CAPITOLO 30


For a star to be born, there is one thing that must happen: a gaseous nebula must collapse.

So collapse.
Crumble.
This is not your destruction.

This is your birth

Le giornate passavano cosí lente che a Cassandra mancava spesso il fiato, si sentiva come se il mondo volesse schiacciarla e quasi sempre si abbandonava a quel destino, si faceva divorare dall'universo e aspettava che quell'angoscia orribile finisse.

E invece non finiva mai.
E lei restava immobile, tratteneva ogni tanto anche il respiro e poi si lasciava amdare, quando proprio non ne poteva più.
« Secondo voi riesco a laurearmi entro l'anno prossimo? » Ricky esordí, Cass si era dimenticata fossero tutti insieme. Aveva guardato per un'ora solo il soffitto bianchissimo.
« Quanti esami ti mancano? » Vanessa era dolce in ogni momento, aveva deciso lei che dovessero passare del tempo con la sua amica. La vedeva peggio del solito. Era come se avesse abbracciato quella strana tristezza che la circondava sempre. Come se fosse diventata lei, quell'emozione cosí appagante e sicura.
« Se non sbaglio sei, circa. »
« Allora si. » Alzò le spalle. « A te quanti ne mancano? » Si rivolse a Cassandra. Era seduta a terra, la schiena poggiata contro il letto e il suo fidanzato comodo vicino a lei. Ci fu un momento di silenzio, i due si guardarono e poi fecero una smorfia strana.
« Cosa? »
« Gli esami, quanti te ne mancano? »
« ...Non lo so proprio, forse una decina, credo di dover studiare almeno altri due anni. » O magari persempre, magari non sarebbe mai tornata a New York. L'Europa era un'alternativa apprezzabile. Chissà che stava facendo Aron. Anche lui era in Europa, in quel momento. La voce era flebile, come se fosse in procinto di spegnersi. Come se parlare fosse uno sforzo troppo grande.

Ricky cambiò discorso. « Comunque alla fine ho deciso che festeggio in casa, cioè nella villa in campagna, restiamo tutti lí e basta. »
« Si, avoglia! Cosí possiamo fare quello che ci pare, vero? » Lanciò uno sguardo veloce alla bionda, di solito a Cassandra piacevano queste cose. « Cass, vero? »
Battè le palpebre un paio di volte, poi sospirò lentamente. Le mani sprofondarono sul ventre mentre inspirava piano, e poi si sialzavano seguendo il ritmo dell'aria che scivolava via dai polmoni. « Si, hai ragione. » L'aveva ascoltata sul serio? « Dovrei comprarmi qualcosa di nuovo? »
« Si! » Vanessa fu cosí sorpresa da quello strano entusiasmo che l'appoggiò subito. « Andiamo insieme. »
« Si, forse potremmo oggi. » Almeno avrebbe avuto qualcosa da fare, ultimamente odiava il maneggio e gli allenamenti le parevano tutti uguali.

« Si? »
« Si, dopo pranzo. »
« Oggi non tornava tuo fratello? » Vanessa cercò di capire il perchè di tanta fretta.
Cass increspò le labbra. « Ah, giusto. » Forse era quello il motivo per cui le era venuta improvvisamente voglia di passare la giornata fuori di casa. Non aveva idea se sarebbe tornato anche Aron, con lui. Ma credeva proprio di no. Comunque non aveva voglia di esserci.
« Non è che vuole vederti? »
« Non lo so, non mi ha detto niente quindi suppongo di no. » Il tono di voce era un po' infastidito, aveva chiamato solamente Lidia per tutto il tempo, ogni tanto lei faceva da messaggero ma non diceva mai nulla di vero. Oppure tentava di addolcire degli ordini vuoti.
« Lui non dice mai niente, ma lo sai sempre cosa vuole. »
«  Vabbe. Lo saluto e andiamo. »

Ricky decise ancora una volta di cambiare discorso. Si posizionò meglio sul tappeto.
« Ma della storia della sorella di Aron? »
Solo sentire il suo nome le fece chiudere gli occhi come a dover sopportare un dolore insostenibile per un attimo. « Non so nulla, ma a meno che non vogliano farci una sorpresa, dubito l'abbiano trovata. Lidia avrebbe saputo, avrebbero saputo tutti. » Tranne lei. Che scopriva le cose sempre troppo tardi. « Sinceramente spero sia tutto okay. » Anche perchè altrimenti lui sarebbe stato malissimo. Non riusciva proprio a preoccuparsi per Nowak. Quanto sarebbe durata, ancora?

