CAPITOLO 40


Please, forgive me

Quando Lidia si era svegliata, Klaus stava coordinando l'operazione per catturare Irina e quella stupida di sua sorella, Andrea. Dopo tutto quello che aveva fatto per lei, aveva deciso di tradirli. Sarebbe bastato che rimanesse lontana, invece s'era proprio voluta vendicare. Di cosa, poi? Klaus era quasi sempre in conflitto con Cassandra, ma non si sarebbe mai sognato di infliggerle lo stesso dolore che Andrea aveva voluto per Lidia, ed era certo che anche per Cass fosse così. Ripensandoci, doveva essere stato davvero brutto, per lei e Aron, dover negare i propri sentimenti. Peccato che Nowak fosse un coglione. Davvero un peccato.

Comunque, era nel suo studio e non dormiva da almeno tre notti, ogni tanto si assopiva ma il sonno non durava mai più di qualche ora. L'alba era appena sorta e stava cercando, con la testa china sulla scrivania, l'ennesimo problema da risolvere, solo per distrarsi. Per non pensare a quanto gli mancasse Lidia.
La verità, era che ogni volta che ricordava la sua voce, il suo viso, si sentiva morire e uno stupido, disperato. Era convinto fosse stata colpa sua. Se non l'avesse mai fatta trasferire, mai fatta avvicinare troppo, ora sarebbe stata meglio. E invece aveva pensato di poter avere tutto.
Non aveva ancora chiamato in ospedale, aveva paura. Troppa. Di sentire cosa diavolo avessero da dirgli, e si chiedeva anche perchè nessuno stesse provando a convincerlo a fare la cosa giusta, tranne Cass. Che sapessero qualcosa di spiacevole? Oppure avevano solo paura di parlargli.

Infatti, l'unica volta che Dominic aprí la bocca, fu per dargli una buona notizia. Se ne stava impalato davanti alla porta del suo studio. Restó in silenzio fin quando Klaus non ebbe finito di leggere delle cose, poi gli fu dato il permesso di parlare. Quindi incroció le braccia al petto e si avvicinó un po', per farsi sentire meglio.
« Klaus, ha chiamato l'ospedale. » Lui fece volare i foglia terra, dal nervosismo. Lo scagnozzo serró i denti, sapeva che quando dava di matto fosse estremamente pericoloso. E non aveva mai capito come facesse Cassandra a sopravvivere, forse tra simili si capivsno. « È sveglia, sta bene e— insomma, dovresti andare perchè chiederà di te, no? » Sembrava stesse per aggiungere altro, ma si trattenne. Klaus lo notò bene, ma era cosí contento che non gli interessava, qualsiasi cosa fosse, ci avrebbe pensato dopo.
Si alzò all'istante, ma stette ben attento a come lasciò le carte sul tavolo. Non aveva voglia di perdere nulla, nessun ragionamento, o annotazione. Chiuse tutto in un blocchetto e nascose ogni cosa in un cassetto. Non poteva commettere errori, fidarsi di nessuno.

Raccolse il cappotto e si precipitò giú dalle scale. Si sentiva un codardo, per non aver chiesto niente. Ma aveva paura.
Aveva pensato a se stesso, invece che a fare la cosa giusta. E temeva di star sbagliando tutto. Doveva chiamare Aron. Gli aveva già ordinato di attivarsi con Ricky e Vanessa, odiava dover sopportare il pensiero che Cass fosse con lui, dopo il modo in cui si era comportato. L'aveva conquistata sapendo bene che non volesse farci niente, e l'aveva illusa, intrappolata in un amore che anche lui odiava, conoscendo benissimo come funzionasse la testa di lei, quanto fosse fragile. Sapeva fosse meglio per entrambi che stessero lontani.

