata io. »
« Mi ricordo che c'era un tavolo pieno di roba da mangiare e mi sembrava eccessivo, e le tende verdi... toccavano a terra. Forse ho fatto un discorso, forse a New York ho ancora il foglietto dove l'avevo scritto, una bozza nel computer. »
« Ma lì non hai il pc? »
« Ne ho un altro. »
« Si, hai fatto un discorso, molto... molto... sentimentale. » Sentimentale? Aveva sul serio usato quella parola? Lidia sorrise, probabilmente si ricordava della scenata che aveva fatto dopo la festa, quando voleva picchiarlo.
« Secondo te sarebbe utile chiamare Cassandra? Magari lei potrebbe dirmi perchè era agitata. »
« Era agitata perchè tua madre le aveva affidato l'intera organizzazione della serata, e non aveva mai lavorato un giorno prima in vita sua. »
E perchè tu ti eri presentato con Irina, solo per convincerti che ti piacesse. Ma quella era colpa di Klaus. « Eri con Irina, ricordi? »
« Si, vagamente, ricordo che... avevamo litigato, tu sai qualcosa? » Certo che no. Erano tante le cose che non sapeva di lui, di come si fosse comportato in quel periodo.
« So che scopavate ogni tanto e lei voleva che diventasse una cosa seria, ma tu no. »
« Ah, si. Forse è vero, non ha senso chiamare tua sorella, che ne potrà mai sapere lei. »
« Appunto. »

Si salutarono con la promessa di risentirsi. Klaus pensava d'essersela cavata bene, invece Lidia lo guardava in modo strano. Che aveva? « Che pensi? »
« Perchè gli hai detto di non sentire Cass? »
« Perchè lei starebbe troppo male. » Ed era vero.
« Ma deve succedere. »
Aveva ragione anche questa volta. « Prima voglio parlare con lei. »
« Per prepararla? »
« Sembra che stia bene ma tu te lo ricordi come stava prima, quando decisi di metterla in punizione... »
« Prima eri diverso anche tu, ora avete sistemato tante cose. »
« No, non la conosci. È inaffidabile. »
« È impulsiva, non inaffidabile. »
« La differenza è sottile. »
Lidia sospiró, scosse il capo. Alla fine avrebbe fatto la cosa giusta, ma non aveva voglia di discutere. Rimasero ancora per un po' seduti lì, insieme. A non fare niente.
Se lo meritavano. Poi Lidia andó ad un appuntamento di lavoro, e Klaus restó da solo.
Quella casa era davvero troppo grande.

Si spostò verso la libreria, non aveva mai prestato attenzione ai libri di sua madre, non si era neppure mai chiesto cosa le piacesse. Aveva proprio cercato di dimenticarsela.
Scivoló con lo sguardo sugli scaffali di legno scuro che coprivano tutta la parete più lunga. C'erano tanti classici, romanzi, e poi un nome attiró la sua attenzione, Cassandra. Alzó le sopracciglia, che fosse per quello, che sua sorella avesse il suo nome? Era impossibile. E Klaus?
Cosa voleva dire? Perchè si chiamava così?
Non si era mai domandato neppure quello. Adesso odiava non ricordare molto, di lei.
Scusa mamma.
Pensavo che avrebbe fatto meno male.

Si sistemó il colletto della camicia e prese un libro a caso, Orgoglio e Pregiudizio, aprì la prima pagina, era firmata. Sorrise, riconosceva la firma delicata della signora Van der Meer.
Avrebbe voluto capire prima, che tutte quelle cose che considerava debolezze, sue fragilità, in realtà la rendevano molto più forte e coraggiosa di tutti. Ci voleva carattere per amare in un posto infernale come quella casa, quando dentro c'era suo padre.

Prese il cellulare, cercó il numero di Aron e poi gli scrisse un messaggio.

Senti ho ripensato a quello che mi hai detto, forse dovresti chiamarla, mia sorella.

