CAPITOLO 14
You caught
me staring,
But I caught
you staring
back
Starà bene.
Lui sembró rilassarsi, per un secondo.
« Si, si. Grazie. » Si passó la lingua sulle labbra rosse. Cassandra s'incantó ad osservarlo, era contenta che fosse rimasto.
Anche ad Aron serviva qualcuno che gli desse conforto. « Vieni. » Gli fece cenno di seguirlo con il capo, aprì una porta che portava al bagno di Klaus, sempre maledettamente ordinato. Il biondo la assecondó senza capire troppo. Cassandra si fermó davanti al lavandino di marmo scuro, allungó un braccio e gli prese la mano sinistra. Era ancora sporca di sangue. « Togliti il cappotto. »
« Ah, giusto. » Non ricordava neanche di averlo ancora addosso, lo fece scivolare giù dalle spalle e poi lo lasció su un tavolino accanto. Lei gli riprese la mancina e l'avvicinó all'acqua calda che aveva aperto prima. « Che fai? » La lasció fare, gli stava pulendo le mani. Era così delicata mentre strofinava sulle nocche rovinate dal freddo e dai pugni. Il liquido vermiglio ora colorava il fondo del lavandino. « ...Grazie. » Strinse le dita attorno a quelle di Cassandra, la bionda si fermó e insieme a lei, il suo cuore. Lo sentiva affannarsi nel petto per continuare a battere, a tenerla in piedi.
Si asciugó la mano libera sui pantaloni e si sporse in avanti, facendo leva sulle punte dei piedi per raggiungere l'altezza di Aron.
Gli afferró il cappellino nero e lo fece scivolare via dalla sua testa, rivelando i boccoli disordinati e biondi. Era cosí bello, anche mentre soffriva, il dolore sul suo volto diventava invitante.
Con le dita sottili andó ad accarezzargli il collo, solo per spostare i capelli incrostati nel sangue.
« Anche tu sei ferito. »
Si scansó. « Mi hanno preso di striscio. »
« Stai fermo. » Lo disse dolcemente, finì di pulirgli le mani e poi prese l'asciugamano, lo bagnó sotto l'acqua e lo usó per tamponargli la ferita. L'acqua colorata gli bagnó la camicia, Cassandra era concentratissima su di lui, il taglio gli doleva ma con lei così vicina gli pareva comunque di essere in paradiso. « Dovresti bendarlo. Aspetta. » Aprì un cassetto e ci trovó dentro tutte le cose di Klaus, profumi, rasoi, creme. In una scatola nera c'era dell'ovatta, dei dischetti di cotone che poteva usare per medicare Aron. Non aveva mai fatto una cosa simile, le venne spontaneo, come se sapesse dove mettere le mani. Prese i dischetti bianchi li bagnó con del disinfettante, Klaus era proprio organizzato bene.
Doveva essere una cosa che succedeva spesso, c'era quasi tutto l'occorrente per guarire le ferite.
Premette il cotone sul taglio di Aron, uscì altro sangue. Non le fece schifo. « Devi tenere questo così, sicuramente ha anche dei cerotti e delle garze, devo solo cercare. »
Si mise a cercare nel cassettone sotto il lavandino, dopo un po' trovó quello che voleva. Un rotolo di garze in cotone e dei cerotti abbastanza grossi da coprire la ferita di Aron. « Sposta i capelli. »
Lui piegó il collo e le fece spazio, Cass si alzó sulle punte, teneva il cerotto sospeso tra le dita. Lo lasció lentamente sulla pelle dell'altro.
« Non c'è bisogno delle bende se metti
questo. » Aron la fermó prima che potesse muoversi ancora.
Non aveva tutti i torti. Cassandra aveva la mano ferma, poggiata sul suo collo e la fece scivolare su, fino allo zigomo spigoloso. Quanto diavolo sei bello. Schiuse le labbra e restó zitta, Aron fece per spostarle la mano ma rimase immobile, con il palmo premuto contro quella di lei, lo sguardo perso.
Aveva voglia di baciarlo, non sapeva se fosse perchè avesse solo bisogno di sentirsi considerata, oppure le piacesse sul serio. Voleva posare le proprie labbra sulle sue, era come se ci fosse un'energia che la spingesse a desiderarlo a tutti i costi. Non ne ebbe il coraggio.
