CAPITOLO 32

Lidia stava guardando il cellulare, forse parlava con Klaus, a Cass non importava. Magari gli stava raccontando della giornata trascorsa insieme. La bionda pensò che fosse patetico, poi si disse da sola che quando pensava ad Aron anche lei era patetica.

Anche se non aveva senso, anche se non sarebbero mai potuti diventare come lei e Klaus. Ogni tanto, quando nessuno la sentiva e pure lei riusciva un po' ad ignorare i propri pensieri, si cullava nei pochi ricordi che aveva con lui.
Non poteva essere così sbagliato se non faceva male a nessuno, no? Comunque riprese il proprio telefono e pensò se ignorare Achille.
Forse sarebbe stata la cosa migliore da fare.

Oppure finalmente aveva trovato qualcosa con cui distrarsi. Riaprì la chat.

Pensi di essere davvero così interessante?

Un sorrisetto malizioso le colorò il viso. Alzò lo sguardo per controllare che Lidia non si fosse accorta di niente.

Purtroppo non è di noi due che devo parlarti.

E di che? Forse Vincent aveva combinato qualcosa? Oppure Vanessa. Non aveva voglia di infilarsi in altri guai.

Se vuoi parlare d'affari sono la persona che conta di meno.

Aveva paura? Oh, si. Tantissima. Era quello, il lavoro di cui tanto aveva parlato a Lidia. Non sapeva proprio come affrontarlo. Tutti quei discorsi valevano solo per gli altri?

E invece a me piaci di più tu.

O forse hai paura di Klaus.

Dovresti darti più valore.

« Tutto ok? »
Per poco non si dimenticava di Lidia. Forse pensava stesse architettando chissà cosa. E invece era paura, quella che cercava di nascondere dietro un sorrisetto annoiato. Solo che l'altra non poteva saperlo. « Si, si. » Non aveva ancora toccato la sua pizza. La guardò e le parve improvvisamente disgustosa. A chi poteva raccontare quella storia? Klaus avrebbe scoperto cosa aveva fatto a Parigi, Vanessa non poteva aiutarla... Aron, la verità era che avrebbe voluto parlarne solo con lui. Ma non c'era.

Si sforzò di mangiare il pezzo di margherita che aveva preso, se solo non avesse avuto lo stomaco chiuso dalla paura era certa avrebbe pensato anche lei fosse la più buona che avesse mai assaggiato. Ma non ce la faceva.
Cercò di essere razionale, e proprio mentre metteva in ordine i pensieri le venne in mente il nome di Polly. Perchè proprio lei? Perchè si fidava di quella donna più che di Klaus?
Forse le avrebbe detto di parlare con suo fratello, oppure le avrebbe trovato una soluzione.

È inutile allarmarsi senza sapere cosa voglia.
Doveva incontrare quello stupido di Achille. Tanto spesso gli piaceva fare il gradasso senza motivo, solo per sembrare più forte degli altri.
« Sicura che vada tutto bene? » Lidia avvertiva la differenza che c'era tra la Cassandra di prima e quella di adesso, era normale. Chissà cosa credeva la stesse turbando.
Diglielo! Ma come poteva? E poi non poteva mica darle consigli. Che le avrebbe detto? Chiama la polizia? « Si, si. Ogni tanto mi spengo un po' ma poi ritorno. » Ed era vero anche quello.

Vediamo se stasera riesci ad organizzare qualcosa al mio livello, allora.

Rispose ad Achille proprio come piaceva a lui. Un tempo tutte quelle attenzioni le sarebbero piaciute. Che cosa era cambiato?

« Comunque, stavo pensando che tra un po' è il mio compleanno, se sei ancora qui potresti darmi una mano. »
« Quando festeggi? » L'ultima volta che Cassandra aveva organizzato qualcosa non era finita tanto bene, per lei. E poi a breve sarebbe partita. Anche se non aveva ancora deciso il giorno, o comprato i biglietti. Forse avrebbe fatto meglio a prenderli.
Che diavolo stava aspettando, ancora? Pensava davvero che Aron sarebbe arrivato da lei, all'improvviso? E a dirle cosa, poi?