Quei giorni di convivenza forzata potevano solo creare altri problemi. Saltò in auto e sfrecciò fino in ospedale, non volle l'autista, non sarebbe mai riuscito ad aspettare, immobile, che si sbrigasse. Parcheggiò il più vicino possibile e poi scappò su, sui gradini dell'ospedale. Era il migliore di Manhattan, forse il migliore di tutti gli Stati Uniti, dovevano salvarla per forza.
Odiava quei posti, gli ricordavano che non fosse nuovo alla morte, che lí avesse detto già addio ad altre persone. Domandò alla reception che cosa potesse fare, e gli dissero addirittura che Lidia fosse sveglia. Che stesse proprio bene.
Corse fino alla sua stanza, e quando la vide, viva, il suo cuore tornò a battere. Improvvisamente si calmò, il mondo assunse una luce diversa, quella che era capace di dargli lei. Aprí lentamente la porta, non voleva spaventarla, farla agitare. Era ancora debole, temeva di toccarla. Sembrava dovesse spezzarsi da un momento all'altro.
Si sentí morire, vederla tanto fragile fu comunque devastante.

« Scusa se non sono venuto prima. » Lo disse piano, era certo stesse dormendo, anche se non era più in coma. Le accarezzò una mano e poi abbassò lo sguardo, su di lei, sull'amore della sua vita. Stupenda, e distrutta. Per colpa sua.
Era tutta colpa sua. « Scusa, perdonami. » La supplicò. Prese una sedia e si mise accanto a lei, era bellissima anche mentre soffriva, anche mentre gli stritolava il cuore. Al dito non aveva ancora la fede, non aveva fatto in tempo a mettergliela. Si chinò con il capo su di lei e pianse, silenziosamente.
« ...Klaus? » La voce era debole, mosse leggermente le dita delle mani per farsi notare. Lui sussultò, grande e forte com'era, si sentí insignificante. Sentire la sua voce fu ossigeno per la sua anima. « Come ti senti? »
« Bene, sto bene. » Non era vero, non stava bene e forse aveva anche paura. Era quello, che terrorizzava il maggiore dei Van Der Meer: che lei si rendesse conto di cosa avesse sposato, un mostro.
« Non doveva succedere, ti prego, perdonami. »
« Non è colpa tua, non devi pensarlo. »
« È colpa mia, non ho dato peso ad alcune cose, ho sbagliato, ho sbagliato. » Chinò il capo, serrò le mani attorno a quella di Lidia e se la portò verso le labbra. Aveva bisogno di lei come un tossico della sua droga preferita, non viveva se non c'era Lidia vicino a lui. E mentre lei era in coma, aveva continuato a fare pessime scelte.

« Klaus, non preoccuparti. Pensa alle cose belle, a quello che abbiamo davanti, al futuro. »
« Adesso sei la signora Van der Meer. » Le sorrise, ma aveva paura. Aveva paura che potesse capitare un'altra volta quello che stava accadendo in quel momento. Erano tutti divisi e non andava bene, odiava non avere Aron e Cass dove potesse controllarli.

« La mia fede? »
« È insieme alle tue cose, anche l'anello che ti ho regalato. » Pensò che avrebbe dovuto farle altri regali, che si odiasse per essersi costretto a non pensare a lei per tutto quel tempo.
« Andrea? » Non voleva dirle subito cosa avesse fatto.
« Sta bene, stiamo tutti bene.
Se Dio vuole questa notte finisce tutto. »
« In che senso? » Era allarmata, glie lo si leggeva nello sguardo che avesse il terrore delle decisioni che Klaus potesse aver preso senza di lei, mentre era pieno di rabbia.
« Non preoccuparti, devi riposare. Voglio portarti a casa al più presto. » E poi non farla mai più uscire, magari. Si sporse verso l'alto per lasciarle un bacio sulla fronte. « E poi faremo una bella festa, ha detto mia sorella che vuole pensarci lei. »
« Quindi ci hai parlato? »
« Sí, abbiamo risolto. Per ora. » Certo, perchè aveva troppo bisogno di lei, di sentire che non fosse solo. Che sua sorella fosse dalla sua parte. Pensò che Lidia non avesse idea di come si fossero evolute le cose in quei giorni e forse era meglio cosí.