« Magari la trovano ed è anche simpatica. » Aggiunse, l'altra.
« Secondo me non la portano qui. »
« E perchè? »
« Se ha una bella vita o dei figli... cose cosí, non sarebbe giusto. »
« Che sappia tutto quello che fate? » Allora ci era arrivata. Non era cosí difficile come faceva credere.
« È una vita che se non ci sei nata dentro... fai la fine di mia madre. »
Era impossibile sapere che diavolo dire a Cassandra, tirarla su era un'impresa autodistruttiva. Ti portava con sè nel suo oblio. Vanessa sospirò e decise di prendersi una pausa, fu grata al telefono quando suonò.
Non aveva il numero salvato. Aggrottò le sopracciglia e cercó lo sguardo del suo fidanzato.

« Si? »
« Sono Lidia, Cassandra è lí vero? »
« Si, ma perchè non chiami lei? »
« Non mi risponde. » Da dietro si sentí un rumore forte, tanto che Vanessa scostò il cellulare dall'orecchio. « Tutto okay? » Domandò ingenuamente, stringendo l'orlo del vestitino.

« No, no, di a Cassandra che non deve tornare fino a stasera, Klaus sa tutto ma se mi dai un po' di tempo cerco di farlo calmare. » Era allarmatissima, parlava veloce e ogni tanto si stoppava e poi riprendeva, sottovoce.
« Klaus! Aspetta, sto chiamando i suoi amici! » Non l'aveva mai sentita urlare cosí, non a lui, poi. Non aveva fatto domande, non le interessavano i dettagli, o fare la morale a Cass, voleva solo che Klaus smettesse di farle paura. Doveva essere un inferno. « Se lui vuole ci trova. »
« Lo so. Ma ora non capisce niente, è impazzito—- Klaus! Ma che cazzo fai? Aspetta! » Forse lo strattonò, forse lasciò il telefono e lo scordò aperto. Comunque Vanessa non sentiva più niente.

Mi sono rotto il cazzo di tutte queste cose sulla fiducia, ci ho provato, è stato un fallimento
... Mi hanno mentito tutto questo tempo, e io che pensavo di essere uno stronzo.

Ricky riportò subito Vanessa alla realtà.
« Chi è? » Non poteva dirlo. O forse si. Come diavolo poteva spiegare quelle cose a Cassandra?

« Cass... » Il tono di voce era visibilmente spaventato, terrorizzato. Ricky, da bravo fidanzato, cercò subito di darle conforto. Le strinse una mano, anche se non aveva idea di cosa potesse essere successo. « Cass, ascolta, è successo un casino. »
« Si? » Cassandra si volse, era ancora sdraiata sul letto. Stupidamente aveva anche pensato che il guaio di cui parlasse Vanessa potesse addirittura distoglierla dai propri problemi. « Che tipo di casino? »
« Era Lidia, dice che tuo fratello sa tutto. »
« Di cosa? » Non vuoi proprio crederci, eh?
« Te e Aron, non so come abbia scoperto... »
Cassandra pensò che il sangue le si fosse prosciugato nelle vene, non sentiva niente, il cuore non le batteva, i polmoni non prendevano aria e la gola era chiusa, come se qualcuno la stesse strozzando. Non respirava. Forse le veniva da vomitare. Forse avrebbe fatto meglio a mettersi seduta.

« Ha detto Lidia che lo calma lei, cosí quando arrivi è meglio. » Quella cosa avrebbe dovuto rassicurarla?
« Passami il telefono. » Ti prego. Non era un ordine, la stava implorando. Ma che voleva fare? Si spinse in avanti e tirò su la schiena dal letto.
Ricky credette volesse chiamare il fratello, mentre l'amica era certa che non avesse proprio pensato a Klaus. Le porse il cellulare e attese.
Che ore erano in Polonia? Aron era rimasto lí?