« Tra un mese. »
« Saró già partita sicuramente.
Posso sempre tornare, peró. » Davvero poteva tornare? Chissà come sarebbe stato rimettere piede in Europa. Lì era tutto diverso, voleva pensare migliore e un tempo l'avrebbe detto davvero ma adesso non ci avrebbe giurato.
« Mi piacerebbe una festa in giardino. »
« Ma non fa freddo? »
« Vero, tra un mese farà freddo. »
« Avevamo una bella depandance... poi Klaus ci ha fatto una palestra, peró è proprio bella con tutte quelle vetrate... »
« Non è sempre stata così? »
Cassandra prese un altro morso e scosse la testa.
« Prima c'era una specie di salotto, io ero piccola ma Klaus e Aron stavano sempre lí, l'accesso mi era negato. Credo ci portassero le ragazze, organizzassero le loro feste... »
« E poi? »
« Poi sono cresciuti, non ricordo esattamente quando hanno deciso di farci quella palestra. »
« Ah è proprio loro, cioè, di entrambi? »
« Certo, Aron ha le chiavi, ha le chiavi di tutte le porte di tutte le case. » O forse aveva. S'incupí un attimo e Lidia comprese che la tristezza s'era impossessata di lei. Così decise di provare a cambiare discorso, non voleva rovinare tutto, ora che finalmente sembrava esserci una specie di intimità tra loro due.

« Ho letto un libro quando andavo all'università, si chiamava... la maledizione di Cassandra, o solamente Cassandra, non mi ricordo. Secondo me potrebbe piacerti. » Le diceva qualcosa.
Assottigliò lo sguardo. « E di che parla? »
« Di una sacerdotessa, una principessa devota al dio Apollo. »
« Ma in che epoca è ambientato? »
« Antica Grecia. » Ecco dove l'aveva sentito, nella libreria della della madre. Era in quel libro che aveva trovato la foto di Marina, la sorella di Aron. Era cosí famoso?
« Ho capito, un po' di cose le conosco, hanno fatto anche quel film... quello con Brad Pitt. »
« Si, esatto. Peró il libro è diverso. »
« In che senso? »
« Da voce a Cassandra, e fino ad ora non l'aveva mai fatto nessuno. »
« ...Si trova ancora? » Lo sapeva che era una delle sue tecniche psicologiche del cavolo, ma decise che le andasse bene comunque, perchè voleva riposare il cervello.
« Non lo so, ma se vuoi te lo presto. »
« Meglio di no, ora parto. »
« Puoi portartelo. »
« Sicura? »
Lidia annuí convinta, Cass si sentì davvero sollevata per qualche attimo. Le dita magroline cercarono un tovagliolo su cui pulirsi. Si guardó intorno, quando era entrata il messaggio di Achille l'aveva cosí presa che non aveva prestato attenzione ai dettagli di quel posto, non s'era accorta di quanto fosse strano, carino. Le cameriere indossavano tutte un grembiule verde legato in vita. I tavoli erano di legno e il loro era proprio al centro della sala, erano sedute su delle poltroncine marroni e a sinistra c'era un lungo bancone dove prendevano le ordinazioni.

« Come hai scoperto questo posto? »
« Ci venivo con i miei amici dell'università. »
Lei dove andava con i suoi amici dell'università? Non era consentito uscire di notte dai dormitori, se lo facevano era di nascosto e quasi sempre si ubriacavano o drogavano in qualche modo. Il resto della giornata serviva a studiare.
C'era cosí tanta competizione che a volte sembrava si odiassero tutti. E poi per cosa, che tanto i loro destini erano già assolutamente segnati. « Ah, che bello. »
« A Londra che fate la sera? »
« Niente, se riusciamo a scappare dalle stanze andiamo... » Si bloccó. Era il caso di dirglielo? Forse poteva vendergliela meglio. « Alle feste, anche se è difficile, è piú probabile che la gente organizzi qualcosa dentro. »
« Non potete uscire? »
« No, quando ci sono le lezioni no. »
« Allora fammi sapere quando non le hai, cosí organizzo il compleanno in quel periodo. »
« Si. Comunque potresti sentire se ti attrezzano la palestra per farci una festa, basta spostare tutte le cose da un lato o da qualche altra parte e risistemarla un po'. »
Lidia sorrise, Cass aveva avuto un'ottima idea. « Ma per quella specie di ring che c'è in mezzo, come faccio? »
« Non si puó smontare? » Certo che si poteva. Ed eventualmente ne avrebbero comprato un altro.
« Potrei chiedere a Klaus. »
« Secondo me Dominic queste cose le conosce meglio. »
« Dominic è quello... » Assottiglió lo sguardo, stava provando a ricordare, ma probabilmente li vedeva tutti uguali. A volte anche Cass li confondeva, non conosceva niente di nessuno di loro, dare un'identità a quei volti era strano. Eppure la faccia di Dominic non se la sarebbe mai scordata. « Mi allenava in palestra, non so se ci hai mai visti. »
Lidia capì subito. « Sisi! Ora ricordo. » Sorrise, la giovane pensó che sicuramente non fosse a conoscenza del modo in cui Klaus aveva deciso di punire la sua voglia di vacanze. Abbassó il capo. Un altro messaggio di Achille.

