CAPITOLO 27
But for you,
You,
I'd leave it all
Il cervello di Cassandra ci mise pochissimo a collegare le parole di suo fratello ad un ipotetico, assurdo piano di Aron. Sapeva che sarebbe partito, ma non pensava cosí, non pensava che l'avrebbe abbandonata senza darle la possibilità di dirgli addio.
Sentí un vuoto nello stomaco, allargarsi fino alla gola e succhiarle via l'aria dai polmoni. Dovette reggersi alla ringhiera, le tremavano le gambe. Doveva vomitare. Avrebbe dovuto fermarlo, farsi dire ogni cosa e poi trovare Aron, ma non ce la fece. I piedi si mossero in automatico verso la sua stanza, aprí spingendola con forza la porta del bagno e poi si piegò sul water. Non se ne accorse neppure, mentre vomitava fuori tutta la sua rabbia iniziò a piangere. Teneva una mano premuta sulla fronte e l'altra reggeva i capelli per non farli sporcare. « Che merda. »
Sputò un grumo di saliva amara e poi si lavò, le mani, il viso, i denti come se dovesse togliersi uno strato di pelle di dosso. Il viso era arrossato, gli occhi non smettevano di bruciarle. Che poteva fare? Non sapeva neppure cosa dovessero sbrigarsi a fare, neanche dove. Forse lo sapeva Lidia. Ma non poteva svegliarla in piena notte per allarmarla in quel modo.
Polina. Recuperò il telefono sul comodino, si rannicchiò seduta sul letto e cercò il suo numero in rubrica. Non le importava fosse tardi, o che avrebbe potuto farle prendere un colpo. Polina sapeva per forza.
« Che diavolo vuoi? »
« Domani Aron va via, vero? »
« Perchè lo chiedi a me? »
« Perchè adesso lui è impegnato, voglio solo sapere se ha deciso di andarsene domani. »
« Si, ma chi te l'ha detto? » La sentí mettersi comoda sul letto, sapeva non sarebbe stata una conversazione facile.
« Ho sentito mio fratello. » Silenzio.
« Questa cosa non dipende da me. »
« Ma perchè non mi ha detto niente? »
« Se ci pensi non è difficile da capire. »
Forse anche Cassandra avrebbe fatto lo stesso. Chiuse gli occhi per un momento, forse decisa a rispettare la sua decisione. Forse era davvero la cosa migliore da fare.
Le tremava la voce. « Se ti do una cosa puoi fargliela avere? » Pensò che non l'avrebbe rivisto almeno fino all'anno dopo, lei sarebbe partita a breve per Londra ed era davvero improbabile che il destino potesse farli riunire. « Io devo andare in Europa, però tu ci sarai quando tornerà. »
« Va bene, cosa? »
« Una lettera. »
« Va bene, farò come vuoi. »
Non lo odiare, Cass. Serrò i denti e pensò che tante cose avrebbe voluto dirgliele di persona, non in una stupida lettera scritta prima che lui partisse. Pensò a cosa gli avrebbe detto se lo avesse avuto davanti e poi comprese che non c'era niente da dire.
La stava lasciando. Ma se non siete mai stati insieme. Se prima il mondo le era parso scomparire, adesso la stava soffocando. « Buonanotte Polly. » Parlò piano, come se avesse l'affanno.
« Aspetta Cass, tutto okay? »
No, non era tutto okay e non c'era neppure bisogno di domandarlo. « ...Lascia stare. »
« Sul serio, chiama Greta se ti senti male. »
« Si, e cosa le racconto? » Fece un attimo di pausa, si rilassò con la schiena contro il muro. « Le dico che sono triste perchè sono stata una stupida? » Una risatina nervosa le solleticò le labbra rosee. Qualsiasi cosa fosse successa, prima o poi sarebbe passata. E poi con che corsggio si lamentava con una madre che doveva salutare suo figlio. « Avrei solo voluto me lo dicesse, cosí è molto peggio. » Una lacrima le scaldò il viso.
« Ho paura che non riuscirò mai ad odiarlo, neppure adesso, neanche dopo questa cosa. »
« Vuoi che venga da te? »
« No, lascia perdere. »
« Allora aspetto la tua lettera. »
Si diedero la buonanotte e poi chiusero la chiamata. Cassandra cercò un foglio da qualche parte ed una penna, una che funzionasse. Le lacrime le rigavano ancora il viso, non aveva più voglia di combattere, di provare a fermarle.
