CAPITOLO 31


To heal a wound
you need to stop touching
It

« Io lo sapevo già. »
Cassandra alzò le sopracciglia. « Si? »
I polpastrelli seguirono l'espressione stupita sollevandosi leggermente verso l'alto. Erano poggiati sulla poltrona del salone di bellezza che frequentava di solito.
« Si, dalla festa al maneggio. » Figurati se non doveva fare la super psicologa. La giovane roteò lo sguardo, e poi tornó con la mente alla festa. Le fece male da morire. Ma strinse i denti e si raccontò che non dovesse pensarci.
Come non ci sta sicuramente pensando lui, d'altronde.

« Non è successo niente di che. »
« No, ma si capiva dal modo in cui ti guardava mentre parlava di te. »
Cassandra scosse il capo in modo fintamente indifferente. « Non credo. »
« E Klaus se n'era accorto. »
« Klaus si incazza sempre, se non fosse stato per quel discorso avrebbe trovato un altro motivo.
E comunque no, non avevi capito. » Lo ribadí ancora, questa volta spostò lo sguardo oltre i piedi a mollo nella vaschetta piena d'acqua.
Chissà cosa stava pensando Lidia. Probabilmente, si chiedeva come potesse una persona essere cosí pazza da sfidare Klaus e mandare all'aria un rapporto pur di stare con un'altra, e poi decidere che non glie ne fregasse più niente. Come diavolo funzionava la mente di Cassandra? Che cosa l'aveva turbata tanto?
Se ti impegni ci arrivi... a cosa Cass stava cercando di non pensare, che cosa la spingeva alla negazione, il modo di affrontare i problemi piü drastico e distruttivo che conoscesse?

Non poteva essere l'amore per Klaus, quello c'era già quando aveva deciso di frequentare Aron.
« Secondo me era evidente, anche se era con Irina, quella sera. » Irina. Un'altra che Cass aveva considerato una minaccia.
Minaccia per cosa, poi.
Bingo.
Lo sguardo della bionda si perse per un attimo, poi cercò di ricomporsi. Arrivò l'estetista, per fortuna. Lidia cercó la sua attenzione, ancora. « Era con lei, giusto? » Non rispose. Fece finta di essere impegnata a guardare come la giovane le toglieva le pellicine dalle dita per poi metterle lo smalto. « Cass... » La richiamò, ancora.
Era con un'altra, anche quella volta. Aron era sempre con le altre. « Si, si. Appunto, io non contavo niente. » Lo disse velocemente, una punta di rabbia nel tono di voce.
Ecco, il problema. Lidia sorrise, era gelosa, sapere che era stato con un'altra doveva averla fatta star male. Non era pronta per affrontare l'amore, una relazione, una storia segreta e neanche per farsi spezzare il cuore. Quindi faceva finta non fosse mai esistito nulla. « Magari cercava solo di non pensarci, era il suo modo, magari non la desiderava, voleva solo dimenticarsi di te. »
« Buon per lui, spero ci sia riuscito. »
« Tu avevi gli allenamenti, il maneggio, Vanessa. Lui era sempre con Klaus, ci ha provato. »
« Ti rendi conto di cosa mi stai dicendo? » Che stava andando contro il suo amato, difendendolo?
« Non sono d'accordo con tuo fratello, ha esagerato. »
« ...Tutto sto casino per niente. » A Cassy venne da ridere, inclinò il capo di lato mentre indicava alla stessa ragazza di prima il colore nero per lo smalto da usare. Sospirò piano, pensò che Aron le mancasse da morire, ma anche che non potesse permettersela, tutta quella malinconia. Abbassò lo sguardo. Lidia s'incantò a osservarla, era un groviglio intricato di emozioni, le si leggevano tutte sul volto ma era difficile distinguerle, passava una e poi subito l'altra. Poi cercava di combatterle ma finiva sempre per tornare triste.

