Capitolo 7.

Benny era emozionato, non riusciva a credere di essere lì di fronte Carla Sassi ed essere sul punto di realizzare il suo obiettivo. Rappresentava un'ottima occasione per emergere all'interno del New Megazine, finalmente avrebbe ottenuto la tanto aspirata promozione, nonché un successo senza precedenti.

-Signorina Sassi, innanzitutto la ringraziamo per aver accettato il nostro invito.-

Guardò il sorriso nervoso del ragazzo con un tono austero. -Vogliamo cominciare?-

Annuì con decisione deglutendo pesantemente quando incrociò lo sguardo cupo di lei. -Sono d'accordo.- Convenne sistemando il blocco su cui avrebbe preso i suoi appunti.

Indossava un completo grigio che gli donava una certa sicurezza, nonostante avesse di fronte colei che tutto infondeva tranne che sicurezza; Benny capì perché Stefano non riusciva a vedere nulla di buono in quella donna-ragazza: il suo modo di fare, l'aria di chi si credeva superiore a chiunque la rendevano così fastidiosamente innavicinabile che sperò -con tutto se stesso- quell'incubo finisse il prima possibile.

-Comincio subito col farle una domanda semplice: mi dica tre aggettivi che la caratterizzano.-

Benny aveva studiato ogni singola domanda con precisione perché sapeva quanto le interviste l'annoiassero, doveva riuscire a concentrare in quelle domande non solo interesse ma anche un mezzo affinché venisse fuori la sua parte sconosciuta.

Carla storse la bocca riflettendo sulla giusta risposta da dare ad una domanda così ben studiata. Aveva immediatamente capito quanto fosse importante quel momento, si notava perfettamente dal linguaggio del suo corpo.

-Credo di essere passionale ma anche eccentrica e forse spavalda.-

Benny la guardò prima di trascrivere la sua risposta. -Quindi non crede di essere una ragazzina viziata, egocentrica e meschina come molti giornali hanno voluto definirla?- Chiese mantenendo gli occhi sul suo fogli sapendo che incontrare il suo sguardo gli avrebbe fatto perdere quella sicurezza. Tuttavia via Carla rise di lui reclinando la testa e facendo si che anche coloro i quali si trovavano al di fuori di quella stanza potessero udirla.

-Chi è quel pazzo che oserebbe auto definirsi tale? No, certo che no. Posso solo dirle che sì, i giornali mi definiscono tale.-

-In che senso?- Indagò con curiosità. Tanta bellezza e tanto mistero riuscivano ad allettare il lato indagatore di Benny, socchiuse gli occhi osservando le lebbra di Carla pronto ad udire la sua risposta.

-Ai giornali piace avere pubblico o lettore se preferisci, ma ciò che conta è fare scalpore: a chi importa la verità se ciò che interessa al pubblico è altro?-

Benny annuì impassibile trascrivendo anche quelle parole. Il tono di voce di Carla si alternava repentinamente, il che non gli permetteva di percepire il suo stato d'animo.

-Ottimo. Altra domanda: Lei è protagonista di diversi scandali, questo non la turba mai? Molto spesso quando compiamo qualcosa di sbagliato nessuno dice nulla, non ci conosce nessuno e tutto rimane circoscritto nel nostro mondo, ma per lei non è così, ogni volta che lei dice o fa qualcosa il mondo intero sa e può amarla e odiarla.-

Accavallò le gambe sorridendo al modo buffo con il quale Benny tentava di mantenere un certo tono. -La gente o ti amo o ti odia comunque. Io mi continuo a chiedere come faccia ad amarmi. Ammetto di essere una delle peggiori persone. Chi amerebbe mai una stronza, cinica?-

-Passiamo alla sua carriera: lei è una delle donne più desiderate. Fotografi e stilisti la vorrebbero sulle proprie copertine. Si sente lusingata?-

-Lusingata? Di che? Lusingato è quello che non ha mai ricevuto tutte queste attenzioni e poi di botto la sua vita cambia radicalmente, io sono cresciuta così. Per me è solo routine.-

La sua sicurezza fece perdere quel briciolo di coraggio a Benny, impassibile si limitò a trascrivere la sua risposta.

