CAPITOLO 4

Aron

Ma là dove c'è il pericolo,
Cresce anche ciò che salva

Aron non era mai stato un tipo da grandi feste, perferiva le cose intime, senza fotografi, senza troppa gente che non conoscesse. Si era presentato a quell'inaugurazione solamente perchè voleva fare bella impressione su Vincent, manipolarlo. Ce l'aveva in pugno e forse non ci sarebbe stato neppure bisogno di andare fino a Parigi se non fosse stato per Achille Lacroix, era un truffatore senza scrupoli. Non che Aron potesse fargli la predica, il lavoro che s'era scelto era il più disonesto e miserabile, anche se si definiva sempre un bravo imprenditore. Si era accordato con il francese perchè il suo locale gli ripulisse il denaro sporco, in cambio di una percentuale minima. Era un modo funzionale di allargarsi in Europa, cosí almeno avrebbe avuto entrate vicino casa, in Polonia. Ogni tanto passava qualcosa a delle associazioni che si occupavano delle famiglie più povere, fondazioni. Nessuno chiedeva da dove arrivasse quel denaro, serviva troppo per poterlo rifiutare.

Quando Cassandra era arrivata, lui l'aveva già notata da lontano, s'era subito chiesto che diavolo ci facesse in mezzo a quella gente schifosa, poi pensò che anche lui facesse schifo, che c'era cresciuta in mezzo alle cose sbagliate. La evitò, gli faceva strano ogni volta che la vedeva vestita da sera, che si atteggiava a fare la grande.
Ma lei è grande. Eppure a lui pareva sempre quella ragazzina di quindici anni distrutta dalla morte dei genitori, che si chiedeva perchè suo fratello non volesse stare con lei.

Più che per le ripetizioni, Klaus l'aveva implorato di aiutarlo a gestirla perchè da solo non ce la faceva. Cosí Aron ci passava i pomeriggi insieme, cercava di farle da baby sitter intanto che il suo migliore amico tentava di capire come sostituire il padre. Come entrare in un sistema troppo complesso per essere assorbito da un ragazzo di ventitrè anni tutto insieme.

Si sistemò nervosamente i gemelli della camicia, la giacca gli dava quasi fastidio. Si sentiva a disagio? Pensò di prendersi qualcosa da bere, fu lí che la notò, ancora, con il solito sguardo annoiato; sorrise mentre rivedeva la stessa quindicenne che non aveva voglia di studiare. Eppure, c'era qualcosa di diverso. Indossava ancora il suo cappotto scuro, i capelli erano arruffati e il trucco avgressivo. La raggiunse da dietro. Non vorrai mica controllarla, Nowak.

« Non ci credo, cassandra Van Der Meer. »
Aveva uno sguardo strano, come se lo odiasse. Eppure non ne capiva il motivo, a modo suo Aron le aveva voluto bene. Appunto, a modo tuo.
Ella si volse, e a lui diede quasi fastidio non vedere la piccola Cassy a cui era abituato. Lo fece sentire strano. Come se qualcosa non fosse al suo posto.
Prese a trattarla con sufficienza, per sottolineare quanto fosse ancora piccola, e insignificante.
Non poteva accettare che fosse cresciuta, che fosse assolutamente elegante mentre parlava, mentre con le dita afferrava delicatamente il gambo del calice di cristallo che aveva appena ordinato.

Irina fu una salvezza, arrivò da dietro e riuscí a dargli qualcosa con cui distrarsi. L'aveva conosciuta durante una serata con Klaus, era una ballerina e sapeva come farlo divertire. Il suo obbiettivo principale era sicuramente conquistarlo in qualche modo, entrare a far parte di quel mondo tanto sbagliato. Ti faccio un piacere a lasciarti fuori.

Quando le spiegò chi fosse Cassandra sembrò gelosa, eppure non c'era motivo per cui esserlo. Era una ragazzina, no? Fece finta di ignorarla, in realtà stava ascoltando tutto. Quando udí il nome di Achille avrebbe voluto metterla in guardia, ma era grande, non poteva fare più niente. E poi c'era Vanessa, quella sua amica troppo felice che a quanto pareva aveva deciso di conquistare Vincent. Si stavano infilando tra le fauci del diavolo, e lui non poteva farci nulla.

