CAPITOLO 23
I never craved attention
Untill I tasted yours
Quando Cassandra aprí gli occhi aveva ancora la testa di Aron poggiata sul petto, sorrise. Pensò fosse un sogno, chiuse nuovamente le palpebre e gli accarezzò i capelli biondi. Il suo profumo le piaceva da morire. Lui si svegliò lentamente, strinse un braccio attorno al fianco di lei e poi la baciò dolcemente. Avrebbe voluto dirgli di non fermarsi, di trascinarla in camera da letto per passare insieme tutto il giorno.
Quando realizzò di non essere in uno dei suoi sogni, Cassandra sgranò lo sguardo e si tirò su, spingendo via Nowak. Lo guardò, era bellissimo.
« Che ore sono? »
« Sono... » Aron si stava ancora riprendendo, scosse la testa velocemente, poi cercò qualcosa vicino a lui, un telefono. Non trovava niente.
« Aspetta. » Si alzò, era ancora nudo, si erano addormentati cosí. Lei lo osservò camminare verso il salotto, cercare i pantaloni. Alla fine accese il computer per controllare che diavolo di ore fossero. « Sono le dieci... merda! »
Lei scattò come una molla, cercò velocemente i suoi vestiti e poi ricordò che Aron le avesse rotto le calze. Come poteva tornare a casa?
« Cazzo! »
« Prendi dei miei pantaloni. »
« Si, per forza. » Mentre lei s'infilava il maglioncino lui era già scappato a cercare il sotto di una tuta che potesse rigirarsi in vita, per rendere l'elastico più stretto. Quando tornò in salotto glie li tirò sul divano. « Tieni, ti cadranno di sicuro ma meglio di nulla. »
« Si, si. Chiamo un taxi. »
« Avrei voluto accompagnarti ma... » Ma se l'avesse visto, Klaus l'avrebbe ammazzato.
Lei si rivestí velocemente. « Mi bastano i tuoi pantaloni. » Gli si avvicinò ormai sfacciata e gli leccò le labbra, lui le afferrò la lingua con le sue e poi l'attirò contro il proprio corpo.
« Sicura ti bastino? » Ridacchiò divertito, come se non avessero tacitamente iniziato una specie di relazione segreta alle spalle di Klaus.
« Non lo so, ci devo pensare. »
« Se vuoi posso aiutarti a riflettere meglio. » Le succhiò il lobo dell'orecchio, lei tremò.
« ...Ma che gentile. » Doveva andarsene. Eppure non ci riusciva, ogni volta che lo guardava negli occhi si scordava cosa rischiasse. Era più forte di lei.
« È nella mia indole. » Insinuò una mano sotto il suo maglioncino, glie l'avrebbe volentieri tolto un'altra volta. Forse ci sarebbe riuscito davvero, se non avessero sentito il cellulare di Cassandra vibrare nella borsa. Si guardarono immediatamente, terrorizzati. Erano certi fosse Klaus.
Infatti. « Klaus? » Aron si gelò sul posto.
« Mi spieghi dove cazzo sei. » Doveva trovare una scusa.
« Sono... da Vanessa, sono da lei, ieri mi ha chiesto di uscire dopo che siete andati a letto e l'ho raggiunta. »
« Ti giuro che se è una cazzata... »
« No, no. Sto arrivando, torno subito. »
Chiuse immediatamente la chiamata, la prima cosa che fece fu chiamare Vanessa, doveva assolutamente avvisarla. Si vergognava da morire, non ci parlava da troppo tempo.
« Ehi Cass, che c'è? »
« Ho bisogno che tu dica a mio fratello che sono con te, a casa tua, okay? Se ti chiama digli che ieri sera sono rimasta da te e mi hai chiesto di vederci dopo le due, va bene? »
« Si, ma che cosa... »
« Ero con uno, poi ti dico tutto, ora devo scappare. » Non le diede neppure il tempo di rispondere, chiuse la chiamata e tornò a cercare le sue cose. Per ultimo si infilò le scarpe.
Aron aspettò che chiudesse la chiamata. « Con uno? »
« Uno dei tanti. » Scherzò, recuperò il pantaloncino e lasciò perdere i collant, li avrebbe buttati lui.
