Capitolo 46.

Sedeva sul divano al fianco di Benny, trattenendo tra le mani una tazza di tè caldo e osservandolo, il quale guardava la TV serenamente. Quel pomeriggio aveva piovuto e l'aria autunnale, mite, rendeva l'aria di quella città stranamente magica. Sembrava non renderla così grigia, ma in realtà neanche così bella, era come ti saresti aspettato di vederla in un pomeriggio di fine Ottobre: stranamente suggestivo.

Benny prestava la sua totale attenzione al vecchio film scelto accarezzando una delle gambe di Sofia disposta sul suo ventre. Sembravano essere tornati indietro nel tempo, quando i problemi non erano mai stati presenti nella loro relazione e tutto appariva perfetto.

-Pensi che dovremmo prendere una cosa tutta nostra?- Le disse di improvviso non distogliendo, però, lo sguardo dallo schermo.

-cosa?- Fu richiamata dai suoi sogni ritrovandosi poi alla realtà come per magia. Gli occhi verdi erano opachi, la sua espressione non era la solita di sempre, la domanda successiva di Benny fu inevitabile, quando si voltò finalmente a guardarla, anche se distratto, notò subito qualcosa non andava bene.

–Va tutto bene?-

-No- Per un secondo aveva pensato di mentire, ma capì che non poteva.

-Cosa succede allora?-

-Ho bisogno di parlarti-

-Parla pure- si voltò più in corrispondenza del suo viso finalmente potendola guardare dritto negli occhi.

Sospirò profondamente, chiuse gli occhi, poggiò la tazza sul tavolino di fronte a se e decise che quello sarebbe stato il momento migliore per rivelargli la verità, che i giorni prima aveva deciso di non rivelare, quando lui le aveva detto che sarebbe uscito per andare a lavoro e lei, mentendo, che sarebbe andata in giro per negozi.

La guardò stranito, percependo quel senso di ansia e frustrazione che trapelava dall'atteggiamento di Sofia. Si sentì catapultato in una situazione surreale, diversa da quelli di diversi minuti prima, nella quale si percepì un senso di spaesamento incredibile.

Gli occhi di Sofia, quando lo guardarono, dissero quanto era accaduto: le parole passarono in un secondo piano, la rabbia prese il sopravvento.

-So, tu non puoi averlo fatto davvero da sola- La sua voce fu un sibilo, ma sufficiente affinché potesse farlo udire.

Le sue labbra rimasero ferme, ogni parola sembrava morirle dentro non appena tentava di pronunciarle, cercò di prendere una delle mani di Benny, ma questo fu più veloce, scansandola con riluttanza. Non poteva credere a ciò che aveva compiuto: aveva deciso di mettere fine alla loro vita insieme, per sempre, a causa di un capriccio, di una stupida paura che lui avrebbe certamente aiutato a far sparire, se solo glielo avesse permesso.

-Sparisci da questa casa!-

-Ti prego posso spiegare- Si voltò di scatto, la guardò fisso negli occhi, nel quale vi lesse solo odio profondo, per lei, per il suo gesto.

Tentò nuovamente di avvicinarlo a se, stringendo ancora una delle sue mani, afferrando quello che le era possibile quando iniziò a distaccarsi sollevandosi. Con fatica, Benny, si mise in piedi, non permettendogli di toccarlo, facendo in modo si allontanasse e che sparisse il più velocemente possibile dalla sua vita. Vi era entrata solo per stravolgerla e distruggerla, questo non glielo avrebbe mai perdonato.


Quando entrò in casa di Carla, questa si rese conto che quello che pensava solo di fare era stato fatto e quello che non avrebbe mai voluto dire era stato detto. Così, quando le lacrime di Sofia ripreso a macchiare il suo viso, l'abbracciò lasciando i singhiozzi fossero attutiti dal contatto del suo corpo. Non la lasciò andare nemmeno per un secondo restando ferme all'uscio della porta di ingresso. Accarezzandole i capelli e continuando a sussurrarle che tutto sarebbe andato meglio.