« E quella cosa... ho sognato che mi dicevi di dover fare una cosa orribile, o forse non era un sogno. » Sbattè le palpebre più volte, stava cercando di metterlo a fuoco?
« No, non era un sogno. » Le baciò un'altra volta la mano. « Ma è fatta. »
« Che cosa? E poi, chi era quello che mi ha sparato? »
« Sei sicura di volerne parlare adesso? » Era distrutta, le occhiaie le indurivano lo sguardo e le dita erano morbide e molli. Non pareva nelle condizioni di poter affrontare discorsi tanto pesanti. Ma annuí, allora Klaus fece come le aveva giurato per sempre di fare: le disse la verità. « Era un francese che vuole quello che è mio, si è alleato con i Murray e pensavano di poter fregarci dall'Europa, in Polonia, dove adesso c'è Aron con mia sorella. »
« Ma non era a Londra? »
« Non volevo che stesse sola, e fino a qui ci voleva troppo tempo. Lí è stato più facile. » E poi, per quanto lo odiasse, Aron aveva sempre protetto Cassandra, e non aveva mai fallito, neppure una volta. Era un amante di merda, ma un soldato perfetto. E le voleva bene, a modo suo.

Lidia esitò. Klaus pensò stesse per dirle quanto fosse pazzo, quanta paura avesse e che volesse altre spiegazioni di cose che per lei erano troppo complesse. Invece, no. « Sei rimasto solo tutto questo tempo? »
« C'è Polina, qui. »
« E Andrea, no? »
« Andrea... » Lasciò che un sospiro pesante gli rilassasse i polmoni, e i nervi. « È stata difficile anche per lei, ma sinceramente non ci ho parlato molto. »
« Che succede? » Lo aveva capito prima ancora di finire la domanda, che qualcosa non andasse. Non sapeva proprio nasconderle nulla. « Voglio sapere cosa succede, come sta lei, e Irina? La vostra amica? »
« Irina ci ha traditi. »
« ...Non vorrai mica— »
« Si è alleata con la gente che ha ucciso mio padre. »
« Non te lo perdoneresti mai, non lo devi fare per lei. » Si preoccupava sempre troppo, l'ossessione che aveva per Klaus la stava distruggendo. Era evidente, e lui era terrorizzato.
« Se la lascio andare penseranno tutti che possono fottermi. »
« Penseranno che non sei come tuo padre. »
Esitó. Poi serró i denti, non voleva litigare, neppure innervosirsi. « Mio padre... era rispettato. »
« Era temuto. » L'espressione era tesa. Come sempre, Lidia aveva ragione.
« Ti prego, ora non voglio pensarci, voglio pensare solo a te. »
Lei chiuse gli occhi come se fosse troppo stanca, ma sapeva di dover affrontare subito quel discorso con Klaus. Era il destino che l'aveva fatta svegliare proprio prima che potesse fare troppi danni.
« Klaus, ascoltami, ti prego. Io non conosco il tuo lavoro... » Prese un profondo respiro, era ancora molto affaticata. « Conosco te, e tu ti odieresti se uccidessi quella ragazza. »
« Lo capisci che ho le mani legate. »
« Sei tu che comandi. » Il tono non ammetteva repliche.
« E che dovrei fare? »
« Mandala via, fai quello che ti pare, tanto lo sai che non sarà mai capace di fare nulla, non è cosí intelligente. »
« È solo stronza. »
« Appunto. »
Klaus sospirò, si abbandonò per qualche momento alla visione di Lidia. « Fammi chiamare Aron. » Era già tardi. Si allontanò un momento, non aveva intenzione di abbandonare quella stanza per molto.

Perchè diavolo ci metteva tanto a rispondere? Improvvisamente sentí la solita gelosia mangiargli il fegato. Che faceva con Cassandra? Come passavano le giornate e cosa lo distraeva?

La voce di Aron gli sembrò strana, aveva paura? « Klaus? » Anche a lui dava fastidio non potergli stare accanto a guardargli le spalle, come sempre. Ma non potevano fare altrimenti.
« Stanotte. E domani mia sorella torna a casa. » Il tono di voce non ammetteva repliche, severo e quasi incazzato. Non era corretto, secondo l'ordine delle cose che aveva in testa, che lui e lei fossero lontani, non in quel momento.