Voleva sentirlo, adesso che si era tutto rotto, che non dovevano più nascondere niente voleva chiamarlo e parlarci e non pensarci più. « Cass, io non credo che dovresti farlo. » Vanessa la richiamò prima che potesse cercare il numero in rubrica. « A parte che non so che ore siano lí, ma forse adesso ti farebbe stare solo peggio. »
« No, non posso stare peggio di cosí. »
« Non puoi starci insieme, non puoi andare da lui, saresti solo più triste. »
« Ma io voglio sentire... » Gli occhi le si riempirono di lacrime, dovette zittirsi. Riprendere fiato. « Non posso neanche sentire la sua
voce... » Non ce la faceva più. Chinò il capo e si fece assorbire completamente dal proprio dolore. Sapeva che Aron era più forte. Ma adesso che senso aveva? Poi si riprese, improvvisamente. « Basta. » Puntò lo sguardo in avanti, si asciugò le lacrime e tirò su con il naso.

« Cosa? »
« Ci vado ora, voglio vederlo soffrire almeno quanto me. »
Una delle variabili che non avevano tenuto in conto, era Cassandra. La sua personalità era distrutta e imprevedibile esattamente come quella di Klaus, si controllavano e moderavano a modo proprio, ma poi esplodevano sempre. Nascondevano la stessa rabbia, e la gestivano in maniera identica: impazzendo, completamente.

« Cass ma che dici, lo sai che è meglio di no. »
« Non me ne frega un cazzo di cosa è meglio, in questo momento non me ne frega davvero niente. » Una risatina isterica le vibrò sulle labbra, si mise seduta in modo da poter toccare il tappeto con i piedi nudi. « Voglio andare da lui, voglio che mi urli in faccia tutto, e voglio farlo anche io. » Si tirò su, erano settimane che non la vedevano cosí attiva. Piena di rabbia.
Finalmente aveva qualcosa su cui sfogare le proprie frustrazioni, qualcosa che non fosse se stessa. S'infilò le scarpe e raccolse la borsetta in cuoio.

« Che cazzo è, un nuovo... modo di farti del male? Che cazzo hai in testa? »
« Vado a dargli quello che vuole, a deluderlo. » Erano sensi di colpa, i soliti? Non si capiva mai con lei, e neppure Cassandra comprendeva se stessa. Forse Klaus le era mancato, forse era solo rabbia, oppure voleva che le urlasse addosso perchè si sentiva ancora un mostro. Tutte queste cose si confondevano nella sua testa e poi venivano fuori confuse, diventavano le sue scelte peggiori.

E Klaus era uguale. « Cassandra ma che cazzo dici. »
« È una cosa tra me e lui, Lidia deve farsi da parte, e anche voi. »
« Lidia sta provando— »
« E non deve pensarci lei, me la vedo io. »

In realtà, forse, la verità era che non vedeva l'ora di poter dire a suo fratello della sua storia con Aron, di come avesse provato a stargli lontano. Di come soffrisse ogni istante della sua vita in cui non stesse con lui. Sperava in una sua specie di approvazione? « Cass, non sono Vanessa ma ti conosco, non serve a un cazzo subire l'ira di tuo fratello. » Ricky s'intromise un'altra volta, pensando certamente di dire la cosa giusta. Fece anche per alzarsi, poi pensò probabilmente fosse inutile.
« E invece forse è proprio l'unica cosa giusta. » Davvero? In che senso? Controllò il cellulare un'altra volta, Klaus la stava chiamando. L'aveva cercata più volte e non si arrendeva.

« Sto arrivando. »
« Tu mi devi dire dove cazzo vai quando esci e devi smetterla di dire a i tuoi amici di raccontarmi le cazzate. » La rabbia di lui non le mise paura, la fece tremare d'ira. Era piena d'odio. Finalmente sentiva qualcosa di diverso dalla tristezza.
« Io non devo dirti niente. »
« Tu mi devi spiegare un sacco di cose, invece. Mi devi spiegare tutte le bugie che mi hai detto, e cosa combinavi con il tuo amico. »
« Tanto sai sempre già tutto, no? » Osava provocarlo? Povera Lidia. Avrebbe visto quanto fossero inutili le sue sedute psicologiche.
« Voglio la tua versione, e voglio che tu me lo dica in faccia. »
« Sei proprio uno stronzo. »
« E tu una bugiarda, ogni volta che mi fido di te sbaglio, sbaglio sempre! »
« ...Sto arrivando. »
« Muoviti. »
Le probabilità che non l'avrebbe mai più fatta uscire di casa erano altissime, ma trovava sempre un modo per scappare, lei.