Poteva solo trascinare Irina nel bagno delle donne, strapparle le calze e scoparsela senza neanche darle un bacio. Con lei funzionava cosí, sembrava le piacesse davvero essere trattata come la sua puttana personale. Si reggeva al bordo del lavandino mentre Aron si muoveva dentro di lei, tenendola ferma per i glutei magrolini. Le cadde una spallina del vestito liberando un seno, quando lui lo vide ci si fiondò sopra con la bocca, le morse il capezzolo e lo tirò verso di sè mentre continuava a spingersi con violenza contro i suoi nervi tesissimi. La sentí stringersi attorno alla sua erezione, gli bastò quello per venire. Le leccò l'ultima volta il petto e poi uscí lentamente.
Lei si ricompose. « Se vuoi che ti raggiunga in albergo, sai come rintracciarmi. » Sembrava compiaciuta.

E lo fece, quando Cassandra l'aveva chiamato, lui era ancora sveglio perchè aveva appena finito di farselo succhiare da Irina. Quando rispose al telefono aveva ancora i pantaloni slacciati, seduto sulla poltrona; in un primo momento aveva pensato che fosse finita nei guai, che Achille le avesse fatto del male e non sapesse chi chiamare. Irina era ancora in ginocchio. « Che succede? » Si stava pulendo le labbra con il dorso della mano. Lui non le rispose, la cacciò dicendole che fosse una cosa di lavoro.
Sei pronto a correre da lei?
Si che sei pronto a farlo.

Arrivò in anticipo. Cassandra era in ritardo.
Non sapeva da quanto tempo fosse lí ferma, lo stava guardando e improvvisamente gli parve cosí fragile che si chiese se non fosse il caso di chiamare Klaus. Ma che vai pensando. La chiamò con un gesto della mano. Quando la ebbe davanti si sentí a disagio, infatti l'aggredí, rimproverandola per una cosa che non esisteva: il modo in cui fosse vestita. Stava benissimo, però pareva tremare dal freddo. Trovò una scusa da stronzo per metterle la giacca sulle spalle. Perchè non riusciva ad essere gentile e basta?

Aveva bisogno dei muri che metteva tra lui e lei, erano fondamentali.
Temeva di scoprire cosa ci fosse oltre.
« Mi dici cosa hai combinato? » Il tono di voce voleva essere serio, ma gli uscí gelido.
La vide in difficoltà, pareva mortificata.
« Io niente, solo che siamo andate a casa di Achille e— » Serrò i denti, quella che venne fuori fu la più orribile delle espressioni, un brivido di gelosia gli trafisse lo stomaco, come se fosse la sua di sorella, non quella di Klaus. « Vanessa ha raccontato al suo amico che siamo amici, che sei amico di Klaus e che noi ce la stiamo spassando in Europa alle sue spalle. Dice che ha voluto sapere in che rapporti fossi con lui, lei gli ha detto tutto... » Merda.
« Come diavolo faceva a sapere tutte queste cose? » Ancora quel tono di rimprovero.
Lei esitò un momento. « ...Glie le ho raccontate io. » Non posso avercela con te. Aron sapeva che Vanessa fosse la sua unica amica, l'unica persona che avesse, non riuscí ad arrabbiarsi. E poi la vide troppo strana, sembrava si dovesse sentire male. « Ho pensato a quello che mi avevi raccontato, che fosse pericoloso, e poi ho visto la cicatrice che aveva sul braccio... » In che senso? Si sporse in avanti sul bancone, come se avesse bisogno di sentire meglio. Dai che hai capito, Nowak.
« Come hai fatto a vederla? »
Cassandra aggrottò le sopracciglia, lui si sentí un cretino. « Secondo te, Nowak? »
« Ti ha fatto qualcosa? » Strinse un pugno, ma Cassandra non potè vederlo.
« Ci ho fatto sesso, genio. » Lui schiuse la bocca, non capiva perchè gli desse tanto fastidio. Era giusto che si divertisse, anche se Achille lo detestava. Aveva ventidue anni, non sedici. Sembrava scocciata, divertita dall'apparente ingenuità del biondo.

La seguí con lo sguardo mentre cercava qualcosa nella borsetta, una sigaretta. Il barista la riprese e lui stava per dirgli di chiudere la bocca, ma contro ogni aspettativa fu lei a parlare.