Andò nel solito salottino, quando era lí le sembrava di non essere mai sola, come se sua madre in qualche modo le stesse accanto.
Si mise a terra e cercò di buttare giù qualche riga, ma non trovava le parole. Che diavolo poteva dirgli? Cosa non sapeva già? Tornò in camera; nel silenzio della notte prese a girare per la sua stanza, alla ricerca di una specie di ispirazione. Aprire il proprio cuore era sempre stato difficile.
Non sapeva che fare. Si mise a guardare le fotografie poggiate sulla mensola, sopra la scrivania. C'era lei da piccola con Vanessa, Klaus, tutti ritratti di famiglia. Pensò che già in quel periodo avesse una stupida cotta per Aron, le venne da ridere. Ripensò a quanto se ne vergognasse, e che non ne sapesse niente nessuno, neppure la sua migliore amica.
Non è che le cose siano cambiate molto. Si lasciò cadere sulla sedia, lo sguardo perso. Aprí il cassetto al lato del mobile e con le dita cercò tra le cianfrusaglie della sua infanzia. C'erano ancora i suoi vecchi diari. Le venne da piangere.
Forse lí si nascondevano tutte le cose che non ricordava.
Aprí il primo che si trovò davanti, lesse la data.
2018, aveva diciassette anni.
Non vedo Klaus da tre giorni, non capisco perchè ha deciso di non parlarmi. Per domani devo portare a scuola un progetto e mi servono delle cose che non so dove cercare, Greta mi ha detto di chiedere ad Aron. Vanessa mi ha chiesto di passare l'estate da lei, mi sa che ci vado, tanto qui non so mai che fare.
Poi girò la pagina.
Oggi Aron quando ha aperto la porta era senza maglietta, si è fatto un tatuaggio nuovo, un ragno sul petto, proprio al centro, sopra gli addominali.
È troppo bello, e poi mi tratta bene, anche se dice sempre che non ho voglia di studiare e si arrabbia troppo. Sono rimasta a cena da lui, abbiamo cenato con il gelato! Poi io ho proposto di metterci la nutella e gli smarties, gli è piaciuto. Spero che faremo questa cosa più spesso.
Quando sono con Aron il tempo passa veloce, mi piace, è l'unica persona con cui riesco a rilassarmi senza dover per forza fare qualcosa. È strano, non mi succede con nessuno, mi sembra tutto un po' meglio. Oggi un ragazzo mi ha chiesto di uscire, Aron ha detto che devo stare attenta.
Ieri mi sono ubriacata, mi fa malissimo la testa e non riesco nemmeno a scrivere bene. Quel ragazzo era un coglione, ma penso che lo rivedrò, mi sono divertita.
Stasera dovevo cenare con Klaus, ma alla fine sono uscita con Dan, è simpatico. Abbiamo preso la macchina di suo fratello e siamo scappati via, penso che mi piaccia, comunque ha detto che vuole provare una cosa, domani.
Siamo andati a ballare, tutti hanno provato la cocaina, io ho un po' paura, non so che fare. Comunque ho fatto finta di non capire e sono andata a prendere altro da bere, domani dormo da lui. Vanessa dice che non è niente di che, passa subito.
Non ricordava fosse stato quello, l'inizio di tutto. La solitudine, la paura, la voglia di scappare. E poi c'era Aron, c'era sempre stato. E non sarebbe mai andato via. Si spostò i capelli da un lato, erano sporchi, crespi e parevano esausti anche loro. Sospirò, quelle pagine le facevano male peggio di una coltellata.
Mi sa che fare sesso non mi piace, non lo so, è strano. Ho provato la cocaina, è fantastica, Vanessa aveva ragione. Non so se io e Dan siamo fidanzati, vorrei poter raccontare queste cose a Klaus. Comunque Aron mi ha detto un'altra volta di stare attenta, sto meglio con lui che con i miei amici. Come può piacermi una persona tanto più grande? Perchè sono gelosa quando non mi considera? Ieri mi sono chiesta come sarebbe baciarlo, si è fatto un altro tatuaggio: un'aquila sulla schiena, è bellissimo.