La vocina di Lidia s'intromise subito dopo che lui ebbe chiuso quella breve chiamata.
« Che succede? »
« Lidia, non devi preoccuparti, non devi preoccuparti più di niente. » Per Klaus era già fatta, le decisioni prese in fretta non erano mai buone, ma con lei cosí non sapeva proprio ragionare.
« Pensa bene a quello che fai. » E ci pensava, ci pensava anche troppo.
« Adesso penso solo a te, voglio pensare solo a te. » L'ultima volta che aveva detto una cosa del genere non era finita tanto bene. « Che ti hanno detto i dottori? »
« Niente, non li ho sentiti. A te? »
« Devo parlarci. »
« Sei venuto direttamente qui? » Le venne da ridere, non era era per niente tipico di lui agire impulsivamente, quando era agitato. « Dai, chiama qualcuno, voglio sapere quanto devo restare a letto. » Quanto le piaceva dare ordini.

« E va bene. » Non riusciva proprio a dirle di no.
Klaus si sporse oltre la porta e cercò un medico, qualcuno che potesse dargli le informazioni che Lidia voleva. Trovò un'infermiera che gli disse di aspettare, e dopo che si era sistemato nuovamente vicino alla compagna, entrò una dottoressa.

« Buonasera. » Sul viso aveva il più cordiale dei sorrisi che Klaus avesse mai visto. « Allora, come sta? » Si avvicinò alla riccia.
« Un po' rincretinita. » Aveva in mano una cartella, l'aprí un secondo per dare uno sguardo veloce e poi annuí. Che stava pensando?
« È normale, tra un paio di giorni starà meglio, dovrà tornare solo per cambiare la medicazione sulla ferita e fare qualche altro controllo, ma state bene entrambi. » Klaus non capí, aggrottò le sopracciglia, stava parlando di lui?
« Entrambi chi? »
A quel punto il medico allargò lo sguardo profondo, sorpresa. « Il bambino. » Che bambino? « È incinta, da due mesi, non lo sapevate? »
« No... » Klaus odiava le sorprese, eppure quella gli scaldò il cuore in un modo in cui non gli era mai successo. Dovette mordersi la lingua, per svegliarsi, per accertarsi che fosse vero.
« Klaus... » Ovviamente, Lidia lo stava cercando. Era contenta, ma temeva la sua reazione. Lui le sorrise, per farle intendedere che fosse contentissimo.

Il medico comprese che fosse di troppo, infatti decise di lasciarli da soli.

Lui prese le mani di Lidia, si abbassò e le baciò le labbra dolcemente. Le sentí umide, stava piangendo? Si era commossa. « Te l'ho detto che saremmo stati felici. »
« Hai sempre ragione. » Le accarezzò una guancia con una mano. « Adesso abbiamo tantissime cose da festeggiare, e dobbiamo anche pensare ad una nuova stanzetta. » Finalmente, qualcosa che desse vita a quella casa. Non sarebbero state più le litigate, la rabbia, la paura, la gelosia. Ma una speranza nuova.

« Mi sembra cosí assurdo, ti rendi conto? Un figlio, un figlio mio e tuo. »
« Come volevamo, il destino ci ha fatto un regalo. » Le baciò ancora le labbra. « Però devi riposarti. Ti sto facendo agitare troppo. »
Lei sospirò, stanca. « Vorrei guardarti tutto il giorno. » Poi chiuse gli occhi per un momento.
« Io resto qui, tu dormi. » Le tenne una mano e si lasciò cadere su una sedia che aveva avvicinato sl lettino. Non vedeva l'ora di dirlo a Polly. Strano che non se ne fosse accorta prima.
Che non l'avesse predetto come faceva per ogni cosa. Era troppo agitata. « Va bene. » Se non fosse stata distrutta, gli avrebbe detto di non fare cose stupide come non dormire e restare fermo accanto a lei, ma era troppo stanca. E lo voleva, lo voleva vicino.

Quando ormai s'era assopita, lui sentí il cellulare vibrargli nella tasca della giacca, erano quasi le dieci, in Polonia notte fonda. Maledetto fusorario. Attendeva notizie di Aron, ma lesse il nome di Cass, sul display. Si preccupò subito. Perchè?