« Hai provato a parlare con lui? »
« È andato via— » Senza salutarmi. Dillo. Perchè le era venuta voglia di raccontarle quelle cose? Poteva benissimo chiamare Vanessa e sfogarsi. Forse era Klaus che la mandava. No, era troppo furba. « Io so che anche lui pensa sia la cosa giusta. » Lo disse con una tale rassegnazione che Lidia per poco non temette d'averla persa davvero. « Di non parlarci, intendo.
Era il piano dall'inizio, nessuno voleva far arrabbiare Klaus. »
« Cioè vi siete messi insieme con l'obbiettivo di lasciarvi? » Effettivamente aveva poco senso.
« Mica ci siamo messi insieme, non siamo mai neanche andati ad un appuntamento, non abbiamo mai fatto niente di tutte quelle cose che fa la gente quando si fidanza. » Mai sia.
E a te, sarebbe piaciuto andare con lui ad un vero appuntamento? Lidia pensava di si. Aveva già capito tutto. Anche quanto fosse sbagliato che una persona come Cassandra trovasse un Aron, e che lui volesse lei. Non si sarebbero mai fatti del bene a vicenda, si portavano troppi mostri dentro. Comunque, dopo aver deciso di farsi mettere lo smalto rosso, rivolse un'altra strana occhiata alla bionda.

« E come avete fatto a conoscervi, a piacervi? »
« Non lo so, ma noi non volevamo. »
Interessante. Quindi pur di non far star male Klus, erano disposti a sacrificare tutto? Oppure era anche un modo per non impegnarsi davvero.
Stava lentamente ammettendo che le importasse, Cassandra si domandò se se ne stesse rendendo conto.
« Ti manca? »
Oh, che mossa cattiva. L'ereditiera aprí la bocca per rispondere di no, assolutamente. Ma quando ci pensò, bastò davvero che il suo cervello si soffermasse su quel concetto un solo attimo, per bloccarsi. Adesso la sentiva. La tristezza. La disperazione. « Che importa. »
« Magari per lui è lo stesso. »
« Ma perchè mi dici queste cose? Non è meglio per tutti se me lo scordo? »
« Non lo so. Io credo che a Klaus prima o poi passerà. » Era davvero cosí fiduciosa? Doveva averla rincretinita proprio bene.
« No, fidati, non gli passa. Con te lui è diverso, certe cose le fa solo perchè le dici tu, ma con gli altri... è sempre Klaus. E io sempre sua sorella, non posso farci niente. »
« Sai perchè è arrabbiato con Aron? »
Cassandra la guardò come a dirle di sí, non era ovvio? Aveva tradito la sua fiducia. « Perchè gli ha mentito. »
Lidia scosse il capo. « Perchè è stato con un'altra, e sapeva che avresti sofferto. »
« Non è proprio quello che ha detto. »
« Ma è quello che pensa. »
« Non voglio stare male. »
« Ora come stai? »
« Alla sensazione di adesso ci sono abituata. »
« Lo so. »
« ...Ma è stato con un'altra. » Perchè cercava di convincerla? Aron era stato con un'altra ragazza. Ritornò improvvisamente in se. « Significa che... »
« Che ha trovato il suo modo per distrarsi, Klaus li ha sentiti mentre lui le parlava di te, o qualcosa del genere. Penso abbia fatto il tuo nome mentre dormiva. »
Cassandra pensò a come fosse mentre aveva gli occhi chiusi, e se ne stava beato a dormire vicino a lei. L'aveva potuto vedere cosí poco che quasi si pentí di non avergli dato più spazio, quando era ancora a New York. Sorrise, istintivamente.
Ti manca da morire. « È meglio se torno a Londra, lí sono libera di fare come voglio, preferisco questa storia finisca. »
Di cosa hai paura, Cassy? Forse stava solo ripensando al discorso che si era fatta il giorno prima, quello sulle feste e tutto il resto. Non aveva davvero senso cambiare tutto.
Le era sempre andato bene essere chi era.
E gli attacchi di panico? Prima c'erano anche quelli. Adesso non lo sapeva nessuno, ma erano andati via. Guardò ancora Lidia, forse avrebbe fatto davvero bene a parlarne con lei. Era una psicologa, no? Strinse le labbra.

Ma perchè si faceva tutti quei problemi. Stavi tanto bene prima, Cassy.