Anche stasera ho cenato da Aron, dovevo vedermi con Dan ma gli ho dato buca, quando sto con lui mi sento strana, è come se mi facesse sentire una persona migliore.
Capitó poi su un pezzo di suoi vecchi pensieri che forse le sarebbe piaciuto evitare, forse era troppo. Oppure era proprio quello che avrebbe voluto dirgli. Lesse velocemente tutto e pensò di strappare la pagina, decisa a darla a Polly, in modo che la facesse arrivare ad Aron. Poi pensò che avrebbe fatto meglio a consegnargli tutto il diario. Prese un foglietto.
Volevo scriverti qualcosa di bello ma a quanto pare la me di sei anni fa è molto più brava a fare certi discorsi. Per ricordarti che ci sei sempre stato, e sempre ci sarai.
Tua, Cass
Prese il bigliettino e lo mise sulla scrivania, ci posò sopra il suo diario e piegò una pagina proprio nel punto che secondo lei andava letto per primo. Le mancava già.
Pensò che se lo sarebbe potuto leggere durante il viaggio. Poi invece realizzò che fosse una cosa troppo meschina, in quel modo non sarebbe mai finita. Riprese il bigliettino, lo accartocciò e lo buttò nel cestino sotto la scrivania.
Se se lo immaginava davanti, gli veniva solamente da implorarlo di non andare. Adesso lo capiva, il motivo per cui lui avesse deciso di non salutarla. Che ore erano?
Probabilmente Klaus e Aron stavano già scaricando qualcosa, oppure trattando con qualcuno. Non aveva idea di che diavolo dovessero fare.
L'unica soluzione era bruciare quei diari, buttare ogni cosa. Non riusciva ad accettarlo, a lasciarlo andare come si fa con le cose perse. Irrecuperabili. Non era sostenibile una cosa simile, faceva troppo male.
Non poteva farci niente, le restava solo la solitudine, le bugie, Londra. Riaprí il suo diario.
Mi dicono tutti che somiglio a mia madre, ho paura di non essere alla sua altezza. Forse è per questo che Klaus mi evita, ho la faccia di una morta. Vorrei sparire, forse è meglio che io muoia. Ieri ho perso un po' di sangue dal naso, Ricky dice che è normale, succede a tutti. Vorrei poter essere fatta ogni giorno, ogni momento, la mia vita farebbe meno schifo.
Oggi ho conosciuto un ragazzo carino, si chiama George, mi ha chiesto di andare in barca con lui, mi sa che mi porto dietro Vanessa. Non è che mi fido tanto. Da Aron oggi non ci sono andata, un po' mi manca, con lui è diverso.
Vorrei essere alla sua altezza, tutte quelle con cui esce sono delle strafighe, ogni tanto le porta alle feste. Vorrei essere magra come loro, alta, forse sono anche laureate. E poi quando sorride ha un modo strano di farlo, troppo bello.
Non voglio togliermelo dalla testa, mi pice troppo fantasticare su di lui. Magari quando sarò grande mi considera. Che cosa stupida.
Klaus impazzirebbe.
Voleva solo dormire, abbandonarsi al sonno e non svegliarsi più. Lasciò il quadernetto e andò a nascondersi sotto le coperte, pianse tutta la notte.
La mattina si svegliò e non aveva idea di che ore fossero. Aprí gli occhi, le faceva malissimo la testa. Doveva andare al maneggio? Non ne aveva per niente voglia, non le andava di far nulla, neppure di alzarsi da letto.
Infatti restò lí, per un periodo di tempo indefinito, chiusa tra le coperte pesanti e la puzza di chiuso. A volte fissava il soffitto, si chiedeva se esistesse un modo per chiudere gli occhi e non svegliarsi più. Le pareva d'esser tornata indietro nel tempo, a quando non aveva niente.
Sapeva che Aron non ci fosse, che non fosse a New York, che non fosse proprio in America. Questa cosa la distruggeva. « Cassandra? »
Riconobbe la voce di Lidia, perchè la stava chiamando lei e non suo fratello? « Sei sveglia? C'è Polina che vorrebbe vederti, non so cosa voglia. » E ancora, si domandò perchè non la stesse svegliando Klaus. Di solito era lui che se la sorbiva di mattina. Lidia era molto più riservata.