« Le assicuro che io posso fumare dove mi
pare. E mi porti un posacenere, grazie. » Se ne stava seduta sullo sgabello con i gomiti puntati sul bancone, la giacca le stava alla perfezione, le cadeva larga sulle spalle e l'avvolgeva delicatamente. Con la mano libera si sistemò i capelli da un lato. Aron rimase in silenzio, fu una reazione strana, non se ne accorse subito. Non ricordava fosse cosí bella.
La stupida sorellina di Klaus.

« Achille non vuole che io faccia affari con Vincent, quello stronzo fa finta di essere suo amico ma vuole solo fregargli un sacco di
soldi. »
La vide ridere, sembrava sua madre. Gli fece impressione. « Perchè, tu no? » Pungente.
Ad Aron scappò un sorrisetto compiaciuto, poi si ricompose. Le riservò un'occhiata gelida quasi volesse rimetterla al suo posto, poi prese un sorso di gin e si leccò le labbra. Era una specie di gesto involontario che faceva ogni volta che doveva prendere tempo. « Io almeno posso garantirgli protezione. » Certo, e anche tanti soldi in meno.

« Che c'entra mio fratello in questa cosa? » Ottima domanda.
« Vincent non si fida di lui, non lo vuole in mezzo. »
« Ma tu vuoi mettercelo. » Aron annuí lentamente, era diventata sveglia. Gli piaceva il modo che aveva di incalzarlo.
« Senza dirglielo, chiaramente. » Cassandra prese un altro tiro dalla sua sigaretta, era cosí affascinante mentre si muoveva che rimase incantato. « Ne vuoi una? » Merda.
Scosse il capo. « Ho le mie. » Tirò fuori un porta sigarette d'argento. Ovviamente. Su un lato c'era inciso Teresa Nowak, il nome di sua madre. Aveva solo lei, le aveva comprato una mega casa a New York e le regalava la vita che suo padre non era mai stato capace di darle. Lui non l'aveva mai conosciuto, eppure lo odiava comunque. Sua madre gli ripeteva sempre che si fosse portato via un pezzo di lei, che l'aveva uccisa in qualche modo, Aron non aveva mai compreso cosa intendesse.

« Comunque la tua amica è davvero idiota. »
« Non è idiota, è che non pensa mai che le persone facciano schifo. » Gli venne da ridere, ma lo nascose.
« Appunto, è stupida. » Quanto ti senti forte, Nowak?
« E tu invece? »
« Io lo so che fate tutti schifo. » Gli dispiacque sentire quella risposta, si era augurato cosí tante volte quando era piccola che non finisse cosí. Eppure era impossibile. In quella realtà non fidarsi del prossimo serviva per sopravvivere.
« Fate? » Anche io, stellina?
Cassandra scosse il capo. « Se un uomo vuole sapere cosa ne pensi di qualcosa c'è per forza... qualcosa sotto. » Come darle torto.

« Quindi ci odi tutti? » La stava provocando, ovviamente.
Lei alzò le spalle. « Non odio nessuno, io le persone le uso per ottenere quello che voglio. »
Ora invece gli sembrava di avere davanti il fratello. Era tutto cosí sbagliato.

« È per questo che hai scopato con Lacroix? » Non riesci proprio a non pensarci, mh?
« Esatto. Anche lui ha voluto sapere se ti conoscessi, sai? » Fece cenno al barista di portarle da bere. Lo stesso che ha preso lui.
Aron rise ancora. Fu una reazione involontaria, è che gli sembrava assurdo bere con lei. « E tu che gli hai detto? »
Stette un attimo in silenzio, indecisa se parlare o meno. « Che dovesse impegnarsi di più per ottenere delle informazioni. » Spense la sigaretta nel posacenere, poi le arrivò un martini. Accavallò le gambe, ad Aron cadde l'occhio sulle sue cosce e si maledí mentalmente per aver pensato che fosse cresciuta decisamente bene, che Achille non si meritasse quelle gambe.

« Dove l'hai portata quella tua amica, alla fine? » Ghignò maleficamente.
Fece finta di non comprendere subito a chi si riferisse. « Chi? »
« Irina, quella della cena. » Quindi ricordava anche il suo nome, era stata parecchio attenta.

Si schiarí la voce prima di parlare. « Ah. Nel bagno delle signore. » Risero entrambi, fu cosí strano che si sentí estremamente a disagio. Si voltò e prese un tiro dalla propria sigaretta, mentre Cassandra bevve un lungo sorso dal suo drink.

