CAPITOLO 18

Lidia

⚠️ Avviso: smut ⚠️

I'm scared as hell
To want you
But here i am
Wanting you anyway

Lidia non era ricca come Klaus, ma la sua famiglia possedeva comunque abbastanza denaro per permetterle la migliore educazione possibile. Infatti, era divenuta una delle migliori, se non proprio la migliore, psicologhe di Manhattan. Tra i suoi clienti contava un numero svariato di celebrità, imprenditori, gente come Klaus. Vincenti agli occhi di tutti, distrutti nell'anima.
Inizialmente lo considerava un cliente normale, ma poi capì che fosse diverso, e non solo per il lavoro che faceva.

Era affascinante al punto tale da piegare chiunque alla propria volontà, compresa lei. La sua psicologa, quella che avrebbe dovuto sistemare la sua mente. Invece era successo che si erano entrati nella testa a vicenda, non era mai una cosa positiva. Sapevano come distruggersi, come amarsi, come far impazzire l'altro.

Stava camminando sui tacchi a spillo, cercava disperatamente un Taxi che la portasse a casa, aveva un po' di tempo tra un appuntamento e l'altro, voleva usarlo per studiare delle cose.
Non fece in tempo neppure a pensarlo.
Un messaggio di Klaus.

Hai tempo per una seduta?

Lo sai che non posso fartene, sono troppo coinvolta

Io invece sono certo che tu sappia benissimo come aiutarmi

Vediamo che si puó fare, mi raggiunga nel mio studio

Chiuse il telefono e liberó una risatina compiaciuta. Lo amava da morire, in un modo che neanche con i suoi studi avrebbe mai pensato potesse essere possibile.
Ci tornó davvero, nel suo studio. E lo aspettó, lo aspettó per un tempo che le parve infinito.
Intanto, le squilló il cellulare. Se ne stava seduta con le gambe accavallate, l'Iphone sul tavolino difronte alla poltrona.
Era sua sorella. « Ehi, dimmi. »
Rosa, voleva sapere sempre tutto, da brava sorella minore. « Come stai? Poi l'avete detto alla sorella? Non mi racconti niente. » Lidia si rese conto solo in quell'istante di quanto fosse brutto mentire a chi si amasse, Klaus aveva cercato di spiegarglielo tante volte, ma provarlo era totalmente diverso. Era una cosa che ti distruggeva. « Ehi, tutto bene, tu? Comunque si, le ha parlato e all'inizio sembrava non l'avesse presa tanto bene, ora meglio. »
« Ma perchè è gelosa di te? Cioè ha paura che le porti via suo fratello? »
« No, non penso. »
« E allora cosa? »
« Per tutta la vita sono stati lei e Klaus, e basta. Penso che sia stato il cambiamento a turbarla, non è facile accettarli quando trovi la tua stabilità. » Anche se è una stabilità sbagliata, in cui buona parte del lavoro l'avevano fatto droga, alcol, feste e sesso con gli uomini peggiori.
« Ma se venissi a trovarti? »
Lidia sorrise. « L'importante è che mi porti i miei nipoti. »
« Gli manchi tanto. » Il tono di voce era meno allegro, non si vedevano da tanto, tra il lavoro lontano e Klaus, sua sorella non aveva proprio tempo per nessuno.
« Anche a me mancano. » Sospiró, un po' afflitta. Portó una mano sul ginocchio piegato e inclinó la schiena all'indietro. Il capo poggiato sul cuscinetto. Non passava una giornata con la sua famiglia da Natale, si chiese se tutto quel successo professionale ne valesse la pena.

Klaus arrivó proprio nel momento peggiore, suonó il campanello quando la gioia sul viso della sua compagna s'era spenta da un po'. Lei si alzó per aprirgli, gli sorrise ma la Volpe comprese subito ci fosse qualcosa che non andasse.

