CAPITOLO 22
I can lose everything, but not you... Oh god, not you...
I giorni successivi Cassandra aveva cercato di entrare nell'ufficio di Polly il meno possibile, e comunque Aron al maneggio non s'era mai visto.
Mentre guardava la televisione, seduta sul solito divanetto, comprese un'altra cosa che prima non aveva mai conosciuto: le mancava. Aveva proprio voglia di vederlo, e questa aumentava con il passare del tempo.
Lidia e Andrea erano rimaste a casa con loro, e pensava fosse una cosa positiva, almeno aveva qualcuno con cui distrarsi quando non andava a lavoro. Non aveva ancora ben capito perchè Klaus e lei avessero litigato, ma avevano ricominciato a dormire insieme, quindi era un buon segno. Decise di chiederglielo, ora che forse non rischiava di risvegliare la sua rabbia, o almeno non quella ingestibile.
Lo cercò nel suo studio, lo trovò che appuntava delle cose su un quadernetto. « Klaus, senti posso chiederti una cosa? »
« Cosa? » Chiuse il piccolo diario e volse lo sguardo su di lei.
« Cosa è successo quando sei uscito con Aron? Perchè hai litigato con Lidia? »
Stava per risponderle che non dovesse preoccuparsi di quelle cose, che non fossero affari suoi e dovesse smetterla di impicciarsi e fare domande stupide. Ma poi pensò che fosse sbagliato, che quello di tenerla all'oscuro di pgni cosa non era un buon modo per proteggerla da niente, ormai era grande, lo vedeva che la realtà intorno a lei faceva schifo. « Perchè la sorella di Lidia lavorava per i De Vito, lei è andata a trovarla senza dirmelo e loro ne hanno approfittato. »
« In che senso lavorava per loro? »
« In un loro bar, e viveva in uno dei loro appartamenti. »
« E perchè adesso è in casa nostra? »
« Perchè è la sorella di Lidia, e comunque non era trattata bene, adesso è dei nostri. » Gli sembrò la risposta più ovvia del mondo.
« E tu ti fidi? » Dopo una vita spesa ad insegnarle di non fidarsi mai, ora voleva farle credere che potesse cambiare tutto. Quindi annuí, semplicemente. « Cioè... ti fidi? »
E non pensava che Lidia l'avesse tradito, mentendo? Che diavolo gli aveva fatto? Quale incantesimo lo stava trasformando in tutto ciò che le avesse insegnato a non essere. « Si, mi fido di Lidia, e la capisco. »
« In che senso? »
« Nel senso che anche noi non siamo mai andati tanto d'accordo, so cosa si prova. »
« Klaus noi non è che non andavamo d'accordo, ci siamo ritrovati in mezzo ai casini completamente da soli, era diverso. »
« A prescindere dal motivo, non ci capivamo ed era abbastanza frustrante. »
Non potè dargli torto, tanti dei suoi problemi erano magicamente scomparsi, da quando aveva ritrovato suo fratello. Altri invece erano solo diventati più silenziosi, ma era colpa sua, di quello che provava per Aron. I sensi di colpa la torturavano. « Non lo so, me l'hai sempre insegnato tu che non bisogna mai fidarsi. »
« E ho sbagliato, a volte è giusto fidarsi. »
« Non lo so. Io mi fido solo di te. »
Era un'altra cosa che le aveva insegnato lui, le aveva infilato nel cervello la convinzione che nella vita non avrebbe avuto nessun altro se non suo fratello, e che nessuno avrebbe mai potuto volerle bene come glie ne volesse lui. La sincerità era decisamente rara, fidarsi era un rischio, e lui non voleva che sua sorella potesse soffrire.
« Vediamo come si comporta. »
« Si, vediamo. » Incrociò le braccia al petto. Klaus pensò anche che forse tutta quella diffidenza fosse una specie di fase, come lo era stato lui, adesso lei. « Ma quindi ora vivono con noi? »
Anche questa cosa le era poco chiara, e lui non aveva pensato di spiegargliela subito.
« In teoria no, in pratica... »
« Perchè Andrea è in pericolo? »
« Lo siamo tutti, in realtà.
Non è un bel momento. » Perche non le aveva detto niente? Avrebbe potuto aiutarlo. Lo vide corrugare la fronte. « Stanno succedendo un po' di casini. » Si portò una mano tra i capelli, era evidente che fosse in difficoltà.
« Io ci sono, se posso aiutarti, ci sono. » Anche se aveva Lidia, anche se ora era quasi in pace con la propria mente, c'erano delle cose che poteva comprendere solo Cassandra, dei vuoti che sapeva solo lei, perchè erano gli stessi che avevano rovinato anche la sua, di vita.