« Uno dei tanti che ti lascia dei bigliettini nelle tasche? »
« Si, esattamente. » Il bigliettino! « ...Non l'ho buttato. » Si portò le mani davanti alla bocca. Ora si che rischiavano di farsi scoprire.
« Cosa? »
« Il bigliettino, l'ho lasciato in bagno! »
Aron si portò le mani ai lati del viso. « Porca troia... » Fu come se fosse stato già beccato.
« Devo muovermi. » Prima che sia troppo tardi. O forse lo era già. Impossibile. In quel caso Klaus sarebbe stato già lí, non avrebbe avuto il tempo neanche di svegliarsi. E poi non c'era scritto il suo nome, poteva essere chiunque.
Si chiuse la porta alle spalle e cercò presto un taxi per farsi riportare a casa, aveva in mano i pantaloncini della sera prima e li stringeva appallottolati come se potesse farli sparire. Rientrò dalla porta principale.
« Potevi avvisare. » Suo fratello l'aspettava seduto sul divano all'ingresso. Le gambe piegate e le ginocchia puntate verso di lei.
« Non volevo svegliarvi. »
« Vatti a cambiare. » Non volle farle domande sul perchè indossasse una tuta, non era certo di voler sapere la risposta. « Pensavo che fossi cambiata. »
Lo disse mentre saliva le scale per andare al piano di sopra. Allora lei si fermò e decise di rispondergli. « E come pensavi fossi diventata? Un'asociale senza amici e che ti sta sempre appiccicata? Non mi sembra grave avere una vita sociale, che palle. »
« Non avevo idea... di dove cazzo fossi, forse non ti rendi conto di in che situazione di merda siamo! » Lo urlò cosí forte che la sua voce rimbombò per tutte le scale.
« Sono uscita con dei cazzo di amici! Non posso vivere chiusa in casa! » Gli ringhiò contro quelle bugie, gridando fino a graffiarsi la gola.
« Sei un'irresponsabile, te l'ho detto che è un periodo di merda, per una cazzo di volta non pensare solo a te stessa! » Si avvicinò alle scale di marmo, salí fino a raggiungerla. Le vomitò addosso tutta l'ansia della notte prima, arrabbiandosi molto di più del dovuto.
Sgranò gli occhi. « ...Vaffanculo Klaus. » Lui la sovrastava completamente, quella litigata fu la peggiore. E non perchè si fossero detti chissà cosa, ma perchè le altre volte Cass non si era mai esposta, aveva messo su una corazza e aveva preferito ammazzarsi da sola, che farsi ferire dalle parole di suo fratello. Si sentí indifesa.
Non sarebbe mai riuscita ad essere felice con Aron, quella consapevolezza le metteva una rabbia addosso di cui non sapeva liberarsi.
Gli occhi le divennero lucidi, era tutto sbagliato. Volse il capo e scappò via, in silenzio.
Odiava il silenzio, quel tipo in particolare. Era pesante, e le toglieva l'aria. Si chiuse la porta alle spalle, poi con una mano si tamponò gli occhi, non voleva piangere.
Il bigliettino. Camminó verso il bagno, non c'era più. Controllò ovunque, anche nella spazzatura. Poi chiamò Greta, le domandò se avesse trovato qualcosa ma quella rispose di no, che era da ieri che non entrava nelle sue stanze, per paura di svegliarla.
Chi diavolo l'aveva trovato.
Adesso si, che le veniva da piangere.
Si sistemò sul letto, aveva solo voglia di chiamare Aron, ma non poteva. Si morse la lingua.
Aveva il cellulare stretto tra le mani, improvvisamente apparve il nome di Vanessa.
Non poteva metterla in mezzo anche a questo casino. Non rispondere, non parlare con nessuno. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
Chiudersi in se stessa non era mai stata una grande idea, la metteva ogni volta davanti al fatto che non sapesse cavarsela da sola, e non avesse idea di come gestire le emozioni forti. Finiva sempre per soffocarle e alla fine impazziva.
« ...Vanessa? »
« Che hai combinato? »
« Niente, niente è tutto risolto. » La voce era tremolante.