Aron si spostó sul suo fianco, lo strinse da sopra il tessuto pensante della felpa, poi lo sollevó e s'insinuó sotto, con le dita fredde. Cassandra socchiuse gli occhi, doveva fermarlo ma non voleva, non ce la faceva.
Rabbrividì e tese i muscoli della schiena.
Vederla in quel modo, mentre si beava delle sue attenzioni, fece perdere la testa all'altro, che l'attiró verso di sè, in modo quasi aggressivo.
Lei non si oppose, gli accarezzó il petto con una mano, avrebbe voluto strappargli via la camicia e vedere i suoi addominali perfetti, i tatuaggi scuri. Li riusciva ad immaginare benissimo, e bruciava dentro.
Sentiva il suo respiro lento, i torace gonfio che si alzava e abbassava, tremante. Egli si avvicinó di più, tanto che riusciva a graffiarle le labbra con il suo fiato.
Lei si sentì morire. « Dimmi a cosa pensi. » Ansimó così piano quelle parole che ebbe paura di non essere riuscita a farsi sentire.
« Non posso. » Stava ben attento a non sfiorarla neanche per sbaglio, poi non sarebbe più riuscito a fermarsi.
« Allora fammi vedere. » Ti prego.
« ...Non posso. » A tradire le sue parole c'era lo sguardo, carico di desiderio e passione, il modo in cui teneva stretta la presa sul fianco di lei e la sovrastava, già pronto a prendersela. « E non puoi neanche tu. » Le soffió quelle parole sul viso, calde, invitanti.
Al diavolo, al diavolo Nowak.
Cassandra stava davvero per baciarlo, per mandare a puttane tutti i passi avanti che aveva fatto con Klaus e la fiducia, il nuovo lavoro, stava per far scoppiare l'inferno tra le loro famiglie e Aron era prontissimo ad assecondarla, ad accompagnarla negli inferi e smettere di essere quello fedele alla Volpe.
Era meraviglioso già assaporarlo, il piacere di fare la cosa sbagliata. Nowak le strinse una coscia e la spinse per infilarsi meglio tra le sue gambe, schiacciarla contro il suo corpo bollente. Sembrava stessero ancora cercando di resistere, alla voglia di stare insieme, ai loro corpi.
Si muovevano da soli.
Puoi ancora tornare indietro.
Le sfioró appena le labbra, quasi riuscì a lambirle davvero, prima che un lamento straziante li interrompesse. Klaus stava male. Come se avesse percepito ogni cosa, aveva iniziato a dimenarsi.
Cassandra scattó come una molla e Aron si allontanó da lei per raggiungerlo.
Lui si chinó accanto al corpo della Volpe. Lo teneva fermo. « Chiama Polly. » Quel tono così autoritario le mise paura, ma invece che immobilizzarla la fece correre da sua madre. Bussó alla porta dove dormiva e poi pensó che fosse una cosa stupida, che si trattasse di un'urgenza e doveva aprirla direttamente. Quella le comparve davanti dopo qualche secondo.
« Arrivo. » Indossava una vestaglia lunga, i capelli legati in alto e al collo le solite collane d'oro.
Il ciondolo che aveva trovato al maneggio, doveva tenerci proprio tanto.
Quando giunse da Aron, Klaus si era già calmato, ma non bastava a farli stare tranquilli. « Dovete dargli degli anti dolorifici, e non deve provare ad alzarsi. » L'ultima frase suonó piú come un rimprovero, lasció una scatoletta di medicine, Cassandra aveva già visto quel nome, ne avevano tante simili in casa. Sapeva anche che il fratello evitasse di prenderne troppe.
« E tu che hai fatto al collo? »
Lui cercó di mostrarsi calmo, ma subito dopo quello di Klaus, era il giudizio di sua madre a terrorizzarlo. « Niente, era solo un taglio, Cassandra mi ha aiutato a pulirlo. »
Polly assottiglió lo sguardo, rivolse un'occhiata indagatoria alla bionda, non ci voleva un genio per capire che avessero una strana intesa, pericolosissima. Forse stava sbagliando a farsela amica.
