Capitolo 1.
Carla adorava la notte. Per lei rappresentava il lato oscuro di ogni essere umano e tutti ne avevamo uno.
Di notte, la gente cambiava, si trasformava come se fossero lupi mannari, la luna piena risvegliava i loro istinti primordiali rendendoli disinibiti e impulsivi.
Ma Carla, Giorno o notte che fosse, era, e sarebbe sempre stata la ragazza svogliata e senza cura delle leggi; compiere gesti vandalici per lei era adrenalina.
Conosciuta in tutto il mondo, si era sempre presentata in questo modo: lei era Carla Sassi. Non la turbava essere definita su tutti i giornali una "bad girl", ci aveva perfino preso gusto a far sì che questa diceria non avesse fine.
Stava sorseggiando il suo drink pensando a quello che la notte le avrebbe chiesto di fare, quando fece il suo ingresso Carlos.
Indossava uno dei soliti abiti grigi, spenti, che gli conferiva un'aria distinta; lo sguardo freddo, i lineamenti dettagliati lo rendevano tanto affascinante.
-Hai intenzione di uscire anche questa sera?- La guardò mentre Carla manteneva il suo sguardo fisso nel vuoto, era certo stesse preparando qualcosa anche per quella notte. La osservava come aveva sempre fatto: si soffermò sul suo profilo deciso, i suoi occhi atoni e le sue labbra rosse. Avrebbe voluto baciare ogni centimetro di quel viso, toccare ogni singola parte del suo corpo, farci l'amore fino a quando non avesse avuto più energie, addormentandosi al suo fianco quando le prime luci avrebbero annunciato l'inizio di un nuovo giorno filtrando attraverso la finestra della loro camera.
-Sono annoiata- Rispose sollevando lo sguardo.
Non gli importava che fosse uno sguardo privo di ogni emozione, a lui piaceva anche questo di lei. Amarla non era nei suoi piani, ma non poteva farne a meno: lei si amava o si odiava, non c'erano vie di mezzo.
Avrebbe voluto tanto odiarla, in realtà, ma nonostante si era sforzato con ogni fibra del suo corpo non c'era riuscito. Lei era una calamita.
-Potresti anche guardare un film, ogni tanto- Naturalmente lei non gli rispose, ma sapeva non lo avrebbe fatto.
Lo aveva sempre considerato un uomo non adatto a lei. Sapeva ciò che lui provava, ma ogni volta che lo guardava, nei suoi occhi vedeva paura. Lui aveva paura di lei. Chiunque rivelasse quella sua verità non riusciva ad amarla, sentiva solo tanto disagio.
-Hai già dato scandalo settimana scorsa, ricordi?- Si avvicinò al divano prendendo una delle tante riviste che la ritraevano con innumerevoli gossip sulla sua vita privata e non; per l'ennesima volta suoi scatti fuori da un locale. Non aveva bevuto, eppure, così vi era scritto nell'articolo. "CARLA SASSI, UBRIACA, ESCE DAL THE CLUB IN COMPAGNIA DELLA SUA NUOVA FIAMMA". Bugia, bugia, bugia. Lei non era ubriaca e quello al suo fianco non era la sua nuova fiamma.
-A quanto pare gli piace inventare, ammetto stavolta siano stati piuttosto originali- sorrise sarcastica gettando la rivista lontana.
Carlos, si sedette al suo fianco. Teneva tra le mani il suo BlackBerry con la lista dei diversi appuntamenti di Carla per la prossima settimana. Da quando era diventato il suo manager non aveva smesso di lavorare per il suo successo nemmeno un secondo; nel giro di poco tempo si era reso conto che lei era il trofeo ambito di ogni stilista, tutti la volevano senza nessuna eccezione. Sapeva bene, quanto lei, che il suo ruolo da manager era solo una copertura, quello era l'unico modo che le permettesse a lui di rimanerle al fianco, sapeva che Carla si legava alle persone per il semplice fatto di poter comandare, decidere delle loro vite.
Disconosceva sentimenti leali come amore o amicizia, non aveva amori e nessuna amicizia nella sua vita perché credeva i primi fossero un fallimento in partenza e i secondi le stessero vicino solo per interesse. Il che le faceva comodo perché la gente faceva tutto quello che lei voleva, li considerava come stupide marionette pronte a fare qualsiasi cosa lei gli chiedesse di fare. Si divertiva con loro, li usava come loro facevano con lei e dopo di che, stufa, li metteva da parte come un gioco ormai vecchio.