« Sicura? Guarda che con me puoi parlare, se ti tieni tutto dentro è peggio. »
« Questa volta è meglio se sto zitta, comunque ho litigato con Klaus, si è incazzato perchè non gli ho detto niente, ieri. »
« E allora? Mica è la prima volta. »
« È che... non lo so, di recente stavamo andando d'accordo, era anche carino... »
« Non lo so cosa sia successo, ma non esci di casa da un mese, se è questo il modo di andare d'accordo con lui... »
« Sul serio? »
Vanessa non era solita parlare male di Klaus, anzi. Solitamente era dalla sua parte. « Si, lavori, torni a casa e poi lo rifai il giorno dopo. »
« Ma non può essere solo questo, l'altra sera mi ha addirittura chiesto scusa, adesso stiamo bene, abbiamo cucinato insieme... » Non poteva accettare i commenti che le aveva appena regalato Vanessa, seppur perfettamente logici.
« Io penso che andiate cosí d'accordo anche perchè lui ti ha sempre sotto il suo controllo. »
Non ci aveva pensato, si era abbandonata a suo fratello e lui diceva d'esser cambiato, forse lo aveva fatto solo lei.
Sospirò, stanca. Poggiò la testa sul cuscino. « Comunque, grazie per prima. »
Vanessa era ancora preoccupata. Sentiva che qualcosa non andasse. « Ma si può sapere da chi eri? » Sapeva che a Cassandra non bastassero qualche giorno di lavoro e un po' di belle parole per star meglio, lei l'aveva vista crollare.
« Sicura che vuoi saperlo? »
« Che stai combinando? »
« Se te lo dico poi diventerai complice di una mega bugia. »
La mora rise, non immaginava assolutamente cosa Cass non volesse dirle. « Con te è impossibile non esserlo, non sarebbe la prima volta. »
« Questa volta è peggio, sto davvero facendo una cazzata. »
« Almeno lo sai, è già un buon punto di partenza. » Le venne da ridere, decise comunque che sarebbe rimasta sul vago. Non poteva assolutamente rischiare. « ...Allora? »
« Senti, facciamo che te lo dico di persona, ma è meglio se non sai troppe cose. »
« Ma almeno un indizio? »
« Frequento... cioè mi vedo, non è che frequento, qualcuno che mio fratello non approverebbe mai, quindi stiamo cercando di evitarci. » Scappando di casa la notte, solo per vedersi qualche ora.
Il fatto che avesse usato la parola "stiamo", invece del singolare già avrebbe potuto farle capire molte cose. In primis che anche lui, chiunque fosse, avesse rispetto per Klaus. O almeno timore.
« Pensavo peggio. » Perchè non hai idea di chi sia.
Alzò le sopracciglia. « Addrittura. »
« Non si può sapere il nome? »
« Te lo dico se indovini. »
« Dai, che significa? »
« Te lo dico se indovini, non ti va? »
« Ma come faccio ad indovinare, non ho proprio idea di chi possa essere. »
« Dai, una persona con cui Klaus non vorrebbe mai vedermi. »
« ...Qualsiasi ragazzo, tipo. »
« Ma no, con gli altri farebbe solo un po' la parte del geloso, romperebbe le palle ma non andrebbe fuori di testa. »
Vanessa sembrava scocciata. « Ti giuro, non ne ho idea. »
« Vabbe, meglio cosí, significa che sono insospettabile. » O che aveva un'amica troppo innocente. Che peccato, le sarebbe piaciuto raccontare a qualcuno cosa stesse passando.
« Non raccontare a Ricky questa cosa, eh. »
« Ma figurati. »
« Non è che non mi fido, è che magari ti veniva da raccontarglielo... »
« Tranquilla, ho imparato la lezione. »
« Ricordi che casino a Parigi? »
« Si, menomale che c'era quell'amico di tuo fratello... come si chiama... »
Sospirò, quasi sognante. « Aron, Aron Nowak. » Cassandra sorrise, le piaceva pronunciare il suo nome.
« Eh, si— non è che è lui, vero? »
Restò in silenzio, non riuscí a risponderle di sí.