Ti passo a prendere alle dieci, devi dirmi solo dove.
Da quale festa scappi, questa volta?

Le venne da ridere. Alzó un'altra volta lo sguardo, Lidia questa volta l'aveva vista. Sapeva volesse chiederle con chi parlasse, che fosse curiosa da morire. Ma non aveva voglia di spiegarle niente.
Poteva perfino usarla per realizzare i suoi piani meschini. « Stasera voglio uscire. »
« Buona fortuna. »
« Non puó rinchiudermi in casa. »
« No, ma è abbastanza incazzato, lo so che non è giusto, peró non potresti rinunciare a due o tre serate? Solo per dargli il contentino. »
« Stasera devo incontrare una persona, non posso rimandare. »
Chi? Lidia pensó subito ad Aron, andó nel panico. Quei due erano tanto pazzi da fare una cosa simile, quasi se l'aspettava. Poi pensó che Cassandra sarebbe stata molto più felice, forse. Con lei non sapeva mai. Avevano troppa paura per fare una cosa del genere. « Amici, devo vedere degli amici. » E poteva fidarsi? Tecnicamente un amico doveva vederlo sul serio, anche se non aveva ben compreso perchè. Mangió tutta la sua pizza e poi si fece riportare a casa da Lidia.

Temette d'incontrare Klaus.
E infatti, stava scendendo dalle scale per salutare la sua bellissima compagna. Lo vide così felice e lo invidió, nello stomaco sentí ribollirle cosí tanta rabbia che pensó di bruciare lí, davanti a loro due, mentre si abbracciavano e si baciavano.
Mentre lei non poteva.
« Stasera ceniamo insieme. » Non era una domanda, questa volta la sua attenzione si spostó sulla sorella. Cass si sentì gelare il sangue nelle vene.

Indossava, ovviamente, un completo elegante e le parve proprio suo padre. Erano tornati indietro, a quando lui s'imponeva su di lei a tutti i costi e Cassandra lo odiava a volte piú di quanto potesse.
« Io non ci sono. » Lo disse non nascondendo volutamente una nota di disprezzo. Gli diede le spalle, Klaus restó fermo. Non si aspettava tanta audacia. « In che senso? »
« Che non ci sono. Ho smesso di fare quella che ci tiene, ignorami e basta. »
« E che vorresti fare? »
« I fatti miei. » Non lo guardó neppure in faccia, e comunque non ne aveva bisogno. Teneva le mani in tasca e nella mentr aveva ben impresso il viso di Klaus che la fulminava dall'alto. Non si scomponeva mai? Ripensó alla loro litigata e le venne da ridere. Solo per farlo infuriare ancora di più, tiró fuori dalla tasca del cappotto di pelle largo il pacchetto di sigarette, lo aprí ed estrasse l'accendino. S'infiló il filtro tra le labbra senza accenderla, e camminó verso le scale.

Lui non sapeva cosa dire, era chiaro: tutto quello che avevano costruito in quell'ultimo periodo era finito, morto. Non c'era alcun rapporto ad unirli.
Klaus allungó un braccio davanti al viso di Cassandra e le strappó la sigaretta dalle labbra, quasi a volerle fare un dispetto. Lei sorrise, impazziva quando gli dava fastidio.
« Dentro non si fuma. »
« Questa è anche casa mia, stronzo. » Sembrava la volesse a tutti i costi, quella litigata. Una scusa in più per urlargli addosso quanto lo odiasse.
Schioccó la lingua sul palato. « Si, infatti ci passi momto tempo. » La schernì, perfido.
Cass avrebbe potuto stare zitta, dire altre mille cose invece che quella ma fu più forte di lei. Lo guardó in viso. « Questo perchè odio te, non questa casa. » Non voleva sfidarlo, non c'era la voglia di provocarlo di sempre, nella sua voce. Gli stava semplicemente vomitando addosso tutta la sua frustrazione.