Guardò fuori dalla grande vetrata del suo appartamento e la luna alta nel cielo di quel venerdì notte le diede la giusta ispirazione: corsa. Voleva correre sulla sua moto senza una meta, girare per le strade della città e continuare fino a quando non si sarebbe stancata.
Velocemente si alzò e quando stava per andare, Carlos, la bloccò tenendola stretta per un polso. Lo guardò con aria interrogativa mentre lui con gli occhi le supplicava di rimanere lì, di non andare ma lei sorrise, gli accarezzò una guancia con compassione e si allontanò.
Non si erano parlati, non avevano detto nemmeno una parola ma lui sapeva e lei sapeva.
E' notte. A bordo della sua moto si sentiva libera durante quella notte buia e solitaria. Sollevò la visiera non appena scalò di qualche marcia proseguendo così ad un'andatura tranquilla. Le piaceva sentire l'aria fredda sulla pelle calda, la sensazione di benessere le faceva credere di poter essere come tutti gli altri, che piccoli piacere come quelli potessero farla sentire una persona normale. Pensava che la sua vita non fosse una scelta, quel mondo le si era presentato d'improvviso davanti l'ingresso di casa e lei, non ancora cosciente, gli aveva permesso di entrare inconscia degli effetti che avrebbe portato alla sua vita. Aveva subito passivamente una scelta non compiuta da lei.
Quando si è solo una ragazzina, non ti pensi mai che le scelte degli altri possano essere fatte solo per il proprio torna conto personale. Ma con il tempo impari e capisci che nessuno fa niente per niente.
Ondeggiava sull'asfalto umido, senza nemmeno rendersi conto finì per ritrovarsi in una di quelle zone poco raccomandabili. Vide una piazza pullula di gente, forse troppo giovane, attorno ad alcune moto così curiosa si avvicinò: ragazze, finte adulte, si stringevano a dei ragazzi finti giovani; uomini dall'aria nauseante, invece, raccoglievano le scommesse di quegli stessi ragazzi ridendo e urlando squarcia gola. Il rumore dei motori era onnipresente in quel quartiere, di sottofondo bottiglie che si frantumavano al suolo, mentre disposti attorno a quelle molto, alcuni dei ragazzi incoraggiavano i guidatori.
-Voglio correre anche io- Disse ad uno di quelli che stavano raccogliendo le scommesse. Un uomo, dalla barba incolta e il sorriso da ubriaco, strinse gli occhi cercando di capire chi potesse essere quella ragazza sconosciuta dal viso coperto. Ci pensò qualche attimo mentre lei lo fissava in attesa di una risposta. Voleva correre e lo avrebbe fatto stasera.
-Mettiti con gli altri, si inizia tra poco- indicò con un gesto del capo il gruppo di ragazzi, che lei stessa prima aveva intuito fossero i ragazzi che avrebbero gareggiato quella notte.
-Hai intenzione di scommettere?- le chiese l'uomo.
-Devo per forza?- a Carla non le importava dei soldi, voleva solo correre e sentire l'adrenalina scorrere per tutto il suo corpo.
-Se gareggi si-
-Non ho soldi con me-
Lui la guardò e iniziò a ridere. -Senti bellezza se vuoi correre devi scommettere-.
Carla respirò profondamente, odiava essere chiamata in quel modo, odiava ogni nomignolo le etichettassero. Spostò lo sguardo sul suo polso, stava indossando il suo orologio d'oro.
-Andrebbe bene questo?- lo mise sotto la vista di lui che lo osservò con attenzione. Un Rolex da due mila euro gli stava sotto gli occhi e capì che non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione del genere. Glielo sfilò e con un sorriso si allontanò felice di aver fatto l'affare migliore della sua serata.