« Aron mi ha detto che vuole andare in
Polonia. » Cassandra non sapeva come reagire, se fingersi sorpresa, dispiaciuta. Lei conosceva già quell'informazione, era per lei che aveva deciso di andarsene. « Si è fissato con questa cosa, ma io adesso ho bisogno di lui qua. »
Non riusciva proprio a farne una giusta, serrò le labbra e decise di stare zitta, che avrebbe potuto dire? « Magari non resta lí per molto. »
« Ma che ne so, non è che provi a convincerlo a restare? »
« Io? »
« Si, magari se glie lo dici anche tu... »
« Ma io non ho nessun rapporto con lui.
Cioè sei tu il suo amico. » Doveva andarsene lei, era l'unica soluzione per far star bene tutti.
« Lo so, appunto per questo, e poi un po' siete entrati in confidenza quando stavo male, no? »
Sapessi quanto. « Si, più o meno. »
« Se lui se ne va sono davvero da solo. »
Cassandra annuí, non potendo far altro che assecondarlo. « Provo a sentirlo io. »
La giovane si avvicinò di più. Gli mise una mano sulla spalla e cercò di dargli coraggio, non l'aveva mai visto cosí stanco. « C'è una guerra, e io sinceramente non so se so gestire tutto. »
« Non devi gestire tutto tu, non sei da solo. Vedrai che Aron cambierà idea. » Purtroppo.
Lui la guardò per ringraziarla, era sincero, mentre Cassandra si sentiva un mostro. Gli stava mentendo, stava facendo la cosa che aveva sempre voluto evitare ad ogni costo. Ed era quasi felice, perchè aveva una scusa per implorare Nowak di non andare, per vederlo e far finta che prima o poi si sarebbe sistemato tutto.
« Magari Polly lo convince. »
A lei venne da ridere. « Si, non so quanto possa resistere senza suo figlio vicino. » Incrociò le braccia al petto. « Stasera perchè non mangiamo tutti insieme? In questa casa non siamo più di due da... non lo so. Perchè non facciamo una bella cena? » Cosí si sarebbe sentito sicuramente meno solo, no? Era assurdo, da quando era morto suo padre erano stati costretti a vivere per conto loro, adesso potevano ricreare una specie di famiglia, mangiare a tavola insieme era un bel modo per non soffrire la solitudine.
« Si, chiama anche Aron e Polly, ci pensi tu? »
« Si, solo che non so fare... come si chiama, quella torta che faceva mamma. » Sentirle pronunciare "mamma" era decisamente raro, di solito faceva finta non esistesse. Era come se non avesse mai fatto parte della sua infanzia. Forse qualcosa stava cambiando davvero.
Lui sorrise. Alzò lo sguardo, poi posò le mani sulle gambe e le rivolse uno sguardo strano.
« La facciamo insieme, cosí impari. »
Cassandra annuí, finalmente aveva trovato qualcosa di bello da collegare alla loro madre.
« Dobbiamo sbrigarci, è già tardi. »
« Si, chiamiamo Greta. » Klaus si alzò, era stanco, ma sembrava aver acquisito un'energia nuova.
« Avvisi tu Andrea e Lidia? »
« Si, tu pensa ai Nowak. »
Mh. « Ci troviamo giù, cosí facciamo la torta. »
« Si. »
Cassandra se ne tornò in camera, cercò il cellulare e poi ricordò di averlo lasciato nel salottino. Tornò nel corridoio e passò davanti la stanza dove alloggiava la sorella di Lidia, non aveva idea di se fosse ancora lí. Si avvicinò per avvisarla, eventualmente, di quello a cui avevano pensato. Magari cosí sarebbero stati meglio tutti. Era davvero strano che una simile idea provenisse da Cassandra. Lidia aveva fatto davvero bene a quella famiglia sgangherata.
Comunque spinse la porta di legno, fece per parlare ma si bloccò quando vide che era al telefono con qualcuno. « Lasciami in pace, smettila di chiamarmi! » « No, non farò niente per te, lasciami in pace. » Chiuse poi la chiamata, sembrava parecchio agitata. Si accorse solo dopo di Cass. La guardò spaventata, aveva sentito tutto? Lei fece finta di nulla. « Stasera io e Klaus avevamo pensato di cenare insieme, tutti. Verrebbe anche Aron con sua madre, cosí... non lo so, magari ci divertiamo. » O non stiamo da soli. « Tu ci sei? »
« Si, si, certo. »
« Cosí svecchiamo la sala da pranzo. » Erano anni che non mangiavano lí, nella sala grande. Stavano sempre in cucina, oppure in quella piccola, non aveva senso mettersi in due ad un tavolo enorme. Si sentivano solo più tristi.
Rendeva evidente che non avessero nessuno.
Andrea si sistemò nervosamente i capelli dietro le orecchie, Cass pensò alle parole che aveva detto a Klaus, al fatto che non si fidasse mentre lui si fidava troppo. Forse era giunto il momento che fosse lei quella forte, lui aveva bisogno di sua sorella. Si chiuse la porta alle spalle e tornò al suo telefono, avrebbe parlato di quella cosa con Aron, non voleva allarmare Klaus. Non subito.