Stefano guardava la figura della sorella distesa sul letto rimanendovi fermo ai piedi attendendo si addormentasse, così da poterla lasciar riposare. Avvertito da Carla, aveva subito mollato tutto quanto per correre da lei e le sarebbe rimasto al fianco fino a quando non avesse avuto la certezza che fosse perfettamente in grado di badare a se stessa. Si era ripromesse che si sarebbe sempre preso cura di lei e così avrebbe fatto anche in quell'occasione, anche se lui non avrebbe mai condiviso la scelta che la sorella, invece, aveva compiuto.

-Stefano?- Lo chiamò con voce flebile, allungando un braccio affinché potesse intendere di farsi vicino. -Vorrei che tu parlassi con Carla, vorrei che la ringraziassi per me e per tutto quello che sta facendo-

Le accarezzo la nuca sfiorandole i capelli biondi e sussurrandole di riposare, ma senza però prometterle che avrebbe parlato con Carla. Quando era entrato in casa, così in pena per la sorella, non aveva minimamente pensato che poi avrebbe dovuto confrontarsi con lei, con chi più di ogni altra persona aveva le sue colpe in questa storia.

Lasciò Sofia riposare raggiungendola in salone, dove questa lo attendeva con braccia incrociate e l'attenzione rivolta alla grande finestra, che tanto amava.

-Grazie per averle permesso di rimanere in casa tua, ancora- Disse affinché questa si voltasse in sua direzione. Ma quando si voltò evitò di guardarla negli occhi, concentrando la sua attenzione in direzione del pavimento.

-L'ho fatto perché so come si sta sentendo- Rispose.

Stefano sorrise. -Immagino-

Colse l'ironia in quell'unica parola, ma finse non avesse nessuna importanza. -Può rimanere qui quanto le occorre, io posso lasciarle casa. Nei prossimi giorni sarò via per lavoro-

-Non credo sia necessario, la porterò a casa-

-Penso sia opportuno permetterle di scegliere, non trovi?- Si avvicinò lentamente, mentre Stefano rimaneva fermo al suo posto. Non voleva muoversi, ma non voleva nemmeno averla vicino; conosceva le sue debolezza, sapeva quanto Carla fosse una delle sue più grandi debolezze.

-Penso sia necessario fare il meglio per lei-

-Lo penso anche io, per questo ritengo sia giusto permetterle di scegliere dove andare-

I loro toni erano pacati, eppure qualcosa sembrava far capire che in realtà niente andava bene in quel momento. Era solo la quieta prima della tempesta, sarebbero bastate altre due parole e sarebbe stata la catastrofe.

Carla aveva bisogno di parlargli, nonostante fosse consapevole del momento poco opportuno, le occorreva mettere in chiaro la sua posizione, dirgli che si sentiva in colpa per quanto aveva ancora una volta fatto allontanandolo da se, ma voleva sapesse quanto fosse necessario farlo affinché lui fosse felice. Insieme a lei non lo sarebbe mai stato.

-A lei permetti di scegliere, mentre io sono obbligato a sottostare ai tuoi stupidi vizi?- Iniziò. 

-Guarda che non sono stupidi vizi i miei. Ho visto come mi guardi Stefano..-

-Aver paura non significa non riuscire a superarla. Le paure...-

Ma lei lo interruppe. -Non dire cazzate! Le paure ci sono, esistono, sono le nostre più grandi debolezze. L'uomo nasce per essere debole!- Urlò.

-Cosa c'entra, le paure si affrontano, si superano Carla, se hai paura di essere felice e preferisci crogiolare nel tuo dolore fallo pure!- Anche lui urlò in risposta, guardandola per la prima volta negli occhi.

Si guardarono solo pochi secondi in silenzio prima di riprendere. -Pensi sia stato facile?- Continuò lei e l'ira si sciolse.