« Cerchiamo tutti di dormire. Domani sarà una giornata lunga. » Perchè? Cassandra si domandó che diavolo sarebbe successo il giorno dopo. Cercó immediatamente lo sguardo di Nowak, Polly si accorse anche di quella reazione. Storse la bocca, non stava andando niente per il verso giusto.
Forse era giusto che stessero separati. Magari così sarebbe stato più facile. « Dai Cass, torna nella tua stanza. » Al momento nessuno dei due aveva voglia di pensare a cosa stesse per succedere un momento prima, nel bagno.
Lei scosse il capo, non riusciva neanche ad immaginarsi mentre varcava la porta per andarsene. « Non esiste, Klaus è tutto quello che ho, è tutta la mia famiglia, è mio padre, mia madre e mio fratello. » Erano legati indissolubilmente, se stava male uno, l'altro moriva con lui. Klaus era la sua vita, non poteva lasciare la sua vita e andarsi a riposare.
Aron comprese che non vi fosse modo di farla ragionare. Prima o poi si sarebbe addormentata. « Va bene, allora io prendo la poltrona e tu il divano. » Avrebbe voluto starle vicino davvero, abbracciarla e farla sentire al sicuro, ma era meglio per tutti che le stesse lontano.
La giovane annuì, si sistemó la felpa pesante e aprì l'armadio per cercare delle coperte, per lei e Aron. Ne tiró fuori due, gli fece cenno di prepararsi ad afferrarla e glie la tiró vicino alla poltrona dove aveva deciso di passare la notte.
Lei si mise sul divanetto accanto, camera di Klaus era organizzata in modo da avere delle sedute vicino alla cabina armadio, era lì che si erano messi loro due. Erano scomodissime.
Cassandra si allungó sui cuscini e poggió la testa sul bordo del divanetto, non sarebbe mai riuscita a dormire. « Perchè domani sarà una giornata lunga? »
Lui sorrise, Cassandra gli fece tenerezza. Stava cercando di capire. « Perchè chissà cosa ha in testa, ti consiglio di riposarti se vuoi lavorare con lei. » Ma perche, domani avrebbero lavorato comunque? « È successo un casino e dobbiamo far vedere che va tutto bene, quindi domani dobbiamo fare come se non fosse successo niente, capito? »
« Che avete fatto? »
« È meglio che tu non sappia. »
« E perchè? »
« Perchè è pericoloso sapere certe informazioni. »
« È pericoloso anche avere il mio cognome, da quello che so. »
« Si, abbastanza. »
« Quindi almeno voglio sapere perchè cazzo rischio. » Un velo di rabbia le accese il tono di voce, sempre sommesso per non svegliare Klaus. Aron corrucció il viso, era tutta la vita che Cassandra rischiava senza saperlo.
Sospiró. « Abbiamo scoperto che volevano fregarci, avevamo un carico di cocaina che doveva arrivare nel Bronx, ma chi ci aveva garantito il trasporto ha provato a fregarcelo. » Lo disse come se fosse una cosa normale.
Lei sapeva che nella sua famiglia non facessero quasi nulla di legale, e quelle poche cose pulite che avevano servivano a coprire un sacco di marcio. « E ora? »
Lui serró la mascella, guardó Klaus e poi tornó a fissare la bionda. « Ora ne pagheranno le conseguenze. »
« Sono stati loro a fargli questo. » Era un'affermazione più che una domanda. Li odiava. Anche se nessuno era innocente, anche se erano tutti dei criminali.
« Si. E pagheranno con la stessa moneta. » Le sue parole sapevano di vendetta.
Lei non osó contraddirlo, voleva che chiunque avesse fatto male a Klaus soffrisse, come stava soffrendo lei in quel momento.
« Occhio per occhio. »
« Esatto. » Si mise comodo sulla poltrona, il collo poggiato al cuscino di velluto.
Cassandra sbadiglió. Allungó un braccio oltre la testa, penzolava giù dal divanetto. « Questo nelle foglie de te non c'era. »
Aron si reggeva la testa con una mano.