« Tuo fratello che dice? »
« Non ci parlo da mesi, non so neanche dove sia. » Quella risposta lo uccise. Voleva bene da morire a Klaus, e a volte lo odiava perchè allontanava le persone che gli volessero bene senza volerlo. Non capiva che anche lui avesse bisogno di sua sorella, che dovesse proteggerla, ma soprattutto essere suo fratello.
Eppure come si poteva far capire una cosa simile a chi era stato obbligato dalla vita a diventare suo padre? A mantenere un regno e soffocare qualsiasi emozione, debolezza. Era diventato estremamente severo, con lui e con Cassandra.

« Sul serio? »
Lei annuí, la calma con cui lo fece lo impressionò. « Si, sul serio. »
« Non ho mai capito perchè lo detesti tanto. »
Bugia. La stava infadtidendo di proposito.
« Non me l'hai mai chiesto. » Aveva ragione.
« Cosa? » Perchè vuoi torturarla?
« Perchè sono incazzata. » Si sistemò ancora i capelli da un lato, nervosamente. Lui sorrise, come uno stupido. Forse non era davvero cambiata cosí tanto. Rivide per un momento la piccola Cassandra, quella che non studiava mai e inventava scuse su scuse pur di continuare a fregarsene. Quando qualcosa non andava si toccava sempre i capelli. « Non me l'ha mai chiesto nessuno, tutti pensano di sapere tutto, compreso lui. » Non si sentí di darle ragione, buttare benzina sul fuoco. Eppure capiva, tutti la consideravano una stupida viziata, in realtà aveva un dolore dentro che la stava uccidendo. Non si superava la morte di un genitore, suo padre non aveva idea di dove fosse, ma nella sua testa l'aveva ucciso; la sua assenza gli aveva lasciato un vuoto dentro che era certo non avrebbe mai colmato. Poteva solo immaginare quello che avesse passato Cassandra.

Era ancora serio, non si sentiva per niente a disagio. Anzi, la scrutava, indagatore, come se volesse captare qualcosa che non avesse il coraggio di mostrare, di dire. « Perchè sei incazzata? »
Cassandra restò zitta. Probabilmente era cosí abituata a tenersi tutto dentro che non seppe fare altro. Schiuse la bocca, Aron la capiva, capiva tutto ma non sapeva assolutamente come fare quello empatico. Anche lui aveva dovuto crescere in fretta, non si era mai impegnato a capire come mostrare bene i propri sentimenti. « Perchè vuoi saperlo, Nowak? »
Non si fida neppure di te. Lui inclinò il capo da un lato, avrebbe voluto aiutarla, ma non poteva. Era impossibile. Era stata manipolata tutta la vita dalla sua stessa famiglia, e ora voleva solo scappare. « Cosí poi racconti tutto a Klaus? »
« Perchè dovrei. »
« Perchè siete cosí. » Perchè lo facevano sempre. Perchè la prima cosa che aveva imparato, era stata che fosse sola. Si sentí quasi in colpa.

Rimase con la sigaretta accesa a mezz aria, lo sguardo spento. Non si era mai aspettato che un giorno avrebbe avuto una conversazione simile con lei, la sorellina viziata di Klaus. Si sporse in avanti, era a disagio, anche se non voleva che si vedesse. « Tuo fratello... ti vuole bene. » Lo bloccò immediatamente. Ma che diavolo stava dicendo.
« Ti prego non farmi questi discorsi, me ne sono fatta una ragione. » La guardava come si guarda una sorella minore, e lei se ne accorse, lui l'aveva capito che odiasse essere compatita. « Ci sono cose che funzionano in un modo e basta, parlarne non cambia niente. » Aveva ancora ragione. Eppure tutte quelle tragedie, si era sempre detto, sarebbero dovute servire a renderla più forte. Invece era distrutta. Fuori un leone, dentro completamente vuota.

Non sei forte Cassandra. « Neanche scappare per tutta l'Europa le cambia. »
« Almeno mi diverto. »
« Prima o poi dovrai tornare a casa. »
« Ti prego smettila di parlare come mio fratello, davvero è una cosa che non sopporto. » Finalmente glie l'aveva detto.
« Ho solo detto la verità. » Ma non ne aveva il diritto.

« Lasciami in pace Nowak, non sono affari
tuoi. » La vide mettere mille muri tra lei e lui. Nessuno ti ha insegnato a non metterli.