« Io so che non l'hai fatto solo per dispetto. » E che cosa cambiava?
« Senti, sei brava a capire le persone, ma quello che non capisci è che qui per me è un inferno, andavo d'accordo con Klaus solo perchè facevo tutto quello che diceva, non uscivo mai e passavo le giornate a lavorare. » Fu una delle poche volte in cui fu realmente onesta con Lidia, con se stessa. Fu inaspettato, tanto che la riccia inclinò il capo e alzò le sopracciglia. Aveva ragione.
Suo fratello le rendeva la vita un inferno, e già non le era capitato niente di semplice. Era ricca sfondata ma non ricordava il viso di sua madre, e suo padre, forse aveva deciso di dimenticarselo.

« Hai ragione, solo che se qui non risolvi poi non cambia niente comunque. »
« Ma cosa dovrei risolvere? Io ho già da pensare ai miei casini, non posso stare dietro al cervello di Klaus. »
« Vuoi mettere, tornare qui e non stare più male? » Cassandra socchiuse gli occhi. Si domandò subito perchè tutta quella voglia di farla restare. Era il suo piano per redimere Klaus?
A lei non fregava niente di come stesse, voleva solo far diventare il suo fidanzato come lo voleva lei. Klaus era un mostro e non voleva accettarlo.

« Redimere mio fratello è il tuo passatempo preferito? »
« Come? »
« Dai, è evidente che ti piace l'idea di riuscire a cambiarlo. »
« Non voglio cambiarlo, voglio solo che sia felice. »
Alla bionda venne da ridere. « Non sarà mai felice. » Una risatina amara le sfuggí dalle labbra rosee. Poi abbassò il capo verso l'estetista che stava ascoltando la loro conversazione da troppo tempo. La fulminò con lo sguardo e quella tornò a massaggiarle i piedi. « Io e lui non lo saremo mai. »

E certo, si aggrappavano sempre, a tutti i costi, all'unica cosa che conoscevano: la sofferenza. La tristezza, la rabbia, vivevano con il terrore della solitudine.

« Perchè l'avete deciso voi. »
Erano impossibili.
« ...Io con Aron sarei stata felice. » Non con Klaus.
« E ora? » Era assurdo come non capissero quanto avessero bisogno l'uno dell'altra.
« Ora non lo sono. »

« Non vorresti sapere di sua sorella?
Se sta bene? »
« Ma perchè vuoi che rimanga appiccicata a lui? »
S'infuriò all'improvviso, la donna si affrettò a sistemare le ultime cose e poi spostò via la bacinella e tutti gli smalti. Aveva paura?

« Perchè tu e Klaus vi aggrappate sempre alle cose tristi, invece che a quelle belle. » E lei voleva salvarli? Oh, che grande errore. Quei due si sarebbero trascinati all'inferno insieme.
« Benvenuta in famiglia, imparerai anche tu che a volte è meglio cosí. »
« Io sono felice. »
Per poco. Le rivolse uno sguardo quasi spocchioso. « Sai qualcosa di tutto il resto, invece? »
« Cosa sarebbe il resto? »
« Lavoro. » Lo disse piano, non voleva che orecchie indiscrete potessero sentirla. In quel centro di bellezza ci andava tanta gente del loro ambiente, chi ci lavorava manteneva bene i segreti. Soprattutto sapevano che i pettegolezzi si pagassero con la vita.

« Che cosa succede? »
« Adesso te lo do io un consiglio. Inizia ad interessarti di queste cose, se vuoi capire come funziona davvero mio fratello. »
« Ha fatto qualcosa di sbagliato? »
« Lui non sbaglia mai. Prima di partire disse che eravamo tutti nei casini, io penso che questi casini non siano finiti. E ora, Aron è dall'altra parte del globo quindi gli servi tu, perchè la mia faccia dubito fortemente voglia vederla e Polly... » Come stava Polina? « Beh, lei penso lo detesti perchè è colpa sua... e mia, se Aron si è allontanato. » Aveva sul serio detto il suo nome?

Avevano scelto per le mani lo stesso colore dei piedi.