In palio c'era più di quanto potesse desiderare, eppure non riusciva a non vedere cadere a picco la sua carriera, ogni domanda lo avvicinavano sempre più alla convinzione di sbagliare, un solo errore avrebbe compromesso tutto. I suoi occhi scivolarono sul foglio avanti e indietro cercando la domanda perfetta, ma nessuna lo era più.

Carla notò immediatamente la sua incertezza. -Ha paura di farmi la domanda sbagliata, non vero?-

-No è che.. Sono un perfezionista- si giustificò.

-Non sa dire le bugie signor Mirabella!- rise Carla. -Ma voglio aiutarla. So che da questa intervista dipende la sua carriera. Mi chieda qualsiasi cosa- Lo guardò dritto negli occhi, Benny rifletté sull'unica domanda che avrebbe potuto cambiare il suo destino.

-Monnalisa. Chi è Monnalisa del ventunesimo secolo?-

Carla esitò un solo istante. -Monnalisa non esiste. Pensano che paragonarmi ad un'opera così famosa mi lusinghi, ma non è così. Detesto Monnalisa. Spero qualcuno faccia sparire quell'opera prima o poi.- Con quelle ultime parole mise fine alla loro intervista abbandonando senza dire una sola parola l'ufficio; quello che prima gli era sembrato spoglio e vuoto, adesso era fin troppo pieno per contenere anche semplicemente due persone, una scrivania e due poltrone.

Desiderava essere il più lontana possibile da qualsiasi posto, odiava ogni singolo sguardo, ogni singolo soggetto, voleva fuggire, scappare, rifugiarsi e lasciare che la rabbia andasse via. Quel nome, quel ricordo, faceva male al cuore come nessun altro. Chiamò Carlos sperando di trovare in lui un po' di conforto.

-Come è andata?- rispose immediatamente.

Carla si sentiva stranamente avvilita. -Ho dovuto chiamare qualcuno che mi venisse a prendere perché dei giornalisti hanno saputo del mio incontro con quelli di New Megazine. Uno strazio!-

-Ti hanno fatto domande strane?- Lo sguardo si fermò su un bambino, un ricordo e poi un dolore profondo al petto.

-Mi hanno chiesto cosa ne pensassi di Monnalisa!- Quell'etichetta la metteva sempre di cattivo umore, le ricordava momenti felici che non le piaceva rivivere, nonostante fossero trascorsi così tanti anni.

-Ho deciso che per questa sera mi prendo una pausa. Voglio fare qualcosa di diverso!-

A quella dichiarazione Carlos rimase di sasso. -Carla, lascia perdere. Ti vengo a prendere e torniamo a casa.-

-No!- urlò. -Lasciami in pace, Carlos. Voglio prendermi del tempo per me stessa.- La sua voce era vuota, trapelava da essa tutto il vuoto che sentiva dentro.

-Senti Carla, promettimi solo non farai nessuna cazzata. Intesi?-

Avrebbe voluto fermarla, costringerla a rimanere al suo fianco; sapere di non poter far nulla per fermare quel suo temperamento lo mise in agitazione. Qualcosa di brutto sarebbe potuto accadere, si sarebbe ancora una volta messa nei guai e lui avrebbe dovuto provvedere affinché ne fosse tirata fuori.

Seduta dentro una cella attendeva che venissero a riprenderla. Era riuscita a cancellare il ricordo, ma solo commettendone una delle sue perché la sensazione di adrenalina che le scorreva lungo il corpo attenuava il senso di frustrazione dentro al cuore. Le mani le tramavano ancora, poteva udire le voci dei presenti al bar mentre tentava di colpire una ragazza che aveva solo cercato di difendersi. Le sue urla di dolore, la sua rabbia.

-Questa scena quante volte ancora dovrà presentarsi?-

Stefano, in compagnia di Carlos, sopraggiunse proprio in quel momento. Videro la ragazza seduta ad un angolo di quella cella fredda, con lo sguardo puntato alle sue mani ancora sporche di polvere e violacee.

-Non vi ho chiesto io di venire.- Fu l'unica risposta.