« Desideri qualcosa in particolare per
colazione? » Perchè tutte quelle accortezze? Che cosa temevano?
« Dov'è mio fratello? »
« ...Klaus ora non c'è. » In che senso? Cassandra si volse e spostò le coperte. Non se n'era accorta neppure, che avesse il viso tutto arrossato e gli occhi gonfi dalla notte prima. Sentí freddo, si tirò dietro subito il piumone caldo.
« Perchè non c'è? » Lidia forse per la prima volta non seppe che cosa dire, o meglio, sapeva benissimo cosa dovesse spiegarle, ma non aveva idea di come fare. « Cosa vuole Polly? » Si spostò indietro i capelli, ricordò che avesse lasciato il diario sulla scrivania. Non doveva trovarlo. Spostò lo sguardo oltre Lidia e lei se ne accorse, si volse e lo notò subito. Non fece domande.
« Non lo so, ha detto che dovevate vedervi. »
« Ah, giusto, me n'ero scordata. Ma Klaus? »
« Klaus non c'è, non esiste un buon modo per dirtelo, ma è partito con Aron. » Lo sguardo di Cassandra si spense. Adesso sapeva bene cosa fosse l'abbandono. Non sapeva che cosa dire, restò zitta. Aprí la bocca per parlare ma non le venne fuori niente. Che cosa era lei, senza Klaus? Non era la prima volta che erano lontani, ma di solito si trattava di vacanze, era lei che se ne andava, si divertiva e poi tornava. Ma lui c'era sempre, in qualche modo non era mai da sola. Neanche quando si trovava a Parigi, o in Italia.
Poteva piangere? Forse era sbagliato, troppo esagerato per una che avesse solo suo fratello lontano. Nessuno sapeva che in realtà aveva perso anche Aron. Era una specie di punizione?
« E quando torna? » Non aveva chiesto dove fossero diretti, facendo intendere che sapesse già. C'erano una serie di cose che a Lidia non tornavano per niente, tanti pezzi che non s'incastravano tra loro e probabilmente non concedevano pace alla mente di Cass. Ma non era il momento per tirarli fuori. « Non lo so, non l'hanno detto, ma non credo che starà via molto. »
« Che stronzo. » Chi? Klaus o Aron? « Perchè non mi ha salutata? » Lidia alzò le spalle, non ne aveva idea. Forse perchè nessuno in quella famiglia sapeva dirsi addio. « E io ora cosa dovrei fare? » Battè le palpebre e le ciglia s'inumidirono a causa delle lacrime. « Che cosa... » Non riusciva a parlare. Nessuno capiva mai perchè lei stesse sempre male, soffriva in modo spropositato per cose che in realtà non contavano niente.
Le mancava Aron.
Aveva bisogno di Klaus per superare tutto quello.
« Non sei da sola, ci sono io, c'è Andrea, c'è Polina anche. » La bionda assottigliò lo sguardo. La stava compatendo? La tristezza fu sostituita improvvisamente dalla rabbia. Scattò in avanti, non aveva più freddo. « A fare cosa? A controllarmi per conto di Klaus? Pensate che io non riesca a sopravvivere da sola? »
« No, nessuno di noi pensa questo. »
« E allora lasciami in pace. » Ma che stava facendo? Cacciare l'unica persone che potesse aiutarla non era una grande trovata. Ma perchè fsceva sempre cosí? Era un meccanismo che la portava sempre verso una sorta di autodistruzione. « È giusto che tu sia arrabbiata, e non è sbagliato aver bisogno degli altri. » Ma suo fratello le aveva sempre insegnato l'opposto. Solo gli stupidi mostravano di non sapercela fare da soli.
La ignorò. « Mi sistemo un secondo, puoi dire a Polina di venire? » Si tirò su i capelli in una coda alta, poi aprí la finestra. Guardò giù e si bloccò qualche secondo, ripensò a quando Aron fosse passato a prenderla. Si perse con lo sguardo nel vialetto difronte come se si aspettasse di vederlo spuntare da un momento all'altro. Sospirò affranta, cacciò indietro le lacrime e sperò che Lidia non si fosse accorta di niente. Non poteva sapere che lei conoscesse perfettamente la sua strategia di fuga.