« Che foglie. »
« Quelle che mi ha letto Polina. »
Si stropicció gli occhi. « Non ci credo, ti ha letto le foglie. »
« Si, ha detto che ci saranno tipo... delle prove da superare. »
« A me ha detto che troveró l'amore, pensa un po' che stronzate. »
Scosse il capo, gli sembró che dicesse a tutti le cose che avessero bisogno di sentirsi dire. « Magari lo trovi davvero, magari quella lì, Irina, poi ti fa innamorare sul serio. » Una strana scossa le vibró lungo la schiena. Non riuscì a darle un nome.
« Non è una cosa che cerco, non mi serve.
Irina ti è rimasta proprio impressa, eh? » Gli venne sa ridere.
« È l'unica ragazza con cui ti abbia visto, quindi. » Nella sua testa aveva attenzioni particolari per lei, e poi non poteva scordarsi il modo in cui lo guardava, come un bottino da conquistare.
Ma Aron non era scemo.
Irina si che era innamorata.
« È quella con cui mi vedo più spesso, ma non è una cosa seria. »
« Perchè non la inviti all'evento al maneggio? » Perchè voleva vederlo con lei? Era forse, nel suo subconscio, un modo per allontanarlo? Per dimostrare a se stessa che di Aron glie ne fregasse quasi nulla.
« E tu che ne sai dell'evento? »
« Polly ha detto a me di organizzarlo, sono la sua nuova segretaria. »
Lui alzó le sopracciglia. Era raro che Polly si fidasse di chiunque. « Devi proprio piacerle tanto. »
« Magari le piace come lavoro. »
Lui si sistemó la coperta che gli aveva passato Cassandra sulle gambe. « Non ne ho idea, ma se ti ha proposto una cosa del genere significa che hai fatto colpo. »
« Menomale. »
« Sono quasi le cinque, prova a dormire. »
« Mi svegli tu alle sei? »
Annuì. « Si, ci penso io. »
Cassandra chiuse gli occhi, diversamente da quello che aveva previsto, le ci volle pochissimo per addormentarsi. Restó con il braccio appeso nel vuoto oltre il capo, il corpo immobile. Era distrutta. Aron si alzó lentamente, prese la coperta ai piedi del divano e glie la mise addosso, si soffermó a guardarla e per un attimo gli mancó il fiato, sentì il petto sprofondargli. Klaus dormiva dietro di lui, era il suo migliore amico e si stava incantando a guardare la sorellina che aveva sempre protetto da tutto e tutti. Era sbagliato, era ingiusto, si fece schifo eppure non sapeva come smettere.
Se non avesse urlato, se Klaus non avesse richiamato la loro attenzione, l'avrebbe baciata e non si sarebbe più fermato. Mi dispiace piccola Cassy.
Serró la mascella e tornó al suo posto, sistemó meglio la poltrona in modo da avere il suo amico più vicino, quindi la trascinó accanto al divanetto dove riposava l'altra. Passó un'ora, decise di aspettare un po' prima di svegliarla, gli dispiaceva doverle annunciare che Polly fosse pronta a distruggerla, e che presa dall'ansia l'avrebbe fatta sgobbare ancora di più. Sospiró, era sdraiata esattamente come si era messa prima: le dita penzolavano ancora oltre il divano, dal lato della testa.
Aron allungó un braccio per sfiorargliele, pianissimo. Le sollevó i polpastrelli lentamente, li accarezzó come se temesse di rovinarli. Gli piaceva giocarci, e piaceva anche a lei.
Cassandra era giá sveglia, finse di dormire ancora per un po', solo per poter approfittare ancora delle attenzioni di Nowak. Le piacque da morire essere riportata indietro dal mondo dei sogni in quel modo, così leggero che riuscì a rendere sopportabile una mattina arrivata dopo una notte insonne, e Klaus che ancora stava male.
Lei tese l'indice, lo sentì fermarsi, come se avesse paura. Cercó il palmo della sua mano e lo accarezzó dolcemente, voleva fargli capire che non le desse fastidio. Aron esitó, adesso non era più un giochetto suo, che poteva fingere di non aver mai fatto.
Intrecció le estremità delle dita alle sue, Cassandra sospiró lentamente, trovó solo dopo il coraggio di voltarsi e controllare in che stato fosse suo fratello. Non ce l'avrebbe mai fatta ad andare a lavoro. Ma adesso più che mai era importante organizzare quel dannato evento.
