Capitolo 44.

Per una ragione a lui sconosciuta, Stefano, non era triste, non si sentiva solo e non aveva voglia di rivedere Carla. La loro sembrava essere diventata una sorta di prigione senza chiavi, obbligati a stare insieme, masochisti di se stessi. Quando lei era andava via, sparita dentro quell'auto in compagnia del suo carnefice sentì un peso sparire dentro di se. Non era consapevole del fatto, che molte volte, il dolore aveva bisogno di maturare, mettere radici e poi esplodere. Si era illuso credendo di essere finalmente inerme al fascino della donna amata, di poter andare avanti e ricominciare a vivere nonostante fossero solo trascorsi pochi giorni.

Uno stolto e uno stupido, lo avrebbero giudicato.

Il freddo aveva preso a farsi largo tra quelle prime giornate autunnali, nonostante il sole fosse deciso a non abbandonarli per qualche altro giorno ancora. Lui e Benny erano seduti in un bar a consumare la loro colazione come non avevano più fatto da tempo a loro remoti, in cui giorni spensierati e felici facevano da sfondo.

Stefano sfogliava il quotidiano, mentre Benny guardava la piazza del Duomo padroneggiare su tutto ciò che stava attorno: persone o cose al suo fianco erano nulla. Lui era quel nulla, sembrava aver smesso di vivere, poi ricominciare e adesso vivere e non vivere sobbarcato dai pensieri e dalle insicurezze. Da quando Sofia aveva lasciato casa, e lui, le sicurezze erano svanite; riusciva a renderlo diverso, per certi aspetti anche migliore e sicuramente più vicino all'idea di uomo più di quella che gli altri avevano. Senza lei al fianco era nulla, proprio come tutte quelle persone attorno.

-Hai visto tua sorella?-

Stefano, richiamato alla realtà, guardò Benny. -Si, qualche giorno fa. Hai provato tu?-

-No-

-Dovresti telefonarle allora, so che trascorre molto tempo con Fabrizio ma credo sia giusto che adesso voi parliate e chiariate questa faccenda- Stefano sembrava essere apatico, inerme di fronte ai sentimenti e a quelli che le persone a lui care nutrivano. Era come se fosse stato prosciugato di ogni cosa.

-Magari la chiamo-

-Se non pensi di essere convinto non farlo-

Benny sorrise.

-Stai tentando ti attuare una psicologia inversa, farmi credere non sia necessario farlo portandomi al pensiero fisso che invece sia giusto farlo?-

-No- Rispose impassibile. -Penso solo che bisogna fare ciò che si ha davvero voglia di fare, se pensi di tenere a lei ancora allora va parlarle, altrimenti rimani qui a goderti questo panorama fingendo che tutto sia tornato a diverso tempo fa-

Benny si contrasse.

-Guarda che non puoi fingere-

-Si, che posso- Rispose. -Posso fingere che nulla nella mia vita sia cambiato, perché effettivamente così sembra. Ho deciso che farò esattamente quello che sto facendo in questo momento. Tutto procede come è sempre stato: seduto a questo tavolo, mangiando il cornetto che ho ordinato e il mio cappuccino, leggendo il giornale, beandomi della sensazione di piacere che una mattina come questa può regalarmi, sereno come non sono mai più stato negli ultimi mesi-

Aveva preso la sua decisione, benché potesse apparire sbagliata. Lo stesso toccava fare a Benny.

Lo guardò stranito da quel nuovo atteggiamento, tutto faceva trapelare tranne quella serenità da lui ostentata. Era un ragazzo frustrato, triste, rassegnato e distrutto da quello che aveva vissuto negli ultimi mesi, ma non lo avrebbe mai ammesso né a se stesso né a Benny, che alla fine pensò di fare la scelta migliore decidendo di andare da Sofia. Continuare a fingere che tutto si sarebbe risolto non aveva senso: i problemi andavano affrontati e quando questo fosse possibile risolverli. Chiarirsi e riconciliarsi.


COMPLEANNO IN LOCALITA' SEGRETA PER CARLA SASSI.

INVITATI PRESENTI OBBLIGATI AL SILENZIO.

CARLA SASSI: COMPLEANNO SEGRETO IN GRANDE STILE?