« Ehi, che succede? » Come suo solito, pensó prima al peggio. Poi scavó nello sguardo scuro di lei e vide solo tanta malinconia. Chiuse la porta alle sue spalle, si spinse in avanti per cingerle i fianchi con le mani.
« Niente, niente di importante. »
« Se ti fa stare così vuol dire che è importante. »
Non era possibile nascondere qualsiasi tipo di verità a Klaus, niente. L'unica che ci riusciva era sua sorella, nessuno lo diceva, ma era evidente che avessero entrambi la stessa furbizia, per questo lui si era tanto arrabbiato quando aveva trovato la cocaina nel suo armadio.

« Niente, ho parlato con mia sorella, mi manca un po', non la vedo da Natale. »
Alzó le spalle, era la prima a chiedere agli altri di parlare, non poteva rifiutarsi, ora. Camminó fino alla poltrona dove so trovava prima di aprirgli e si sedette, pensierosa. « Mi mancano anche i miei nipoti, vorrei farteli tanto conoscere. » Sorrise, pensando a lui in mezzo a tre bambini troppo curiosi. Ce lo vedeva tantissimo.

« Potremmo andarli a trovare. » Lidia fu sorpresa dalla naturalezza con cui pronunció quelle parole. Adorava il modo in cui fosse sicuro di sè, di ogni cosa che dicesse. Sorrise.
« Davvero? »
Si chinó su di lei, le lambì le labbra con un bacio languido.
« Si, davvero, partiamo quando vuoi. »
Ella chiuse gli occhi, gli morse il labbro inferiore, poi si allotanó per guardarlo negli occhi.
« ...Scherzi? »
« No, se a te va bene che mi conoscano... »
Quella alzó le sopracciglia, lo tiró dal cappotto pesante e lo spinse contro di lei. « Non vedo l'ora di presentarti la mia famiglia, Klaus. »
Lui rise, era così bello quando rideva che lei si sentiva mancare il fiato ogni volta. Sospiró piano, una scossa le infiammó il petto e le chiuse la gola.

« Allora partiamo. » Si fiondó ancora su di lei, poi si allontanó per togliersi il cappotto e lo lasció sul divanetto difronte. Poi tornó da Lidia, teneva ancora le gambe accavallate. Piegó una mano sul suo ginocchio per fargliele aprire, mentre continuava a baciarla.

« E tua sorella, viene con noi? » Alla fine era pur sempre la sua famiglia, l'unica che aveva.
Lui si fece serio all'improvviso. « Ti sembra una persona da portare quando vuoi fare bella figura? » Ma come? E tutti quei discorsi sul fatto che fosse orgoglioso, che fosse migliorata?
« Dai, non fare lo stronzo. »
« Io non so cosa diavolo abbia in testa, ma è imprevedibile, un giorno è contentissima, l'altro... impazzisce, anche adesso, sembra vada tutto bene, ma a volte sembra che qualcosa si impossessi di lei. » E avrebbe dato il mondo, per capire di cosa diavolo si trattasse. Pensava che in quel caso sarebbe riuscito ad aiutarla, a risolvere i problemi che l'affliggevano.
« Klaus è normale, tutti hanno dei momenti peggiori. »
« No, Lidia. Tu non la conosci ancora bene. »
« Va bene, va bene. Allora siamo solo io e te. »
Solo io e te. Gli piaceva da morire come suonava quell'espressione sulle labbra di Lidia, le sorrise maliziosamente. Lei comprese subito che tipo di espressione avesse sul volto, tanto che si sporse per raggiungere le sue labbra e baciarlo, ma Klaus la fermó prima che potesse sfiorarle. Scosse il capo. La fece rilassare contro il divano, e fu lui a leccarle il collo, a succhiarle la pelle tesa, piano. Lidia gemette sommessamente, non aveva idea di cosa lui volesse fare, ma come al solito, era pronta ad abbandonarsi completamente alla sua volontà. Inclinó il capo, lui s'inginocchió davanti a lei e le accarezzó le cosce, partendo dalle ginocchia e poi risaliva fin su, appena sopra le mutandine di pizzo.