Stefano non riusciva a credere che quella ragazza potesse disconoscere la gratitudine. -Stai sul serio dicendo questo? No ma, stiamo scherzando?!-

-Delacroix lei lavora per me, non ho bisogno di chiederle di venire, il suo lavoro è essere qui quando io ho bisogno di lei.-

Stefano se ne risentì. Ingenuamente credeva che quel bacio avesse cancellato le distanze tra loro. Carla sembrava essere tornata la solita, in lei aveva intravisto qualcosa di diverso, una insolita luce aveva illuminato il suo sguardo. In qualche modo si era pentito.

Carlos esausto, tuttavia, mise fine a quel gioco di sguardi instaurato tra i due da quando erano arrivati. –Credo sia giunto il momento di tornare a casa.-

Vedere Stefano e Carla complici lo infastidì. Lei era sua, gli apparteneva, così afferrò Carla per un braccio con prepotenza allontanandola da Stefano non appena furono fuori.

La stretta di Carlos fu violenta, Carla sentì un dolore al braccio tanto che sussultò dal dolore. -Che cazzo fai!?-

- Dobbiamo andare a casa, su dai cammina!- la riprese di nuovo per un braccio con foga e lei tentò di ribellarsi alla sua presa. Più lei sfuggiva, più la stringeva.

-Ti ho detto: lasciami andare!- Sapeva che dietro a quell'atteggiamento c'era sotto una ovvia ragione, ed era proprio per quello che adesso si rifiutava di seguirlo: lui e lei non erano nulla, ciò che li legava non gli permetteva di assumere un atteggiamento simile. Non sarebbe mai stata sua, non lo desiderava, non lo voleva.

-La lasci andare, la riaccompagno io. - Ad intromettersi fu Stefano, infastidito dall'atteggiamento di Carlos; sapeva Carla fosse in grado di difendersi da sola, non aveva l'intenzione di farlo, voleva solo mettere fine a quel fastidio dentro al petto ogni volta che Carlos strattonava il suo braccio.

-Ne stia fuori avvocato Delacroix!- grugnì Carlos nervoso. L'intromissione di Stefano fu l'apice, nessuno poteva intromettersi tra loro, non erano compresi terzi in quel rapporto, gli unici ad esserne parte erano lui e Carla.

Stefano si mise davanti alla ragazza rimasta, fino a quel momento, fra i due uomini e Carlos fece un passo indietro; rimase spiazzato dal senso di protezione che aveva avuto nei confronti della ragazza contesa. Notò come gli occhi di Carla sfrecciarono verso Stefano, lo sguardo fu palese, dietro quell'atteggiamento vi era qualcosa che andava ben oltre alle apparenze.

Provò ad avvicinarsi ancora una volta, ma Stefano lo bloccò. -Le ho detto di andare via. Mi occuperò personalmente di ricondurla a casa.- Il suo tono non prevedeva repliche, Carlos non si sarebbe più avvicinato a lei per quella sera.

Il quale guardò immediatamente Carla rimasta in silenzio per tutto il tempo, capì non avrebbe potuto fare altro. Lasciò i due soli senza aggiungere parola, ma con la ripromessa che avrebbe messo fine a quella cosa che li stava unendo. Carla era sua e di nessun altro.

Entrambi rimasero in silenzio per i successivi attimi, fino a quando le mille domande di Stefano uscirono fuori dalla sua bocca. -Spiegami: cosa cazzo credevi di fare? Io voglio capire cosa cazzo ti passa per la testa. Ti ho detto che dovevi stare buona, non metterti nei casini, e tu che fai? Ma ti sei per caso ammattita? O lo sei sempre stata?- Era furioso.

-Non parlarmi in questo modo!- urlò lei.

Si sentiva stordita, non capiva il perché si fosse messo in mezzo tra lei e Carlos e non aveva smesso di pensare a quello tutto il tempo. Il bacio aveva poi reso tutto più complicato. Quando lo aveva visto arrivare avrebbe voluto stringerlo, baciarlo e abbracciarlo. Per l'ennesima volta Stefano la stava salvando.

-Non devo parlarti così? E allora spiegami perché lo fai?- Stefano non riusciva a smettere di urlare, voleva capire.