Carla salì in auto esausta dalla lunga giornata di lavoro, poggiò la testa sul finestrino mentre guardava come era suo solito fare il mondo attorno a lei, immaginando e sognando come sarebbe mai stata la sua vita se lei non fosse stata chi di fatto era. L'espressione assorta non passò di certo inosservata a Carlos che attese qualche secondo prima di domandarle cosa avesse, ma non ottenne risposta. Sembrava di nuovo persa in se stessa, tra i suoi ricordi; non aveva voluto raccontare nulla del perché aveva deciso di allontanare Stefano ancora una volta, illudendosi che ci fosse una remota possibilità che il suo amore per lui fosse svanito, ma poi vederla in quel modo, con il suo sorriso assente, i suoi occhi pieni di tenebre si rese effettivamente conto che aveva di nuovo sbagliato e si era nuovamente illuso.

Carla prese in mano carta e penna.

"Avrei voluto amare con spensieratezza, ma qualcuno ha deciso che amare in quel modo non sarebbe mai stato per me. Così ha deciso che io amassi nel modo più malsano e incomprensibile del mondo. Ho deciso di salvarlo, di odiarlo e di fingere che tutto sia sempre stato il nulla, perché lui merita l'amore sano. Spero un giorno possa comprendere le mie parole, spero un giorno possa amarmi ancora con il ricordo che ha di me, di quando anche io riuscì ad essere felice".


Circondata da gente che non era sua amica, volti sorridenti ma finti, balli e musica che non le appartenevano.

Festeggiata da gente di cui non le importava veramente per il semplice gusto di trovare una scusa e bere. Carla bevve tutta la notte, senza limiti, senza soste. Cancellava il ricordo ad ogni sorso, più ne mandava giù, più il ricordo svaniva e il dolore insieme a quello. Sentiva l'alcool scorrerle nelle vene mentre la stanza le girava attorno, senza sosta; visi, risate, sorrisi, complimenti, auguri erano un insieme di niente. Beveva e sorrideva, sorrideva e beveva.

Vedeva tutti quanti festeggiarla e lei voleva solo bere.

Un bisogno estremo di rifugiarsi da tutto, preferendo rinnegare quel passato piuttosto che affrontarlo a spada tratta. Sapeva di essere unica colpevole del suo male e del male altrui, così continuava a bere anneggando il dolore e i ricordi in un mare di niente.

Spalancò gli occhi sospirando energicamente, affannata da quell'incubo ricolmo di ricordi non veri di quella sera.

Non era stato così come appariva nel suo sogno, eppure verosimilmente si avvicinava molto di più alla realtà, di quanto effettivamente fosse stata quella sera: si era chiusa in se stessa. Guardò al suo fianco trovando Sofia distesa vicino a lei, immersa in un sonno profondo con un leggero sorriso felice ad adornare il suo volto pallido.

Sentiva quella stanza non darle respiro, avvolta una giacca di cachemire lasciò quella camera.

Voleva lasciarla riposare, tenendola fuori dai suoi problemi perché nelle sue condizioni non le avrebbe fatto bene venire a conoscenza di una verità così tanto cruda. Si sarebbe messa da parte, aspettando che le raccontasse il resto della sua riconciliazione e la mettesse al corrente sul resto. Carla in tutti i casi le sarebbe rimasta vicino, proprio come le aveva promesso e come nessuno aveva fatto con lei in passato.

Fabrizio raggiunse Carla istanti dopo. -Buon giorno-. Poi sbadigliò rumorosamente. Guardò Carla e capì che per lei quello non lo sarebbe stato.

-Hai bisogno di qualcosa?-.

-Voglio solo stare tranquilla-. Sospirò rumorosamente, stanca di quel continuo buio. Un buio pesto, insopportabile, che non le permetteva di respirare e la soffoca senza lasciare vie di fuga.

-Se non ti permetti di essere felice, non potrai mai essere tranquilla-.

-Lo so, ma credo che starmene da sola mi farà bene-.

-Come ha preso la notizia del bambino?-.

-Non molto bene-.

Fabrizio annuì sedendosi al suo fianco. Guardò Carla, la quale fissava un punto ignoto dritto davanti a se, mordeva il labbro continuamente. Immaginò che la sua mente stesse vagando a quel lontano ricordo, quello che lui stesso ricorda con grande paura ogni volta. I momenti di quel giorno lo tormentavano da sempre: le urla, le scale, i pianti. Flash continui non sembravano volergli dar pace, così come accadeva nella mente di Carla.

-Forse torno a letto-. Concluse.

-Dovresti permettere a Stefano di fare qualcosa-. Disse usando un tono di voce più alto di qualche tono, affinché fosse sicuro potesse udire quelle parole, quando lei stava andando via.