I motori rombavano, l'adrenalina scorreva tra i concorrenti e Carla sapere avrebbe vinto, lei aveva sempre vinto, non perdeva mai. Una ragazzina dagli abiti succinti e dal trucco eccessivo urlò qualcosa, poi sventolò un fazzoletto rosso: era il VIA. Le modo partirono tutte prontamente distanziandosi solo di poco l'una dall'altra e poi sempre più, fino a quando alcune rimasero indietro mentre altre stavano in pole position. Correvano tutti e Carla stava dietro, non avrebbe sforzare la sua moto fino a quando non lo avesse ritenuto necessario. Alcune avuto sfrecciando lunga la strada rettilinea cominciarono a spintonarsi tra loro volendo tutte prendere il primo posto, alcune di queste finirono fuori, così Carla dalle ultime posizioni iniziò a prendere terreno. Salì fino alla quinta posizione, poi con un abile mossa ne superò un'altra e sfruttando lo stesso scatto riuscì a tagliare la strada ad un'altra ancora. Da li la strada verso il primo posto fu davvero breve. Carla vinse.
Un minuto prima festeggiava la sua vittoria, quello dopo era su un'auto volante della polizia. Rise di sottecchi non credendo a quello che le stava davvero accadendo: Carla Sassi, arrestata, di nuovo. Già immaginava giornali, riviste e quant'altro, il suo nome in bella vista e le storie più assurde di come fosse finita in questo circolo.
Stava riscuotendo la sua vincita quando rumori diversi dagli altri echeggiarono li in mezzo, provò a scappare ma inutilmente. Il poliziotto di turno, fortunato, riuscì ad acchiapparla.
Non riusciva a credere ai suoi occhi, quando le aveva fatto togliere il casco, chi vi era di fronte a lui. Doveva essere la sua notte fortunata per il poveretto. Arrestare Carla Sassi era prerogativa di pochi.
-Signorina Sassi noto con piacere non ci ha perso gusto- era nella solita stanza squallida, seduta su una sedia scomoda, spogliata dei suoi effetti personali, ad attendere che Carlos la liberasse da quel posto. Il comandante della stazione di Polizia la osservava con aria seria.
-Sta arrivando il mio agente?- lei chiese non rispondendo alla battuta di questo.
-Sta arrivando- lei annuì.
L'uomo si puntò di fronte a lei, con mani sul tavolo e aria di sfida. -Sa che in quel posto c'erano minorenni e un giro di droga assurdo?-.
-Perché dovrei saperlo- sarcastica lo osservò, il comandante aveva sempre quella capigliatura poco curata mora, con i suoi scuri occhiali da vista. La sua pelle olivastra veniva accentuata dagli strani colori di luce della misera lampada appena al soffitto. Gli occhi di lei intimorivano anche lui, così di rado incontrava il suo sguardo. Gli occhi di quella ragazza nascondevano un passato doloro e difficile, lo capiva, percepiva quel profondo dolore al petto.
-Signorina Sassi non creda di avere un trattamento diverso dagli altri solo perché lei è Carla Sassi. Riceverà la giusta punizione come tutti gli altri-
-Sta insinuando che io c'entri qualcosa con tutto questo senza averne prova. Questa è calunnia, lo sa vero?- continuò a deriderlo e, nonostante sembrava sentirsi a disagio lì con lei, provava a mantenere quella sicurezza che la divisa offriva.
Lei lo sapeva.
-Faccia poco sarcasmo..- e prima che potesse continuare qualcuno li interruppe. Un agente annunciò l'arrivo di Carlos.
Carlos fece il suo ingresso con quello che, a quanto pare, doveva essere il nuovo avvocato di Carla. Riusciva a cambiare avvocato come se fossero paia di scarpe: non appena si stancava del vecchio, Carlos, provvedeva a sostituirlo con uno nuovo.
Secondo una più contorta teoria poi, Carlos, non impiegava un secondo di più a provvedere a questa sua richiesta viziata solo perché non voleva che altri uomini le girassero attorno eccetto lui. Lui era uno di quei tipici uomini possessivi e gelosi che si sarebbero messi, anche, contro lo stesso Dio in persona se questo ci avesse provato con la donna che amava.
Carla conosceva esattamente il sentimento che lui nutriva per lei, lo aveva capito fin da subito. Il modo in cui la guardava, come le parlava o la accarezzava quando pensava lei stesse dormendo, esausta per l'intensa giornata di lavoro. Erano i tipici atteggiamenti da uomo innamorato che lei con il tempo aveva imparato a riconoscere.
