Capitolo 1

L'amore, sulla terra, non è sempre delicato, non è sempre gentile. A volte, l'amore è una mano attorno al collo e una lama alla gola.

A volte, l'amore attira il sangue.

L'amore, sulla terra, è indomabile. È selvaggio e inflessibile, ti sta attaccato alle calcagna. Quando lo si evita, l'amore s'impone, e quando si ha bisogno di esso, l'amore, beh...L'amore può scivolare tra le dita.

L'amore, sulla terra, persevera. Le bombe hanno distrutto tutto, lasciando l'ombra delle creature e la dannazione dietro, a testimoniare ciò che è stato fatto. Ma l'amore non può essere irradiato. L'amore non può essere rigirato e piegato per mano dell'uomo, le sue molecole non possono essere deformate, la sua essenza non può essere contaminata.

L'amore è l'unica cosa per cui vale la pena lottare. Anche qui.

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Clarke non riesce ad incontrare gli occhi di Lexa quando pressa il pugnale alla sua gola.

Lei non è chi Clarke vuole ferire. Nel profondo, sotto i pezzi di lei che sono stati fatti a brandelli che non potranno mai essere ricuciti insieme, lei lo sa.

Perché il coltello è ancora nella sua mano?
Perché la potente Heda non sta nemmeno provando a disarmarla?
È ancora peggio quando Lexa si sporge verso la lama, offrendosi alla minaccia.

Clarke afferra il manico e la spinge all'indietro, odia se stessa per sperare che non abbia ferito la sua pelle.

«Reagisci!» dice, esile e disperata.
«Lo sto facendo.»
Lexa la fissa, il mento alto e la sua voce è ruvida a causa della forza esercitata sulla sua trachea.

Un'altra parte nascosta di Clarke viene strappata via a quel suono, alla realizzazione che dovunque lei vada, il dolore segua le sue tracce.

«No, non lo stai facendo.»
Lei sposta il suo peso, indietreggiando di un centimetro, pregando Lexa di intervenire, di forzare la lama dalle sue mani e di spazzare le sue gambe dal terreno. Che sollievo sarebbe essere scaraventata sul pavimento freddo e duro.

«Non tutte le armi possono essere viste, Clarke.»
La speranza divampa nel suo petto per un istante, al pensiero che forse c'è stato un coltello puntato tra le sue costole per tutto questo tempo. Ma quando finalmente incontra gli occhi di Lexa, nota che sono bagnati e la colpisce il fatto che stanno combattendo due battaglie del tutto distinte.

Le sue ginocchia cedono e lei cade a terra, insieme a lei cade anche il pugnale rumoroso sul pavimento.
C'è un singhiozzo asciutto che si forma nel suo petto e lei lo tiene lì, godendo della sua stessa debolezza.

Lexa s'inginocchia accanto a lei, le mani posate sulle sue cosce. Ne solleva una di un centimetro, prima di piegare le sue dita in un pugno e riportarla indietro. Restano in quella posizione per alcuni momenti, Clarke piegata in due in agonia mentre la causa del suo tormento è la silenziosa presenza al suo fianco.

Inizia orrendamente a diventare confortante.
«Ho bisogno di odiarti» sussurraClarke, mantenendo lo sguardo sulle mani di Lexa. «Tutto ciò che ho fatto, dev'essere colpa tua.» La sua voce si spezza e le nocche di Lexa sbiancano.
«Altrimenti, come posso vivere con me stessa?»

Fuori dal suo perimetro, Clarke vede Lexa abbassare la testa in un debole cenno. Poi Lexa rilassa le sue dita e pressa il palmo sul pavimento, a qualche centimetro di distanza dal ginocchio di Clarke.

Ci sono tracce di sporco sotto le sue unghie e alcune cuticole sanguinano, proprio come le sue.
Clarke non vuole farlo, ma la sua mano sinistra scivola in avanti e atterra con un morbido tonfo sui mattoni. I loro mignoli quasi si toccano.

«Mi odio abbastanza per entrambe.» disse Lexa emettendo un respiro tremante.

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