Poi peró lo fece lui.
Non aveva idea di che ore fossero a Londra.
Erano sei ore avanti? O forse quattro, non ricordava. « Klaus? » Sembrava assonnata, oltre che sorpresa.
« Salve. Che cosa stavi facendo? »
« Studiavo, devo recuperare un sacco di cose. »
« Senti, devo chiederti una cosa. »
« Mh... »
« Mi ha chiamato Aron, mi ha detto che si ricorda qualcosa della festa al maneggio, poi mi ha fatto delle domande che non sapevo, e alla fine... »
Alla fine? « Mi ha chiesto se potesse chiamarti, ha detto che si ricordava di essere triste, ma non sapeva perchè... »
Silenzio. Nessuno dei due disse niente. Solamente dopo un po' parló Cassandra.
« Io lo so, invece. » Non aveva dubbi.
« Potresti dargli una mano? So che è difficile... »
« Come faccio? » Era triste. Lo percepiva bene.
« Vuole ricordare, non puoi negargli di ritrovare i suoi ricordi. » Magari si sarebbe ricordato anche di lei.
« Quella sera fu un inferno. » E lui non si era accorto di nulla.
« Perchè? »
« Perchè volevamo evitarci, lui si portó dietro anche Irina... ma litigarono perchè lei scoprì tutto. » Klaus si rese conto di non essere a conoscenza di un mucchio di cose, e che per colpa sua quei due si erano praticamente distrutti a vicenda. « E io mi agitai, mi venne una specie di attacco di panico, perchè lei venne ad incazzarsi con me e avevo paura che tu scoprissi tutto. Anche se in realtà non era successo ancora niente. » Ancora.
« Non avevo idea che fossero successe tutte queste cose. Pensavo che gli attacchi ti fossero passati, ne soffrivi da piccola. » Se lo ricordava? Si passò una mano nei capelli, si sentiva uno stupido. Sempre convinto di avere ogni cosa sotto il suo controllo.
« Tanto ormai non ha più importanza. »
« Magari c'è un po' di speranza. »
« Ma cosa gli devo dire? Sei andato contro tutti i tuoi principi? Hai tradito la fiducia di Klaus? Ma come faccio a dirgli una cosa così. »
« Non lo so, dovrà arrivarci lui. »
« È come? Ma scusa non puó pensarci Lidia? »
« Se tieni a lui come dicevi... »
« Non ci provare. Cosa devo fare? L'ho evitato, sono andata a Londra, l'ho convinto a cercare sua sorella e mi sono quasi fatta ammazzare, e ho anche litigato con te! Lo capisci che non ce la faccio più. »
« Ha bisogno di te, Cass, ha bisogno di te. »
Il tono non era di rimprovero, non avrebbe mai potuto biasimarla per le cose che gli stava dicendo. Cassandra era stata male e come tutti, voleva smettere di soffrire. « Tu non capisci, quando si è svegliato... quando ho capito che non ricordava nulla è stato bruttissimo, volevo morire. Non ce la faccio. » Sentì qualcuno chiamarla da lontano, forse era quel famoso ragazzo. Non volle farle domande. Eppure gli diede fastidio, ormai si era abituato ad Aron. E forse l'idea che lei lo potesse mettere da parte gli dava fastidio. Nessuno poteva essere meglio di Aron. E gli era servito tutto quello, per capirlo? Che andasse in coma per settimane?
« Non devi vederlo, parlaci al telefono, mandagli dei messaggi. » Era assurdo che fosse proprio lui a spronarla, a dirle di non arrendersi. Adesso voleva nuovamente bene al suo amico? O forse non aveva mai smesso.

Si schiarì un momento la voce. Era troppo curioso di farle una domanda. « Senti una cosa. »
« Eh. »
« Ma questo tizio con cui vieni alla festa chi è? »
« Viene all'università con me. »
« No, dico, chi è nel senso, è il tuo fidanzato o qualcosa del genere? »
« ...Qualcosa del genere. »
« Ma è seria? »
Lei rise. « Ma che seria, ti pare. »
« Non mi andava di venire sola, semplicemente. »
« Non saresti stata sola. »
« Invece si, sarei rimasta con Polly e Aron, come sempre. Vanessa ormai... » Ormai era una Murray, non si sarebbe sorpreso se avessero annunciato un matrimonio a breve.
« Quando si cresce è così. »
Davvero? Klaus aveva ritrovato un amico, Cass aveva perso tutto. « Senti devo studiare, ci sentiamo. »
« Comunque puoi portare chi vuoi, cioè se vuoi portarti degli amici va bene, alla fine è una festa. »
« Viene sicuramente Noah, posso sentire il suo amico e la mia compagna di stanza, ma non li conosci. »
« Possono stare qui un po' di giorni, durante le vacanze di Natale, che ne pensi? » Forse era troppo tardi per fare il fratello o genitore amorevole, ma valeva la pena di provarci. Cassandra aveva bisogno di amici, di trovare qualcuno con cui stesse bene e che le facesse scordare della sua famiglia. Era assurdo che a pensarlo fosse lui, ma passare troppo tempo da sola con Polly e Aron, non era un'ottima idea. Avrebbero turbato ancora di più il suo umore.