« Certo, odi tutti. » E non aveva mica torto. Odiava perfino se stessa. « Che cazzo pensi di ottenere con questo atteggiamento? »
« Perchè, se mi comporto diversamente cosa ottengo? » Che tanto decideva tutto lui, e Aron poteva scordarselo, e anche le feste, i ragazzi, l'università senza ansia e drammi, senza quell'assurda mania di controllare tutto di Klaus. Egli tacque. Perchè la risposta era niente. Nulla sarebbe cambiato se Cassandra fosse stata diversa, ogni cosa era stata già decisa.

Klaus allora roteó lo sguardo. « Te lo ricordi che si è scopato un'altra o devo ricordartelo sempre io? »
« Non sai niente, pensi di sapere tutto ma non sai niente. »
Lui sbottó improvvisamente. « Non mi dici mai un cazzo! » Si sporse in avanti con il busto e si allontanó da Lidia, che ormai aveva ben pensato di dileguarsi. Ne aveva abbastanza di quelle litigate.
« Non ti dico niente perchè dai di matto, che dovevo dirti? Mi piace Aron? Che cazzo dovevo dirti? » L'aveva detto, finalmente. Prima di quell'istante non si era mai permessa di confessare ad alta voce quei pensieri. Erano rimasti solo nella sua testa, ora sembravano molto più veri. Ed era... piacevole.
« Ti avrei consigliato... »
« Mi avresti chiusa in casa, secondo te perchè anche lui non ti ha detto nulla? »
Lo vide impazzire. Sembrava ce l'avesse piú con l'ex amico che con la sorella. Cassandra pensó fosse perchè la considerava una stupida ingenua, eppure ogni tanto le tornavano alla mente le parole di Lidia.
Odiava Aron perchè era stato con un'altra. Non era la giusta punizione che meritava?

« Non mi ha detto niente perchè sapeva— » Si bloccó. Sapeva cosa? Che diavolo sapeva? Strinse i pugni. Si sistemó perfino la cravatta, tanto lo inmervosiva quel discorso. Ancora non riusciva a parlarne tranquillamente. « Non è il modo giusto di parlarne. »
Cassandra scosse la testa, adesso le veniva da piangere. « Ma di che vuoi parlare... »
« Voglio che tu capisca, che ho reagito da stronzo ma per un motivo giusto. » Osó avvicinarsi con una mano al suo viso. Le spostó i capelli per guardarla negli occhi, quando era così triste sembrava proprio sua madre. Gli fece paura.
« Continui a non capire... ma devo proprio spiegartelo? » Stava davvero per mettersi a frignare?

« Spostiamoci da qua, andiamo in salotto. » Quindi si, voleva che lei gli spiegasse tutto. O forse era lui che voleva dirle una serie di cose.
In tutto quel casino si era quasi scordata di Achille. Sospiró. « Sul serio. » Era tornato improvvisamente calmo.