« Capisci perchè è ossessionato dal controllo? Non va bene essere divisi, perchè siamo più facili da eliminare. » Le stava regalando un mondo di cose nuove che forse non era davvero pronta a conoscere. Comunque si sporse verso di lei, e provò ad essere ancora più chiara.

« Quando sono a Londra è più facile che mi usino per ricattarlo, perchè fanno cosí, e ora prendendosi tua sorella in casa ha fatto un bel casino. » Lidia restò in silenzio. Non ci aveva pensato? « E anche tu, secondo te perchè voleva vivessi con noi? »
« Perchè ci amiamo. »
Cassandra stette in silenzio per un po', l'aveva messa in difficoltà. Ghignò maleficamente e Lidia si spostò istintivamente indietro con il busto. « Sei davvero convinta di essere tu quella che controlla Klaus? » Era perfida. Molto più del fratello, o forse non aveva mai visto la perfidia del suo compagno. D'altronde doveva avergli insegnato tutto lui.

« Io non lo controllo, l'amore è l'opposto del controllo. Dovresti averlo capito. » Sembrò quasi infastidita. Cassandra adorava scalfire il muro di calma che si era costruita addosso.
« Io non ho mai potuto amare nessuno. »

L'aveva detto.
Finalmente, l'aveva detto. Mentre Lidia se ne stava lí a difenderlo, Klaus aveva sempre impedito che chiunque potesse avvicinarsi a Cassandra o che accadesse il contrario. E ora?
« Non serve il permesso. »
« Serve che non crei problemi, e al momento siamo piuttosto incasinati. Preoccupati di Klaus, non di me. » Lo disse ancora, era la verità. « Lui adesso odia Aron, ma ha bisogno di lui. Ha bisogno di qualcuno. »
« Sempre per il lavoro? »
« Non lo capisci che quello che chiamiamo "lavoro" è la nostra vita? Ci condiziona tutto, ogni cosa, ma davvero non te ne sei accorta? » Forse era stato Klaus che aveva fatto in modo di tenerla all'oscuro di tutto. Era più facile.

« Lui non mi coinvolge nelle cose di lavoro. »
Non lo disse dispiaciuta, le andava quasi bene. Forse anche lei aveva un punto debole. Non sapere era il suo modo per non star male.
« E invece devi volere che lo faccia, è l'unico modo. »

Per cosa? Lidia stava per chiederglielo ma il loro tempo in quel posto era finito.
La stessa donna di prima aveva finito di metter loro lo smalto, e non avevano molta voglia di restare lí. Quella conversazione stava diventando troppo privata, anche per un posto dove il silenzio aveva il giusto prezzo.

« Ti porto in un posto. »
Cassandra non aggiunse altro. Se davvero Lidia voleva far parte della famiglia, allora forse era dovere della bionda dirle una serie di cose. Anche se non si fidava di Andrea, anche se non si fidava completamente neppure di lei. Lidia annuí, curiosa. Cass si domandò se avesse paura.
Comunque non era un suo problema.

Per fortuna non erano arrivate fin lí con l'autista, cosí potevano spostarsi senza che Klaus sapesse niente. Assottigliò lo sguardo, poteva essere un ottimo modo per svignarsela. Poi tornò su Lidia, decise che non fosse ancora il momento di tradire la sua fiducia, ci sarebbero state occasioni più interessanti. Le chiese di guidare.
Una volta aveva sentito suo padre dire che osservare una persona al volante era un modo interessante di capire cosa pensasse, come reagisse alle cose e la sua personalità. Cassandra ricordava, stranamente, bene quelle parole perchè le erano parse stupide. Invece ora le capiva. Suo padre non era uno scemo.
Era tutto ciò che Klaus desiderava essere, anche se non lo avrebbe mai ammesso, anche se questo comportava diventare il mostro che temevano tutti. Chissà se Lidia avrebbe fatto la fine di sua madre.
Teneva gli occhi fissi sulla strada, forse era molto attenta, forse era un modo per evitare lo sguardo di Cass, oppure stava solo pensando. « Ora? »
Erano ad un incrocio. La bionda esitò. Non ricordava la strada? Oppure senza rendersene conto stava andando in un posto che aveva spesso, inconsapevolmente, evitato.
« A sinistra. » Lidia mise la freccia ed entrò nella via seguendo la direzione indicatale dalla giovane. Lo sguardo attento cercava di capire se non fosse una delle pensate di Cassandra. La bionda se lo sentiva, che non si fidasse completamente di lei. E faceva bene.
Klaus era un pazzo sociopatico, ma Lidia non lo temeva perchè credeva di conoscerlo, aveva studiato tutti i dettagli della sua mente e pensava di poter stare tranquilla.