Gli altri rimanevano sconvolti quando la sentivano mentre lo istigava, mentre buttava benzina sul fuoco della rabbia incontrollabile di Klaus Van Der Meer. Sapevano tutti quanto fosse vendicativo, il modo in cui fosse ossessionato dai tradimenti, il terrore di perdere le persone di cui aveva bisogno. La strana fissa per Cassandra.
Lei invece non ne poteva più.

Arrivò a casa che era ancora agitata, sentiva solo un po' d'ansia, il resto era voglia di sfogarsi. In un modo o nell'altro avrebbe buttato addosso a Klaus tutto il veleno che si era tenuta dentro fino a quell'istante. Credeva che ci sarebbe riuscita.
La porta si aprì addirittura prima che suonasse il campanello, mentre il cancello principale era già chiuso dietro di lei.

Klaus la tirò dentro casa, in un attimo si sentì solo la stupida sorella minore di lui. Poi si riprese, le bastò vedere il fuoco che gli incendiava lo sguardo, che gli impediva di parlare. Lidia era dietro di lui, lontana. Il fratello indossava una camicia tutta stropicciata, le maniche erano arrotolate verso l'alto e la teneva insolitamente sbottonata sul collo. Era distrutto.
« Allora? » La bionda si sporse in avanti.
« Allora? »
« Non trovi le parole? » Dall'altra parte della stanza Lidia riusciva solo a pensare che non fosse assolutamente capace di comprendere quale fosse il rapporto e il modo di comunicare di loro due. Erano ossessionati l'uno dall'altra e si sarebbero ammazzati a vicenda pur di non dover rinunciare a nemmeno un poco del controllo che si riservavano a vicenda. « Ho scopato con Aron, non solo una volta, e mi è piaciuto, mi è piaciuto da morire. »
« È tutto un gioco per te? »
« Si, volevo che stessi male, volevo dimostrarti che non puoi controllare sempre tutti, che potevo fregarti! » Ma perché tutte quelle bugie? Non sapeva neanche lei perché le stesse dicendo. Si sentiva ancora quasi incolpa per avergli mentito.
« Rovini sempre tutto, pensavo fossi come mamma, tanto fragile... sei tu il male della famiglia, sei tu quella... quella che distrugge gli altri. »
Una risatina infastidita le graffiò la gola. « E tu sei l'eroe, il buon samaritano sempre pronto a risolvere tutto. » Il petto le bruciava, le mani tremavano. « Tu si che sei bravo, pensi sempre, costantemente, agli altri, a come cazzo controllarli e far tornare tutto come dici tu, a costo che chiunque soffra ma— » Assottigliò lo sguardo e si alzò sulle punte. « Hey, che importa se tutti soffrono, quando le loro vite sono in ordine esattamente come Klaus Van der Meer ha deciso per loro? » Ma che stava farfugliando? Mentre Aron aveva subito confessato, con Cass era difficile. Per lei l'amore era una cosa strana, un concetto da cui si era sempre tenuta alla larga e ora doveva farci i conti, sola. Sapeva d'esser innamorata? Che cosa sapeva esattamente dei propri sentimenti verso Nowak? Niente.
Non aveva mai dato loro un nome.
« Tu sei una pazza, non sai cosa dici, non sai che cazzo fai e non te ne frega niente di nessuno! »
Un angolo della bocca di Cassandra si piegò leggermente, rivelando un sorrisetto maligno. « Di te sicuramente non me ne frega un cazzo. » Voleva solo ferirlo.

