CAPITOLO 41


No one falls in love with someone thinking that they will become a stranger.

i believed i would know you forever

Erano passate settimane, Polly era arrivata a Lublino e Cassandra era stata costretta ad andarsene. Aveva già i biglietti per il giorno dopo, aveva sperato ogni notte e ogni giorno che lui si svegliasse prima che partisse, ma le sue preghiere non erano state ascoltate. Non voleva riprendersi, sembrava che tutto quel sangue perso avesse danneggiato qualcosa, qualcosa di più profondo del suo corpo. La mente non reagiva, era come se non avesse voglia di svegliarsi.
Eppure lei lo aspettava, lo aspettavano tutti.

Aveva la borsa pronta sotto la sedia, dentro, qualche vestito in più e le ballerine vecchie, sostituite da un paio di mary jane rosse che portava ai piedi. Le gambe erano piegate in maniera scomposta -come al solito- e il mento se ne stava puntato sulle ginocchia, mentre era seduta accanto a lui. Vederlo in quel modo era una tortura, ma si era in qualche modo convinta che se lo avesse fissato, allora ad un certo punto si sarebbe svegliato solo per dirle che avesse rotto.

Sorrise a quel pensiero.
Teneva stretto contro il petto il suo vecchio diario, voleva leggerglielo. Era un'altra cosa che si era promessa di regalargli. Polly non sapeva niente di cosa fosse successo, lo sapevano solo loro due. Eppure lei si era accorta che qualcosa fosse cambiato, lo vedeva nel modo in cui Cass non gli toglieva gli occhi di dosso, quando si nascondeva per piangere e la osservava anche mentre rileggeva le pagine di quella vecchia agenda stropicciata.
Non aveva mai osato domandarle nulla.

Piegò il capo da un lato. « Scommetto che appena me ne vado ti svegli. Scommetto che me lo farai proprio per dispetto, è per questo che me ne vado, solo perchè cosí poi finalmente apri gli occhi. » Abbassò una gamba. Lo sguardo sempre puntato sul viso di lui, era bellissimo anche mentre stava male. Cass si era cosí abituata al rumore del macchinario che segnava i battiti del suo cuore che ormai non le dava più fastidio.
« Questo te lo lascio. » Prese il diario e lo sistemò sul comodino, accanto all'orologio di Polina e ad altre cose. « Anzi... » Decise di aprire una pagina a caso, cercare il suo nome tra le righe d'inchiostro. « Magari cosí ti do abbastanza fastidio da farti svegliare. »

Dicembre 2017
Non capisco perchè bisogna festeggiare il Natale, penso sia una festa inutile, Klaus dice che si fa perchè si è sempre fatto cosí ma non ho idea di cosa intenda. Non lo capisco mai quando parla.
Aron mi ha detto che non devo farmi tutte queste domande, ha detto che lui non si sofferma sulle cose negative, lo vede come un modo per bere e mangiare con altra gente, fare regali e riceverne. Che non tutte le cose devono avere senso.
Penso che abbia ragione, però continuo a credere che sia una festa stupida.

Oggi ha detto che potevamo non fare niente, che mio fratello esagera a farmi studiare anche durante le vacanze. Che non sa fare pause e quindi pensa che tutti debbano fare come lui. Mi ha fatto vedere un altro tatuaggio, un serpente sul braccio. Dice che Polina lo odia, ma a me piace. Mi piace tutto quello che fa, in qualsiasi modo lo faccia. Penso che su di lui stia bene tutto, non potrà mai esistere una cosa di lui che non mi piace.

Istintivamente spostò lo sguardo oltre il diario, andò a cercare proprio quel serpente sul braccio di Aron.
Quando lesse quello che c'era dopo, abbassò la voce. Non riusciva a parlare.

Chissà se quella nuova con cui esce verrà a cena da noi, di solito non porta mai nessuna. Ieri si era scordato che dovevo andare da lui, lei è scappata via e lui rideva tantissimo. Ho pensato che fosse uno stupido. Però l'ho anche invidiata, anche se avrei un sacco di ansia ad uscire con lui, non mi sentirei all'altezza. Cioè sai quante ne ha. E poi sarei gelosa da morire! Però che bello...
Peccato che queste cose posso solo immaginarle. Le mie amiche sarebbero tutte invidiose. Cioè chissà come deve essere baciarlo...