E Klaus doveva riprendersi, essere forte.
« ...Buongiorno. » Aron ritrasse il braccio, fecero entrambi finta di niente, ancora.
Lei si mise seduta, la felpa aperta le cadeva su una spalla, i capelli erano più disordinati del solito e lo sguardo stanco come se quei pochi minuti di sonno avessero fatto solo peggio.
« Non hai dormito neanche un po', vero? »
Lui scosse il capo.
« Io non dormo quasi mai. » Ed era vero, soffriva di insonnia da sempre. Aveva provato mille rimedi ma l'unico era il sonnifero, solo che non poteva permettersi di non essere cosciente per troppe ore, era una cosa che detestava.
« Novità? »
« Non ha la febbre, è una cosa positiva. »
« Mh. »
E Polly, che fine aveva fatto? « Mia madre è già al maneggio. »
« E a lui chi ci pensa? »
« Il medico, è già qui, mia madre sa come sopravvivere ma non conosce la medicina. »
Aveva freddo, Cass pensó che quella casa riuscisse a congelare perfino uno grosso e tosto come Nowak, si vedeva. Quello che non sapeva lei, era che Aron odiasse il freddo, odiava le case grosse, il vuoto. Gli mettevano una specie di malinconia.
« E Lidia? » Cassandra se ne ricordó solo in quel momento, sapeva qualcosa?
Aron sgranó gli occhi. Non ci aveva proprio pensato. « Merda, Lidia! »
« Io aspetterei che possa parlarle lui. » Da brava codarda, mica lo aveva lei, il coraggio di dirle che il suo amato Klaus fosse stato accoltellato.
« No, dobbiamo chiamarla, lui vorrebbe così, non è giusto che scopra tutto dopo. »
« Devo farlo io. »
Aron annuì. « Sei tu quella che ha più confidenza con lei. » E sei anche la sorella di Klaus, sei la sua famiglia.
Odiava doverle dare la peggiore notizia del mondo, ma non c'era alternativa. Faceva parte del gioco, era il lato oscuro delle macchine costose, delle case grandi e vuote, delle feste e degli abiti eleganti. Cassandra non si era mai chiesta se ne valesse la pena, era così e basta.
Eppure, se in quell'istante qualcuno le avesse proposto di scambiare tutto quello con un po' di semplicità, avrebbe accettato senza pensarci.
Aron invece no, lui aveva conosciuto la povertà vera, quella che ti faceva venir voglia di morire.
« Allora ci penso io, solo che se viene qui... devo avvisare Polly che non ci sono oggi. »
« Dille che lavori da casa, tanto devi organizzare un evento, puoi farlo ovunque. »
« Si. » Si passó le mani sul viso, adesso era lei che doveva pensare a Klaus, doveva renderlo fiero, o comunque non deluderlo. L'assalì un'ansia improvvisa, ingestibile. Non si sentiva all'altezza, non le piaceva un mondo in cui dovesse fare lei, la parte che si era preso Klaus per più di dieci anni. « Dove cazzo è il telefono... » Non aveva idea di dove l'avesse lasciato, si mise a tastare intorno a lei, poi ricordó della sera di prima. Le venne da piangere, pensando a quanto fossero stati bene insieme. Era quello il prezzo da pagare? La punizione per aver creduto che potesse andare meglio.
Si alzó, la coperta scivoló a terra, la felpa corta lasciava il ventre scoperto, i pantaloni a vita bassa erano rigirati sull'elastico, le andavano larghi. Lo sguardo di Aron indugió sulla pelle chiara di lei, fin immaginando cosa ci fosse oltre la linea della tuta, si leccó le labbra. Ma che fai.
Lei sentì il suo sguardo addosso, ma decise quello fosse un problema di cui si sarebbero occupati dopo, oppure mai. Lo stai evitando?
Si tiró le maniche della felpa e tornó nel salottino, il cellulare era ancora poggiato sul tavolino, la chat con Vanessa aperta. Aveva continuato a scriverle per tutta la notte, a mandarle video della serata. Ricky ubriaco, lei mentre ci provava con uno, le solite cose.
La invidió.