Cercò il suo nome in rubrica.
« Non mi devi chiamare. »
« E tu non dovresti rispondere. » E tanto lo sapevano entrambi, che non potessero fare a meno di rincorrersi in continuazione.
« ...Che cosa c'è. »
Mi manchi. « Sei ufficialmente invitato a cena da Klaus, e anche Polly. »
Le era mancata la sua voce. « Che cosa è successo? »
« Niente, è stata una mia idea, mi sembra che stiamo tutti uno schifo, era un modo carino per non pensarci. »
« Puoi dirlo che ti mancavo. » Una risata calda gli accarezzò le labbra. Cassandra lo immaginò mentre scuoteva il capo, e volgeva lo sguardo in alto.
« L'idea di invitarti è stata di mio fratello. »
« ...E tu mi hai chiamato subito. » Quanto era vero.
« E questa cosa ti piace da morire. »
« Devo ammetterlo, si. »
Ormai non fingevano nemmeno più, parlavano senza quei limiti assurdi che si erano dati all'inizio, senza vergognarsi. « Venite? »
« Lo sai già. »
« Si. »
« A dopo. » Non vedo l'ora. E tremava di paura.
Tornò al piano di sotto, pensò che forse avrebbe fatto meglio a mettersi qualcosa di più carino della tuta, comunque raggiunse suo fratello in cucina. Era già lí, con gli ingredienti della crostata posati sul bancone di marmo chiaro. Era cosí strano stessero facendo quella cosa insieme, che non le sembrava ancora vero.
Come c'erano riusciti? Come erano arrivati a quel punto? Era bastato un niente, se avesse saputo fosse cosí facile si sarebbe attivata molto tempo prima. « Allora, è abbastanza facile, prima dobbiamo fare l'impasto. »
Cassandra inclinò il capo, come diavolo si faceva un impasto? Si lavò le mani e lo affiancò, sperando che le desse qualche indicazione in più. Aveva steso una specie di tavola di legno sul bancone, era cosparsa di farina. « Lo facciamo in una ciotola? »
« Si dai, provaci tu. » Sgranò gli occhi, comunque eseguí i suoi ordini alla lettera, alla fine venne fuori una cosa super appiccicosa, e morbida. Ne staccò un pezzettino per rigirarselo tra le mani.
Per impastare meglio usarono la tavola che Klaus aveva messo prima sul bancone, e un sacco di altra farina. Era rilassante, ora capiva perchè lui la facesse tanto spesso. « Come ti sembra? » Lo richiamò, mentre stava pensando al condimento.
Si volse e le diede un'occhiata veloce. « Non male, impasta un altro po'. » Okay. La bionda tornò con lo sguardo sulle mani, immerse nella pasta chiara. Adesso era più compatta, cercò dell'altra farina per non farla attaccare al legno, forse aveva iniziato a capirci qualcosa.
« Secondo me adesso va bene. »
« Si, prendi una teglia che lo mettiamo dentro. »
« E dove sono? »
Era assurdo pensare che in quella cucina non ci avesse mai preparato niente. Klaus le indicò un mobiletto a sinistra con un cenno del capo, Cass ne tirò fuori una teglia scura, la cosparse di burro per non far attaccare l'impasto già steso e poi fu lui, a farlo aderire delicatamente sul fondo della forma. Sembrava difficile. « Speriamo sia buona. » Cassandra si stava lavando le mani.
« Certo che sarà buona. »
« Lidia non l'ha mai assaggiata. » Sembrava preoccupato.
« Vedrai che le piacerà. »
« Si, chissà che dirà Polly. »
« Qualcosa di giusto, come al solito. »
Le venne spontaneo, quasi non ci dovette pensare neppure. Klaus alzò lo sguardo, a cosa stava facendo riferimento? Poi realizzò che non avesse senso porsi una domanda simile, che probabilmente non si riferiva a niente in particolare.
« Se devi prepararti posso finire io. »
Scosse il capo. « Ci metto poco, voglio esserci quando la inforni. » Lui aveva già riempito la crostata, ora la stava chiudendo mettendoci sopra la rete di pasta dorata.
« Mh, mi passi le striscioline? »
Cassandra glie le porse delicatamente, aveva paura si rompessero, non era abituata a maneggiarle. Quando la misero in forno si sentirono soddisfatti, si guardarono e Cass ebbe l'impressione di aver capito finalmente quale fosse la parte bella di avere un fratello.
« Vado a prepararmi, okay? »
« Si, io vado da Lidia, se la incontri di a Greta di guardare la crostata. » La giovane annuí, poi andò via. Non vide la domestica, ma pensò che comunque l'avrebbe avvisata Klaus.