Lei, era ancora indecifrabile e imprevedibile. Molto meno razionale di Klaus, molto più impulsiva e con una strana tendenza a voler di proposito sbagliare. Per dimostrare chissà cosa.

Non le disse dove fossero dirette fino a quando non arrivarono a destinazione. Le piaceva l'effetto sorpresa. Il braccio magrolino di Cass si allungò e indicò un punto oltre il vetro del finestrino.
« Parcheggiamo qui vicino. »
« Ma non c'è nulla. »
Non ebbe risposta, l'altra si chiese solamente dove credeva la stesse portando. Che si aspettava? Una grande folla di gente? Oppure un parco, un bar? Quel posto era pieno di tristezza e malinconia, Cassandra riusciva ad avvertirle già ancora prima di scendere dalla macchina.
Eppure quelle sensazioni, per quanto negative, le davano un certo conforto, la facevano sentire a casa. « Vieni. » Aprì la porta della macchina.
Prima ancora di posare gli stivali neri a terra cercò nella tasca del cappotto il suo pacchetto di sigarette. Come a volerne trarre una specie di conforto, per tranquillizzarsi. Lidia era curiosa, Cassandra glie lo leggeva nello sguardo quanto la facesse impazzire l'idea di una giornata con la sorella strana di Klaus.

Camminarono fino ad un cancello in ferro battuto, la bionda tenne lo sguardo basso e non disse più niente. Quel posto le metteva i brividi.
« Oggi ti presento la mia famiglia. »

Lidia forse non capì subito, o forse si ma non voleva darlo a vedere. Comunque all'inizio mostrò un'espressione un po' stranita, soffermò l'attenzione sulla targa inchiodata al muro: cimitero. « Perchè? »
« Non ti ci ha mai portata qui, vero? »

Gli stivali di pelle affondavano nell'erba umida del sentiero mal tenuto che portava alle tombe dei suoi genitori. « No, non sapevo neanche fossero qui. »
« Figurati. » Alzò le sopracciglia. Lidia era infastidita? Alla bionda sarebbe piaciuto metterla un po' in difficoltà. « Vieni. » I legnetti si spezzavano sotto la pressione della suola delle loro scarpe, la vegetazione andava infittendosi a mano a mano che andavano avanti. A Cass vennero i brividi. « Mio padre ha fatto costruire qui una specie di mausoleo, come se già sapesse che fine avrebbero fatto. » Aggiunse l'ultima frase ridacchiando, una specie di tic nervoso che le veniva ogni volta che non sapeva gestire la tristezza davanti agli altri.

« Klaus non lo sa che conosco dove nasconde le chiavi. »
« Perchè le nasconde? »
« Che ne so, ha detto a tutti che le ha perse, si vede che non vuole vengano altre persone oltre lui. » Arrivarono presso una struttura imponente, un tempo doveva essere bianca ma la vegetazione l'aveva sporcata e ora pareva farne parte, quasi abbandonata. Si chinò per spostare un sasso vicino al grosso portone in ferro battuto, era adornato da due colonne lisce di marmo chiaro.
« Ma quindi non vorrebbe che noi ci
entrassimo. » Che palle.
« Questo posto è anche mio, non può impedirmi di entrarci. » E soprattutto, erano i suoi genitori.