Per fortuna si era salvata il numero di Lidia in vista della giornata di shopping che avrebbero passato insieme, non aveva voglia di mettersi a cercare il telefono di Klaus. Controlló l'ora, erano le sei. Decisamente un orario molto scomodo, nessuno chiamava così presto per dare buone notizie. Si sarebbe allarmata subito.
Per un momento speró non rispondesse, così avrebbe avuto una scusa per non doverle parlare. Quando smise di squillare le si fermó il cuore.
« Cassandra? »
« Senti... non c'è un modo giusto per dirtelo, Klaus sta male. »
« In che senso, cosa ha? »
Cassandra chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e pensó che la invidiasse, l'ipotesi dell'accoltellamento non le era passata nemmeno un attimo per la testa. « Hanno provato ad ammazzarlo, Lidia. Sta male. Ora è a casa. »
« E perchè non è in ospedale? »
« Ci ha pensato Polina. E c'è un medico qui che lo controlla. »
« E chi è Polina? » Giusto. A quanto pareva suo fratello non le aveva raccontato proprio tutto. « Sto arrivando. » Poverina. Se fino ad un attimo prima l'aveva invidiata, ora le dispiaceva, perchè si era innamorata di una persona che l'avrebbe portata letteralmente all'inferno.
Chiuse la chiamata e invió un messaggio alla madre di Aron, dicendole che stava già preparando la lista degli invitati. Le disse che Aron glie ne aveva già fornita una, era una bugia, ma serviva a rendere la scusa credibile.
Tornó da Nowak.
« Ho detto a tua madre che mi hai già dato la tua lista degli invitati, se non ne hai una pronta inventala. » Bloccó il cellulare e se lo mise nella tasca della felpa. Lui sorrise, beffardo. Le si avvicinó lentamente, con finto fare minaccioso e poi incroció le braccia al petto. « Adesso dai anche ordini? »
« Non ho più sedici anni a quanto pare. » Lei gli mise una mano sulla spalla sinistra e lo spinse, per provocarlo. Gli venne da ridere, inchiodó lo sguardo gelido a quello di lei. « Ma sei sempre la sorellina di Klaus. » Assottiglió le iridi chiare.
« E tu il suo amico noioso. »
« Ero così noioso? »
Lei alzó le spalle. « Mi spiegavi le materie che odiavo di più, lo eri per forza. »
« Ma se ti facevo cenare con il gelato. »
Cassandra fece per rispondergli, voleva dirgli di smetterla di inventarsi cose, che si fosse confuso.
E invece, ricordó tutto improvvisamente. Era una delle cose che il suo cervello aveva eliminato, una delle tante riguardanti la sua infanzia che era finita nel dimenticatoio. Ne ignorava le motivazioni, ma era consapevole di aver rimosso una serie di ricordi; della sua infanzia non sapeva quasi niente, pochissimo dell'adolescenza, di suo padre non ricordava a volte neanche la voce. Eppure era morto tanto tempo dopo sua madre, quando aveva già dodici anni, e Klaus ventidue.
« ...Non me lo ricordavo. »
« Non era così male. »
« Cosa? »
« Stare con me. » Lo disse come se gli avesse fatto piacere prendersi cura di lei.
« Non lo so, tante cose non me le ricordo. » Eppure ce n'erano altre che aveva ben impresse. Tipo quanto le piacesse, anche se era noioso, era l'amico figo di Klaus e ovviamente lei gli sbavava dietro. Lo aveva visto passare da una ragazza all'altra, le aveva invidiate tutte e si era sentita perfino insicura, lei, Cassandra Van Der Meer, si era sentita inferiore a qualsiasi giovane fosse riuscita a strappargli un po' di attenzioni.
« Che ha detto Lidia? »
L'altra si attivó subito, come se si fosse preparata tutta la vita a dover gestire una situazione del genere. « Sta arrivando, vado a lavarmi, poi chiamo Greta così mette in ordine questo macello. » Forse Klaus l'aveva addestrata sul serio. Oppure erano solo i flashback della morte di suo padre, che le dicevano come comportarsi.
Non succederà.
« La chiamo io, vado a casa a cambiarmi e torno. »
« Perchè, che altro devi fare? »
Cazzo. E adesso che scusa poteva usare? Aveva ragione Polly, le girava sempre intorno e non riusciva ad accorgersene. Schiuse la bocca, come faceva a dirle che era per lei, che volesse tornare?