Cercò nell'armadio un vestitino scuro, leggermente stretto sopra e più largo sui fianchi. Era a maniche corte, per non morire di freddo cercò un maglioncino scuro, ai piedi dei mocassini in pelle. Si domandò se fosse il caso di indossare i tacchi, poi pensò che non ne avesse voglia. Si truccò come al solito, poi tornò giù. Cercò suo fratello, mentre i mocassini picchiettavano sul marmo seguendo il ritmo dei suoi passi. Sicuramente era ancora con Lidia, allora decise di mettersi a cercare Greta, solo per fare qualcosa. Prese a girare tra le stanze, convinta che fosse necessariamente da qualche parte. Poi entrò in cucina, era già lí a controllare che la torta non si bruciasse. La ringraziò con un cenno del capo e si mise a sedere sullo sgabello vicino al solito bancone. Piegò un braccio e poggiò la testa sulla mano. « Tutto bene? » Fu Greta a richiamarla. Lei annuí, era solo un po' annoiata, forse. Oppure stava pensando che anche lei avrebbe voluto passare del tempo con la persona che le piaceva, esattamente come faceva suo fratello.
Sentí il campanello suonare. Subito scattò impiedi, poi si domandò se non fosse una reazione troppo esagerata, davanti a Greta.
« Vado io. » Cercò di sembrare meno allegra, ma era impossibile.
Quando arrivò, Klaus stava ancora parlando con Lidia, erano chiusi in camera e stavano discutendo di cose che a Cassandra non interessavano, non in quel momento. Lo vide e subito il cuore parve esploderle nel petto, lo guardò come fosse la cosa più preziosa al mondo e gli andò incontro come se potesse baciarlo davvero. Si limitò a sorridergli, tanto la strada la sapeva già. Tra qualche momento sarebbero arrivati tutti gli altri. « Non venivo ad una vera cena qui da quando è morto tuo padre. »
« Non ce ne sono più state. » Ma forse Aron sapeva anche quello.
Lui si limitò ad annuire, poi le fece strada. « Andiamo. » Aprirono le porte della larga sala da pranzo già pronta, era tutto apparecchiato, con il servizio migliore. Cassandra non la ricordava cosí, forse non la ricordava affatto. Rimase qualche secondo incantata, il lampadario di cristallo risplendeva luminoso sul tavolo lucido, di legno scuro. I piatti erano quelli del servizio migliore, neanche fosse capodanno.
« Hai avuto tu l'idea? »
« Si, ma non pensavo fosse cosí... »
« Qui dentro ci siamo divertiti da morire. »
Cassandra pensò che avrebbe voluto anche lei, possedere tanti bei ricordi. Si volse e se lo trovò davanti, troppo vicino. Erano troppo vicini.
Fermi, soli, chiunque poteva arrivare da un momento all'altro ma a loro non importava. Aron allungò una mano e le sfiorò le dita, fu cosí dolce e delicato riuscí a rendere piacevoli anche i sensi di colpa, la paura d'esser scoperti all'improvviso.
Lei abbassò lo sguardo sulle loro mani e poi lo rialzò per cercare quello chiaro di Aron. « Non partire. » Non glie lo stava chiedendo per Klaus, lo sapevano bene entrambi. « Non andare in Polonia. » Mormorò ancora, gli occhi lucidi e l'espressione implorante. Fu la cosa più egoista che avesse mai detto, ma non poteva stare zitta.
« È peggio, se resto. »
« Ma Klaus... » Adesso usi lui?
« Lo so cosa dice, ma so anche che se scoprisse il vero motivo per cui voglio andarci mi ci spedirebbe a calci in culo. » Cassandra si agitò subito, aveva ragione e non poteva farci nulla. Inspirò profondamente e poi si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo. Il cervello di Aron gli urlò di spostarsi, ma non ci riuscí. Si prese quel bacio e poi glie ne rubò subito un altro, quei giorni passati senza neppure parlarsi erano stati un'agonia. Lui l'attirò a se stringendola da dietro la schiena, non pensò che fosse rischioso e da stupidi farlo lí, in sala da pranzo, con tutti in casa.
Fu lei a spingerlo via, quando si staccarono dovette respirare lentamente, era come se si fosse fatta del male da sola.
« Devo andare via, è l'unico modo. »
« No, me ne vado io. »
« Ma che dici. » Scosse il capo. « E poi... se torno in Polonia è più facile, almeno lí ho qualcosa con cui distrarmi. » Incrociò le braccia al petto, consapevole che se fosse rimasto lí, senza di lei, sarebbe morto, non ce l'avrebbe fatta.