« Cass, che succede? » Era tardi, nessuno lo aveva aggiornato su quello che stesse accadendo in Polonia e sapeva, di aver esposto Aron ad un rischio enorme, per questo era terrorizzato, in preda ad una terribile agitazione. Si alzò per non correre il rischio di svegliare Lidia.
« Stava per morire, Aron, l'avevano preso. Ma ora è tutto okay, non è morto nessuno, neanche Ricky. Neanche Vanessa. » Le tremava la voce, era distrutta. Serrò i pugni, avrebbe dovuto essere con lei, aveva sbagliato a mandarla a Londra. Sapeva cosa provasse per Aron, vederlo sofferente doveva essere stato straziante. E anche per lui non era facile, se pensava alla parola morte e vi associava il nome di Aron, si sentiva mancare l'aria. Tutta colpa tua.
« Ma che dici. » mormorò, piano.
« Abbiamo deciso che non deve morire nessuno, non serve. »
Cercò di non urlare. « Chi cazzo l'ha deciso? Perchè fai le cose senza consultarmi? »
« Che cazzo dovevo fare, farmi sparare? Far uccidere Aron? Il tuo piano non ha funzionato, adesso faccio come dico io. Non ammazziamo nessuno, nessuno di cui potremmo essere amici. » Perchè aveva fallito? Cosa era successo?
« Amici? »
« Ci aiuteranno contro i De Vito. Li eliminiamo dalla faccia della terra, quei pezzi di merda. »
Sembrò capire, adesso che Lidia era sveglia, magicamente il suo cervello aveva ripreso a ragionare. « ...Io ho Irina, non l'ho ancora uccisa. Aspetto Aron. »
« Lidia è sveglia, vero? » Gli venne voglia di svelarle anche di suo figlio, ma si trattenne. L'avrebbe fatto di persona. 
« Si, è viva. » Si massaggiò la fronte con una mano. « Torna qui presto. » Non le piaceva saperla in quel postaccio.

« Si. »
« Come sta? » Aron, ovviamente. Sembrava un inferno, Lidia si era ripresa, mentre Aron rischiava la vita.
« Eh... » Non trovava le parole, con chi avrebbe passato la notte? Non aveva nessuno, lí, che potesse proteggerla, ora. « Pensavo che sarebbe morto... »
Gli tremavano le mani. « Ma sta bene. »
« L'ultima cosa che ha detto sai qual è stata? »
« Cosa? » Alzò lo sguardo. Forse lo sapeva già.

« Chiama Klaus. » Stava per mettersi a piangere come un idiota. L'aveva tanto odiato, e invece, mentre erano stati lontani, s'era accorto che nel corso del tempo era stato il suo mito, il suo esempio. Che a volte senza accorgersene si domandava cosa avrebbe fatto lui, in certe situazioni, che era il Lupo. Altro che Volpe.
Era stato uno stupido.
« Vorrei abbracciarti. » E chiederti scusa. Aveva reso la vita di entrambi un inferno, invece che aiutarli a stare insieme s'era messo a fomentare una serie di cose che li avevano distrutti. Avrebbe dovuto guidarli, non aumentare le loro insicurezze.

Ma erano lontani. Forse espandersi significava allontanarsi, e non erano pronti. Come si faceva a stare insieme, anche se separati?
« Anche io. »

Si salutarono cosí, tristemente. Poi tornò dove si trovava prima, guardò Lidia e si chiese se fosse giusto mettere al mondo un figlio in quel dolore, tra tutta quella disperazione malsana. Gli mancava Aron, gli mancava Cassandra. Mancava qualcosa a quello scenario perfetto. In tutto quel casino, si era anche dimenticato del compleanno di sua sorella. Gli venne in mente solo dopo, quando stavano per salutarsi. « Cass, non ti ho fatto gli auguri... scusa, buon compleanno. »
« Questo compleanno me lo ricorderó davvero per sempre. » Un risolino nervoso gli solleticó le labbra. Klaus serró i denti, odiava non poter fare nulla. Avrebbe dovuto farle arrivare un regalo, e invece si era dimenticato.