Lidia se ne stava nel suo angolino, si stava forse domandando il perché delle bugie di Cassandra? Oppure cercava di comprendere che diavolo di legame malato ci fosse tra i due. In ogni caso, fece un passo in avanti quando vide Klaus ergersi sulla sorella. « Sei tutto quello che detesto, una cazzo di palla al piede da quando sei nata. »
« Ma se mi mollavi sempre da qualcuno. »
« Ti giustificavo perché non hai conosciuto mamma, perché papà è morto presto ma la verità è che sei nata sbagliata. » Le pensava davvero quelle cose? Serrò i denti, Lidia lo sapeva le stesse dicendo solamente per non darsi la colpa di tutto: perché era così che funzionava, la testa di Klaus, si sentiva in dovere di proteggere Cassandra dal mondo, e se un giorno il mondo veniva a bussarle alla porta, allora si sentiva un mostro.

« Tu invece sei sempre perfetto, tu non sbagli mai, vero? » Si alzò sulle punte dei piedi, stavano urlando nell'ingresso del palazzo. Viso contro viso, rabbia contro rabbia. « Se fai qualcosa di sbagliato è sempre colpa degli altri, e mortifichi tutti pur di non accettare che non sei— » Stava per dirlo sul serio? « Non sei perfetto, nessuno pensa che tu lo sia, non lo pensi nemmeno tu e questa cosa ti fa così incazzare che te la prendi con tutti. » Gli puntò un dito sul petto. Era come se improvvisamente avesse deciso di dirgli tutto quello che non era mai riuscita a tirare fuori. Ed era sbagliato, perché si stavano allontanando dal motivo vero di quella discussione.

« E cosa dovrei fare? Come te? Che con la scusa che non sei perfetta, poverina, fa solo cazzate tanto poi c'è sempre il coglione che rimette tutto in ordine? » Gli venne da ridere, era nervoso e sembrava fremesse di confessarle qualcosa, c'era altro ma si tratteneva. Perchè? Cassandra lo vedeva bene, il modo in cui gli tremavano le labbra ogni volta che doveva ricacciare via dei pensieri.

« Tu non rimetti le cose in ordine, le rimetti nel posto in cui secondo te devono stare. »
« E non sbaglio mai. »
« Questa volta, si. »
Un'altra risatina sprezzante gli colorò l'espressione, volse lo sguardo in alto e poi verso Lidia, come in cerca d'approvazione. Lei sgranò gli occhi, voleva intimargli di controllarsi, o forse era solo scioccata da quello che stava, davvero, per dirle. Decise proprio di intervenire, camminò in avanti e affiancò il suo compagno, Cassandra la odiò. Per una volta che avevano deciso di incazzarsi doveva mettersi in mezzo. Non poteva sapere che stava cercando di salvarla.

« Lo sai come ho scoperto di voi due? »
La bionda non sapeva rispondere, non conosceva la risposta, non riusciva neppure ad immaginarla.
« Perchè l'ho sentito mentre parlava con una, ieri mattina, dopo essersela scopata per tutta la notte. » Oh, no. « Non so per quale motivo abbia deciso di fare il tuo nome, comunque mentre tu sei qui a litigare con me, adesso lui è con lei, a farsi i cazzi suoi, perché Aron è così, non sa avere relazioni e non sa trattare le ragazze, e io volevo solo non facesse lo stesso con te. Quindi si, avevo ragione, ho sempre ragione. »
Adesso sei contento, Klaus? Cassandra iniziò a vagare con lo sguardo, cercava qualcosa che potesse aiutarla ma non c'era niente che potesse evitare tutta la sofferenza e la tristezza che la stava per assalire. Lidia strinse il braccio di Klaus, c'era qualcosa che non tornava, ma era impossibile che Cass lo capisse da sola. Riusciva solo a pensare a quanto fosse stata stupida, a fare mille tragedie mentre lui se la spassava.
Forse era una bugia. Ma non era possibile, quando Klaus mentiva si vedeva. E poi non avrebbe mai voluto vincere con una bugia.

Aprì la bocca ma non disse niente. Piegò lo sguardo verso il basso. « Sei proprio... » La colpa non era sua, non era di nessuno. Si fermò prima di continuare. Cosa voleva dire? Gli occhi le bruciavano, stava per piangere. Forse le veniva solo da vomitare. Batté le palpebre e le ciglia lunghe si bagnarono di lacrime calde. « Sei una stupida, che credevi, che si stesse ammazzando perché gli mancavi? » Aggiunse Klaus, come se non fosse bastato quello che le aveva già detto.