« Si. » Sparí oltre la porta, Cassandra si lavò e cercò di sembrare meno distrutta che potesse. Non si truccò, sapeva che tanto vedendo Polly sarebbe scoppiata a piangere. Era l'unica a cui potesse mostrare il suo vero dolore. S'infilò un pantalone largo e una maglietta pesante, poi si affrettò a togliere di mezzo il vecchio diario.
La madre di Aron entrò proprio mentre stava chiudendo il cassetto. Le rivolse un sorriso stanco.
« Poi non mi hai portato più niente. »
« Non voglio che abbia niente. Ho cambiato idea. »
« Si? »
« Si, sarebbe solo un tortura, non servirebbe a nulla. »
« Come stai? Ti hanno detto di Klaus? » Si aspettava di vederla peggio? Era strana. Sapeva che quando Cass sembrava reagire bene in realtà c'era solo da avere paura.
La bionda incrociò le braccia al petto.
« Si, so tutto. » Avanzò verso Polina. « So che ha deciso di andarsene con Aron, che non sa quando torna, che ha chiesto ad un casino di persone di starmi dietro. »
« Non è stato facile neanche per lui. »
« Non posso essere neanche incazzata, non aveva idea che sarei stata male. Che avrei avuto bisogno di lui. » Sembrava perfettamente lucida, estremamente razionale. Polina non sapeva cosa dire. Non era possibile. « Oggi non ci vengo al maneggio. » E perchè? « Mi alleno in palestra. »
La donna alzò le sopracciglia. « Ma ho bisogno di te. » Stavano parlando ancora dei cavalli?
« Non dire cazzate, non è vero, tutto quello che faccio io l'hai sempre fatto da sola, nessuno ha bisogno di me. » Come darle torto. « Oggi me lo prendo di vacanza. »
« Ci sono sempre quelle lezioni con i bambini, se ti va... »
« Quando? »
« La prossima è domani sera. »
Annuí. « Credo di esserci. » A quel punto la signora Nowak credette che forse non vi fosse molto altro da dire. Decise di andarsene, anche se non era proprio quello di cui la giovane aveva bisogno. Tendeva ad isolarsi quando proprio non doveva farlo. Nessuno sapeva come trattarla.
« Cass... »
« Mh? »
Polly non si era neppure tolta il cappotto, era almeno riuscita a riposare, quella notte? « Guarda che va bene star male. »
Allora la giovane scosse il capo. « No, non va bene. »
« Cosa avevi pensato di dargli? » Cassandra sorrise, ripensando alle parole che aveva letto sul suo diario.
Dovette alzare lo sguardo, perchè le scese giù una lacrima prima che potesse nasconderla. « Questo. » Camminò verso la scrivania, aprí il cassettino e cercò il solito diario. Decise di aprirlo proprio sulla pagina che aveva deciso di strappare, prima di cambiare idea altre mille volte. Lo porse a Polly, che non comprese.
« Cosa sarebbe? »
« Quando ero piccola scrivevo quello che mi passava per la testa qui dentro. » Prima di continuare a parlare controllò che la porta fosse chiusa. « Il suo nome è ovunque. » Le venne da ridere, gli sarebbe piaciuto leggergli quei diari, se solo non fosse stato cosí sbagliato. « Però non era proprio il modo giusto per dirsi addio. »
« No, infatti. »
Era tutto finito. I bigliettini, le corse al maneggio, addormentarsi insieme e correre via il giorno dopo: gli sguardi rubati e l'ammirazione, tutta quella stima che provavano l'uno nei confronti dell'altra esaurita in un viaggio in Polonia.
Le sembrava assurdo, impossibile, innaturale. Chissà cosa stava pensando lui, che stava facendo. Avrebbe dato tutto l'oro del mondo pur di saperlo. « Però se vuoi puoi leggerli, se sei curiosa, fanno ridere. » La verità era che Cassandra voleva parlarne ma non aveva nessuno con cui farlo. « Ogni volta che si faceva un tatuaggio nuovo era un evento speciale. »
Polina odiava quella situazione, ma non pensava che avrebbe mai incontrato nella sua vita una donna che amasse Aron tanto quanto avesse fatto lei, da sempre. Pareva nata apposta per quello.