Forse mi piacerebbe pure il Natale.

Sorrise, ricordava perfettamente come si sentisse mentre scriveva quelle cose. Era triste, confusa e sola. Le venne da piangere, dovette chiudere il diario. Tirò su con il naso e lo poggiò dove era prima. Poi prese la borsa con l'intenzione di andarsene. E quindi si tirò su.
Lo guardava ancora, anche mentre si spostava oltre la sedia. Si fermó un momento. « Sicuramente mi piacerebbe anche il Natale. » Si asciugó una lacrima e gli sorrise ancora. Poi sospiró, era il momento di andare via.

« ...Ancora con questa storia del Natale. »
Cass pensó di essersela immaginata, la voce di Aron. Scosse la testa e si fiondó con lo sguardo su di lui. « ...Aron? »
« Che te ne frega di che senso ha. »
« Oh cazzo. »
Fece un passo all'indietro, urtó la sedia di ferro e lasció cadere la borsa a terra. Per poco non inciampó, mentre correva per chiamare l'infermiera, Polina e chiunque si trovasse davanti. Era sveglio, era vivo.
« Ha parlato, mi ha parlato! È sveglio! »
Strattonó Polly per un braccio. Lei si mise a piangere e l'abbracció così forte che perse il fiato per un attimo. « È un miracolo! » Lo disse a voce alta, tanto alta che qualcuno intorno si giró a guardarle ma non le importava. I medici erano già in sala, le due aspettavano solo che qualcuno dicesse loro di entrare.

« Cosa ha detto? Che ti ha detto? »
« Che non dovessi interrogarmi sul senso del Natale. » Polina aggrottó lo sguardo, a lei venne da ridere. « Perchè una volta gli chiesi che senso avesse, quando ero piccola... glie lo stavo raccontando, ma non pensavo mi sentisse. »
La donna la guardó, e rise. Si mise una mano davanti alla bocca e scosse il capo. « Ma come ti è venuto in mente... »
Cassandra alzó le spalle. Non lo sapeva.

Dopo un po' arrivó un infermiere, parló con Polina e disse qualcosa in polacco che Cassandra non comprese. La vide solo annuire, poi le fece cenno di seguirla. Tornarono nella solita stanzetta, questa volta Aron le guardava, era sveglio. Forse avevano sbagliato a vederlo insieme, forse era troppo. « Aron, come ti senti? »
Cassandra non sapeva cosa dire, forse avrebbe fatto meglio ad andarsene, lasciarli soli. Indietreggió, lui le metteva quasi paura. La guardava in un modo strano.
« Sto bene, ma perchè sono qui? »
« Perchè ti hanno sparato, non ricordi? »
« Perchè parlano tutti in polacco? »
« Perchè siamo a Lublino. »
« Perchè sono qui? Lo sai che odio questo posto, perchè mi hai portato qui? » Polina sbiancó. E Cassandra anche. Sembrava impazzito, e poi perchè odiava così tanto Lublino? E perchè non ricordava dove diavolo fosse.

« Non ricordi niente? »
« Ricordo che dovevamo festeggiare il Natale, chi mi ha sparato? »

« Natale? »
« Si, Klaus mi ha costretto ad accompagnarlo a tagliare quell'albero... solo perchè piace a sua sorella, dovevamo metterlo in salotto. » Si stava agitando, cercava di alzarsi ma non ci riusciva, odiava tutti quei fili addosso e anche non capire cosa gli fosse successo. Non la guardava neppure.
« Aron, calmati. » Polly cercó di rassicurarlo. « Ora ti spiego tutto, devi calmarti. »
« Perchè è qui anche lei? » Lo disse con una tale rabbia, che Cassandra indietreggió ancora. Si sentì fuori luogo, ancora la stupida sorella minore di Klaus. « Io sono qui perchè— » Non la fece neanche finire di parlare. E poi non sapeva neanche che dire. « Tuo fratello lo sa? Hai combinato qualche altro casino? »
Non poteva arrabbiarsi. Non era in sè. Peró ci rimase comunque male. « Io esco che è meglio. »
Per poco non si dimenticó la borsa a terra, nel casino di prima l'aveva abbandonata lí, vicino al letto. « Ci vediamo Polly, ciao Aron. »
Polly le sorrise. « Buon viaggio. »