Sarebbe stato, di certo, uno di quegli uomini premurosi e avrebbe fatto di tutto affinché non le mancasse nulla; le avrebbe portato la colazione a letto, se lei glielo avesse chiesto, avrebbe fatto l'amore con lei sussurrandole parole dolci all'orecchio e si sarebbe messo in testa la storia del per sempre. Quello per lui era puro e semplice amore.
-Sono l'avvocato della signorina Sassi-. Quando l'uomo al fianco di Carlo strinse la mano dell'uomo in divisa capì che poteva finalmente lasciare quel posto squallido.
Carlos rimase fuori con lei mentre il suo, nuovo, avvocato si stava impegnando a lasciarla andare senza troppi convenevoli.
-Certo che questi ci tengono davvero tanto a me- sogghignò mentre si immaginava la scena che al momento si stava svolgendo al di là di quella porta.
-Fai poco sarcasmo Carla- l'ammonì Carlos. Era esausto di correre, ogni volta che lei si metteva in un guaio, era esausto di dire sempre sarebbe andato via e non farlo mai per davvero ed era ancora più esausto si prendesse gioco di lui in quel modo.
-Carlos non ti scaldare tanto. Non ho fatto nulla stavolta giuro- si sedette con poca eleganza in una di quelle poltroncine, scomode, di plastica.
Si respirava una brutta aria dentro quei posti, a Carla non piaceva, eppure finiva sempre per ritrovarsi in una delle tante centrali di polizia sparse per il mondo.
Stava iniziando la sua lista di centrali di polizia che l'avevano ospitata in passato quando, finalmente, l'avvocato uscì fuori. Respirò gonfiando il petto assumendo un'espressione di contegno, come se stesse trattenendosi dal fare una ramanzina a quella ragazzina, ricca e viziata.
-Allora?- chiese Carlos.
-Diciamo che, in mancanza di prove, non possono farle nulla. La mandano a casa ma credo la terranno sottocchio per le prossime settimane. Quindi..- si voltò verso Carla, con aria di rimprovero. -..signorina Sassi la invito a mantenere un comportamento più consono per le prossime settimane. Niente uscite notturne, niente moto, niente di niente-
Quando per la prima volta Carla prestò davvero attenzione al suo nuovo avvocato vide un giovane ragazzo, non molto più grande di lei, nonostante si desse un tono da grande uomo, nel suo completo grigio. I capelli biondi brizzolati gli donavano quel tocco di giovinezza che al resto della sua presenza sembrava mancare. La guardava con rimprovero con i suoi castani che lei non riuscì a dire una parola di più.
-Si signore!- Esclamò portando una mano una mano alla testa e poi lasciandola cadere con velocità lungo il fianco.
-Perfetto-
Uscirono fuori dalla stazione e ognuno di loro si diresse al proprio veicolo. Carla cercò la sua moto ma non riuscì a trovarla da nessuna parta. Si fermò sul posto cercandola tra le diverse auto sparse nel parcheggio.
-La mia moto?-
-La riporteranno a casa entro domani, per il momento vada con il suo agente- spiegò l'avvocato.
-Io non vado da nessuna parte senza di lei-. Ma Carla non sarebbe mai andata via da quel posto senza la proprio moto. Osservò il giovane ragazzo con aria stizzita.
Carlos era incredulo. -Stai scherzando Carla? Andiamo via, domani l'avrai sotto casa come sempre- la tirò per un braccio ma lei lo scansò con riluttanza.
-Ho detto che voglio la mia moto, ora e subito- Disse con braccia conserte e sguardo fisso nel vuoto. Aveva un tono di voce scuro, segno che stava mantenendo la calma nonostante non facesse parte di lei.
-Senta, signorina Sassi, sono le cinque del mattino. Siamo stanchi e dobbiamo andare a dormire tutti quanti. Ringrazi me, perché altrimenti una notte li dentro non gliela avrebbe tolta nessuno. Quindi adesso la pianti con questi atteggiamenti da bambina e se ne vada a casa-
Carla osservò incredula la scena di quello, un ragazzo a quanto pare spazientito e del tutto incosciente. Pensava che parlare in quel modo a lei fosse concesso a tutti. -Scusi? Carlos da dove lo hai preso questo?-
Carlos respirò e conoscendola sapeva quella situazione sarebbe potuta durare per ore, se non avesse ottenuto quello che voleva ora e subito. -E' l'avvocato Stefano Delacroix, uno dei migliori e uno dei pochi rimasti che ha ancora il coraggio di lavorare per te- spiegò.