« Quindi riesci a risolverla la storia con Achille o è un danno irrimediabile? » Volle cambiare discorso, probabilmente solo svignarsela.
Lui alzò le spalle. « Rimediabilissimo. » Solo una rottura di palle, ma assolutamente risolvibile. Tutti i problemi erano risolvibili.
« Che ci fai ancora qui, allora. » Voleva assicurarsi che stesse bene, di nascosto, come quando era piccola e passava pomeriggi interi a darle della stupida solo per assicurarsi che avesse almeno un essere al mondo che le volesse bene. Non era mai riuscito a farla sentire amata.

Allungò il viso oltre il bancone. « Colazione, piccola Cassy. » Del caffè, non aveva dormito. A breve sarebbero arrivati gli ospiti dell'albergo, avrebbe fatto meglio a sparire prima.

La vide stropicciarsi gli occhi arrossati. « Mh. Io torno in camera, devo sistemarmi prima di partire. » Non era assolutamente nelle condizioni di viaggiare, come al solito, aveva bisogno di Klaus, e lui non c'era, non c'era nessuno che potesse starle dietro. « Buon viaggio. »
Cassandra alzò le spalle, raccolse la borsetta e pagò quello che doveva. Poi si alzò dallo sgabello e ricordò di avere addosso la sua giacca. Aron Rise, vedendola mentre si agitava.
« Anche a te. » Fece per togliersela, ma non le avrebbe mai permesso di tornare scoperta in stanza. « Tieni. »
« Lascia stare, tienila, cosí dai ancora troppo nell'occhio. » Il tono di voce era pieno di disprezzo, la stava rimproverando ancora. In realtà copriva un'apprensione che era meglio restasse nascosta, anche a lui. Era bene che fosse lui, il primo a convincersi che non meritasse troppe attenzioni, niente di più di quelle che le aveva già concesso.

La vide irrigidirsi, quello sguardo scocciato l'aveva sempre fatto ridere. Il modo in cui schiudeva le labbra per sospirare piano, poi scuoteva leggermente il capo.
La seguí finchè riuscí a vederla, poi sparí oltre la reception. Si domandó come stesse, se non fosse il caso di chiamare il fratello.

Restò lí ancora per un po', anche lui era molto stanco. Cercò in rubrica il numero di Irina, solo per avere qualcuno con cui parlare. Trovó una chiamata persa di sua madre, voleva sapere dove diavolo fosse. Gli scappò una risatina divertita, era troppo apprensiva, protettiva. Eppure le era grato, aveva solo lei. Aveva fatto quello che nessuno nel suo mondo riusciva mai a fare: amare il proprio figlio, incondizionatamente. Era grazie a lei che un po' capiva le emozioni, non fosse stato per Polly, come la chiamava lui, Aron sarebbe stato vuoto come Klaus.

Decise di chiamarla.
La voce assonnata della madre rispose quasi subito. « Sveglia? »
« ...Tu sei pazzo. »
« Sto facendo colazione. » Si tirò indietro sullo sgabello. Raccolse il portafogli e pagò quello che restava e il succo di frutta che aveva preso in più.
« Non fare cazzate, e stai attento a quella... Irina. » Rise ancora. « Lo sai che ho trentadue anni, vero? » E soprattutto che l'ultimo dei miei problemi è Irina. L'ultima cosa che dovrebbe preoccuparti.
« Sei sempre mio figlio. Buonanotte. » Suonò come una sentenza di condanna.
Chiuse la chiamata. Sua madre era gelosissima, odiava qualsiasi ragazza gli girasse troppo attorno, temeva che potessero farlo soffrire, spezzargli il cuore. Nonostante più volte si fosse trovata ad osservare come invece accadesse il contrario, era sempre in allerta. Sembrava temesse più quelle cose dei i veri problemi che ogni giorno suo figlio avesse davanti, la morte.
Gli ripeteva sempre che non avesse dubbi sapesse cavarsela con le armi, era il resto che la preoccupava.