« Se vuoi tienili proprio tu, io non li voglio più leggere. » Sarebbe stato uno strazio averli sempre davanti.
« Sicura? »
Annuí. « Si. » Poi cercò il cellulare, non ricordava dove lo avesse lasciato. « Grazie per essere venuta a controllare come stessi, ma so badare a me stessa, o comunque devo imparare. » Prima o poi.
Le venne quasi da ridere, ogni tanto dimenticava che Klaus non ci fosse.
« Va bene, ci vediamo domani. »
« Si, domani si. Ti metto i diari in una busta, qualcosa. » Si volse e iniziò a cercare qualcosa in cui chiudere quei libricini consumati, trovò nell'armadio una busta di carta che si era dimenticata di buttare: quella del vestito che aveva acquistato per il matrimonio. Sembrava passata una vita. La prese e tornò poi da Polina, la invitò a posarci dentro gli oggetti. « Miraccomando, questi sono i miei segreti. » Assottigliò lo sguardo con fare ironico, ormai erano cose passate, ma le sarebbe comunque dispiaciuto se qualcuno di sgradito ci avesse messo gli occhi sopra.
« Li proteggerò con cura. » Le stava facendo un piacere, a portarglieli via. Chiuse la busta e la appese sulla spalla, da sopra il cappotto fatto su misura. « Vuoi che ti aggiorni? »
Alzò le spalle.
« Solo su Klaus, se riesci. »
« Certo. » Stavano usando lo stesso metodo, provare a cancellare l'uno dalla vita dell'altra. Polina piegò il capo in avanti, facendo muovere i ricci ribelli.
« Tu sai cosa avessero da fare ieri? Perchè pensavo fosse tutto un casino, mi aveva chiamata per aiutarlo... » Dovette fermarsi, ora quella cosa le sembrava ancora più strana. « Voleva che lo aiutassi a convincere Aron a non partire, quando ancora non si sapeva niente di sua sorella. »
« Penso che qualsiasi cosa avessero in mente, sia finita bene. » Quindi era davvero super segreta. « Altrimenti tuo fratello non sarebbe mai partito, ci posso mettere la mano sul fuoco. »
« Si, però è strano. »
« Questo mondo è abbastanza imprevedibile. »
Le sorrise l'ultima volta, non sembrave tesa, neanche troppo sorpresa da quella notizia. Se ne andò via abbastanza tranquilla, e Cass restò un'altra volta da sola. Forse avrebbe fatto meglio a fare colazione con qualcuno.
Andò in sala da pranzo, ancora con i capelli legati e le occhiaie a rovinarle il viso. « Che mangiate di buono? » C'era Andrea insieme a Lidia.
Fu proprio Andrea a risponderle. « Torta al cioccolato, l'ha fatta Greta. Vuoi assaggiare? » Cassandra ricordò le cose che le aveva detto qualche tempo prima, in preda ad un terrore che non sapeva gestire. Si chiese se l'avesse perdonata. Comunque non aveva le forze per esserle ancora ostile. Doveva usarle per fingere che stesse bene, che tutta quella tristezza fosse solo per Klaus che l'aveva lasciata da sola.
Aveva i piedi ancora nudi, avanzò verso una sedia e annuí debolmente. Andrea le allungò un piattino con un pezzetto di dolce, la bionda ne staccò la punta con le dita e la portò alle labbra. Ma come faceva Lidia ad essere cosí serena? Anche lei aveva perso colui che amava.
La osservava silente alla ricerca di una qualche rivelazione, mentre si puliva la bocca con un fazzoletto di stoffa. « Lo sai che tuo fratello mi ha trovato un lavoro? »
« Amche tu al maneggio? »
« No, devo lavorare con una certa Irina. » Cassandra alzò le sopracciglia. Aveva ancora il diritto di essere gelosa? Lidia forse colse la sua eapressione, comunque non le interessava.