Cassandra provò a reagire. « Non siamo mica fidanzati, perché non avrebbe dovuto. » Davvero lo difendeva ancora? Quell'ostilità nel volerlo proteggere fece infuriare ancora di più Klaus, tanto che quando Cass alzò lo sguardo non lo riconobbe quasi più. Non aveva davanti suo fratello, non sapeva chi fosse diventato. Fu lì che ebbe paura, lei sapeva benissimo quali fossero tutti i posti più oscuri dell'anima di Klaus, ma adesso non era lui. Era uno sconosciuto.

« Lo so che per te è difficile da comprendere, ma funziona così quando te ne frega qualcosa di qualcuno. » Sgranò gli occhi, come a volerla ferire a tutti i costi. « E a lui di te non glie ne frega un cazzo, sono il suo migliore amico, penso che lo capirei. » Davvero, Klaus? Ma che vuoi saperne tu di amore.

Allora Cassandra abbassò gli occhi, decise che non gli avrebbe mai fatto vedere quanto stesse soffrendo in quel momento. Che doveva trovare un modo per farsi odiare, di fargli male. Aveva rovinato la vita sua e di Aron, a quel punto non ci sarebbero mai arrivati se solo lui fosse stato un fratello normale. Stava per parlare, ma fu interrotta.
« Vuoi sapere come si sono conosciuti? » Forse non realizzava, e Klaus non capiva. Se a lui avessero detto che Lidia era stata con un altro sarebbe morto, ma Cassandra sembrava non volerci pensare. Era focalizzata su come far soffrire lui, una specie di tattica per non provare dolore: ignorava i propri sentimenti. Aveva imparato davvero bene. « Le ha offerto da bere, in un bar, la guardava come se fosse stata già sua appena l'ha vista, poi quando ha avuto modo di parlarci le ha fatto una serie di complimenti, e sono andati a fumare una sigaretta fuori. »
Chiuse gli occhi. Le faceva male la testa. « Basta. » Non ci riusciva, non riusciva ad immaginare quella scena, non nel modo in cui l'aveva descritta il fratello, in nessun altro modo. Non era possibile.
« Poi hanno scopato tutta la notte, e hanno finito la coca che avevo preso con Aron, perché lei non è una stupida che non sa controllarsi, con lei lui si diverte. » Quale diavolo era il suo intento? Allontanarli o farla morire?
« Ma chi cazzo pensi di essere. »
« Tuo fratello, e inquanto tale... »

« Aron sarà anche uno stronzo... ma tu... » Oh, finalmente l'aveva detto. Quindi adesso ci credeva, che Nowak fosse il peggior ragazzo del mondo? La più grande cazzata che avesse fatto?
Finalmente, gli occhi le si riempirono di lacrime. Le mancavano le parole. « Tu ci godi a vedermi soffrire, tu non vuoi proteggermi, vuoi solo evitare rotture di coglioni. »
« Ti sto dietro da quando... » Da quando? Sbottò. « Lo sai, cazzo! »
« E guarda che bel risultato. Mi odi perché sono il tuo più grande fallimento! » Gli ringhiò quelle parole in viso come a volerlo graffiare. Serrò poi i denti e cercò di capire quanto ancora potesse resistere. Quante cose l'avrebbero assalita dopo quella litigata.

È stato con un'altra, mentre tu lo piangevi si scopava un'altra...

« Sei tu che pensi ti odi... » Sospirò, Cassandra s'illuse per un attimo che avesse ritrovato una specie di sensibilità o strana empatia. « Non so che cazzo di problemi hai, comunque da oggi hai completamente perso la mia fiducia. »
« E tu non aspettavi altro. »
« Io ci ho provato. »
A quel punto  a Cassandra tornarono in mente le parole di Vanessa, quando le aveva detto che andasse d'accordo con Klaus solo perché era diventata il suo soldatino. « Non è vero, io ci ho provato! » Strinse i pugni e gli buttò in faccia quella verità amara senza rimorsi.