« Aspetta! » Cass si fermó. Che si fosse ricordato di lei? « Dove va? »
« A Londra, figlio mio. »
« Mamma, lo sai che odio questo posto, perchè sono qui? » Era disperato. Doveva essere un incubo non ricordare niente.
Polly era seduta accanto a lui. « Hai perso la memoria, non te lo ricordi ma hanno provato a prendere delle attività che avevi qui. » E poi aveva anche deciso di scappare perchè si era innamorato della sorella del suo migliore amico, e aveva scoperto di avere una sorella. « Per questo ti hanno sparato. »
« Perchè Cassandra è qui? » No, no, no.
« Era a Londra, hanno provato ad ucciderla e Klaus le ha detto di venire qui, da te, perchè era piú vicino. »

Cass alzó le spalle. « Si, come al solito, mi ha mandato da te perchè mi tenessi d'occhio. » Aveva parlato davvero? Cercó di essere più convincente possibile, anche se le veniva da piangere, e le tremava la voce. E lo stomaco le si era aggrovigliato su se stesso. Adesso davvero, non esisteva più. « E l'hai fatto, hai risolto tutto. » Serró la mascella. Voleva morire. Mi hai uccisa Aron, mi hai ammazzata nel modo più atroce che potessi.
Era tutto morto.

« Vedrai che ricorderai tutto. »
Cass indietreggiava, voleva scappare, rifugiarsi lontano. « Io peró devo andare, perdo l'aereo. »
Non aspettó neppure che le rispondessero, si volse e scomparí dietro la porta che la separava dal corridoio vuoto. Si fermó appena fuori, portó le mani sul viso e scoppió a piangere come una stupida. Era felice che si fosse svegliato, felice che stesse bene ma odiava che si fosse scordato di tutto quello che era successo. Era straziante.
Adesso era davvero come se non fosse accaduto nulla. Forse avrebbe fatto meglio ad avvisare sua sorella, magari s'era già preoccupata. Ricordó che non avesse il suo numero. E ora come faceva?
Ricordó che lavorasse in una lavanderia, la cercó su google e chiamó, sperando di trovarla.

Le rispose in polacco, ovviamente. « Sono Cassandra, c'è Marina? »
« Si, arriva. »

« Cass? Tutto bene? »
« Si, Aron peró sta male, l'hanno aggredito e ha perso la memoria, non ricorda di averti trovata, non ricorda nulla. Non sa neanche perchè è qui, te l'ho detto perchè se scopre tutto tutto insieme potrebbe impazzire... »
« Hai fatto bene, ma come sta? »
« Bene, bene. Sta bene. Ha solo questa cosa della memoria, ma credo che sia temporanea... almeno spero. » Tiró su con il naso, stava ancora piangendo. Che scema. Polly le aveva detto che fossero legati dallo stesso destino. Ed era vero, erano perseguitati e legati da una maledizione.

« C'è sua madre? » Silenzio.
« Si, è qui. »
« Capito. »
« Se vuoi vederla dovrai cercarla tu, lei non sa come Aron ti ha trovata, non preoccuparti. »
« Grazie. »
« Figurati. »

Chiuse la chiamata e si fece accompagnare in aereoporto, questa volta partiva in prima classe, la sua borsa non era fuori luogo e la gente accanto a lei parlava in una lingua che comprendeva, che fosse inglese, francese o italiano. Chiese un calice di champagne, non glie ne fregava niente che fosse giorno, che avesse smesso di bere, che non avesse senso. Tutto quello per cui aveva lottato era morto. Non ne valeva più la pena.

Quando arrivó a Londra le sembró di non essere mai andata via, quel posto non cambiava mai. Andó in segreteria e spiegó che suo fratello stesse provvedendo a far arrivare dei certificati medici dall'America, quelli risposero che li avevano già. Si chiese che fine avesse fatto lo stronzo della biblioteca. Cosa avessero pensato i suoi amici.