« Anche qui, Klaus mi ha detto che ha bisogno di te, mi ha chiesto di parlarti per convincerti... »
« Lo so, ci ho parlato, è incasinatissimo. »
« Non puoi andartene, io tanto devo tornare comunque a Londra! »
E chi vuole andarsene, Cassy. Avrebbe voluto urlarle che fosse stato per lui, sarebbe rimasto con lei, con Klaus, con sua madre. Ma era sbagliato, e odiava sentirsi in quel modo. « E tu sei pronta ad andartene? » Sapeva quanto facilmente lei crollasse, quanto poco fosse necessario perchè si sentisse persa. Spedirla dall'altra parte del mondo non gli sembrava una mossa furba.
« Londra mi piace. »
Gli venne da ridere. « Io invece la odierò. » Ma che dici, Nowak. Non riuscí a trattenersi, quelle dichiarazioni rubate erano tutto quello che gli rimaneva. « E la invidierò, perchè ti avrà sempre con sè. » L'attirò nuovamente verso di sè, si abbracciarono in silenzio.
Lei posò il capo sul suo petto. « Non dirmi queste cose. » Chiuse gli occhi, da quanto erano soli? Perchè tutti si attardavano a raggiungerli? Pensò che si sarebbe staccata sa lui solo quando avesse sentito la porta aprirsi.
Restarono in silenzio ancora un po', a godersi quei brevi istanti rubati. Poi la maniglia della porta si abbassò davvero, e si allontanarono.
Era Lidia, c'era anche Andrea. La riccia li guardò sospettosa, ma non disse niente. Dopo i casini che aveva combinato non ne aveva il diritto.
« Klaus? »
« Sta parlando con Polina, ora arrivano. »
A quel punto Aron pensò stessero discutendo di lavoro, quindi ne volle approfittarne per informare il suo amico di non doversi preoccupare, non sarebbe partito. « Vado da loro un secondo. » Loro tre restarono da sola. Cassandra si mise a sedere, improvvisamente quella stanza era tornata inospitale, e vuota. Lo guardò andare via, poi spense lo sguardo nel piatto sotto di lei.
« Certo che non è male l'amico di Klaus. »
Fu Andrea a parlare, Cassandra s'ingelosí come mai prima, non potè nemmeno farlo vedere. Alzò le spalle e annuí. « È carino. »
Lidia osservó ogni movimento della bionda, il modo rassegnato in cui soffriva. « Che voi sappiate è fidanzato? È stato dolcissimo quando ci ha portate qui, no? » Andrea si rivolse alla sorella, Cassandra non dubitava affatto si fosse comportato come un perfetto cavaliere.
Forse se Aron si fosse messo con lei avrebbero risolto tutti i loro problemi. « No, non sta con nessuna. Frequentava Irina ma ora non so in che rapporti siano, non era niente di serio, comunque. » Irina. Le sembrò strano pronunciare il suo nome. E anche tutte le parole che aveva detto dopo. Ripensò al loro incontro a Parigi, sembrava un'altra vita. Si morse la pelle delle labbra con i denti, da dentro. « È una brava persona. »
Lidia decise di intervenire. « È il migliore amico di Klaus. » Puntualizzò, come se ve ne fosse bisogno. Forse anche lei aveva compreso più di quanto dovesse. Tra la serata al maneggio e la scenata del fratello, era chiaro che Aron e Cassandra si stessero più simpatici di quello che facessero vedere.
« Si, se riesce ad essere amico di mio fratello è per forza okay. Oppure pazzo quanto lui. »
Rivolse una breve occhiata ad Andrea. Dopo qualche secondo arrivarono Polina, Aron e Klaus. Erano quelli che comandavano, che prendevano le decisioni importanti, e si vedeva. Erano autorevoli e forti, pronti a prendersi tutte le responsabilità dei loro gesti.
Prima che potesse arrivare il cibo a tavola, Klaus decise di fare un discorso. Era seduto a capotavola. Vicino a lui Lidia, e Cassandra. Poi Polly, Aron e Andrea. « Erano almeno cinque anni che questa stanza non veniva usata, che nessuno ci passava più del tempo insieme. » Si era alzato, reggeva il calice di champagne tenendolo per il gambo di cristallo. « L'idea di riaprirla è stata di mia sorella, un tempo non l'avrei neppure ascoltata. Ho cercato tutta la vita di essere perfetto, di proteggerla dal mondo, e non mi sono mai accorto che la stavo distruggendo io. » Smettila. Cassandra avrebbe voluto urlargli di stare zitto, quelle parole le facevano fischiare le orecchie. Le venne da cercare lo sguardo di Aron, ma per fortuna lui era riuscito ad evitarlo. Klaus spostò l'attenzione su di lei. « Scusa. » Lei scosse il capo, come a dirgli che non dovesse. « Questa casa conserva anche bei ricordi, e grazie a Lidia ho capito che posso crearne tanti altri. »
Polina fu la prima ad applaudire, lei sapeva sempre quando fare la cosa giusta. Spostò lo sguardo su Cassandra, vide come si nascondeva nel piatto, e poi su Andrea, ancora non si fidava. E non le piaceva come guardava suo figlio. Anche se preferiva lei, a Cassandra. Almeno non rischiava di far litigare tutti.