« Tu ci vieni spesso? » Ancora domande su di lei? Cassandra roteò lo sguardo e non rispose. Ci andava quando ne aveva voglia. A lei non faceva nessun effetto, o almeno così diceva.
« Abbastanza da accorgermi dei fiori. » Che fiori?
« Guarda. » Indicò un mazzetto di tulipani, non erano di stagione ma sua madre li adorava, quindi Klaus faceva sempre in modo di averli.

« Li porta lui? »
« Tutti i giorni, lo fa di nascosto. »
« Che dolce. »
« Sai perché lo fa? »
Lidia alzò le spalle. Sapeva che con Klaus nulla era mai scontato, ma proprio non le venne in mente nulla di troppo strano. « Perché... »
« Sensi di colpa. »
Lidia si zittì. Non se lo aspettava. « E per cosa? Che c'entra con la morte dei vostri genitori? »
« E io che ne so, mica sono nella sua testa. »
« E allora come lo sai che sono sensi di colpa? »
« Crede sia colpa sua. »
« Di cosa? »
« La loro morte, quella di mia madre, di mio padre, un po' tutto. Secondo me quando viene qui si sente... non lo so, come se avesse ancora dei genitori. » Si permetteva di piangere, di essere bambino. Tutte quelle cose che non gli era mai stato permesso di fare.

« Perché mi hai portata qui? » Cassandra volse il capo in direzione della loro unica fonte di luce vera, la porta. Le finestre erano coperte da arbusti e foglie. « Che cosa c'entra con il nostro discorso di prima? »
« Perché è tutto collegato. I miei sono morti per il lavoro, lui si sente incolpa... perché non so che aspettative voglia soddisfare e poi ha paura, ha proprio paura di non farcela. »
« Ha paura? » Che pensava, che Klaus non temesse mai niente? O forse non aveva il ancora scoperto cosa lo terrorizzasse e come. « E tu non hai mai parlato di questa cosa con lui? »
« Rispetto i suoi segreti, non sono io che devo parlare, è lui. »

Lidia sembrò capire. Comunque non disse niente, si limitò ad annuire e decise di osservare bene quel posto, il nome della madre di Klaus inciso sulla lapide. Si chiese come mai tra tutte le cose che Cassandra detestava, quel posto non le faceva alcun effetto. « Tu perché venivi qua? »
« Ero curiosa, ero sempre curiosa di vedere cosa facesse mio fratello. »
« Si? »

Cassandra alzò le spalle e annuì. Non aggiunse altro, aveva sempre l'impressione d'esser fraintesa, con Lidia, che lei volesse trovare chissà che significato nascosto dietro le sue parole. Quindi parlava il meno possibile. Non le ispirava fiducia. E poi chissà perché. Le aveva già più o meno dimostrato di essere dalla sua parte, si era accorta di Aron e non aveva fomentato Klaus, l'aveva chiamata per avvertirla che suo fratello sapesse tutto e s'era offerta di calmarlo -anche se a volte Cass si convinceva che Klaus fosse una specie di suo esperimento-. La verità era che la faceva sentire vulnerabile, temeva potesse leggerle sul serio la mente e non le piaceva per nulla. Questa cosa era così evidente che a volte a Lidia faceva quasi ridere il modo infantile con cui si proteggeva dalle sue attenzioni, eppure non poteva farci niente. Cass era difficile. Klaus era molto più sicuro di se stesso, lei faceva quella che non se ne fregava niente di nulla ma alla fine non era mai così.

Lidia stava facendo dei gesti strani con le mani, sembrava contasse. « Quanti anni avevi quando sono morti? »

« Quando è morta mamma ne avevo due, mentre papà dodici. »
« Quindi lui te lo ricordi? »
« Non è che passassimo molto tempo insieme, poi dopo che era morta mamma non era tanto di compagnia... non che prima lo fosse, cioè io non lo so, riporto quello che dicono. »

« Che dicono chi? »

« Klaus e Aron, sinceramente io ricordo solo fosse molto preso dal suo lavoro, forse Klaus lo ricorda meglio perché stavano di più insieme, io ero piccola e pure femmina, non gli servivo a niente. Loro guardavano le cose di lavoro insieme. » Forse era anche quello, uno dei motivi per cui Cassandra reputasse il lavoro così importante. Era quello che l'aveva fatta restare fuori dai rapporti con suo padre. Forse era addirittura più importante per lei che per Klaus, o lo era in un modo diverso. Lui poteva controllarlo, lo conosceva bene e lo gestiva, la sorella ne veniva sopraffatta ogni tanto e poi basta.