Chiese a Greta di portarle del caffè con il latte, per scaldarsi lo stomaco. « Si, Irina. » Stava parlando da sola? « Credo sia... simpatica. »
Sul serio? Si reggeva la testa con una mano, lo sguardo perso davanti a lei. « Siete amiche? »
« No, non tanto. Ma ne parlano tutti bene, mio fratello anche. » E Aron. Non riusciva a pronunciare il suo nome. « Cosa dovrai fare? »
« Stare dietro al bar. »
« Sei brava? »
Andrea alzò le spalle. « Si, l'ho già fatto in passato. » Giusto.
A quel punto parlò Lidia. « Irina non è quella che stava con Aron? » Fiurati se non lo ricordava.
« Si. » Forse sperava di rendere la conversazione più piacevole, intima, di arricchirla con un nuovo argomento. Ma la bionda non voleva proprio saperne. Non sapeva neppure se fossero mai stati insieme davvero, ma non le andava di mettersi a parlare di loro due. Soprattutto perchè Irina sapeva ci fosse qualcosa tra lei e Nowak, era troppo furba e fissata con lui, per non intuirlo.
E se le avesse rsccontato tutto? Impossibile. Avrebbe creato un casino e perso Aron per sempre. Ma avrebbe messo fuori gioco Cassandra.
Eppure, Cass era già fuori da qualsiasi possibile relazione con lui. « Penso che ti troveri bene, la gente che lavora con mio fratello è gentile. » Pensò subito a Dominic. « ...Quando vuole lui. » Ovviamente. Nessuna delle due sorelle comprese a che diavolo si riferisse, Cass era certa a volte pensassero fosse una pazza.
Forse avrebbe potuto allenarsi con Dominic, un po' di pugni l'avrebbero fatta svegliare. E poi magari sarebbe riuscita a scoprire qualcosa sul famoso affare che Klaus doveva fare subito, in modo che Aron non perdesse il volo.
« In che senso, scusa? » Figurati se Andrea frenava la lingua. « Che vuol dire? Che sono stronzi? »
« Vuol dire che se Klaus dice che devono essere stronzi, saranno stronzi. » Adesso che Klaus non c'era più poteva farle tutte le domande che voleva, non era più obbligata a seguire le sue stupide regole. Voleva ricordarle che la parte dell'indifesa non funzionasse, che aveva vissuto fino ad ora con i De Vito, non in un'isola in mezzo al mare. Non credeva alla storia per cui certe dinamiche le fossero estranee.
« Io vado in palestra, comunque. »
Pensò di invitarle, poi decise che avesse fatto abbastanza relazioni sociali, per quella mattina. Si alzò dopo aver finito il suo dolce e si congedò salutando le due sorelle. Non erano per niente in sintonia, le ricordavano lei e Klaus, solo che loro due non avevano vissuto insieme tutta la vita. Si domandò come fosse possibile non conoscere una persona con cui convivesse.
Indossò una tuta scura e si coprí con la solita felpa nera, nella solita Goyard infilò un asciugamano e l'acqua. Il resto era tutto lí.
Arrivò e lo vide, Dominic. Sembrava strano, era come se l'assenza di Klaus si percepisse nell'aria. Le sembrò quasi di vederlo sorridere.
« Ciao Dominic. »
« Buongiorno, come mai qui? » Perchè andava in un posto che avrebbe dovuto odiare, mentre le era concesso di fare qualsiasi altra cosa.
« Voglio che mi alleni. » Il quasi sorrisetto di Dominic svaní presto, non capiva. Perchè lo voleva nonostante Klaus non ci fosse? Si chiese se ci fosse qualcosa che non sapesse, se si fosse dimenticato qualche ordine, ma no. Cassandra voleva davvero allenarsi con lui, dopo tutto quelle che era successo le altre volte.
Capí perchè avessero modi tanto strani di comunicare, di risolvere le cose. I Van der Meer non erano persone normali. Avevano qualcosa di rotto dentro che non poteva essere riparato in alcun modo. Avrebbe quasi voluto chiederle se stesse bene, ma poi ricordò che se Klaus era quello severo, lei veniva descritta come imprevedibile. Non riusciva a controllarsi come il fratello.
« Va bene, da dove vuoi partire? »
« Non lo so, voi come vi allenate? »
« Voi chi? »
Roteó lo sguardo, quasi seccata. « Voi ombra di mio fratello. » Era solo stanca. Per questo il tono di voce risultava sgradevole.