Odiava che i suoi piani fossero andati tutti al diavolo, anche se gli piaceva l'idea che le cose potessero sistemarsi senza morti. Era quello che aveva sempre sperato anche da piccolo, mentre i suoi genitori morivano e tutti si facevano la guerra. Adesso era Cassandra che comandava, in Polonia. E non poteva dirle niente, perchè quelli erano territori di Aron, lei lo sapeva che dovesse gestirli come avrebbe fatto lui, e non Klaus.
Forse era stata una fortuna, che si trovasse lí. Se avessero messo Aron fuori gioco sarebbe scoppiato un casino. Invece il destino aveva deciso di dargli Cassandra.
Alla fine era stata lei, che aveva protetto lui.

Doveva ancora arrivare la parte peggiore, adesso chi glielo diceva a Polina?
Era giusto che lo facesse lui.
Si chiese se lí, a Lublino, ci fosse un ospedale decente, come quello dove aveva fatto curare sua moglie. Da quello che aveva visto, era già tanto che ve ne fosse uno. Forse dovevano cercare una Clinica privata verso la capitale, forse sarebbe stata la cosa migliore. Pensò di chiamare nuovamente sua sorella, per dirglielo. Ma poi si convinse che avrebbe trovato una soluzione, lo faceva spesso. Stava lentamente comprendendo che fosse capace di cavarsela da sola.

« Quante cose avremo da raccontare a nostro figlio. » Mormorò piano, scivolò con lo sguardo sulla pancia di Lidia e pensò che lui, o lei, fosse proprio lí, ad ascoltare la sua voce.
Chissà se gli piaceva.

Chiuse gli occhi e sospirò.
Forse i suoi uomini volevano sapere che diavolo fosse successo in Polonia, forse lo sapevano già. Comunque non gli importava, ora era solo importante che Aron stesse bene.
Provò ad immaginare una vita senza di lui, un mondo in cui lui non ci fosse e gli sembrò orribile. Doveva avvisare Polina.
Sarebbe stato uno stronzo altrimenti. Al posto suo, lui avrebbe voluto sapere.

Guardò ancora Lidia. Poi prese il cellulare, era un orario assurdo. Tanto Polina non dormiva, non dormiva mai. Cercò il suo numero in rubrica e la chiamò.
« Klaus? »
« Aron. »
« Aron cosa? » Sentí dei rumori strani, forse era a letto e si stava alzando. Come faceva a dirglielo?
« Mi ha detto Cassandra che gli hanno sparato, adesso è in ospedale, domani sapremo meglio come sta. » Silenzio. Non era buono che Polina non sapesse cosa dire, di solito aveva sempre la risposta pronta. Riusciva ad udire il suo respiro.
« Polly, ci sei? » O era svenuta?
« No, non ci sono. Non ci sono, e mi sono rotta il cazzo di questa storia. » Non l'aveva mai vista impazzire, per niente. Le bastava che suo figlio stesse bene e il mondo intorno a lei poteva bruciare. « Non doveva essere lí da solo e lo sai, lo sai che era nella merda e se non fosse stato per tua sorella neanche l'avresti avvisato, è colpa tua, perchè sei cosí egoista che hai spedito lui in quel posto maledetto e tua sorella a Londra! » Lo disse urlando, non lo pensava davvero ma stava dicendo cose che sapeva già. Era stato un imbecille. « E io ora cosa dovrei fare? Che cazzo dovrei fare, eh? » Adesso aveva la voce rotta, le veniva da piangere e non riusciva a controllarsi. Klaus abbassò il capo, non poteva perdere suo figlio. « Visto che tu sai sempre cosa cazzo è meglio per tutti e non ascolti mai nessuno, cosa devo fare, adesso? »
« Non puoi fare niente, possiamo solo aspettare. Ma sono sicuro che mia sorella non lo mollerà un secondo. »
« Lo so cosa farà Cass. » Ringhió, scontrosa.
« Sa prendersi cura di lui. »
Era assurdo, dopo una vita in cui dovesse esserci sempre qualcuno a controllarla, adesso erano grati che si trovasse con Aron. La verità era che Cass non era particolarmente propensa alla cura degli altri, ma Polly e Klaus sapevano bene che si sarebbe fatta ammazzare per Aron, e che non sapeva come si facesse a non preoccuparsi per lui, in ogni momento. Anche se significava soffrire.