« Cassandra! » La sua coinquilina l'accolse abbracciandola. Una dimostrazione tale d'affetto era l'ultima cosa che desiderava, ma ne aveva bisogno. « Pensavamo stessi malissimo. »
« Polmonite. »
« E ti è venuta all'improvviso, di notte? »
Alzó le spalle, lasció la borsa sul letto e poi vide sulla scrivania il libro di diritto internazionale. Sorrise. « Si, mi sono sentita male e ho chiamato subito mio fratello. »
« Ci siamo preoccupati, perchè la stessa sera un tizio si è intrufolato in biblioteca! »
Si finse sorpresa. « E come ha fatto? È impossibile. »
Quella sgranó gli occhi sottili. « Anche noi ce lo chiediamo. »

« Domani pomeriggio studi con me in biblioteca? »
« Ma ce la fai a dare gli esami? »
« Certo, devo solo impegnarmi. »
Cass si sdraió sul letto, era la prima volta che non si sentiva di star perdendo tempo, che non avesse l'ansia di cosa sarebbe successo il giorno dopo. Ripensó alle parole di Aron, all'albero di Natale. Lo scorso inverno aveva voluto a tutti i costi che tagliassero un albero vero, in realtà voleva solo infastidire Klaus, non glie ne fregava nulla del Natale. Le venne da ridere. Quindi Aron era indietro di un anno.

Stava per addormentarsi, quando sentì il telefono suonare. Che palle. Chi rompeva, ancora?
« Fratello. » Figurati.
« Sei a Londra. »
« Si, ed è anche tardi, ho molto sonno. »
« Hai visto Aron? »
« Si, sta bene. »
« Mi ha detto Polina che non ricorda niente. »
« Ricorda poco, non sa perchè si trovi in Polonia e pensa che sia Natale, ma migliorerà. »
« E di voi? » Davvero lo aveva detto? Aveva usato la parola voi? Klaus era troppo intelligente.
Dovette trovare le parole giuste.
« Io non esisto. »
« Non me lo dirai mai cosa è successo mentre eravate lì, vero? »
« Tanto non cambia nulla. »
« Mi ha detto Polly che i medici pensano che abbia solo bisogno di tempo. » Ma lei si era scocciata di aspettare.
« L'importante è che non sia morto. »
« La festa la faremo comunque. » E faceva bene.
« Non farmi tornare, ti prego, non ce la faccio. » Lo stava implorando. Sapeva quanto fosse importante, ma era chiaro che per lei sarebbe stata solo l'ennesima tortura. Aveva viaggiato troppo nell'ultimo periodo, e rivedere Aron non era facile. Come poteva spiegargli che aveva tradito il suo migliore amico? Che il sè del futuro aveva affrontato delle emozioni che per poco non li avevano ammazzati?
« Va bene, peró vengo io da te. »
Sospiró profondamente, stava cercando di non addormentarsi. « Ma no, stai con Lidia. »
« Appena si riprende. »
« Va bene, grazie. » Si rannicchió sulla coperta pesante. Forse aveva bisogno di una doccia calda, ma era troppo stanca. Si addormentó con il cellulare ancora sotto l'orecchio, la testa premuta sul cuscino.

Sognó di quel Natale.
Quando vide Klaus e Aron entrare in salotto con un pino enorme che minacciava di graffiare tutto il pavimento. Ci vollero sei uomini per tirarlo su e tutte le domestiche per addobbarlo. Klaus avrebbe fatto di tutto pur di vederla felice, ma lei proprio non ci riusciva. Aveva sempre la faccia triste, si sentiva sola. Le mancava la sua mamma, anche se non ricordava neppure il suo viso, e il padre, tanto detestato. Le mancava una famiglia.
Ricordó che Polina insistette per farle mettere qualche pallina sui rami, giusto per farle provare qualcosa di nuovo, per farle capire che tante cose belle si potessero condividere.
Ma era una specie di caso perso.

« Cassandra, Cass? » Noah. Dove era finita la sua coinquilina?
« Che vuoi. »
« Ma che fine avevi fatto? » Sul serio l'aveva svegliata per chiederle quella cazzata?
Era ancora stanca, non aveva voglia di spiegargli nulla. « Dopo. »
Nascose la testa nel cuscino, aveva freddo. « Fammi mettere qui. » La scavalcó e si stese affianco a lei. Sapeva che quando Cass non avesse voglia di parlare, fosse impossibile farle aprire la bocca.