Allora Vanessa parlò ancora. « Non mi dire che è il migliore amico di Klaus, ti prego dimmi che mi sbaglio... » Adesso, era preoccupata. « Cass è molto peggio di quanto pensassi. » Riusciva ad immaginarla mentre infilava le mani tra i capelli mossi. La sua espressione tesa.
« Lo so, è che non mi è mai successo che mi piacesse qualcuno cosí... »
« Cosí come? »
« Come dicevi tu! »
« Se vi scoprono altro che maneggio, finite... al cimitero! »
« Infatti non ci scoprono, perchè tanto torno a Londra e lui va in Polonia. » Era la cosa più giusta da fare, eppure mentre spiegava il loro piano le si stringeva il cuore. Aveva paura di stare male, che le mancasse troppo.
Che poi, a pensarci bene non aveva niente, neanche un appuntamento o una giornata insieme da farsi mancare, loro due una relazione non l'avevano mai avuta. « Ma come è successo? Credevo... » Si fermò, forse era entrato qualcuno nella stanza dove stava parlando? « Credevo lo detestassi, mi hai detto che era uno stronzo. »
« Si, è vero, solo che... mi piaceva anche da morire. » Chiuse gli occhi, come se avesse bisogno di visualizzarlo nella sua mente. « Quando ero piccola, e poi quando sono cresciuta. »
« Se tuo fratello lo scopre... »
« Non lo scopre. Poi ti ha chiamato per avere conferma di quello che avevo detto? »
« No, non l'ho proprio sentito. »
« No? »
« No. »
« Strano... » Chissà che aveva in mente. Quella nuova consapevolezza spaventò Cassandra, era decisamente strano non si fosse informato. « Ma tu con chi eri? »
« Sono con Ricky, nella casa dei suoi in campagna, ma perchè? »
« Sei con loro? Cioè sei andata in campagna con la sua famiglia? »
« Si, siamo tutti qui, sono molto gentili. »
Cass si mise a sedere, agitata. « Se loro gli dicono che eri lí le mie... la mia copertura salta! » E c'era anche da considerare il bigliettino scomparso. Qualcuno doveva averlo trovato per forza. Si sentí una pessima amica: invece che domandarle della sua relazione, si concentrava sui propri casini e basta. « Vabbe, senti, a te come va? Con Ricky intendo. »
« Alla grande, ti giuro, ci passerei insieme tutti i giorni. »
« Inizio a pensare all'addio al nubilato. »
« ...Magari. » Davvero?
« Se fate dei figli una dovrà chiamarsi Cassandra, glie l'hai precisato? »
« No, non ancora. »
« Ok, io stavo scherzando ma tu mi spaventi. »
« Dai, è cosí sbagliato sognare un po'? »
« Beh— » Stava per dirle che si, fosse assurdo e inutile, ma poi pensò alle cose che si erano detti lei e Aron la notte prima. « No, no. È tra le cose più belle. » Sicuramente, era l'unica cosa che lei potesse fare.
Vanessa rimase sorpresa. « Se mi dai ragione quando parlo di queste cose... non so se basterà Londra a farti scordare del tuo amante. » Sicuramente, non sarebbe bastata. « Non serve che me ne scordi, serve che gli stia alla larga. »
Per forza, ad ogni costo. Vi fu un momento di silenzio, aveva praticamente ammesso d'esser pronta a star male.
« Senti ma se usciamo davvero? Quando torno, se non vuoi uscire vengo da te. »
« Pigiama Party. »
« Si, dai. »
Sentí bussare alla porta, riconobbe dal tocco pesante Klaus. Trasalí, da quanto era lí dietro? Che aveva sentito? « Chi è? » Fece finta di non aspettarsi il suo arrivo, ma intanto chiuse la chiamata con Vanessa, dicendole di non poter più parlare.
« Io, sono Klaus, posso entrare? » Stava già aprendo la porta prima che potesse rispondergli di andare al diavolo.
Lei alzò lo sguardo su di lui. « No. »
« Dai, ho esagerato, lo ammetto. » Eh? Lei aggrottò le sopracciglia, non aveva mai sentito quelle parole uscire dalla bocca di Klaus. Si mise a sedere accanto a lei. « Ho avuto paura, tutto qui. »
Adesso non aveva neanche una scusa vera per odiarlo. « E io ho sbagliato a non avvisarti. » Solo quello? Non aveva da dire altro? « Però non eri da Vanessa. »
« Che dici? »
« Vanessa era con Ricky. » Lo disse con una tale sicurezza che la fece vacillare.