Aron si alzò per tornare nel suo albergo, magari riposare un po' prima di tornare in America. Doveva occuparsi di alcuni affari. C'era sempre qualcosa di cui preoccuparsi.
Arrivò all'ingresso giusto in tempo per vedersi correre Vanessa, l'amica di Cassandra, davanti. Aveva il capo chino ma era abbastanza certo che stesse piangendo. Pensò subito che fosse successo qualcosa di grave, poi comprese che due amiche potessero tranquillamente litigare. Lei lo riconobbe, alzò lo sguardo e la vide distrutta. Si vedeva che volesse dirgli qualcosa, ma non le venivano fuori le parole. Alzò le spalle come a scusarsi. « Che succede? » Fu lui a parlare per primo. Lei si bloccò. « Cassandra... è impazzita, davvero sta dando di matto. Io non riesco a starle dietro. » E continuava a piangere.
« E la lasci da sola? »
« Non riesco a starle dietro, penso che chiamerò suo fratello. »
Merda. Ma perchè? Stava cosí bene mentre parlava con lui, o almeno cosí era sembrato. Si rese conto che di lei non sapesse niente, che nessuno avesse idea di cosa la sorellina di Klaus facesse, come passasse il tempo. Sebbene fossero eccessivamente ossessionati dal dover controllare tutto, lei era un'incognita. Era stata abbandonata.
« Aspetta, ci penso io. » Klaus avrebbe voluto che lui intervenisse. Lo stai facendo solo per lui.

Vanessa si asciugò le lacrime. Cassandra l'aveva distrutta. « Ogni tanto ha queste crisi, urla, impazzisce, e poi... sembra che voglia uccidersi. Sembra che le piaccia farsi del male. Io non lo so perchè fa cosí... »
Merda. Merda.

Aron non aspettò neppure che finisse di parlare, tutto quello a cui riuscí a pensare fu la madre di Cassandra, anche lei aveva sofferto tanto la solitudine. Anche lei aveva le sue crisi. Come poteva Klaus essere all'oscuro di tutte quelle cose? « Che stanza è? » Se le avesse sapute era certo che avrebbe fatto di tutto per aiutarla, per non perdere sua sorella. Non era una stupida viziata, era un'orfana distrutta, sola.

« Questa è la mia copia della chiave. » Vanessa gli porse la chiave elettronica che avrebbe dovuto consegnare prima di scappare via. Non la ringraziò neppure. Si sentí un'amica schifosa.
Non era giusto quello che stava facendo.
Aron la prese e se ne andò. L'atteggiamento era severo come al solito.

Vanessa, non riuscí a fregarsene, si bloccò sull'uscio e lasciò alla reception l'unico bagaglio che aveva, poi lo raggiunse correndo. « Aspetta, vengo con te. »
« Va bene. » Aron fu sollevato da quella scelta di Vanessa, significava che Cassandra potesse contare su una buona amica. Anche se per poco non l'aveva lasciata da sola.

Lo stai facendo per Klaus, lo stai facendo per il tuo migliore amico.
Spalancò la porta e la trovò nel letto, era crollata senza neppure riuscire ad infilarsi sotto le coperte. Fece cenno a Vanessa di entrare velocemente, non voleva che nessuno la vedesse in quelle condizioni. La prima cosa che fece fu coprirla, aveva ancora addosso il vestito scomodissimo di prima. Un braccio penzolava giù dal letto, le tapparelle erano alzate, per cercare il buio s'era messa un cuscino sopra la testa.

Aron andò ad abbassarle, spense la luce principale e lasciò acceso solo un piccolo lume sul comodino. Poi le spostò il cuscino dal viso, per farla riposare meglio. Fu allora che lo vide: il sangue. « Ma che ha? » Le era colato oltre il naso e si era incrostato sul materasso, risaltava scuro sul lenzuolo chiaro.
Vanessa non sapeva mentire. Alzò le spalle e cercò di evitare lo sguardo di Aron, ma lui non era un tipo a cui si potessero raccontare bugie troppo facilmente. « Eh... non lo so. »
Serrò i denti. « Si, come no. » Suonava minaccioso, l'altra indietreggiò. Cassandra le aveva parlato tante volte di quanto fosse strana la sua famiglia, ora iniziava a capirla un pochino.
« Giuro. »

Fu come se non avesse detto nulla. Scavalcò i tacchi che le aveva visto addosso qualche ora prima. « Per questo non riesci a starle
dietro. » Aveva capito subito. A volte era successo anche a lui, succedeva a tutti.
« Si. Io non esagero, lei non si regola. » Fu un'ammissione disperata, forse lui sapeva cosa fare?