Lei chinó il capo, solo per incontrare il suo sguardo, mentre le tirava via i collant e la gonna lunga. « Devo farmi perdonare un po' di cose. » Si leccó le labbra, mentre le faceva stendere le gambe per spogliarla. Ovviamente si riferiva alla sfuriata fatta dopo l'evento al maneggio.
« Sei ingiusto. » Fece cadere le scarpe lucide dietro di lui, il petto già si abbassava e alzava lentamente, a fatica, intanto che sentiva le mani di Klaus viaggiare vicino al centro del suo piacere. Aprì le cosce ancora di più, lui sorrise mostrando i canini, adorava quando riusciva a controllare le sue reazioni in quel modo.

« Sei la mia psicologa, dovevi immaginarlo. »
Si avvicinó con le labbra alle sue gambe, la bació lentamente, prima all'altezza del polpaccio, poi risalì, sul ginocchio e infine nell'interno coscia, d'istinto a Lidia venne da chiudersi, infatti lui la teneva ferma con l'altra mano. Le lasció un morso debole, e vi passó sopra la lingua, calda.

Lidia rabbrividì, si reggeva tenendo le dita premute contro i braccioli del divano, la testa rivolta in alto, come se stesse cercando dell'aria per tornare a respirare.
Klaus si compiacque, notando l'effetto che le aveva fatto solamente sfiorandola. Passó all'altra coscia, voleva torturarla, giocare a portarla al limite, e magari sentirla mentre lo implorava di scoparsela, non sarebbe stato male.

Si allontanó con il viso, ammiró la sua apertura umida e vi passó sopra il pollice. « Ah... »
« Come dici? » Esercitó più pressione sul suo clitoride, lei non disse niente, gemette ancora.

Si spostó con l'altra mano verso l'alto, le sollevó la camicia e le afferró un seno, lo strinse forte intanto che  Lidia si contorceva sulla poltrona di velluto. « Mi perdona, allora? »
Ridacchió, tornó con il viso tra le sue gambe e soffió dove l'aveva baciata, prima. « Allora? »
« Klaus... » Stava per impazzire, voleva che tornasse a toccarla, sentirlo dentro di lei, quell'attesa era un'agonia. « Ti prego, continua... » Come egli aveva previsto, lo stava supplicando di farla sua. Lidia scivoló con una mano sul proprio ventre, se lui glie l'avesse chiesto si sarebbe toccata da sola, se avesse aspettato altri dieci secondi prima di baciarla lì dove volesse, di farsi spazio dentro di lei con le dita.

Il bacino di lei si muoveva al ritmo che dettava lui, la sua lingua. Posó una mano sulla sua testa, Klaus prese ad andare più veloce, poi rallentó ancora, uscì da lei che le tremavano le gambe.
Che pezzo di merda. « Cosa vuoi che faccia, tesoro? »
« Klaus, ti prego... » Vista dal basso era meravigliosa, non aveva neppure la forza di abbassare la testa per guardarlo negli occhi, stava morendo dalla voglia di sentirlo ancora.
« ...Continua, continua, ti prego. » Non se lo fece ripetere un'altra volta, tornó a tormentarla finchè non la sentì stringersi sulle sue dita e poi bagnare la propria lingua del suo sapore. Leccó ancora tra le sue fessure, come a volerla ripulire e lei pensó che volesse di più, che una sola volta non le bastava con Klaus.

