CAPITOLO 2
La messa domenicale si era appena conclusa, l'anziano parroco in piedi sui gradini d'ingresso della vecchia chiesa, salutava l'uscita di tutti i suoi fedeli compaesani. Si conoscevano tutti, e lui dopo quasi vent'anni che era il cappellano del paese era diventato uno di loro. Sorrideva salutando e avendo una battuta per ognuno di loro. Quando anche l'ultimo dei fedeli si allontanò avviandosi a casa per il pranzo alzò gli occhi al cielo ringraziando il signore per il dono di un'altra giornata prima di rientrare nella penombra della sua chiesa. Lo vide in quel momento, alla sinistra dell'entrata nella terzultima fila. L'uomo seduto con i gomiti poggiati al parapetto e le mani giunte sotto il mento, fissava il crocifisso che scendeva sopra l'altare. L'anziano parroco si avvicinò in silenzio rispettando quel momento di preghiera e si sedette accanto a lui. Lo aveva riconosciuto subito, era il forestiero di cui tutto il paese parlava, ricordava di averlo visto uscire dall'emporio qualche giorno prima e si era ripromesso che sarebbe passato alla vecchia cascina a salutarlo e a presentarsi, ma a quanto pareva quell'uomo lo aveva anticipato. Il prete rimase in silenzio per diversi minuti accanto a quell'uomo che non conosceva. Poi l'uomo parlò «è stata una bella predica» disse girandosi verso il parroco. Il prete sorrise ricordando l'omelia del figliol prodigo che ritorna a casa «grazie» rispose con sincerità «ma forse il merito non è mio ma delle parole della scrittura» continuò guardando l'uomo al suo fianco. Quell'uomo era tormentato lo leggeva chiaramente nei suoi occhi «forse quella predica ti ha colpito di più perché vedi in quella pecorella smarrita qualche similitudine con te». L'uomo sorrise colpito «va diritto al punto padre» disse.
«E questo ti dispiace?» rispose l'anziano prete continuando a guardare quegli occhi profondi e carichi di dolore.
«No» rispose l'uomo in modo sincero. Di nuovo il silenzio si insinuò tra di loro. Questa volta fu il parroco a parlare dopo qualche minuto «sono Don Ferdinando» disse porgendo la mano che l'uomo prese immediatamente. La stretta era forte e vigorosa e le mani dure e callose di un lavoratore «mi chiamo Michael» rispose l'uomo. Questa volta fu il parroco a sorridere «benvenuto nella casa del signore». L'uomo rispose al sorriso. Il parroco continuò «sappi che questa casa è sempre aperta per chi cerca un rifugio dell'anima». L'uomo riportò lo sguardo sul crocifisso, quel vecchio prete sapeva il fatto suo «me ne ricorderò padre» rispose alzandosi.
«Alcune volte la confessione aiuta a liberare l'anima da un peso eccessivo» continuò Don Ferdinando.
«Non oggi» tagliò corto Michael allungando la mano per salutare il prete. Don Ferdinando si alzò «hai tanta strada da fare per raggiungere la cascina» disse
«Sono abituato a camminare» rispose Michael.
Il vecchio prete gli prese la mano «se vuoi puoi fermarti a mangiare con me prima di proseguire per la tua strada, mi farebbe piacere»
Michael fu sorpreso, non si aspettava l'invito e, dopo un primo momento di smarrimento, stava valutando la possibilità di accettare, da moltissimo tempo non mangiava un pasto decente e soprattutto con la compagnia di qualcuno. Il vecchio prete sembrò accorgersi della titubanza dell'uomo «prometto di non farti domande» disse sorridendo nel tentativo di convincerlo. Michael rispose al sorriso «questo sarà un compito gravoso per lei padre» rispose ironico prendendolo un po' in giro.
Don Ferdinando sospirò, «Non credere figliolo, io sono come quel personaggio dei romanzi di Camilleri, credo sia Montalbano» disse il prete corrugando la fronte come a cercare di ricordare «quando mangio non proferisco parola» aggiungendo «il cibo è un dono di Dio e va gustato con il doveroso silenzio e rispetto» si spalancò in un poderoso sorriso che coinvolse anche Michael «a queste condizioni non posso che accettare» rispose in modo sincero e rilassato, quel parroco sembrava davvero una brava persona.
***
Nel silenzio della cucina si sentiva solo il rumore dell'acqua che scivolava sui piatti insaponati «Aspetta nonna che ti aiuto ad alzarti» Maria chiuse il rubinetto e lasciò il lavello per avvicinarsi all'anziana donna.