« Lo so. Domani la chiamo. »
« Appena Cass ha sistemato tutto potrai andare a trovarlo, domani mattina dovrebbe essere già tutto finito. »
Lei schioccó la lingua sul palato, come a schernire le sue parole. « Perchè, tu pensi che lei tornerà qui? » Klaus si passò una mano nei capelli. Non ci aveva pensato, a come sarebbero stati i rapporti tra lei e Aron, dopo tutto quel casino.
« Certo, e comunque deve finire di studiare. Tornerà tutto come prima. »
« Non ne sarei cosí convinto. »
Aveva ragione.

« Lidia si è svegliata, comunque. » Gli sembrò quasi brutto, dirglielo mentre Aron era ferito. Ma non esisteva al mondo un'altra persona cui volesse rivelare quella notizia.
« Almeno una buona notizia, e come sta? »

Era indeciso se darle anche ma seconda, poi pensò che si meritasse di essere la prima a saperlo. Cassandra si sarebbe incazzata a morte. O forse no. « Incinta. »
« Tu vuoi farmi morire d'infarto, figlio. » Il tono di voce materno con cui gli si rivolse fu piacevole.
« Ma se sei immortale, le streghe non muoiono mai. »
« Ma non cresci mai? »
« Mai. »
Sorrise, voleva accarezzare una mano di Lidia ma aveva troppa paura di svegliarla. Di solito era sicurissimo di se, ma con lei era tutto diverso. Gli importava troppo cosa pensasse di lui. « Ma quindi come hai risolto in Polonia, se Aron è... insomma, è in ospedale. » Non riusciva neanche a dirlo.
« Cassandra mi ha detto che hanno raggiunto una specie di pace, che non è morto nessuno e hanno deciso che non dovrà morire nessuno. Dice che ci pensa lei, e io vorrei dirle di non preoccuparsi, ma forse è proprio l'unica alternativa che abbiamo. »
« Prega che vada bene. »
« Domani sapremo. »
« Non dormirai, vero? »
« No, e neppure tu. »
« Io sto già guardando i voli per Lublino. »
« Giusto. »
Non poteva far partire Polly senza riavere Cassandra. Era egoista, ancora una volta la voleva allontanare dal suo amore, ma aveva bisogno di lei, aveva estremamente bisogno di sua sorella per non impazzire e per sapere che fosse con lui, che stesse bene e non dovesse preoccuparsi giorno e notte che qualcuno potesse farle del male. Adesso che Aron era in quello stato non rimaneva altro da fare. Mettersi in mezzo sarebbe stato peggio. « Mi dispiace, so quanto ti dia fastidio questa cosa di non stare tutti insieme. »
Lo conosceva davvero bene.
« Mi abituerò. »
« Avrai tanto altro a cui pensare. »
« Assolutamente. »

Dopo decisero di salutarsi, Polly sarebbe partita comunque. Non poteva imporle di restare, sarebbe stato troppo egoista. E Cass, forse anche lei aveva voglia di tornare. Gli mancava sua sorella e di solito succedeva ogni volta che partiva, ma ora era diverso. Guardò sua moglie e si chiese che razza di marito sarebbe stato.

Era tutto incerto. Incrociò le braccia al petto e poi pensò che avrebbe fatto meglio a riposare. Si spostò sulla poltrona dall'altro lato della stanza, Lidia era sempre davanti al proprio sguardo. Non vedeva l'ora di riaverla nel suo letto, dormirci insieme, fare l'amore. Si mise comodo e sperò non facesse troppo freddo. Comunque avrebbe potuto chiedere delle coperte, o andarle a prendere.
Addirittura farsele portare da casa.

Chiuse gli occhi, e gli parve di dormire, finalmente, dopo settimane e giorni in cui non aveva mai davvero riposato il cervello, la mente e il corpo. Su quella poltrona scomoda, accanto a sua moglie, aveva ritrovato la pace.
Buonanotte.