« Per Klaus, voglio restare con lui, mi dispiace andarmene. » Si schiarì la voce.
« Come vuoi, allora se vuoi restare ti faccio sistemare una stanza. »
Aron la osservó bene, un'altra volta, mentre cercava di sistemare ognuno al suo posto.
« Sei proprio come tuo fratello. »
« In che senso? »
Chinó il capo, le squadró il volto e piegó le labbra in un mezzo sorrisetto. « Un po' volpe. » Le venne da piangere, un'altra volta. Ricacció le lacrime indietro.
Si stropicció gli occhi e decise di non perdere altro tempo, levarsi quella tuta comoda e trovare qualcosa di più adatto, Klaus diceva sempre che l'apparenza fosse importante: non le restavano altro che i suoi consigli. Indossó dei jeans a vita bassa e una giacca di velluto, da sopra una maglietta bianca, di cotone pesante.
Quando uscì dalla sua stanza, fermó una delle domestiche, le disse di informare Greta che ci fosse bisogno di due stanze in più, sicuramente sarebbe rimasta anche Lidia.
E infatti, quando la vide fu la prima cosa che le disse. « Resto qui. » Piangeva già prima di salire le scale, in quel momento, osservandola, Cassandra comprese a cosa fosse servita l'educazione riservatale da Klaus: era forte, sapeva cosa fare.
Invece la sua fidanzata stava morendo di dolore, mentre la giovane sapeva come trasformare quella sofferenza in altro, Lidia diventava debole.
Sarebbe stata un grosso problema.
Aron era già andato via.
« Ti ho fatto sistemare una stanza, se poi hai voglia di riposarti un po'. »
« Grazie, ma resto qui. »
« Mh. » La bionda camminó fino al comodino, mentre l'altra si metteva a sedere dove Cassandra aveva dormito fino a qualche ora prima. « Allora, questi sono per i dolori. » Prese la scatoletta che le aveva dato Polly. La strinse tra le dita e la agitó in aria. « Mentre queste sono per farlo dormire. » Afferró un'altra confezione di cartone. Poi la ripose. « La medicazione va cambiata, poi quando si sporca ti faccio vedere come si fa. Oppure ci pensa direttamente il dottore, non so dove sia finito onestamente. »
E tu che ne sai, piccola Cassy? Non voleva pensarci, non voleva ricordare il modo atroce in cui morì suo padre, quante ferite gli avessero medicato e come.
Lidia rimase sorpresa da come Cassandra sapesse gestire quel casino. Per te è un casino, per lei la normalità. « Se hai freddo lì ci sono le coperte, mi sa che Aron non ha detto a nessuno di ripulire la stanza. »
Solo in quell'istante, la giovane fidanzata di Klaus si guardó attorno, e vide che ci fosse sangue ovunque. E poi chi era Aron? Non le era nuovo come nome, ah, giusto, il migliore amico di Klaus. « Per qualsiasi cosa chiama Greta, o me, mi porto il telefono dietro. »
« Dove vai? »
« Devo capire cosa c'è da fare, con lui così si ferma tutto e non voglio, quando si sveglia deve trovare ogni cosa in ordine. » Si mise le mani sui fianchi, era visibilmente agitata.
Non c'era tempo per i sentimentalismi, per consolare nessuno. Cassandra avrebbe voluto essere capace di mettersi accanto a Lidia per confortarla, ma nessuno le aveva mai spiegato come si facesse, tutto quello che conosceva era il controllo. « Deve trovare tutto come se non si fosse mai fermato. » Si passó una mano sul viso, in quel modo anche lei poteva fingere che non fosse mai stato male.
« Cass. »
« Mh? »
« ...Va bene stare male. » Lidia era seduta accanto a Klaus, la mano tesa su quella di lui. La stringeva come se si stesse aggrappando alla sua vita, disperatamente.
La sorella alzó le spalle. « Lui mi direbbe di non farmi distruggere dal dolore. » Era così che si diventava invincibili. Doveva fare per lui quello che Klaus aveva fatto per lei tutta la vita.
Lo guardó di nuovo.
Ci penso io Klaus.
Non preoccuparti.
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