«Non preoccuparti» rispose la donna appoggiandosi al tavolo per sollevarsi «riesco ancora a muovermi». Con fatica, trascinando le gambe, si incamminò verso la camera da letto per il consueto riposino dopo pranzo. Maria lasciò che si muovesse da sola ma l' accompagnò con lo sguardo, fino al letto con la paura che le gambe le potessero cedere visto che nell'ultimo mese sua nonna in alcune giornate faceva sempre più fatica a camminare, mentre in altre, stranamente, riusciva persino a spostarsi in bicicletta. Aveva pensato di regalarlerle un bastone da passeggio, per fare in modo che in quei giorni dove si sentiva più affaticata, potesse muoversi, anche se, conoscendo la testardaggine di sua nonna, rischiava che quel bastone finisse sulla sua schiena. Sapeva bene che prima di comprarlo avrebbe dovuto cercare di convincerla e questo sarebbe costato tempo e fatica perché sua nonna era una gran testona pensò con affetto sorridendo leggermente. «Giusto qualche minuto per far riposare le mie vecchie ossa» continuò la donna appena si fu sdraiata. Maria si chinò a baciarla sulla fronte dopo averle spostato la ciocca di capelli bianchi e secchi «se hai bisogno sono di là a finire di lavare i piatti» disse sorridendo amorevolmente alla donna che stava già chiudendo gli occhi. Le accarezzò la testa prima di girarsi e tornare di là al lavello per finire quello che stava facendo.
***
Il suono del vecchio pendolo era l'unica compagnia che avevano. Don Ferdinando era stato di parola, dopo aver augurato buon appetito, non aveva parlato per tutta la durata del pranzo. Aveva mangiato in silenzio gustando sia la pietanza preparata dalla perpetua che la presenza silenziosa dell'uomo, immersi entrambi nei loro rispettivi pensieri guidati dal ritmo inesorabile del pendolo a muro che segnava il tempo che scorreva. Michael era stato bene, da troppi giorni viveva in solitudine per riuscire ad apprezzare le leggere sfumature che una compagnia silenziosa lasciava nell'anima, erano bastate poche ore per capire che quel prete gli piaceva. L'anziana donna entrò nella sala portando, in un vassoio argentato, le due tazzine di caffè che mise sul tavolo insieme alla zuccheriera di porcellana lavorata a mano, borbottò qualcosa di incomprensibile per Michael che però rispose ugualmente sorridendo, prima di girarsi e uscire dalla stanza, richiudendo la porta. «Quanto zucchero?» Chiese Don Ferdinando. «Senza zucchero» rispose Michael prendendo la tazzina. Il prete lo guardò «in effetti andrebbe bevuto così, ma trovo la vita già particolarmente amara e penso che un po' di dolce ogni tanto ci voglia» rispose sorridendo e mettendo due cucchiaini nella sua tazzina che iniziò a mescolare. Ora al suono del pendolo si aggiunse il delicato tintinnio del cucchiaino nella tazzina di caffè, «Stavo pensando» continuò il prete «che forse ti potrebbe far comodo un mezzo per spostarti dalla cascina al paese». Michael posò la tazzina dopo aver gustato quel liquido caldo e amaro «sono abituato a camminare» disse di getto, poi però pensò che probabilmente Don Ferdinando aveva ragione: un mezzo di trasporto gli avrebbe fatto guadagnare tempo e gli avrebbe fatto risparmiare forze per sistemare la casa. «A che mezzo stava pensando?» chiese Michael mentre il suo sguardo si posò fisso sulla caraffa di vetro trasparente dell'acqua. Il prete lo guardò con curiosità «ti intendi di meccanica?» Chiese guardando quell'uomo che sembrava perso nei suoi pensieri mentre fissava quel liquido trasparente. Michael sembrò riemergere dai pensieri «me la cavo» rispose. Don Ferdinando finì di bere il suo caffè «la signora Rosa ha una vecchia moto Guzzi che apparteneva al marito morto ormai da parecchi anni. So che vuole disfarsene se vuoi possiamo andare a vedere in che condizioni è?» Michael ci pensò un attimo poi decise che in fondo l'idea non gli dispiaceva per niente «Va bene» rispose «andiamo a vedere questa moto» mentre guardando quel liquido i ricordi lo stavano trasportando lontano...
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