Cassandra alzó le spalle e pensó di dargli questo ultimo contentino prima di uscire. Quindi andarono nel solito salottino e lei si tolse anche la giacca, restando con la maglietta nera. Posó la testa sullo schienale e piegó una gamba di lato. Non aveva voglia di ascoltarlo. « Aron non mi ha detto niente perchè sapeva che poi sarebbe diventata una cosa seria, impegnativa. »
« Non ti ha detto niente perchè ti saresti infuriato. » Non gli avrebbe permesso di parlare male di lui, non senza provare a difenderlo. Klaus scosse la testa come se si aspettasse una risposta simile.
« Perchè non sa avere relazioni. »
« Che ne sai. »
« Non ne ha mai avute di vere, non ci riesce. Ad un certo punto scappa, per quanto possa amarti, lui è così. »
« Addirittura amarmi. »
« Dopo essersi scopato la ragazza del bar mi ha detto che era innamorato di te, capisci che non ha senso? »
« Ti ha detto cosí? »
« Poteva dirmelo prima. » Una risatina nervosa gli solleticó le labbra.
Cassantra roteó lo sguardo. « Noi abbiamo cercato sempre di evitarci, non avevamo nessuna relazione. » Ancora? Voleva giustificarlo proprio per tutto. Abbassó lo sguardo, come se si vergognasse.
« Cass, Aron non voleva nessuna relazione. Non so se abbia scelto te proprio perchè nella sua mente era assolutamente consapevole che con re non sarebbe mai stato possibile oppure... non lo so, ma non la voleva e non la vorrà mai. »
« Che ne sai. »
« Perchè avrebbe fatto di tutto per ottenere quello che voleva. » Non faceva una piega. Assolutamente. La stava manipolando? Era un modo strano per tenerla alla larga da Aron? O forse era convinto di proteggerla, forse davvero credeva lui non l'amasse. Cassandra stette in silenzio, ragionó davvero sulle parole del fratello e s'insinuó dentro di lei il dubbio che dicesse il vero. « Ma scusa non ti ha detto che mi amava? »
« Pensa di amarti, ma io amo Lidia con tutto me stesso e non riuscirei mai a scoparmi un'altra, nemmeno con tutta la cocaina del mondo, nemmeno in un altro universo. »
« Ma lui non è te, forse anche io se ne avessi avuto la possibilità... » Ma che stai dicendo, piccola Cassy. « Non ci credo, non puó essere vero quello che dici, perchè vuoi che soffra così? »
Klaus si avvicinó alla sorella e le prese una mano. Forse dirle la verità era il modo migliore per mettere fine a quella storia. « E poi... perchè ti sei incazzato? Cioè se la verità è questa... perchè hai fatto tutto quel casino? »

Lui la guardó e fu come se si fosse tolto una maschera dal viso, così sincero non l'aveva mai visto nessuno. « Preferisco che tu pensi io sia un mostro e che mi odi, piuttosto che vederti con il cuore spezzato. » Quindi era tutto lì?
Ad Aron Nowak non fregava un cazzo di Cassandra o comunque glie ne fregava molto meno di quello che poteva sembrare.

Non trattenne piú le lacrime.
Cassandra scoppió a piangere, silenziosamente, come se si vergognasse. Il peggio doveva ancora arrivare. Non le aveva mai spezzato il cuore nessuno, era un altro tipo di tristezza, diversa da quella per la morte dei suoi, della solitudine, diversa da tutto. « Ma forse hai capito male, forse... » Tiró su con il naso. Il mascara le era colato tutto sotto gli occhi, era una visione orribile. Quanto era stata stupida. « Ma forse alla fine è vero, come cazzo ho fatto a pensare che qualcuno potesse volere me. » Klaus lo sapeva già, lo sapeva che sua sorella non sarebbe mai stata capace di affrontare una cosa simile. Per questo aveva cercato di prendersi lui, tutta la colpa. Non aveva proprio idea di cosa fare.
La vide chiudersi in se stessa e spegnersi.

« Non è colpa tua, lui è così con chiunque. È un amico fedele, ma nelle relazioni non sa proprio che fare. »
« Ma io non capisco... gli piacevo o no? »
« Io credo che tu gli piaccia da morire, ma non sa amare. »
« Quindi era tutto finto, cioè a lui in realtà andava bene farmi stare di merda. »
« ...Non è una persona semplice. » Poteva fidarsi? Si era sempre fidata ciecamente del fratello, ma ora non le tornavano un po' di cose. E se non fosse stato vero niente? « Per questo non volevo che lo frequentassi, è uno stronzo con le ragazze e credo non lo faccia neppure di proposito. »
« Non ci sto capendo piú niente. »

« Stasera resta qua. »
« No, ho bisogno di uscire, se resto qui impazzisco. » Le tremavano le mani, le veniva da vomitare. Non lo sapeva neppure lei di cosa avesse bisogno. Forse di prendere dei sonniferi e dormire fino al giorno dopo.
« Ma... ma Lidia ha detto che andare con un'altra potrebbe essere il suo modo di distrarsi. »
« Si, di non impegnarsi. »
Cassandra assottiglió lo sguardo. « Ma perchè, se volesse a te andrebbe bene? »
Klaus alzó le spalle. « Se fosse un fidanzato decente. »
« Ma come fai ad essere certo che... »
« Perchè non ci ha provato. »
« Ma aveva paura! »
« No, è perchè non voleva complicazioni. »
E nemmeno Cass, in realtà. Perchè diavolo cercava ancora modi per difenderlo? E perchè le mancava ancora, dopo tutto quel casino?