Eppure lo sai, che lei lo rende felice. Le foglie di te erano state molto chiare.
« Vorrei fare un discorso anche io. » Cass? Aron aggrottò le sopracciglia. Non se lo aspettava nessuno, di solito lei se ne stava zitta e ascoltava gli altri. Non le piaceva dire la propria. « Almeno per rispondere a mio fratello. » Si alzò, tutti quegli occhi addosso la destabilizzarono. Era abituata a stare al centro dell'attenzione, ma non in quel modo. « Klaus si da delle colpe che non ha, ha sbagliato, ma nessuno è perfetto, e io ho fatto... un sacco di casini, cioè ha reagito anche bene per quello che ho combinato. Sono io che devo chiederti scusa... e non solo a te. » Dal tavolo si levò una risata divertita, effettivamente non era stata proprio una ragazza modello, pa ciliegina sulla torta era stato il viaggio improvvisato a Parigi. Forse avrebbe dovuto dire quelle cose anche a Vanessa, aveva già deciso di partire senza dirle nulla, senza chiederle di Ricky, non era proprio una grande amica. « Comunque, peccato che tra poco parto per Londra, mi dispiace non aver avuto questa idea prima.
Grazie per essere venuti. »
La buttò lí, Klaus storse la bocca. Non amava allontanarsi da Cassandra. Quando ancora si evitavano, lei aveva scelto di studiare in Europa proprio per non doverselo subire ogni giorno, fargli un dispetto.
Arrivarono le prime portate, mangiarono tutti contenti. Non guardò Aron neppure per un secondo, ogni tanto spostava l'attenzione su Polly, se lei era contenta significava che si stavano comportando bene. « Quando finisce questo casino dobbiamo fare un viaggio. » Fu proprio Nowak a suggerirlo al suo amico. « Tipo in Marocco, qualcosa del genere. » Si sistemò meglio sulla sedia, lasciò le posate d'argento nel piatto e piegò la schiena all'indietro. « O a vedere l'aurora boreale. »
« Mi dici questa cosa dell'aurora boreale da sempre, ti giuro che prima o poi ci andiamo. » Incrociò le mani sul tavolo.
« Certo che ci andiamo, non hai una scelta. »
Lidia s'intromise nel discorso. « E noi non siamo invitate? » Si riferiva a lei, Cassandra, Andrea e Polly.
Lui guardò Aron e si finse dispiaciuto. « Mi dispiace tesoro, è una cosa tra maschi. » Lidia alzò le sopracciglia. Polly si mise a ridere.
A quel punto intervenne Cassandra. Mentre le portavano via il piatto. « Tranquilla Lidia, meglio cosí, noi ci facciamo un viaggio per conto nostro. Una cosa tra donne. » E lei era esperta di viaggi pazzi. Klaus la fulminò, la giovane alzò le spalle.
Aron bevve dal suo calice. « Scappi un'altra volta a Parigi? » Cassandra restò zitta. Nessuno sapeva loro si fossero incontrati a Parigi. Che cazzo dici. Polina pensò ad un modo per risolvere quella situazione. Quanto aveva bevuto quello stupido di suo figlio? « E tu che ne sai di Parigi? » Klaus ovviamente non si fece sfuggire niente. Lidia pensò come al solito fosse troppo fissato. Forse era per quello, che doveva chiedere scusa a sua sorella.
« Glie l'ho detto io. » Cassandra restò tranquilla, anche se dentro stava morendo. « E comunque non ve lo diciamo dove andiamo, non è nel mio stile dare troppe informazioni. »
« Mi piace! » Andrea si sporse in avanti.
« Non so se è peggio un viaggio con te o loro due. » Polly cambiò discorso, tagliò un pezzo di filetto e lo portò verso la bocca.
« Ma non ci sono solo io, la mia presenza sarebbe bilanciata da quella di Andrea e Lidia. »
Per fortuna, risero tutti. Finirono di mangiare e attesero il dolce. Quando Polly lo vide per poco non si mise a piangere, voleva bene a sua madre. Era la prima e unica amica che avesse avuto a New York, l'aveva aiutata tanto, quando era sola e con un figlio da mantenere. Si portò una mano sulla bocca, mentre assaporava il primo pezzo.
« Non ti piace? L'ho fatta io, cioè io e Klaus. »
Polina scosse il capo. I cerchi dorati le ballarono accanto al viso, appesi alle orecchie. « È molto buona. » Lo sguardo lucido. Si stava commuovendo? « È che non la mangiavo da anni, mi ricorda tua madre. » Si ricompose, abbassò lo sguardo sul dolce e poi tornò su Cass. « Mi manca molto. »
La bionda pensò che avrebbe voluto tanto mancasse anche a lei, invece non ricordava niente di cosí importante da sentire un qualche collegamento forte a sua mamma. Era straziante, tutti l'adoravano, e lei non ricordava la sua voce.