Stava ancora riprendendo fiato, quando lo vide allungarsi su di lei, per baciarle il ventre. Prese ad accarezzarle il seno lentamente, sembró quasi dolce. « Allora? Sono perdonato? »
Lei volle stuzzicarlo. Gli accarezzó i capelli ricci e poi il mento, per invitarlo a guardarla. « Ci sono margini di migliorabilità. »
Si finse sorpreso, dispiaciuto. Immediatamente si alzó, le porse una mano per farla alzare.
« Si? Allora dobbiamo rimediare subito. »
Le porse una mano per farla alzare, quando furono difronte, si avvicinó e prima che potese baciarlo, l'afferró per le coscie e la prese su di lui. Si mise sul divanetto dove aveva lasciato la giacca, Lidia si fiondó subito sulle sue labbra, allargando le cosce magre su di lui, per far scontrare i loro bacini.
Gli slacció i pantaloni, la cinta e anche la camicia, perchè aveva degli addominali che voleva godersi a tutti i costi. Era lei che comandava, adesso, seduta su di lui, si mosse lentamente solo all'inizio, per torturarlo come lui aveva fatto con lei. Poi andó sempre più veloce, fin quando non le fecero malenle gambe, e le spinte vennero accompagnate da dei versi di piacere, sempre più forti, più difficili da trattenere.
Lui la teneva per i glutei e la spingeva più avanti ogni volta che affondava dentro di lei, come se non volesse perdersi neanche un po' di quel piacere. « Lidia... »
Non riuscì neppure a dirle che l'amasse, mentre lei esplodeva di piacere su di lui, e piegava il viso facendo cadere i ricci scuri sulle spalle. Si poggió contro il suo petto, esausta.
« Ora sei perdonato. »

L'abbracció stretta, voleva restare così ancora un po' prima di lasciarla rivestire. « Se questo è il modo, mi sa che inizieró a fare il coglione più spesso. » Risero entrambi, lei gli bació il collo e ci nascose il viso dentro, era il suo posto sicuro.
Lidia gli morse il collo. « Potrebbe essere interessante. » Sarebbe rimasta così tutto il giorno, tutta la vita. Aggrappata a Klaus, non le mancava quasi più la sua famiglia, i nipoti, in quel momento era in pace con il mondo.

Purtroppo peró dovette alzarsi, rivestirsi e prepararsi ad accogliere il prossimo cliente. Si stava infilando la camicia, aveva già i collant addosso e anche la gonna pesante.
« Quando partiamo? »
Lui stava sistemando la camicia fatta su misura nei pantaloni di sartoria. « Prima devo fare una cosa con Aron, in realtà deve farla più che altro lui, ma è importante che io ci sia. » Cercó di sistemarsi perfino i capelli, mentre trovava un modo per nascondere i segni sul collo.
« E quando devi farla? » Si era avvicinata alla finestra per aprirla, cambiare aria.

« Il più presto possibile, questa settimana o al massimo la prossima. » Il viso di Klaus sembrava sereno, ma Lidia sapeva bene non volesse dire niente. Era un maestro della manipolazione, e riusciva tranquillamente a fingere che qualcosa fosse molto meno preoccupante di quello che era.

« Allora avviso Rosa che tra due settimane ci muoviamo. » Non sapeva neppure dove abitassero, non gli importava, con le sue disponibilità poteva raggiungere qualunque posto quando volesse.
« Si. »
« Sicuro che non vuoi far venire anche Cassandra? » Glie lo domandó ancora, come se temesse lui potesse pentirsene, dopo. Era abbastanza certa che in qualche modo la presenza della sorella gli avrebbe fatto piacere.
« La prossima volta, devo ancora capire se mi sta prendendo per il culo o davvero è cambiata. »
« E come pensi di fare? »
« Per cominciare, analisi delle urine, e del sangue. »
« Dici davvero? »
« Sono già tutte fissate. »
« Allora la prossima volta. »
« Vediamo. » Non voleva mettersi in mezzo, quindi non fece altre domande, mentre lui si infilava anche la giacca di lana. Prese uno specchietto che teneva sempre in borsa per controllare che il trucco non fosse troppo ridotto male, quindi cercó il rossetto chiaro che usava sempre e provó a sistemarlo.
Lo aprì e schiuse le labbra per dar loro più colore, Klaus restó incantato ad osservarla, era così elegante, si avvicinó e restó fermo.
Lei si accorse dopo dello spettatore.
« Che c'è? »
« Se continui a metterti quel rossetto così penso che non usciró mai più da qua dentro. » Lei rise, scosse il capo e poi lasció i trucchi nella borsa.
Tiró fuori un fermaglio marrone e si tiró su i capelli folti, scoprendo il collo. Lui si leccó le labbra, immaginó di morderglielo.
Sentiva ancora i suoi gemiti vibrargli nelle orecchie.