Sentí non solo il cuore, ma tutta se stessa spezzarsi e sgretolarsi, bruciare e scomparire. Qualsiasi cosa avesse avuto dentro, adesso non esisteva più, era leggera, vuota.
Morta.

« Voglio parlare con Lidia. » Per sentirsi dire che cosa? « Perchè lei capisce meglio... » Scosse ancora la testa, si tiró nervosamente indietro i capelli. Il respiro diventava sempre più affannoso e pensó di stare per morire. Conosceva bene quella sensazione, era la stessa di Parigi, quella dell'evento e ogni volta Aron era lì per calmarla. Anche quello era finto? Cercó di riprendere fiato, si sporse istintivamente in avanti, fece peggio.
Klaus non sapeva che fare, erano anni che non la vedeva così. « Cass, respira, ricordati di respirare. » Avrebbe voluto urlare a Lidia di venire, lei sicuramente sapeva come fermare quello che stava per succedere. « Sei a casa, io sono tuo fratello e questo è il salotto di casa nostra, a Manhattan. » Sembró andare meglio. Stringeva ancora le mani di lei, avrebbe voluto abbracciarla ma temeva potesse fare peggio.

« Lidia! » Urló finalmente il suo nome, e Cassandra tornó ad agitarsi, come se le avesse teasmesso la propria preoccupazione. La bellissima compagna di Klaus arrivó e sgranó gli occhi, come diavolo aveva fatto a turbarla a tal punto? « Ma che diavolo le hai detto... »
« Le ho detto la verità, comunque non è il momento adatto per discuterne, non credi? »
« Non respiro più, non respiro... » Stava per morire. E più ci pensava, meno aria entrava nei polmoni. Sto morendo, sto morendo. Se ne convinceva, strinse fortissimo le mani del fratello come ad implorarlo di salvarla ma lui non aveva idea di come poterla far scappare da se stessa.
« Raccontale qualcosa, riportala nella realtà. » Era un ordine di Lidia. Klaus annuì, non dovette neppure pensarci troppo. « Cass, sei a casa, io sono tuo fratello e stasera, dopo cena, ci mangiamo la torta che faceva sempre mamma, quella con la marmellata e le mele. » I muscoli delle mani erano meno tesi, forse stava funzionando. « Ti ricordi quando da piccola ti sei slogata un polso mentre giocavi? Piangevi tantissimo e papà pensó che fossi stato io a farti male, ricordi? Quando stava per arrabbiarsi, peró, ti sei messa in mezzo, avevi ancora il polso slogato e gli hai detto di stare fermo, a papà! »
Gli venne da ridere, in verità Cass non ricordava bene quel periodo della sua infanzia, aveva perfino rimosso d'essersi slogata un polso. Ma quel racconto le fu subito familiare, e le tornó in mente Klaus che piangeva, lei che decideva di inveire contro il padre. E lo schiaffo che si prese per averlo contraddetto, anche se aveva ragione.
Trovó il fiato per parlare. « Come... » Riuscì a guardare suo fratello. « Come diavolo ti è venuta in mente questa cosa? »
« Ci penso sempre, in realtà, in quel momento ho pensato che non sarebbe mai piú successa, una cosa così. »
« Il polso slogato? »

« No, io che lascio che tu ti prenda gli schiaffi al posto mio. »
« Non voglio che tu ti prenda i miei schiaffi. »
« Non è che sia durata tanto, dopo un po' papà è morto. »  Era assurdo, ma entrambi si scambiarono un sorriso quasi divertito.

« Senti Klaus... devo dirti una cosa... »
Davvero? Bastavano quattro discorsi messi in fila per farle dire tutto su Achille? Ma poi avrebbe dovuto raccontarle anche di Parigi. Si morse una guancia. Non poteva. Avrebbe scatenato un'altra litigata. « È una cosa importante, devi cercare di non incazzarti. »
« ...Non sei incinta, vero? »
« No, no! Ma che vai a pensare. » Guardó Lidia e le venne da ridere. Davvero la cosa peggiore che gli fosse venuta in mente era quella?