« Sto davvero parlando con mio fratello? »
« Non farmi pentire. »
« Allora glie lo dico. Ma sei sicuro? Lidia che dice? »
« Basta che quando tornate ubriachi non ci svegliate. »
« Faccio mettere dei letti al piano di sotto, così non dobbiamo fare le scale. »
« Speravo mi dicessi che non vi sareste ubriacati. »
« Impossibile. »
« Studia. »
Con quel monito, si lasciarono.
Controlló se ci fossero messaggi di Aron, ma niente. Peró aveva visualizzato il suo. Era tutto troppo tranquillo, nel tardo pomeriggio doveva incontrarsi con dei fornitori ma nulla di troppo impegnativo. Avevano un carico da controllare, ma adesso che non erano più in guerra con nessuno, non c'era da preoccuparsi troppo.
Questa cosa lo innervosiva.
Non sapeva stare senza preoccuparsi di niente, senza il suo migliore amico e senza neppure sua sorella.

Andó nel corridoio e incontró Greta, lei lo vide strano. « Si sente bene? »
« Forse devo trovarmi davvero un hobby. »
Quella per poco non si mise a ridere, poi piegó il capo da un lato e lo guardó come una madre poteva guardare un figlio. « Beh, è una buona cosa. » Certo, significava che non rischiavano più nulla. O comunque molto poco, rispetto ai tempi passati.
« Mah, non lo so. » Si mise a ridere.
« Se vuole puó sempre darmi una mano a sistemare casa. » Stava scherzando, ovviamente. Peró pur di ammazzare il tempo non gli sarebbe dispiaciuto. Scosse comunque il capo.
« Penso che andró da Polina. »
Oppure in uno dei vari locali che gestiva. Era un'occasione per farsi vedere, per mettere in chiaro che il proprietario fosse presente, sempre. Oppure, poteva anche pensare ad Irina, a quella stronza che avevano deciso di allontanare per sempre. Andrea li evitava, si era ritagliata uno spazio tutto suo in una casetta comprata con dei soldi che nessuno sapeva da dove arrivassero. Klaus era stato fin troppo clemente, e temeva che qualche volta, in quella casetta, ci andasse anche Irina. Ma faceva finta di nulla, solo per Lidia.
L'unica cosa che non le avrebbe mai permesso sarebbe stata conoscere troppo suo figlio, o figlia. Non si fidava, non si fidava per niente.

Decise di andarci per davvero, al maneggio.
Polina lo accolse come se già si aspettasse una sua visita. Stava bevendo il te. Ma che strano.
« Non sai che fare, eh? »
« Sono sempre più convinto che tu sia una strega. »
« Attento a non descrivermi così a tua figlia. »
« Ancora non sappiamo se sarà femmina. »
Polly scosse il capo e prese un sorso della sua bevanda bollente. « Sarà femmina. » Come poteva esserne così convinta? E in quel caso... si sarebbe chiamata come sua madre. Sembrava il destino.
Klaus si mise a sedere sulla poltrona dall'altro lato della scrivania. « Cosa leggi nelle foglie, oggi? »
« Vuoi un po' di te, per caso? » Klaus ci pensó. Anzi, fece finta di pensarci. Era andato lì proprio per quello.
« Si, dai. » Si tolse finalmente il cappotto, restó con la giacca e la camicia. « Se ci sono cose brutte non dirmele. »
Lo fulminó con lo sguardo. « Non ti allargare troppo. » Per lei era una cosa serissima. Lui incroció le braccia al petto e la osservó mentre si alzava, e con una precisione maniacale gli preparava il suo te, seguendo una procedura che non cambiava mai.