« Come ti sei sentito dopo la serata al maneggio? »
Lui inclinó il capo di lato, solitamente lei sapeva come prenderlo, chissà dove voleva arrivare. « Penso che le mie urla siano state abbastanza esaustive. »
« Non intendo per la storia di Cassandra, da quanti anni non mettevi piede in quel posto? »
Ed eccola, che ricominciava a fare la psicologa. Lidia sapeva benissimo che il suo amato dicesse di odiare quel posto solo perchè gli ricordava suo padre, una vita di versa, speranze di diventare un uomo completamente differente da quello che era ora. Non voleva essere triste per le scelte che aveva fatto, ricordare che vi fosse stato un momento in cui l'unica cosa che desiderava era insegnare la gente ad andare a cavallo.
E poi suo padre, l'immagine di lui lo faceva a pezzi, e non poteva permettersi di essere debole.

« Una decina. »
« Te la sei cavata bene. »
« Si, alla fine è stato molto più semplice di quello che pensassi. »
« E ora? »
« Forse potrei tornare a cavallo. »
« Cassandra lo sa? »
« No, non sa niente, aveva dodici anni, mica potevo mettermi a piangere perchè mi mancava mio padre. » Lei restó in silenzio, alzó solamente un sopracciglio, non serviva che parlasse per fargli capire cosa volesse dire. 
« ...E invece si. Giusto? »
Annuì solamente, poi sistemó alcune cose sulla scrivania, cartelle relative ad altre persone, altri guai, altri pensieri. « Se sta meglio in questo periodo è anche perchè tu ti sei un po' più aperto, sai? »
« Dici? »
« Si, penso di si. »
Era più forte di lei, fare domande, insinuarsi delicatamente nella testa delle persone. E poi, aiutarle. « E invece di Aron, che cosa
pensi? »
« Non lo so, è difficile, un po' tipo te
all'inizio. » Si sentì a disagio, aveva sempre evitato l'argomento Nowak, o meglio, lo evitava da quando si era accorta quanto avessero legato lui e la sorella. Non credeva ci fosse del tenero, ma sapeva anche che non sarebbe stato assurdo se fosse nato, e infatti, la serata al maneggio glie l'aveva confermato.
Aron la guardava in un modo in cui non si guardano le sorelle degli amici, e neanche le amiche.

« Comunque, tra due settimane vedrai dove sono cresciuta, non sei contento? »
« Sono curioso, hai detto che vivono a San Diego, vero? » Incroció le braccia al petto, non ce la vedeva proprio come tipa da spiaggia.
« Si, vivevamo tutti lì. » Alzó le spalle, chissà se Klaus c'era mai stato, pensó che se ci fosse stato comunque non aveva visto il quartiere in cui lei aveva vissuto.
Lui la raggiunse da dietro, l'abbracció e le bació il collo. « Avrei voluto conoscerti prima. »
« Da adolescente io ero una cheerleader della mia scuola, la sera mi ubriacavo ai faló in spiaggia e pensavo che sarei diventata una campionessa di surf. » Klaus continuó a torturarla, le strinse i fianchi, poi le leccó il lobo dell'orecchio. « Eri una di quelle fissate con le onde, il mare... » La schiena di Lidia tremó, si poggió sul suo petto. Non riuscivano a stare lontani, era assurdo il modo in cui fossero indissolubilmente legati.
« Si, ero una di quelle che pensava di essere diversa, e facevo surf, si. Se ti fossi passata accanto mi avresti schifata. » Lui si era innamorato dell'elegantissima psicologa, colta, seria, affascinante. Non della ragazza ribelle di San Diego.
« Non è vero! San Diego mi piaceva, avevamo una casa in California, era molto bella... »
« Si, ad Orange County come minimo. »
« Ti avrei chiesto di insegnarmi a fare surf. »
« E io ti avrei chiesto un sacco di soldi, solo per fregarti, perchè eri uno stupido figlio di papà di Manhattan. »
« Ti avrei conquistata comunque. » Risero insieme, lei si voltó per baciarlo e lui la trascinó sulla scrivania.
S'infiló tra le sue gambe, ansimó piano, non c'era tempo. Non poteva restare lì. « Mh, probabile, non lo so. » Mise le mani sul suo petto. « Non saresti riuscito a resistermi. »
« Mai. » Si sporse su di lei, la bació con passione, come se prima non avessero fatto l'amore, come se non la vedesse da mesi. « Dovrai cacciarmi da qui per farmene andare. » Fece per tirarle su la camicia, e lei non si sarebbe opposta affatto se solo non fossero stati interrotti.