« Una cosa di Parigi, ti ricordi quando ci sono andata, no? »
« Mh, si. »
« Eh, io e Vanessa siamo uscite con Achille e il suo amico Vincent. »
« In che senso uscite. »
« ...Nel senso che hai capito. »
« Tu e Vincent... »
« No, no. »
« Ah, menomale... »
« Io e Achille... »
« Quel viscido, spero tu fossi almeno drogata. »
« Si, ero strafatta. »
« Cass! »
« Sei tu che l'hai detto! »
« Vabbe, non è così grave. »
« Mi ha chiesto di rivedermi, vuole raccontarmi delle cose e io gli ho detto di parlare con te, ma lui... dice che non vuole. Era strano, e... Aron, perchè a Parigi c'era anche lui, mi ha detto che a Vincent non stai simpatico, o qualcosa del genere... non lo so, io gli ho detto di sì, era con lui che dovevo vedermi. »
« Scusa ma in Francia eri con Achille o Aron? »
« Aron l'ho incontrato di sfuggita, era con Irina, ovviamente. Ma hai capito? »
« Non ho mai fatto affari con loro, non corro rischi. »
« Si, ma Aron li fa, li usa per... » Lo stava dicendo davvero? « Riciclare denaro, per l'associazione... per quella cosa dei soldi in Polonia, dai. »
« E quindi? Sono cose sue. » Era evidente qianto fosse ormai riluttante ad aiutarlo. Prima una cosa del genere l'avrebbe fatto impazzire. Adesso gli dava solo fastidio che Cassandra provasse ancora ad aiutare il suo ex amico.
« Dai Klaus, per lui è importante... non so cosa glie ne freghi di quelle associazioni ma ci tiene, non farmi pentire di avertelo detto. »
« È per quella storia della casa famiglia. »
« Che casa famiglia? » Klaus sgranó gli occhi. Non lo sapeva? Tra tutte le cose che si erano detti, Aron aveva omesso quella più importante. Tipico.
« Sono cose sue private. »
« Che falso di merda. »
« No, non sono cazzate... sono cose difficili da dire. » Lo difendeva anche lui?
« Ho paura c'entri lui. »
« E da te cosa vuole? »
« Non lo so, non lo so proprio. »
« Forse vuole usare Aron per arrivare... »
Arrivare? « Forse lo sta ricattando, magari non sa che abbiamo litigato. » Ma per Klaus, erano comunque affari suoi. « Ma mi avrebbe chiamato. » O magari no. Magari non lo conosceva come pensava.

Cassandra roteó lo sguardo, poi gli fece una domanda di chi conosceva già la risposta, per questo non glie l'aveva posta prima. « Che cosa hai fatto dopo che hai scoperto di noi due? »
Lui guardó Lidia, lei si sporse con il mento in avanti per esortarlo a parlare. Confessa, Klaus.
« Gli ho tirato un pugno. »
« E basta? » Commentó Cass come se già sapesse.
Lui scosse la testa, scocciato. « ...Non era solo uno. »
La bionda sospiró subito, spaventata. E ora come stava? « Figurati se aveva voglia di chiamarti. »
Lo stava implorando di informarsi su di lui, se avesse bisogno di qualcosa, non ce la faceva proprio ad odiarlo.

E anche se l'avesse odiato, sarebbe stata comunque innamorata di lui. « Starà provando a sistemare tutto da solo. » Fu sempre la minore a parlare, questa volta nella voce aveva un velo di panico,

« Tu l'hai già perdonato, vero? »
Cass non l'aveva mai odiato. « Dai, Klaus, non ho dieci anni. »
« Questa cosa finirà male. »
Forse stava finalmente riuscendo a capire come funzionasse quella strana e inevitabile attrazione tra Aron e sua sorella, nessuno di loro era capace di amare, di restare. Eppure si rincorrevano come dei pazzi. « Sono solo affari. » Aggiunse lei.
Lui alzó un sopracciglio, come poteva non odiarlo? Quando s'era innamorato di Lidia credeva che l'amore fosse un sentimento che superasse ogni cosa, ma con loro era diverso: Aron e Cass lottavano praticamente contro loro stessi. Era una guerra impossibile.

💎💎💎
Hola! Visto come si sta evolvendo la cosa?
Voi cosa pensate di Aron, siete dalla parte di Klaus o credete che l'unico motivo per cui non abbia detto nulla fosse la paura di perdere il suo amico?

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