Cassandra sgranò gli occhi, aveva scoperto tutto? Aveva trovato lui, il bigliettino? « No, no. »
« Si, quindi preferisco tu mi dica che non hai voglia di dirmi cosa hai fatto, piuttosto che una bugia. »
« E va bene, non voglio raccontarti cosa ho fatto. » Dove voleva andare a parare? Perchè sembrava cosí calmo? Un dolore fastidioso le avvolse lo stomaco e lo strinse forte.
« Ti vedi con qualcuno? » Lei sentí il bisogno di alzarsi, il cuore le batteva veloce e la gola era secchissima. Davvero ci aveva messo cosí poco?
Andò dall'altra parte della stanza, vicino ad una scrivania su cui si poggiò. « Non mi vedo con nessuno, non in quel senso che intendi tu. »
« E in che senso? » Si vedeva che si stava trattenendo, pensava di fregarla? Era agitato, lo sguardo nervoso e l'espressione tesa tradivano le sue finte buone intenzioni.
« Nessuno ha il coraggio di provarci con me, hanno tutti paura di Klaus Van Der Meer, puoi stare tranquillo. » Morirò da sola, non temere. Lo disse con un pizzico di frustrazione.
Lui si sentí subito più tranquillo, anche se sapeva non avrebbe dovuto. Non era giusto che lui avesse trovato Lidia, mentre Cassandra non potesse neppure parlare con qualcuno davanti al fratello. « Senti, lo sai come la penso, io quello che faccio... è solo per il tuo bene, e poi non è facile. »
« Non mi va di parlare. » Anche perchè, a che serviva? « Sul serio, Klaus. Questo discorso possiamo risparmiarcelo. »
« Io vorrei vederti felice, scegliere la persona giusta non è facile. »
« Ho vent'anni, è tardi per questi discorsi. »
« No, non è vero. È giusto che io ti dica queste cose. »
Lei si spazientí, decise di di infastidirlo solo per sbarazzarsene. « Ho già avuto le mie prime volte, non c'è bisogno che mi spieghi come nascono i bambini. »
Lui rimase sorpreso, ma poi sospirò, abbassò il capo consapevole che avesse ragione, e che con i suoi modi troppo severi le avesse solo creato problemi, invece che aiutarla, renderle le cose più facili. « Mi dispiace. » Un po' tardi, fratellone. « Sicura che non eri con uno ieri? » Ancora? Moriva proprio dalla voglia di saperlo. Per un momento lei fu tentata, di dirgli tutto e far finire quell'angoscia. Di spiaccicargli in faccia la realtà, ma poi decise di continuare a mentire. « Klaus basta, che te ne frega? E poi anche se fossi stata con uno, che ti cambia? »
« Che mi cambia? Voglio sapere chi sia, se sia affidabile, che cosa fa e chi sono i suoi genitori, e poi... » E poi? Cosa gli avrebbe fatto? « Gli uomini sono delle merde, Cass. Almeno se me lo dici— »
« È cosí assurdo che io possa piacere a qualcuno? Che qualcuno possa volere me come tu vuoi Lidia? »
« Ma cosa c'entra. »
« E certo, figurati! » Schioccò la lingua sul palato, poi si portò le ginocchia al petto e nascose lo sguardo da quello di Klaus, puntandolo in avanti.
Lui s'infiammò immediatamente. « Allora ti vedi con qualcuno! » Lei restò zitta, non aveva più voglia di continuare quella conversazione. « Dimmi chi è, dimmelo ora tanto sai che lo scopriró. » Preferiva morire, piuttosto. Volse il capo per fissargli la rabbia che aveva negli occhi, fu la prima volta in tutta la sua vita che non si fidava di lui. Di solito gli nascondeva le cose per evitare ramanzine, ma gli aveva sempre riconosciuto una fiducia incondizionata.