« Tra dieci minuti— » Si sentì bussare. « Eccola, la prossima paziente. »
« Mh. Me ne vado, me ne vado. » Purtroppo.

Klaus andó via, Lidia non aveva idea se avesse fatto in tempo ad incrociare la signora che aveva appena bussato al suo citofono, poi alla porta. La mora si diede un'ultima sistemata e andó ad aprire. Le sorrise come se fosse contenta di riceverla, invece era terrorizzata.

Perchè quella signora, vestita tutta elegante e con i capelli raccolti in maniera perfetta, non era una sua paziente, ma un'investigatrice privata.

« Buongiorno, si accomodi. »
« Buongiorno. » Aveva la carnagione chiarissima e gli occhi troppo grandi, quasi sproporzionati per il viso che li sosteneva. « Ho delle informazioni che potrebbe trovare interessanti. »
Lidia andó subito in agitazione, si sedette sul divanetto, gli occhi sbarrati dall'ansia. Prese a stringere e stritolare il tessuto della gonna, lei, che spiegava agli altri come gestire l'ansia, ora stava morendo dal terrore. « Ha scoperto dove si trova? » Quella posó la cartellina di pelle che di portava sempre dietro e incroció le braccia al petto, come se dovesse pensarci ancora un po' prima di rivelarle cosa avesse scoperto.
« Si. »

Si mise a sedere accanto a Lidia, sul divano. Poi prese la ventiquattrore e l'aprì, lentamente. Smebrava avesse paura. Lidia stava morendo d'ansia, ma era anche felice, sarebbe arrivata da sua sorella Rosa con una notizia positiva.
La signora Stan tiró fuori una cartellina verdognola, un po' sgualcita a causa delle tante volte in cui era stata maneggiata. L'aprì, c'erano delle foto.

« È lei, si fa chiamare Aphrodite. » Le mise davanti agli occhi l'immagine di una donna che usciva da un locale, Lidia si portó una mano davanti alla bocca. « Lavora come ballerina al Next, a Brooklyn. » Annuì velocemente, mentre le mani rovinate dell'altra spostavano i fogli per tirare fuori un'altra fotografia: lei che parlava con un tizio, sembravano abbastanza in confidenza, Lidia si chiese che amici avesse, chi frequentasse. Non doveva essere una bella vita, lavorava a Brooklyn ma chissà dove viveva, con lo stipendio da cubista. « Vive insieme ad altre quattro ragazze, a Brownsville. » Lidia restó in silenzio, sospiró piano, era il peggior posto in cui una persona potesse finire. Doveva tirarla fuori da quello schifo, ci doveva provare. « Le lascio un foglio con tutte le informazioni, il mio lavoro finisce qui. »
L'altra sgranó gli occhi, aveva ancora tanto da scoprire, altre cose da chiederle.
« Ma come? » Perchè? Era disposta, adesso, a pagarla il doppio, il triplo se necessario.
Quella divenne subito tesa. « Mi sono spinta fino al limite delle mie possibilità, ma è un caso troppo pericoloso. Solitamente non prendo neanche lavori da gente che conosce i Van Der Meer, ho accettato solo perchè lei e sua sorella non c'entrare niente, ma adesso, non andrei avanti neanche per tutto l'oro del mondo. » La mora non capiva, che cosa le aveva fatto cambiare idea?
« Perchè? » Cosa aveva scoperto di così spaventoso?
L'investigatrice riveló un sorrisetto rassegnato, come a volerle far capire che non dovesse sperare troppo nella redenzione della sorella.
« Perchè appartiene ai De Vito, il Next è loro, e anche Brownsville, probabilmente vive in un appartamento che le hanno fornito loro.
E lei, Lidia, sta con Klaus Van Der Meer, sono stati i De Vito ad ammazzare suo padre. » Ah.