Aron andò verso il bagno per cercare qualcosa e pulirle il viso, quando spalancò la porta restò sconvolto. Era pieno di macchie di sangue, il pavimento, il lavandino, gli asciugamani.

Si portò una mano sotto il mento. « Cristo santo. Da quanto fa cosí? »
Vanessa comprese all'istante.
« Sarà un mese. »
« Questa cosa dobbiamo dirla a Klaus. » Parlavano sommessamente, Cassandra pareva in coma da quanto era profondo il suo sonno, ma non si sapeva mai. Vanessa lo raggiunse in bagno.
« Non— » Silenzio. Entrambi avevano udito qualcosa muoversi nell'altra stanza. Che si fosse svegliata? Si sporsero oltre la porta. No, aveva solo cambiato posizione. « Non ci perdonerà mai, lo sai? »
« Non me ne frega un cazzo del suo
perdono. »
« ...Ah. » Come faceva? La mora lo guardò dal basso verso l'alto, si domandò se fosse sempre cosí deciso e risoluto. Aron comprese che lei non fosse abituata ad avere davanti gente come lui, conosceva solamente Cassandra e non aveva idea del male che si portasse dentro. « Io penso che lei abbia bisogno di qualcuno che stia dalla sua parte, lo so che la conosci da quando era piccola. » Si permise di toccargli un braccio per attirare la sua attenzione. Se ne pentí subito.
« Dicevo, so che la conosci da sempre e conosci anche il fratello e sapete cosa sia meglio per lei, solo che tra le cose che la riducono cosí c'è proprio questo: gente che decide per lei, costantemente, sempre. È per questo che cerca di scappare, a modo suo. » Aron ascoltò attentamente le parole dell'amica di Van Der Meer. Inclinò il capo da un lato, stava pensando. Effettivamente i metodi duri non avevano mai portato ad alcun risultato, forse quello che serviva a Cassandra era una Vanessa. Klaus l'avrebbe ammazzato se avesse saputo quale segreto gli stesse nascondendo. Ma lui non lo temeva.

« Si, è vero. » Ripensò alla conversazione che aveva avuto con lei qualche ora prima. Comprese che la mora fosse essenziale, il problema più grosso di Cassandra non era la solitudine: era essere circondata da persone che le volessero bene ma non avessero idea di come mostrare i propri sentimenti. Invece Vanessa non era cosí, lei piangeva, rideva, s'innamorava e sbagliava. Era quello che serviva alla sorella del suo amico.

« Però cerca di farla tornare in America. »
Perchè a Klaus manca da morire, anche se non lo sa dire. Vanessa annuí.
« Se dovesse avere un'altra crisi cosí chiamo Klaus. »

« Ma che ha fatto? » Cosa l'aveva tanto spaventata?
« Urlava, mi ha rotto il telefono, poi ha iniziato a dire cose a caso, tipo che mi odiasse, che fossi un'amica di merda, ti giuro che sembrava
pazza. »
Aron strinse i denti. Immagino. « Ma tipo attacco di panico? »
« Non lo so, forse, ma perchè, ne soffre? »
« Dopo che è morta sua madre, si. Me lo ricordo perchè una volta capitò mentre c'ero anche io, e Klaus ovviamente. » Una delle tante giornate passate a giocare insieme.
« Scusa ma quanti anni hai tu? »
« Trentadue. »
Oh. Ora tornava tutto.
« Si vede che ci tieni. »
Aron scosse il capo, sospirò scocciato. Pensò che Vanessa fosse davvero troppo accecata dai sentimenti, adesso capiva perchè avesse raccontato tutte quelle cose a Vincent. Era davvero facilmente manipolabile. « Io lo faccio per Klaus, è lavoro.
E si, al mio lavoro ci tengo. » Cercò nella giacca il solito porta sigarette, ne tiró fuori una già pronta e ne inumidí l'estremità sulle labbra per far attaccare il filtro alla carta.
« Ah... »

💎💎💎
Hola! Come vi sembra questo capitolo?
Vi aspettavate questo carattere un po' ambiguo di Aron? E Klaus, come ve lo immaginate?
Vanessa è una brava amica o potrebbe fare di meglio (ricordatevi che Cass le ha rotto il telefono e le ha dato dell'idiota)?
Che cosa affligge Cassandra secondo voi?
Avete visto quante cose sa questo Aron?
E ve l'aspettavate che fosse un super super mammoneeee?

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