Si stava rompendo qualcosa. « Chi è? Perchè non vuoi dirmelo? »
Lei serrò i denti, decise di alzarsi perchè lanciargli quella sfida fu un grosso errore, non riusciva a reggere il suo disprezzo. « È inutile, io con te non ci parlo. »
« Guarda che non ne ho bisogno, lo sai che non ho mai avuto bisogno di sapere da te cose facessi. »
« Sei cosí convinto di sapere tutto, di me? »
« So le cose che voglio sapere. » Assottigliò lo sguardo, parevano essere tornati quelli di un tempo. Nessuno era capace di far perdere la pazienza a Klaus quanto sua sorella.
Lei gli sorrise, sfacciata. Poi allargò gli occhi e allungò il viso verso di lui.
« Buona fortuna. » Gli rise in faccia, solo per infastidirlo, farlo infuriare. Sapeva quanto odiasse non conoscere cosa pensasse, quando le cose scivolavano via dal suo controllo. Quando davvero, non poteva fare altro se non aspettare che Cass commettesse l'ennesimo passo falso.
Lo lasciò andare via silente, non si parlarono più. Tutta quella felicità e armonia surreale pareva essersi estinta improvvisamente; eppure andavano cosí d'accordo, fino a qualche attimo prima. Forse lei avrebbe dovuto seguirlo, cercarlo per chiedergli scusa, affrontare un discorso che nessuno di loro due era pronto a gestire. Eppure, le dispiaceva. Sentiva che il suo cuore si era spezzato nel momento in cui erano tornati a vivere su due mondi diversi.
Non sarebbe mai dovuta andare da Aron. Se non fosse scappata tutto quello non sarebbe successo.
Sperò che non trovasse mai io bigliettino scomparso, che una delle domestiche l'avesse eliminato dalla faccia della terra.
Forse Greta sapeva dove fosse. Chiederglielo sarebbe stato troppo rischioso.
Dopo tutto quel casino, nonostante la litigata, l'unica persona che avesse voglia di sentire era Aron, per raccontargli tutto, come se potesse capirla davvero. Sentirsi desiderata era appagante, conosceva bene quella sensazione. Ma con lui era tutto diverso, non c'era solo il desiderio fisico di stare insieme. Era come se le loro menti fossero connesse, riusciva quasi a vedere cosa stesse pensando.
Non aveva voglia di starsene chiusa in camera, cosí prese il cellulare e decise di andarsene, che tanto non avrebbe risolto niente rimuginando sulle cose. Incontrò Lidia, e improvvisamente tutta quella gente in casa le iniziò a dare fastidio. Stava cercando Klaus, forse avevano litigato un'altra volta. Pensò che fosse peggio per loro, peggio per lei. La guardò con fare strafottente, credeva di essere superiore a tutti solo perche aveva studiato psicologia?
Quella realtà avrebbe mangiato anche lei.
« Cassandra! »
« Mh? » Andrea. Che voleva lei, ora? Credeva d'aver parlato con abbastanza gente per quel giorno.
« Ho qualcosa che potrebbe interessarti. » Il bigliettino? « Vieni. »
Che diavolo aveva in mente? Era la sorella di Lidia, eppure qualcosa le diceva che non poteva fidarsi. Si avvicinò alla stanza dove dormiva, in silenzio senza attirare troppa attenzione. L'altra camminò fino al comodino, Cassandra non entrava da cosí tanto in quella camera che si era dimenticata come fosse. Luminosa, chiara, diversa dal resto della casa. « Che cosa c'è? »
« Guarda. » Tirò fuori dal comodino una spazzola larga, poi tirò i denti di plastica e fece sollevare la gomma, incastrata nel legno. Che cosa nascondeva? Le porse l'oggetto, vide la stagnola argentata, e riconobbe subito cosa le stesse proponendo. « Allora? »
« Dove l'hai presa? »
« L'ho presa dove si prende, che te ne frega. Allora, ti va di dividercela? »
« Perchè vuoi dividerla con me? »
« Perchè tu mi capisci meglio di mia sorella. »
« Non lo so, ci ho messo un sacco di impegno per smettere... »
« È solo per una volta, e poi ci sono io... »
💎💎💎
Buonasera! Come va?
Sorry per l'attesa.
Vi anticipo che accadranno tante tante cose
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