Dentro quella cella anche lui avrebbe voluto baciarla ancora, riassaporare quel sapore di fragola e stringerla a se, ma adesso era nervoso con se stesso, con lei, con quanto era successo; comprendere il perché si trovasse li e il perché lui sentisse l'irrefrenabile bisogno di salvarla. Era inusuale in ogni suo semplice gesto.

Monnalisa era il problema: riusciva a risvegliare quel senso di ribellione represso. Ogni ricordo legato a quel nome la portava ad evadere, fuggire.

-Monnalisa.- Sussurrò con occhi rivolti ad un punto impreciso nel vuoto.

-Monnalisa?-

-Si lei. La detesto, la odio con tutta me stessa!-

-Carla, non ti seguo. Che c'entra adesso Monnalisa?-

Stefano non capì, nessuno poteva capire del perché quell'etichetta risvegliasse in lei tutto quell'odio. Era anche colpa sua se era diventata quella Carla Sassi. Tutti l'avevano sempre abbandonata, nessuno gli era mai rimasto accanto, ma colui che aveva deciso di ribattezzarla con quel nome era stato il peggiore. Lasciarle quel ricordo significa solo una cosa: non avrebbe mai dimenticato, nessuno lo avrebbe mai fatto.

Ogni domanda seguente non ottenne nessuna risposta, Carla si era chiusa nel suo mondo lasciando fuori ogni cosa.

-Cosa vuoi fare adesso?- Le chiese esausto ed esasperato da tutto quel turbinio di eventi che li aveva resi protagonisti nelle precedenti ore.

Lei scrollò le spalle. -Voglio stare con te questa notte.- Lo sguardo di Stefano scattò stranito verso la ragazza. Due enormi occhi marroni e scuri lo fissavano con insistenza.

-Perfetto dormirai da me.-

Dopo quella semi confessione non parlarono più. Carla si sdraiò al suo fianco, aveva bisogno di lui più di qualsiasi altra cosa eppure non si rendeva ancora conto di quanto fosse vero; preferiva credere fosse un sentimento fugace e che lui sarebbe sparito come tutti gli altri. Stefano la guardò chiudere gli occhi. Rimase a guardarla per qualche istante ancora: la ragazza ribelle al suo fianco adesso sembrava indifesa, bisognosa di qualcuno che la proteggesse da se stessa.

Quella mattina Carla si svegliò ritrovandosi al fianco di Stefano, passati dall'odiarsi allo sfidarsi e infine a baciarsi e poi a capirsi; molto probabilmente lui ci aveva capito ben poco di lei, ma ci stava comunque provando.

Lo guardò mentre continuava a dormire profondamente, decise di non svegliarlo. Raccolse le sue poche cose e in punta di piedi lasciò la stanza; fece un po' di fatica a ricordare la strada che l'aveva condotta alla camera da letto di Stefano ma da lontano arrivò un suggerimento.

-Sempre dritto!- disse qualcuno alle sue spalle.

Carla si voltò di scatto. Quella voce le era familiare ma non tanto da farle subito capire chi fosse. Trovò il ragazzo che il giorno precedente l'aveva intervista, adesso non sembrava un vero giornalista con il suo pigiama da ragazzino e una tazza fumante tra le mani.

-Piacere di rincontrarla Carla Sassi- Proseguì con un sorriso sull'uscio di camera sua.

-Piacere mio- ribatté.

-Immagino che Ste' non sappia nulla della scappatella a quest'ora del mattino.- Carla fece cenno di no con la testa.-Quindi immagino non dovrò dire nulla e fingerò di non averla mai vista.-

Rimase sorpresa dalla dichiarazione, ma ci aveva azzeccato in pieno. -Si grazie.- disse Carla lasciando immediatamente quell'appartamento. Aveva bisogno di sparire per un po' e lo avrebbe fatto quella mattina stessa.

-Carlos?- Lo chiamò dal suo telefono mentre si dirigeva in aeroporto.

-Dimmi.-

-Prenota per il solito viaggio.- Ordinò.

A Carlos non servì sapere altro, digitò qualcosa sul suo tablet e subito dopo sul Black Berry. -Parti esattamente tra due ore.-

-Perfetto. Ci rivediamo presto.-

-A presto!- Chiusero entrambi la telefonata.

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