-Forse dovresti lasciar perdere Sofia e permetterle di essere felice-. Concluse, mirando esattamente al cuore del fratello. Aveva visto come la guardava, come le si aggirava attorno e sapendo che quello non sarebbe mai stato possibile avverarsi, voleva che almeno lui non sapesse cosa significava soffrire per amore. Qualunque scelta avrebbe compiuto Sofia, benché Fabrizio avesse assunto un ruolo importante, non era sufficientemente importante affinché le cose tra loro potessero mai prendere una piega diversa.

Osservava la gente seduta al tavolo con lui, in quel giorno di fine Ottobre, spensierato e felice di essere li. Sorrideva quando uno dei due faceva una battuta, annuiva quando lei raccontava qualcosa e rispondeva serenamente dandole le giuste dritte. Stefano era seduto al tavolo in compagnia di Stefania, in un ristorante carino, ma in un tavolo ben in vista, quasi non volessero che quel pranzo assumesse i tratti di qualcosa di intimo.

Stefania si era raccomandata, prima di uscire fuori dal suo studio, che niente l'avrebbe illusa, avrebbero pranzato, riso e scherzato, ma nessuna situazione l'avrebbe illusa. Stefano sapeva essere un ottimo corteggiatore, ammaliava le sue donne con astuzia e con grande charme. Nonostante fosse ben più giovane di lei, lui sapeva farci con le donne, soprattutto sapeva farci con lei. Aveva sentito da voci corridoio, che la storia con Carla non sembrava di nuovo andare bene, così a quella proposta di lavoro e di un pranzo insieme per poter discuterne meglio, non aveva saputo dire di no.

Stefano nel suo completo, giacca e cravatta blu, era affascinante come pochi, la sua voce risuonava tranquilla e le sue parole sembravano sempre essere dette al momento giusto risultando musica per le orecchie di Stefania, la quale annuiva e sorrideva ogni volta ne avesse l'occasione di farlo. Attendeva con curiosità ogni nuova notizia che lui decideva di darle, dicendo la sua quando questo gliela chiedeva, felice di essere li insieme a lui.

-Vuoi dell'altro vino?-. Domandò mostrando la bottiglia di vino bianco, che lui aveva scelto per lei sapendo quanto le piacessero i vini fermi. Si era ricordato di quello stupido particolare e lei si era sentita subito diversa.

-Sì, grazie-.

-Dicevo che dovremmo in qualche modo comunicare le nostre intenzioni al cliente. Non possiamo continuamente aspettare, capisci? Questo sarà pure un milionario con mille amanti, ma la moglie ha tutta l'intenzione di portargli via anche le mutande e lui dovrebbe darsi una regolata-.

Stefania prese un sorso e poi annuì. -Dobbiamo parlare con lui il prima possibile, stilare una lista o comunque un piano a cui dovrà adeguarsi se vuole salvarsi il culo e i suoi soldi-.

-L'avvocato di lei chi è?-.

-Uno inglese, vive in Italia da un paio di anni e sembra aver ampliato i suoi studi con un master. Praticamente è un mastino nel campo dei divorzi-.

Leccò le labbra assaporando quel gusto freddo, osservando come gli occhi castani di Stefania seguissero quel gesto con estrema accuratezza.

-Dovremmo rifare di nuovo questi pranzi di lavoro-. Le disse.

Sorrise bevendo ancora dal suo bicchiere. -Magari senza vino, ho una riunione tra un'ora e non so nemmeno in che condizioni mi presenterò-.

-Potresti dire che un cliente ti ha tenuto più del dovuto e non vai-.

Stefania osservò il modo in cui Stefano pronunciò quelle parole, un tuffo al cuore e poi un ricordo lontano si fecero largo in quel frangente. -Vorresti dire che dovrei dire una bugia?-.

Stefano allargò le braccia e si lasciò andare sulla sua sedia. -Potresti-.

-Perché?-. Voleva sapere, doveva sapere le ragioni di quel comportamento. Non sarebbe mai stata il ripiego di nessuno, tanto meno non sarebbe stata il ripiego di quella mocciosa di Carla Sassi.

-Perchè sei ubriaca-. Stefano non le diede la risposta che lei si sarebbe aspettata. Lo vide trapelare nei suoi occhi, quando quell'alone di speranza svanì. Sapeva di non dover giocare con lei, eppure non riusciva a farne a meno: guardava le labbra di Stefania, il suo viso, i suoi capelli e sembrava di vederla così perfetta proprio come poco tempo prima.

-Non sono ubriaca-. Rispose lei con malizia. -Ho solo bisogno di smettere di bere!-. Mandò giù l'ultimo sorso e poi sollevò il braccio. -Cameriere il conto!-.