« Puoi venirla a mangiare qui quando vuoi, ne abbiamo sempre un po'. »
Fu Aron a parlare, dopo. « Non ci credo, è uguale! » Alzò lo sguardo su Klaus, si rivide piccolo, cosí piccolo che non sapeva neppure pronunciare correttamente il nome di Klaus Van Der Meer, non aveva idea di come muoversi a scuola e neanche un soldo in tasca. Doveva la vita al suo migliore amico, l'aveva accolto come se se lo meritasse, lui, che non si era mai fidato troppo di nessuno. Cosí era diventato il Lupo, e Klaus la Volpe. « L'hai fatta tu? »
« Io e mia sorella. »
« A volte manca anche a me. »
« Si, lo so. A me manca sempre. » Cassandra pensò subito che non lo sapesse. Non aveva idea del dolore che provasse Klaus ogni volta che pensava a sua madre; lui si volse istintivamente verso sua sorella. Era identica a lei.
« Dovremmo fare un brindisi in suo onore. »
Fu proprio lei a proporlo. Aveva visto solo pianti per sua madre, se era cosí fantastica come dicevano, si meritava qualcosa di più allegro.
Alzarono tutti i calici, poi Klaus propose un brindisi anche per suo padre. Fu triste ricordare di non avere più i genitori. Dirlo davanti a tutti.
Dopo cena si spostarono tutti in salotto, quello vero, non quello dove stava sempre Cassandra.
Si fece tardi in un attimo, quando Polly e Aron dovettero andare via il padrone di casa propose ovviamente loro di restare a dormire, per non doversi stancare troppo. Ma se Aron sapeva adattarsi bene, Polly aveva bisogno di casa sua per riposare. Era attaccata alle sue cose, e suo figlio non poteva lasciarla sola.
Klaus li salutò. « Ci vediamo. » Si abbracciarono tutti, quando Aron si avvicinò a Cassandra, le infilò velocemente un biglietto nella tasca del maglioncino di lana. Non avevano proprio imparato la lezione. Non gli era bastato vedere come Klaus fosse impazzito per niente. Si sentí il cuore in gola, cercò di restare calma. Anche se avrebbe voluto scappare subito e leggerlo.
Quando tornarono nelle loro stanze lei si chiuse addirittura in bagno, a chiave per essere più sicura. Si mise a sedere sul water chiuso e poi tirò fuori il bigliettino accartocciato.
Lo aprí lentamente, temeva di romperlo.
Alle tre sul retro
Non ci sarebbe dovuta andare. Sapeva fosse sbagliato, inutile. Ma il pensiero di stare di nuovo da sola con lui era elettrizzante. Lasciò il bigliettino sulla mensola del bagno e corse a mettersi qualcosa di più comodo, per uscire fuori dalla finestra come faceva quando era più piccola. Trovò dei pantaloncini e una meglietta nera aderente, ai piedi gli stivali che metteva sempre.
Chiuse la cabina armadio lentamente, non voleva fare casino. Sentí qualcuno bussare.
Merda.
Forse se avesse finto di dormire se ne sarebbe andato, o andata. « Cass, sei sveglia? »
Era Andrea. Non poteva far vedere che si fosse cambiata, cercò una vestaglia.
« Si, si. Entra. » Se la legò in vita. Accese il lume accanto al letto, la luce spenta.
Andrea aprí la porta lentamente. Aveva stretta tra le labbra una sigaretta, indossava il pigiama.
« A mia sorella da fastidio se fumo in camera. »
« Vieni, qui puoi fumare quello che vuoi. »
Andrea la guardò stranita. Davvero pensava fosse cosí una brava ragazza? « Non ti facevo cosí. »
« Davvero? Allora sono proprio cambiata. » Le venne da ridere, mentre apriva la finestra.
Andrea assottigliò lo sguardo. « Perchè, di solito... »
Cass alzò le spalle. « Diciamo che mi sono divertita tanto. » Forse troppo.
« Allora se mi capita qualcosa tra le mani te lo dico? Ora non ho niente, forse un po' d'erba! »
No, no, no. Era la cosa più sbagliata che potesse succederle.
« Non lo so... »
« Dai, che sarà mai. »
Dai, Cass. Aveva l'opportunità di fare nuovamente la cosa sbagliata, di mandare tutto al diavolo. Pensò ad Aron, a Vanessa, a tutto quello che aveva rischiato. Adesso aveva qualcosa da perdere. « Vabbe. Poi vediamo. » Intanto potevano fumare tranquillamente le loro sigarette.