« ...Quindi questa è una famiglia secondo Klaus. »

Le venne da ridere. Secondo noi. « Si, un mucchio di pietre. Ma tanto lo sai che con te è diverso. »
L'aveva detto davvero? Con lei era davvero diverso, Cass pensava che non avrebbe mai portato nessuna, a casa.
« Io anche potrei diventare una pietra. » Assolutamente sì. Ma Lidia non lo sapeva già? Forse farle vedere quel posto aveva reso l'idea piú vera.
« Vabbé dai, prima o poi lo diventiamo tutti per forza. » Ma che diavolo diceva? Voleva consolarla? « Comunque, il suo lavoro prima o poi ti travolgerà come fa con tutti, per questo ti ho detto che devi entrarci dentro, così sarai pronta. » Voleva metterla in guardia da quello che poteva aver distrutto sua madre? Oppure che aveva assalito lei, tutto insieme, dopo che i suoi erano morti?
Lidia distolse lo sguardo dalle lapidi in pietra e si avvicinó a Cassandra, la bionda non comprese e non capiva il suo sguardo. Ma improvvisamente si sentì sollevata. « Grazie. »
La giovane roteó lo sguardo, non sapeva che cosa risponderle. « Facciamo che sto ricambiando un favore. » Ovviamente si riferiva alla soffiata su Klaus che sapeva tutto.
« Che paura ho avuto quel giorno, pensavo che avrebbe fatto qualche cazzata. »
« Klaus non fa mai cazzate. » Si guardarono per un breve istante e poi scoppiarono a ridere. Forse aveva trovato una nuova amica. Voleva bene a Vanessa, ma neppure lei, per quanto la conoscesse, era capace di capirla. Aveva bisogno di una Lidia nella sua vita.

« Ti sarebbe piaciuto conoscerli meglio? »
« Chi? »
« I tuoi. Sinceramente. »
« Mah, non lo so, mi sarebbe piaciuto avere dei genitori come quelli degli altri bambini, ma tanto so che loro non lo erano. Quindi forse va bene cosí, posso immaginarmeli meglio di come fossero nella realtà. » La mente di Cassandra era un labirinto intricato di pensieri e soluzioni sbagliate, di emozioni scambiate per altre e giustificazioni, consolazioni costanti e totalmente inutili. La verità era che non ne aveva idea, non se l'era mai chiesto in modo sincero. Conosceva peró bene l'ansia di non essere amata, la voglia di non distinguersi troppo dagli altri. E questo valeva anche quando a spiegarle matematica non era suo padre, ma Aron. Quando a portarle gli assorbenti e a spiegarle come funzionasse il ciclo fosse la domestica, poverina, impietosita.
E non sua madre.

Ma che ne sapeva Cassandra.
Nessuno le aveva insegnato ad esser triste.

« E tu? Che tipi sono i tuoi? Non ne parli mai, conosco solo Andrea ma quello che so di voi due me l'ha raccontato lei. »
« E che ti ha detto? »
« Che non vi siete mai capite. »
« Nella mia famiglia... mia madre e mio padre volevano... non capivano Andrea, e neanche io. Ero una super secchiona e quando mi parlava dei suoi progetti pensavo fossero assurdità senza futuro. » Non è che fosse finita tanto lontano. « Lo so cosa pensi, che la sua vita non è diventata niente di che, quindi forse avevo ragione... ma io ho sbagliato una cosa, ho fatto un errore imperdonabile, l'ho abbandonata. » Si mise con la schiena contro il muro, poi si tiró subito in avanti ricordando che quella fosse una vera e propria tomba di famiglia. A Cass venne da ridere.
Cercó le solite sigarette nell tasca del cappotto e se ne accese una. Lidia sgranó lo sguardo. « Vuoi? »
« Io... » Perchè moriva sempre dalla voglia di provocare gli altri? Cosa voleva, cosa cercava?
« Non fumi? »
« Veramente ho smesso. »
« Ah. » Che peccato. Stava sul serio per dirle che le dispiacesse, poi pensó non avesse senso.