« ...Eri meglio quando non ci provavi. »
Tra le cose orribili di quella discussione c'era che stava avvenendo davanti a chiunque, e tutti si sentivano a disagio. Perfino Lidia non sapeva che fare, come intromettersi, se fosse giusto farlo.

« Tanto non ti sarebbe andato bene nessuno. »
« Ti rendi conto che volevi stare con il mio migliore amico? »
Lei alzò le sopracciglia.
« Chi avresti preferito? »
Era una domanda quasi retorica, sapeva la risposta fosse nessuno. E lo sapeva pure lui.
L'unica cosa che non capiva era perché.
E forse neppure Lidia. Dopo un po' di momenti in silenzio decise di incalzarlo ulteriormente. « Appunto. »

« Vattene in camera tua. »
« Non rivolgermi mai piú la parola. »
Lui si passò una mano sul viso, visibilmente nervoso. « Non voglio sentire più il suono della tua cazzo di voce, vattene via. » La cacciò come fosse niente. E lei tornò ad essere nulla, ancora e solamente, la sorella incasinata del capo.
Forse era per questo che Aron aveva deciso di provarci, era forse una specie di sfida? O lo affascinava il proibito?
Abbassó la testa, e scomparve. Sentì Lidia urlargli qualcosa ma non le interessava cosa avesse da dirgli, Klaus era insalvabile. Proprio come lei.

Perchè era con un'altra? E perchè le dava tanto fastidio? Alla fine non erano fidanzati...
Non erano... Non erano niente? Come era possibile che tutto quello fosse stato niente?
Si lasció cadere sul letto, le parve di sprofondare nel materasso, avrebbe voluto essere inghiottita dalle lenzuola, non svegliarsi piú.
Volse il capo e guardó la spazzatura, c'era ancora dentro il bigliettino che aveva scritto per Aron.
Pensó fosse un bene che non gli fosse mai arrivato.

Non se lo meritava? Lei con un altro non ci sarebbe mai stata. Davvero? Prese il telefono e lo vide illuminarsi. Era Vanessa.
Sospiró pesantemente.
Era stanca.
Cosa voleva fare? Piangere.

« Mh? » Rispose come se fosse annoiata.
« Beh? »
Sospirò, era stanca. « È successo quello che vi aspettavate. »
« Cioè? Io pensavo che non l'avresti avuto il telefono. » Basta.
Sospirò ancora, come faceva a dire ad alta voce che era stato con un'altra? Dopo tutte quelle cazzate sull'amore... schiuse la bocca ma qualcosa le bloccò la gola. « Cass? »
« Senti ho sonno, ci sentiamo va bene? »
« Mh. »
E adesso?

Che cosa c'era, dopo?
Che brutta, la solitudine.

Ogni tanto guardava il cellulare.
Speri ancora che ti chiami, Cass? E per dirti cosa?

Che faccio adesso?
Che cosa faccio.

Si mise impiedi, camminó fino alla libreria e pescó uno dei tomi che avrebbe dovuto studiare prima di tornare a Londra.
Avrebbe fatto bene a partire.
Non aveva piú niente a New York.

Chiuse gli occhi, una lacrima le scaldó la guancia. Si toccó la pelle con il dorso della mano e ingoió tutte le altre, si vergognava di piangere.
Non doveva, per una volta, per rispetto di se stessa.

E Polly?
Le volevi così bene...

Fanculo lei e il suo caffè del cazzo.
Pensò a come fosse prima, a quanto riuscisse facilmente ad ottenere cosa volesse, al modo in cui le piaceva essere guardata dai ragazzi. A quanto riuscisse a controllarli, averli alla sua mercè.
Le feste, gli incontri di nascosto, la cocaina e un divertimento a cui stava per rinunciare.

E per cosa?
Uno stupido, una storia impossibile, realizzare un vecchio capriccio. Ma che stava diventando.
Scosse il capo e si andó a guardare allo specchio.
Faceva schifo.

Doveva andare dall'estetista a tutti i costi. Per mettere a tacere Klaus sarebbe bastato convincere Lidia. Non ci aveva mai pensato, prima di quel momento.

Lidia era il suo punto debole del cazzo.
Aveva trovato come manipolarlo, finalmente.

💎💎💎

Con il solito ritardo, a voi i commenti💕

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