Lei si sentì già meglio, non era più sola. Sapeva che lui le volesse bene. E anche che una brava amica gli avrebbe subito chiesto di quella domestica, ma lei non ricordava neanche quale fosse il suo nome. E comunque era troppo stanca per dargli dei buoni consigli, e anche troppo stupida. Non abbastanza saggia.
« Ti ho lasciato gli appunti delle materie che ti servono. »
« Ti prego non parlare, mi scoppia la testa. »
« Lo sai che ci siamo cacati sotto, vero? »
« Addirittura. »
« Guarda che io so cosa fa la tua famiglia. »
« E allora saprai anche che so cavarmela. »
Lo disse con un tono che non ammetteva altre risposte. Noah l'abbracció e si tiró su le coperte, faceva freddo. Pensó che comunque non poteva fare più freddo che in Polonia.
Quasi le mancava.
Il freddo, s'intende.

Sognó Aron, ovviamente.
Ma non fu un bel sogno, se lo rivide morto tra le braccia, il sangue addosso e la promessa mai mantenuta di dirle quanto l'amasse. Era inginocchiata a terra, le dita le dolevano per il freddo e intorno a lei c'era solo il buio, le lamiere della fabbrica vuota e la pistola di Vanessa, puntata dritta sulla sua faccia.
Voleva dirle di fermarsi ma non riusciva ad urlare, non riusciva neanche a parlare con Aron, per dirgli di non chiudere gli occhi. Ma lui era già morto. La puzza di sangue le pungeva le narici, le veniva da vomitare.

Si sveglió con l'affanno, per poco non cadde dal letto. Poi guardó in basso e vide la mano di Noah sul suo fianco, si sentì meglio. Ma che ore erano?
Tempo fa, in una situazione simile, avrebbe sicuramente chiamato Vanessa, s'erano promesse di volersi bene comunque e Cass avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, ma non era piú come prima. Ormai erano divise, segnate. Si rannicchió nella coperta, Noah dovette sentirla muoversi perchè si sveglió e mosse lentamente le dita sulla sua vita.
« Puoi fare più piano? » La rimproveró, assonnato. Non gli piaceva essere svegliato.
Lei sorrise, e poi si giró di scatto verso di lui. « No. » Glie lo disse in faccia, mentre puntava lo sguardo dritto nel suo.
« Facciamo un patto. »
« Che patto? »
« Se verso i quaranta siamo ancora messi così male ci sposiamo noi due. »
« Anche tu non hai buone notizie? »
« Non ho idea di dove sia. Credo che abbia paura, non lo so. Non credo che la vedró mai più.
E tu? »
« L'hanno— l'hanno aggredito e ha perso la memoria, cioè io non esisto piú nella sua testa, esisto solo come sorella di Klaus, non ricorda niente. »
« Siamo fregati. »

« Gli invitati li scegliamo a metà, cioè io una metà e tu l'altra. »
« Non metterti i tacchi troppo alti, mi fai sembrare basso altrimenti. »
« E tu non metterti il gel nei capelli, odio quando lo fai. »
« E tu non guardarmi in quel modo. »
« In che modo. »
« Come se mi stessi prendendo per il culo. » Si mise a ridere. Lo sapeva benissimo, in che modo. Non lo prendeva quasi mai sul serio. « E voglio fare sesso, almeno tre volte a settimana. »
« Tre volte? Hai messo incinta una facendolo solo tre volte a settimana? »
« Sei proprio una stronza. » Si sollevó sotto le coperte e infiló una mano da sotto per farle il solletico, lo soffriva da morire e detestava quando qualcuno la toccava nei punti giusti per farla ridere controvoglia. Si contorse sotto di lui e cercó di spingerlo via, ma non ci riuscì, era proprio deciso a fargliela pagare.
Lo guardó e pensó che se le fosse piaciuto lui sarebbe stato tutto dannatamente semplice, forse sarebbe andato a genio perfino a Klaus. Un nobile. Ci mancava solo quello, in casa loro.