« E vuole fartela pagare? »
« Chi? »
« Tua sorella. »
« No, non credo, perchè dovrebbe? »
« Perchè l'hai abbandonata. » Prese un tiro profondo e poi liberó i polmoni. « Io lo farei, io a Klaus glie le faccio pagare tutte. »
« Anche l'ultima? »
Abbassó il capo. « L'ultima è stata colpa mia, e poi... starebbero male troppe persone, e anche io. »
« Vuoi che te la faccia pagare lui? »
« Voglio che questa storia finisca. » Lidia fece per dire qualcosa ma poi restó zitta. « Non è che mi puoi ipnotizzare per farmela scordare? »
L'altra le sorrise. « Mi sa di no. »
« Peccato. Mi toccherà bruciarmi il cervello. » Eh? Si zittì, pensava di aver detto l'ultima frase solo nella sua mente invece le era venuta fuori tutta insieme, chiarissima. Non si giustificó. « Dai, lo sai ogni tanto mi piace, lo sanno tutti non penso sia un grande mistero. » Prese un altro tiro. « Mi sembri troppo scioccata. » E ora Lidia come glie lo diceva, che forse questo suo strano comportamento significava che forse i suoi li avrebbe voluti conoscere, che fosse triste e Aron non se lo sarebbe mai scordato mentre era terrorizzata solo all'idea di perdere Klaus.

« Dammi un po' di tempo, anche tu non sei cosí semplice. » Per la prima volta ebbe l'impressione che non volesse redimerla. Era strano.
Le sorrise. « Sono inaffidabile. » Usó lo stesso tono di Klaus, glie lo ripeteva in continuazione. Ed era vero, un giorno si svegliava in un modo e quello dopo sembrava un'altra persona. Non sapeva neppure lei perchè lo facesse. Era cosí e basta.

« Un po' glie lo fai di proposito. »
Cass alzó le sopracciglia. Strinse le spalle nel cappotto di pelle e lasció che una ciocca liscia le andasse davanti la fronte. « Ogni tanto qualche lezione glie la do anche io. »
« Di non fidarsi mai troppo? » Brava.

« Che le persone sono inaffidabili, e non puó controllare tutto. Me l'ha sempre ripetuto lui ma ogni tanto se ne scorda. »

Avevano un modo tutto loro di guardarsi le spalle. Sbagliato, ma che derivava pur sempre da una sorta di devozione fraterna e amore spiegato male. Quei due si volevano bene, e non avrebbero mai saputo stare l'uno senza l'altra.
Lidia assottiglió lo sguardo. « Senti ti va di andare da qualche altra parte? Questo posto mi fa un po' strano. »
« Si, andiamo dove vuoi. » Cassandra lí dentro invece si sentiva così calma, c'era un bel silenzio. Forse aveva paura potesse arrivare suo fratello? Comunque si sistemó la sigaretta tra le labbra e s'incamminó verso l'uscita. La suola delle scarpe batteva contro la pietra dura e quel posto era così silenzioso che si sentiva chiaramente il suono della gomma contro il pavimento.

« Conosco un posto che fa un'ottima pizza. »
« Andiamo, dai. »
Uscirono e spense la sigaretta lontano, in modo da non farsi scoprire da Klaus se fosse tornato. Chiuse la porta pesante e tornó alla macchina, Lidia aveva già aperto lo sportello per entrare. Lei aveva la mano stretta attorno alla maniglia.

Mentre si metteva a sedere sentì il cellulare vibrare. Un messaggio.
Quando lesse chi glie l'aveva mandato sbiancó.

Buongiorno stellina,
Che fai stasera?
Ti conviene cancellare i tuoi impegni, devo raccontarti un paio di cosette.

Achille. Che voleva ancora da lei? Guardó Lidia. Era il caso di dirglielo? Forse avrebbe fatto bene a capirci qualcosa in più, prima.

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