-No, penso che sia giusto andare avanti!-

-Come posso farlo, quando ogni.santo.giorno.della.mia.dannatissima.vita mi sento in colpa!!?- Scandì quelle parole, mentre gli occhi le uscirono fuori dalle orbite talmente urlò forte.

-Carla hai bisogno di farti curare, devi farti vedere da una persona che sappia come risolvere questo tuo problema, questo è un dolore che non puoi superare se non ti fai aiutare-

-Ho già provato, loro non sanno come rimediare a questo problema-

-Cosa vuoi dire?-

-La testa-

La colpì con i palmi della mano con forza e chiudendo gli occhi imprigionando il ricordo doloroso.

-La testa fa male, inizia a ricordare, poi arrivano, mi colpiscono, sento il dolore dentro al petto che esplode-

La voce di Carla tremava, mentre continuava quel gesto con i palmi della mano. Ad ogni colpo, un ricordo sembrava riemergere forte, prorompente, senza lasciarle la forza di parlare.

-Le scale, erano li, io ero li, volevo sapere cosa sarebbe accaduto-

Un ricordo arrivò.

-Carla per favore, permettermi di aiutarti. Conosco molti dottori.. -. Stefano si fece vicino, osservando stranito come il corpo di Carla si contorceva e continua a colpire, come se quello fosse il prezzo da pagare ad ogni ricordo.

-No, no, no, loro non posso risolvere i miei problemi, tu non puoi risolverli Stefano! Devi andare via, devi scappare da me, devi fare come hanno sempre fatto tutti quanti. Lo vuoi capire?-

Erano a pochi passi l'uno dall'altro, Stefano osservò inerme quel demone venire fuori, vederlo personificato nel corpo di quello che fino a poco tempo fa era quello della donna amata. I suoi occhi erano scuri, velenosi, sembravano ricolmi di ogni male del mondo e volevano solo venir fuori. Intrappolato dentro a quel corpo, c'era il peggio e il meglio che una persona potesse mai conoscere in vita sua, ma talmente tanto che la uccideva.

-Stefano!-

Una terza voce, quella di Fabrizio, arrivò proprio in quel momento. -Stefano va via, per favore- Vide la sorella contorcersi, precipitandosi subito al suo fianco permettendole di trovare riparo tra le sue braccia, stretta al suo petto. -Carla stai tranquilla, va tutto bene, ci sono io adesso-

Lei pianse come quando era bambina, come quando la obbligavano a rimanere li per delle ore continuando a dirle che quello era per il suo bene, che essere bella e perfetta era solo per lei, che un giorno tutte le avrebbero invidiato quella perfezione e come quando erano bambini, Fabrizio, arrivava a proteggerla.

-Stefano, ti prego, non credo sia il caso tu la veda così-

-Porto via Sofia..- Tentò, osservando con occhi sgranati la ragazza li di fronte.

-No, lasciala stare mi occuperò anche io di lei, tu hai bisogno di tempo. Lascia che lei abbia il suo, lascia che tutti abbiano il tempo che gli occorre-

AVVISTATA CARLA SASSI NEI PRESSI DELL'AEROPORTO LINATE. DESTINAZIONE SEGRETA

LINATE: CARLA SASSI, IN OCCHIALI DA SOLE, CAPPOTTO, CAPPELLO, PARTE PER DESTIONAZIONE IGNOTA.

TWEETER, FACEBOOK, INSTAGRAM: CARLA SASSI AVVISTATA NEI PRESSI DI MILANO- LINATE.

Quel giorno, nel tardo pomeriggio, quando il sole tornava a dormire e le luci del giorno divenivano di un colore rosso caldo, che permetteva a chiunque lo guardasse di trovare pace, Carla Sassi prese il primo volo per lasciare l'Italia e dirigersi dove il suo cuore le suggerì di andare, perché lei trovava solo in quello ciò di cui avrebbe avuto bisogno.

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