« Ti va di venire ad una festa? »
« Che festa? »
« Di matrimonio, di mio fratello. Non mi va di andarci da sola. »
Lui fece finta di pensarci. Poi ancoró le braccia ai lati del suo viso. « Questo ti costerà una giornata di sesso in più. » Assottiglió lo sguardo, lo fermó sulle sue labbra e le accarezzó piano con la lingua. Era così caldo che a Cass venne d'istinto da cercare altro calore infilando le mani sotto la sua giacca. Perchè aveva la giacca elegante anche mentre dormiva?
« ...Andata. » Lo mormoró piano, mentre gli mordeva il labbro inferiore. Lui s'infiló tra le sue gambe, le bació il collo e quando sentì le sue labbra bollenti sulla pelle, Cassandra trasalì. Era così tanto che nessuno la toccava in quel modo che le sembró di impazzire. Gli tolse la giacca velocemente mentre lui si sbottonava i pantaloni e le tirava giù i jeans. Evidentemente anche Noah era stato solo per un bel po', perchè sembrava proprio non riuscire a trattenersi. Si tolse la camicia e la spoglió completente, improvvisamente non faceva più così tanto freddo. « Che è questo? »
Si fermó improvvisamente, vide che aveva un grosso livido violaceo su un fianco. « ...Non lo so, non mi ero accorta di averlo, saró caduta. »
« Cass, ma che dici. »
« Questo rientra tra i patti. » Si slacció il reggiseno. « Non farmi domande di cui non vuoi sapere la risposta. So cavarmela. »
« Ma questa cosa... » Forse lo convinse il corpo nudo di lei, o forse la disperazione, oppure aveva capito che non potesse farci nulla. Comunque poggió la sua fronte a quella di lei. « Tra i patti, non voglio segreti. »
« Mi hanno tirato un calcio, mentre cercavo di... »
Incroció le braccia al petto, odiava parlare di quella cosa, ed era la prima volta che lo faceva.
« Senti, noi siamo quelli che fanno le cose sporche e a volte succede che qualcuno si faccia male. »
« Mentre cercavi di? »
« Mentre cercavo di aiutare Aron, gli avevano sparato. »
« Non sei andata via perchè stavi male, vero? »
Roteó lo sguardo. « Mi devo rivestire? » Era nervosa, scocciata.

Lui prese il reggiseno e lo tiró via.
« Non osare. » Non erano lì per affogare nei propri problemi, ma lo scopo del loro accordo era trovare un modo per scappare. Tornó a baciarla e si sporse contro di lei, Cass socchiuse gli occhi. Si sentì riempire da una sensazione di piacere così intensa che non riuscì a respirare per qualche secondo. Intrecció una mano nei suoi capelli, aveva quel fastidioso gel che glie li faceva diventare duri. Le venne da ridere.
« Quando l'ho messo il nostro patto non esisteva ancora. » Le morse il collo, lei gli accarezzó gli addominali e pensó che forse non se lo fosse scelto poi così male, il suo finto accompagnatore. Allargó le gambe, lo aiutó a sfilarle i jeans e poi gli slip scuri. La toccó tra le gambe e lei gemette contro il suo orecchio, le afferró la mascella e avvicinó il suo viso al suo orecchio, come ad implorarla di non trattenersi, anche se erano nel dormitorio di una scuola dove poteva sentirli chiunque fosse passato troppo vicino alla porta.

E non lo fece. Lui peró si fermó un attimo. « Aspetta, ho imparato la lezione. » Cassandra non capì subito, poi lo vide tirare fuori un preservativo dalla tasca della giacca. Le venne da ridere.

Quando si spinse dentro di lei gli morse una spalla, inizió a muoversi piano, ansimava contro il suo collo ed era troppo dolce anche mentre scopava con una di cui non era innamorato. A Cass, peró, piaceva. Si abbandonó a quei modi carini e alla paura di spingerle troppo sul fianco. Se per sbaglio metteva la mano sul livido la spostava subito. Quando andó più veloce lei piegó il collo all'indietro, sentì una scarica di energia crescere dal bassoventre e bruciarle tutti i nervi fino alle dita delle mani.
Chiuse gli occhi, schiuse le labbra e pensó solo al proprio piacere, all'orgasmo che si avvicinava e a Noah, a quanto la desiderasse e al petto che si abbassava e scontrava contro il suo ogni volta che si spingeva su di lei. « ...Cazzo. »
Quando furono entrambi soddisfatti si lasciarono abbracciare dalle coperte calde, restarono abbracciati.
« Non avremmo dovuto smettere di farlo. » Parló lui, sembrava piuttosto contento.