« Ognuno come vuole, non ci sono delle regole, se vuoi ti spiego come faccio io. »
« Non siete tipo i moschettieri, tutti per uno e uno per tutti? »
« No, possiamo fare come ci pare, basta che portiamo a casa dei risultati. »
« Allora perchè tutti vogliono allenarsi con te? Aron diceva che eri quello messo meglio. »
« Davvero Nowak ha detto questo? »
« Si, non in questo modo... ha detto che eri il peggiore, ma in senso positivo. »
Solitamente non parlava in quel modo con Cassandra, anzi, quando c'era Klaus la giovane stava in silenzio quasi per tutto il tempo. Era strano vederla cosí, per Dominic. « Ti seguo io, però eviterei di fare come le ultime volte. » Si domandò se in quel modo non stesse andando contro il suo capo, o lo stesse implicitamente criticando. Ma no, era impossibile, era tutto nella sua testa. Bastava stare attento. E poi Cassandra non sembrava proprio una che badasse a quelle cose.
« Niente lividi? »
Le labbra sottili di Dominic s'incresparono in un sorrisetto divertito. « Questo non posso garantirlo. » Senza Klaus ad intimorirlo era diverso anche lui.
« Anche perchè ormai sono abituata ad un certo standard. » Faceva anche delle battute? « Cosí quando torna Klaus gli faccio il culo. »
« Per quello ci vorrà molto più tempo. » Schietto, si avvicinò al sacco che usavano per allenarsi e la invitò con un cenno del capo a raggiungerlo.
« Non credo, basta beccare i punti giusti. »
« Sei sveglia. » Parve sorpreso.
Cassandra si domandò che idea si fosse fatto di lei, credeva avesse avuto una vita troppo facile? Oppure una troppo difficile, e quindi la compativa? Solitamente le persone non andavano oltre quei due estremi.
« A quanto pare. Non sono solo la stupida sorella minore di Klaus. »
« Non ho mai detto questo. »
« Tanto lo so che lo pensano tutti. »
« Nessuno pensa che tu sia stupida. »
« Ah, quindi lo pensa solo Klaus. » Le venne da ridere, non credeva completamente alle parole di Dominic, ma se le fece andar bene. Lui stette zitto, non gli piaceva parlare del fratello maggiore quando non c'era, gli sembrava di tradirlo. Klaus aveva insinuato il terrore del tradimento nella testa di tutti i suoi seguaci.
« Dai, iniziamo. »
« Si. » Le indicò come mettersi in posizione, sia i piedi che le mani. Cass ricordò di cosa le avesse già spiegato Klaus, sorrise. « Posso chiederti una cosa? »
« Certo. »
« Tu eri con mio fratello ieri notte, vero? »
« ...Si. » Dove voleva arrivare? Dominic si chiese cosa sapesse. Probabilmente nulla, e se non sapeva niente voleva dire solo che non dovesse.
« Che è successo? Cioè è andara davvero cosí bene, da far pensare a Klaus di poter partire, lasciare tutti? »
« Cosa sai? »
Alzò le spalle. « Che ci fosse casino, ma di preciso nulla. »
Lui cercò le parole adatte. « Non è andata male, ieri, però c'è comunque da fare. » Quindi stava comunque rischiando.
« E chi ci pensa? » Dominic alzò le sopracciglia, restò fermissimo per qualche attimo e si chiese se non fosse davvero cosí ovvio. Ancora non aveva compreso? « ...Chi? » Domandò ancora, quesra volta più preoccupata dal suo silenzio.
« ...Sei tu quella più importante dopo Klaus, ci sei solo tu. » Ma io non sono mio fratello. Schiuse la bocca, aveva sempre pensato che sentirselo dire sarebbe stato gratificante, invece quelle parole la destabilizzarono. « Nessuno pretende che tu sia come lui, ma sei comunque un punto di riferimento. » Che tu lo voglia o no, Cass.
« Allora vorrà dire che ci penserò io. »
Senza Aron, senza Klaus? Come farai, piccola Cassy?
💎💎💎
IN RITARDO MA CI SONOOO
Come al solito, fatemi sapere ❤️
Spero vi sia piaciuto questo capitolo un po' meno movimentato ma più emozionante
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