La riccia dovette prendersi qualche momento in silenzio, per realizzare cosa avesse appena udito, in mezzo a che diavolo di casino si fosse cacciata. Klaus le aveva ripetuto tante volte che una realazione con lui avrebbe portato più guai che cose belle, ma Lidia non ci aveva mai creduto, il loro amore era troppo forte per poter essere turbato da qualsiasi cosa.
Lo diceva sempre, che sarebbe andato tutto bene, e lui amava il modo in cui glie lo diceva.
Ma ora, sentiva che il mondo le stava crollando addosso. Si portó le mani sul viso, era in gabbia, non poteva parlare con sua sorella senza dirlo a Klaus, l'avrebbe preso come un tradimento, e non poteva dirle neppure con chi stesse, non sapeva neppure se la odiasse, se si ricordasse di lei. E se avesse avuto a che fare con la morte del padre di Klaus e Cassandra?

Tornó un momento alla realtà. Tiró su il viso e si rivolse all'investigatrice.
« Il suo compenso è nel primo cassetto della scrivania, la prego lo prenda e se ne vada. »
La donna fece come le era stato detto, silenziosamente, andó dietro la scrivania e tiró fuori i soldi che Lidia aveva accuratamente preparato prima, chiusi in un blocchetto con un elastico morbido. La salutó con un cenno del capo, e poi si chiuse la porta alle spalle, sembrava dispiaciuta di doverla lasciare così.
Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

Restó Lidia, da sola; incerta, prese il cellulare e cercó di pensare a qualcuno da chiamare.
Klaus avrebbe dato di matto, avrebbe dubitato di lei e forse l'avrebbe anche lasciata. Oppure le avrebbe chiesto di rinunciare a sua sorella, e quella era una cosa che non poteva permettersi di fare.
O magari, addirittura, si sarebbe mezzo in mezzo e avrebbe rischiato pur di vederla felice. E poi Cassandra, adesso che le cose sembravano funzionare, sembrava forte perchè era stata addestrata tutta la vita ad esserlo, ma era estremamente fragile.

Guardó nuovamente le foto che l'investigatrice le aveva lasciato sul divano, Andrea, quello era il vero nome di sua sorella, stava uscendo dal Next, era tardi, teneva una sigaretta sospesa tra le labbra e in testa quella che sembrava una parrucca, o forse erano i suoi veri capelli, viola a caschetto. Ricordó quanto detestasse tagliarli, da piccola diceva sempre che li odiasse, mentre sua madre le voleva tutte e tre uguali, tutte con gli stessi capelli cortissimi.
Con il tempo Lidia aveva capito che il motivo per cui Andrea li detestasse non fosse perchè non li trovasse belli, ma perchè non voleva essere uguale a lei e Rosa.
Era sempre stata incompresa, vedeva il mondo in un modo che nessuno capiva, meno che mai i suoi genitori. Voleva fare la ballerina, le avevano dato dell'illusa, della scansafatiche. Una serie di fidanzati sbagliati l'avevano portata via di casa, insieme alla rabbia covata per non essere mai stata all'altezza.

Le restava solo da piangere, si sporse in avanti e piegó i gomiti sulle ginocchia, il viso coperto dalle mani tremanti, il fiato corto.
Era assurdo, un momento prima stava facendo l'amore con Klaus, sembrava tutto andare per il meglio, mentre ora, il mondo sembrava volerla inghiottire.

💎💎💎
ALLORRAAAAAAAAAA
NON VE LO ASPETTAVATE, AH?
Secondo voi cosa farà adesso?
Chiederà aiuto, parlerà con Klaus?

Comunque questa cosa porterà ad una serie di guai che non posso anticipare, ma vi lascio immaginare
E comunque, Klaus come fratello fa un po' schifetto, ma come amante direi che è promosso a pieni voti
Fatemi sapere che ne pensate

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top