-Non sia mai che paghi tu questo pranzo!-. Si premurò di dirle.

-Paga la società, fino a prova contraria questo è un pranzo di lavoro-. Rispose strizzandogli un occhio a cui Stefano rispose con una profonda risata divertito.

Distrattamente leggeva notizie su internet annoiata: le avevano detto di aspettare ancora qualche minuto prima di poter iniziare il suo servizio fotografico, così si era seduta e aveva iniziato a cercare informazioni che potevano interessarle. I suoi profili sui social erano ricolmi di notizie di ogni genere: lei avvistata in giro per Londra settimane fa, lei a Los Angeles in uno dei suoi tanti viaggi, lei a New York, lei all'uscita di una delle tante feste, lei in compagnia di Stefano felice e sorridente.

Quella foto li ritraeva la sera del suo ti amo, quando trascorsero quell'ultima serata insieme spensierati, raccontandosi e chiacchierando come era loro solito fare in quei momenti di intimità, sfiorando l'uno la mano dell'altro e ripensando alle parole di Stefano quando fotografò quelle intrecciate.

Poi un'altra notizia attirò la su attenzione: qualcuno diceva di un pranzo di quel giorno, tra Stefano e una donna molto più grande di lui. Non ci volle molto a capire chi fosse quella donna, così Carla sentì una fitta allo stomaco, talmente forte e incredibilmente fastidiosa che non poté fare a meno di sentirsi stupida, immediatamente dopo essersi resa conto del sentimento appena provato.

-Carla, possiamo cominciare-. Le comunicò un'assistente sottopagata dall'aria trasandata sotto quegli enormi occhiali da vista scuri.

La ragazza guardò Carla fissare il suo telefono con occhi sbarrati, così la fissò preoccupata. -Va tutto bene?-.

In quel momento Carla lasciò cadere ogni certezza. -Vuoi sapere se va tutto bene?-. Le chiese, lasciandola priva di ogni risposta. Ma Carla non attendeva risposte. -No, che non va tutto bene. Va tutto una merda, questa vita è una merda!-. Si sollevò di scatto, prese i primi oggetto che le capitarono sotto gli occhi cominciando a lanciarli senza una ragione; con gesti irrefrenabili lanciava e urlava tutto quanto, continuando a ripetere: -Questa vita è uno schifo, la mia vita è uno schifo!-.

Carlos accortosi di quanto stava accadendo lasciò tutto in asso e corse da lei, nonostante l'assistente avesse cercato di placare la sua rabbia ci volle molto di più affinché la smettesse. Carlos dovette prenderla di spalle, sollevarla e condurla via di peso mentre lei continuava a scalciare come se fosse un vulcano in eruzione. Non si sarebbe mai placata se non avesse trovato pace.

-Vuoi stare calma, Carla?!-. Carlos riuscì a portarla lontano da tutti, chiuderla dentro una stanza, lasciandola libera di poter continuare a sfogare la sua ira. Non l'aveva più vista così da quella volta.

Un ospedale, un letto e una ragazza distesa su questo teneva gli occhi chiusi dormendo serenamente. Non sembrava più nemmeno lei. Sorrideva mentre dormiva.

-Dottore, pensa che si risveglierà presto?-. Chiese.

-Sta solo dormendo, ha bisogno di rimanere tranquilla. Deve, però,e assicurarsi che non rimanga mai sola-.

Annuì sicuro che non lo avrebbe mai fatto, le sarebbe sempre rimasto accanto anche se lei glielo avesse impedito.

-Il bambino?-. Domandò poco dopo.

Il dottore si voltò lo guardò con aria dispiaciuta e non ci volle molto a capire che quello era andato via, via per sempre insieme alla giovane ragazza di cui era innamorato.

Le passò un bicchiere d'acqua, quando si mise seduta respirando affannosamente. -Prendi-. Le disse con tono impositore.

-Non la voglio-. Piagnucolò scostando mal volentieri il braccio di Carlos. I suoi capelli lunghi e castani le circondavano il viso mentre la ruga di espressione in mezzo alla fronte le si formò.

-Devi-. Replicò lui convinto e con maggior enfasi. -Hai preso le tue pillole oggi?-.

-No-.

-Odio quelle cose, mi fanno diventare stupida-.

-Sei una stupida se non le prendi-. Estrasse dalla tasca interna della sua giacca, una scatolina bianca, ne tirò fuori una piccola pillola, che consegnò a Carla insieme all'acqua. -Tieni-.

E lei la prese.

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