Qualcuno sarebbe arrivato a svegliarlo, ne era certo. E poi doveva sentire Cass.

Quando si svegliò era prestissimo, sembrava passata un'eternità ma in realtà aveva dormito solo qualche ora -tantissimo, in confronto a come era abituato-. Lidia era ancora nel mondo dei sogni, lui non ricordava neppure d'averne fatti. Comunque si tirò su con la schiena, gli faceva un po' male il collo ma non importava. Doveva sentire sua sorella, e poi avvertire Polina, sempre che la polacca non l'avesse già chiamata.

Cercò il suo numero in rubrica. Era sei ore avanti, doveva aver già finito. « Klaus, come stai? »
« Bene, sono con Lidia, e tu? Aron? »
« Io bene, Aron l'hanno ricucito, vediamo quanto ci mette a rispondere alle cure. »
« Ho detto tutto a Polina, appena si sitemano le cose verrà lí. »
« Sarà un inferno in quella casa con lei. » Klaus aggrottò le sopracciglia. Cass aveva dato per scontato che sarebbe rimasta lí. Come al solito, Polly avea ragione. Non volle dirle nulla, per ora.
« Hai parlato con gli altri? »
« Si, abbiamo deciso di dividerci i territori anche qua, le cose già nostre non le toccano. »
Si sentí subito sollevato. « Grazie al Cielo. » Era fiero di lei, aveva fatto una cosa difficile e giusta totalmente da sola.
« E Lidia? »
« Sta bene, è incinta, sai? » E glie lo diceva cosí, come se la stesse avvisando che avrebbero mangiato la pizza a cena.
« Scherzi? »
« No, sarai zia. » Gli venne da ridere, era cosí contento di poterle dare quella notizia.
« Non ci credo... è una notizia stupenda! »
« Lo dici tu a Polly che può partire subito? »
« Si, si. Ma come sta? »
« Mi ha urlato che è colpa mia, che l'ho allontanato e lasciato da solo... » Si massaggiò la tempia con una mano. Aveva ragione. « Tutte cose giuste, ha ragione. »
« Lui è venuto qui per sua sorella, non per colpa tua. »
« Dai Cass, non raccontarmi cazzate, tu sei andata a Londra e lui voleva partire già prima solo per starmi lontano, cosí non vi sareste visti. »
Lei restò zitta. Si era accorto di tutte quelle cose troppo tardi, accecato da se stesso. « Comunque, tu quando torni? »
Si prese qualche attimo per riflettere. Aron aveva paura della sua risposta.
« Appena arriva Polly, no? » Lo disse con una certa rassegnazione.

« Mi dispiace. »
« Devo tornare all'università, in realtà. Penso di aver perso troppe lezioni, non so se ce la faccio con gli esami. »
« Ce la fai. » Doveva solo impegnarsi di più, e non pensare ad altro. « Forse è meglio che torni direttamente lí. »
« Mi serve un certificato da mostrare. »
« Si, ci penso io. »
« Poi dimmi che cosa devo raccontare. »
« Si, non preoccuparti, queste sono cose che si risolvono. » Certo, con i soldi, tutto.

« Ci vediamo a Natale, no? » Cass odiava il Natale, l'aveva sempre reputata una festa inutile, triste. Ma Klaus sembrava adorarla, quindi fingeva anche lei solo per farlo contento. Non erano tante, le cose che lo rendevano entusiasta.
« Giusto. »
« E alla tua festa. »
« La organizzi da lí? »
« Certo, posso farlo. Polina— ah, no. » Stava per dire che le avrebbe dato una mano, ma prevedeva che sarebbe rimasta con Aron. « Allora mi aiuterà Lidia. »
« Non farla impazzire. »
« È lei la strizzacervelli. »
« Si, ma tu sei un altro livello. » Si misero a ridere, poi si salutarono e tornarono alle loro cose. Klaus a contemplare Lidia, Cass a preoccuparsi per Aron, forse. Forse era proprio lí, davanti a lui. O forse stava provando a dormire. Non glie l'aveva domandato.

💎💎💎
Non siete pronti a quello che succederà nel prossimo capitolo
Godetevi la pace di questo hehe

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