« Quando verrai alla festa di Klaus diró a tutti che sei il mio fidanzato, lo sai, vero? » Si spostó su un fianco, aveva la testa poggiata su un braccio.
« Certo, anche quando verrai al brunch del compleanno di mia madre faró la stessa cosa. »
Lei alzó le sopracciglia. « Sei sicuro di voler potrare un'ereditiera americana ad una festa di europei snob? »
« Ci sei mai stata ad una festa di nobili? »
« No. »
« Chiunque porti un titolo si è sporcato le mani, o le ha fatte sporcare ad altri. »
« Ma io non ho un titolo. »
« Sei piú ricca di molti di loro, tutti i nobili si trovano gente ricca per fare in modo che le i conti di famiglia non si svuotino mai. »
« Se ti sposo cosa divento? »
« Duchessa. »
« Duchessa? »
« Duchessa Van der Meer. »
« Di solito cosa chiedete in cambio del titolo? »
« Terreni, soldi, giri di denaro. »
Gli sorrise, infiló una mano tra i suoi capelli per provare a scompigliarli, ma erano fissati da quell'odioso gel trasparente. « Allora sono proprio la persona che fa per te. »
« Per i miei genitori. »

« Conoscerai anche Aron, sarà divertente. »
Lui scosse il capo. « Sarà troppo strano. »
« Tanto saremo abbastanza fatti da non fregarcene niente. » Rise, e gli leccó le labbra. Lui rispose a quella provocazione avvicinandosi di più a lei. Le accarezzó i glutei e la spinse contro il suo bacino. « Ho sempre sognato di scopare ad una festa di famiglia. »
« Non l'hai mai fatto? »
« Tu sei proprio una cattiva ragazza. » Le fece alzare una gamba per posarla oltre il suo fianco.
« E tu un duca perfett— ah. » Non finì la frase, le dita di lui stavano nuovamente giocando con la sua intimità. Si muovevano lentamente e lei speró non si fermasse.
« Dicevi? » Smise di darle le attenzioni di prima, e subito lei s'infastidì.
« Non ti fermare. » Si spinse verso di lui con il corpo. Non riusciva a pensare ad altro.
Noah si stese e la fece mettere su di lui, gli piaceva vederla da quella prospettiva. Cassandra pensó di fare a modo suo, come sempre. Si spostó leggermente indietro, afferró tra le mani l'erezione di Noah e si chinó piano, per assaggiarla con la lingua. Lui grugnì qualcosa di incomprensibile, comunque lei continuó a leccarne la punta, poi si spinse oltre prendendola tutta sulla lingua. Lo guardó negli occhi, mentre si muoveva verso l'alto e poi scendeva nuovamente giù. Noah fece una cosa inaspettata, le mise una mano sopra la testa e la spinse verso di lui, le piaceva il modo in cui avesse preso in mano la situazione. Infatti lo lasció fare, anche quando aumentó il ritmo, spingendole l'erezione in gola, sempre più forte. Si stava scopando la sua bocca e la cosa la eccitava da matti.
Le venne sulla lingua, Cassandra si ripuli e si alzó su di lui. Noah le fece segno di spostarsi in avanti, di sedersi sulla sua faccia.
Aprì le cosce sul suo viso, e gli spalancó le porte del suo piacere. Lui la tenne ferma dalle gambe, mentre giocava a torturarla con la lingua.
Cass stesse prima ferma, poi inizió a muoversi su di lui a seconda di come Noah la leccava, prima piano, poi così veloce che sentì le cosce tremarle.
Si afferró un seno, disperata e si lasció cadere in avanti, sulle ginocchia perchè non riusciva più a stare dritta. Lui scivoló da sotto e la fece piegare in avanti, le si mise dietro e finalmente, la riempì ancora. Questa volta fu meno dolce, mentre la penetrava da dietro le stuzzicava il clitoride con una mano. La sentì urlare il suo nome e venne ancora.

Caddero esausti sul letto, Cassandra aveva nuovamente freddo. Lo abbracció solo per scaldarsi e si nascosero sotto le coperte calde.
Lui le spostó i capelli cal viso. Poi si avvicinó per lasciarle un bacio sull'orecchio.

Lei tiró su le coperte fino al collo. « Facciamo quattro volte a settimana. » Si misero a ridere.
« Ma dove è finita la tua compagna di stanza? »
« Che ne so, forse è a studiare. »
« Dici che posso restare un altro po'? »
« Figurati se ti caccia. »
« Okay. »

💎💎💎
Lo so che non vi piace questo capitolo
Ma ogni tanto un po' di leggerezza se la merita anche Cassssy
...chissà cosa succederà alla festa

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