Finirono e poi Andrea andò via, Cassandra si era cosí agitata che aveva scordato il bigliettino in bagno. Quando arrivarono le tre scese cosí velocemente che per poco non cadde giù. Saltò sull'erba umida, e cadde di schiena, sperò di non essersi rovinata il cappotto di sartoria.
Cercò l'auto di Aron, non la vide. C'era solo un'Audi bianca, chi diavolo era? I fanali della macchina si accesero, era lui. Probabilmente aveva evitato di guidare la propria, per non farsi riconoscere. Cassandra entrò dentro velocemente, chiuse lo sportello e aspettò che fossero lontani, prima di baciarlo. Erano almeno un isolato oltre casa sua, quando si avvicinò al suo collo e vi posò sopra le labbra, lui socchiuse gli occhi.
« Questa è proprio la cosa più sbagliata che potessimo fare. » Cass posò il capo sulla sua spalla.
« Almeno do un senso ai miei sensi di colpa. »
Lei decise di confessargli tutto, visto che ormai non avevano più segreti. « Ho odiato non poterti guardare per tutta la cena, è stato orribile. »
« Io invece ho bevuto troppo, e mi sono dimenticato che Klaus non sapesse di Parigi. »
« Vabbe, non era una cosa grave. »
« Hai visto la sua faccia? »
« ...Si. »
Prima di salire le fece mettere un cappello, non voleva la vedesse nessuno. Avevano già sbagliato troppe cose. Dovevano stare attenti. Quando entrarono nell'appartamento non si diedero neppure il tempo di togliersi la giacca. S'incollarono l'uno all'altra, mandarono al diavolo qualsiasi buon proposito. « Mi penserai quando sarai a Londra? » La spinse contro il bancone della cucina, la giacca era già scivolata via.
Lei gli stava sbottonando la camicia elegante. « Ogni giorno. » Gli morse le labbra.
Aron l'afferrò per i glutei e la strinse contro di lui, era come una droga. Inspirò profondamente.
« Giuro, ti detesto Van Der Meer. »
« Anche io ti odio. » Si guardarono per un breve istante, poi lui le tolse il maglioncino, lei non indossava il reggiseno. Pensò fosse stupenda. Si chinò per baciarle il petto e lei inarcò la schiena per offrirglielo. Infilò una mano tra i suoi capelli biondi e lo spinse su di lei.
Le sbottonò i pantaloncini, lei fece lo stesso con i suoi jeans. Quando restarono in biancheria si fermarono, come se dovessero ancora chiedersi il permesso di distruggersi a vicenda. Fu Cass ad allungare le dita sui suoi boxer, lo sentí lamentarsi piano contro le sue labbra, morderle e poi le tirò via i collant cosí velocemente che li ruppe. Per poco la giovane non perse l'equilibrio, mentre spostava il tessuto dei suoi slip scuri e l'accarezzava con l'indice. « ...Dio. »
« Non sono dio, sono Aron, Cassy. » Entrò in lei con un dito, poi due, poi si allontanò e lei lo spogliò completamente. Restò seduta, con le cosce aperte, pronta a dargli tutto quello che desiderasse. Aron la osservò per un breve attimo, poi riportò la mano sulla sua intimità, ma questa volta restò fermo. Un sorriso malizioso gli tagliò il viso. Si spostò sull'orecchio di lei.
« Fammi vedere come ti piace. » Premette l'indice tra le sue labbra, la sentí tremare. « Metti la tua mano sulla mia. » Fu la cosa più romantica ed eccitante che avesse mai fatto. Lui la seguiva in ogni movimento, mentre lo guidava e gemeva, piano. Quando venne strinse la sua mano, si accasciò contro il suo corpo e gli morse una spalla, non ne aveva ancora abbastanza. Aron la prese e la spostò sul divano, si mise su di lei e finalmente divennero una cosa sola.
« Non te ne andare. » Lui glie lo sussurrò contro le labbra mentre facevano l'amore. « Resta con me. » Ti prego. Erano tutte bugie, ma quanto era bello raccontarsele mentre fingevano di essere delle altre persone.
Lei prese fiato qualche secondo, poi lo guardò e si perse ancora tra le sue braccia.
« Te lo prometto. » Lo baciò. « Te lo giuro, non me ne vado. » Tanto lo sapevano già entrambi, che passato quel momento sarebbero tornati ad evitarsi, a fingere di non piacersi. E poi sarebbero scappati. Non potevano fare altro.
Aron la strinse forte, poi le morse il collo e si abbandonò su di lei, totalmente appagato.
« Resta. » Le domandò nuovamente, ma questa volta non si riferiva a Londra.
Lei gli accarezzò i capelli morbidi con una mano. « Va bene, resto ancora un po'. »
💎💎💎
Hola! Come va?
Scusate l'attesa, ho provato a farmi perdonare con un capitolo un pochino più lungo.
Chissaaaaa che succederà
Fatemi sapere ❤️
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