Quando fu pronto glie lo mise davanti, in una tazza fumante. « Ho parlato con mio figlio. »
« Anche io. » Si avvicinó la bevanda alle labbra, se le bagnó lentamente.
« Che cosa sta combinando tua sorella? »
« In che senso? »
« Perchè pensa di dover parlare con lei? »
« Lo sai. »
« Lui deve stare tranquillo. »
« Fa gli incubi sui ricordi che ha perso, se qualcuno puó aiutarlo è mia sorella. » Prese un altro sorso.
« Dovrebbe andare da uno psicologo, non parlare con tua sorella. E dovrebbe andarci anche lei. »
Klaus rise. « Li convinci tu? »
« Io ci sto provando. » S'infurió improvvisamente.
« Cassandra ora deve solo studiare e finire quella cazzo di università, andare avanti. »
« Ti rendi conto che si è vista quasi morire Aron tra le braccia? E che— immagina se Lidia non ricordasse di averti sposato, non ricordasse di averti mai amato, che cosa faresti, Klaus? Andresti a studiare? »
« Non lo so cosa farei, non lo so! » Battè una mano sul tavolo. Quasi si pentì di essere andato lì. Polina aveva sempre ragione. « È una situazione di merda, io non voglio che passi la vita ad aspettare che Aron recuperi la memoria, potrebbe non ricordare mai. »
« Tanto lo farà comunque. »
« Sta con un altro. » Bugia.
Polina gli rivolse un sorriso divertito. Lo reputava uno sciocco, era evidente. « E che cambia. Hanno addirittura litigato con te perchè non riuscivano a starsi alla larga... »
« Senti, è un grosso problema, Lidia dice che dovremmo aiutarlo e dovrebbe anche Cassandra, io non so che fare... non lo so. »
« Ha una sorella che mi chiama ogni giorno per sapere come stia, se si ricordi di lei, sai che strazio dirle sempre no? » E lei aveva una figlia. Era difficile dirlo ad alta voce?
« Quindi parla con te, anche. »
« Beh, si. Sono l'unico modo che ha per avere notizie, dice che Cassandra... non è molto aggiornata. Le ho dovuto spiegare tutto. »
Klaus storse la bocca. « Mi sarebbe piaciuto invitarla alla festa, che peccato. » Che casino. Non ci voleva proprio. Lidia gli aveva detto che poteva anche essere una specie di risposta al trauma, come se il suo cervello si rifiutasse di ricordare.
« Io sono convinta che mio figlio si ricorderà tutto, peró ha bisogno di aiuto. »
Klaus sospiró. « Se si allontana da tutti è un po' difficile. » Restó un momento in silenzio, ma poi parló, prima che potesse farlo Polina. « E no, Cassandra non perderà un anno all'università per stargli appresso, che cazzo. Ha ventidue anni, non deve sacrificare niente per nessuno, mi sono fatto il culo tutta la vita perchè non dovesse mai farlo, e ha già— fatto abbastanza. »
« Compatibilmente con il suo percorso di studi, potrebbe. A Natale, per esempio, torna? »
« Torna con degli amici, credo. »
« Amici? »
« Si, ha vent'anni, durante le vacanze sta con i suoi cazzo di amici. » Non aveva intenzione di far diventare Cassandra lo strumento per far rivivere la memoria di Aron. Non era giusto. E sapeva che lei stesse provando ad andare avanti. Già che non avesse provato ad aiutarlo da subito, era indicativo di un atteggiamento che volesse evitare altre tragedie.
« Tanto lo sai che prima o poi tornerà da lui. »
« Certo che lo so. »
« E bevi, che si fredda e poi non sa di niente. » Indicó la tazza con un gesto della mano, il tono di voce era strano, sembrava quasi annoiata da tutti quei discorsi.

« Vuoi sbirciare nel mio destino? »
« Me l'hai chiesto tu. » Assottiglió lo sguardo.
Poi Klaus prese un ultimo sorso e le passó la tazza. Lei gli intimó di girarla sul piattino, e la accontentó. Poi lo tiró verso di sè e la volse verso l'alto. Era curiosissima, anche perchè era raro che Klaus si facesse leggere le foglie del te.

« Allora? »
« È femmina. » Sorrise, quella cosa gli piaceva. Gli piaceva che fosse una figlia. Comunque non disse nulla. « ...C'è un altro figlio. »
« In che senso? »
« Nuove nascite. »
« È impossibile, lo sai? »
« Nulla è impossibile. » E la cosa assurda, era che Klaus quasi ci credeva davvero. « E poi... vediamo... ah, ecco! »
« Cosa? »
« Rivelazione. » Lo disse con una certa soddisfazione.
« Rivelazione. »
« Questo è quello che c'è nel tuo futuro. »
« Quindi un altro figlio e una rivelazione? »
« Non è per forza tuo figlio, dice solo nuove nascite. »
« E rivelazione? »
« Qualcosa che non ti aspetti, qualcosa che desideri o che non sapevi di desiderare. »
« Questa cosa del leggere il destino mi mette sempre ansia. »

« Perchè capisci di non poterlo controllare. »
Ancora una volta, aveva ragione.

💎💎💎
Purtroppo non sto tanto bene quindi vado a rilento, ma la storia continuaaa!

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