Sorrise in modo eloquente spostando la sua attenzione al ragazzo francese. -Delacroix? Come quel Delacroix?-.
-No, non come quello. O almeno credo- sorrise, anche, Stefano mentre la osservava interessarsi al suo cognome meravigliandosi per il suo repentino cambiamento di umore.
-Cosa le dice che non ci sia un legame con quello?-
-Sono più che certo che non c'entri nulla- continuò lui.
-Parla un perfetto italiano però-
-Mio nonno era francese, mia nonna italiana. Suo figlio, cioè mio padre, non ha mai lasciato l'Italia e sua moglie, mia madre, è italiana al cento per cento-
-Interessante- Lo guardò da cima a fondo. –Peccato nessuno le abbia chiesto l'albero genealogico della sua famiglia, signor Delacroix-
Stefano rimase stranito per l'inusuale modo di fare della ragazza. -Lei mi ha chiesto spiegazioni sul mio cognome e io gliele ho date, dirle della mia vita era inevitabile nella spiegazione del perché io abbia un cognome francese e perché parli un ottimo italiano-
Carla non rispose, non appena l'argomento non le sembrava più abbastanza interessava preferiva far cadere l'argomento in modo poco educato.
Carlos conoscendola aveva capito tutto, così a differenza di Stefano non rimase spiazzato quando lasciò i due uomini in asso raggiungendo l'auto.
-Lo sa che è davvero poco educato lasciare in asso la persona con cui sta parlando, signorina Sassi?- Stefano infastidito la richiamò, ma Carlos sapeva non sarebbe mai giunta nessuna riposta. Così si avvicinò stringendo la mano dell'uomo che aveva tirato fuori Carla dall'ennesimo guaio.
-La ringrazio avvocato, mi scuso per il modo con cui sono giunto a lei questa sera ma capisce bene che era una questione di vitale importanza-
Stefano guardò l'uomo dai tratti scuri sorridergli così decide di lasciar perdere quella ragazzina. -Le lascio il mio biglietto da visita personale, nel caso in cui la signorina dovesse trovarsi in altre situazioni promiscue. In questo modo eviteremo di dover chiamare lo studio per cui lavoro-
Carla osservava la scena a distanza, in silenzio, osservava Stefano mentre porgeva il biglietto a Carlos. Quel ragazzo non aveva nulla che lo facesse somigliare ad un avvocato benché si spacciasse per tale nell'aspetto.
-Lei è sicuro di essere un avvocato?- urlò Carla sapendo che a quella distanza non l'avrebbe mai sentita se avesse parlato in un tono normale.
Stefano deciso ad ignorare la ragazza come lei aveva precedentemente fatto finse di non udire il suono della sua voce, perciò salutò cordialmente Carlos dirigendosi alla sua auto, stanco dalla dura giornata e dalla conclusione inaspettata.
-Ha sentito?- continuò però lei imperterrita.
Se Carla voleva essere una di quelle ragazze altezzose, con la puzza sotto il naso e il fare da prima donna, Stefano le avrebbe dato modo di esserlo ma a modo suo. Aveva imparato a trattare con quel genere di persona, sapeva come comportarsi di fronte ad una ragazza come Carla Sassi. Era un ragazzo giovane ma cresciuto in fretta, riuscito ad ottenere un lavoro che lo gratificava e che amava, nonostante sapesse di essere forse un po' troppo giovane rispetto al resto dei ragazzi della sua età.
Subito dopo la sua specializzazione, grazie a Stefania De Carolis, una dei migliori nel settore, aveva iniziato il suo praticantato nello studio di lei, ed era finito per avere un suo studio, dei suoi clienti e un ottimo stipendio. In più, Stefania, era una delle donne più affascinanti mai incontrate in vita sua ed era una di quelle che sapeva si incontravano una sola volta nella vita.
Avvicinandosi verso lei Carlos sbloccò la sua auto nera sportiva permettendo finalmente a Carla di entrarvi dentro sedendosi al suo fianco. Era stanco, voleva solo tornare a dormire e sperare che il giorno seguente sarebbe stato molto più tranquillo.
-Dove hai preso quello?-
poggiò le mani sul volante e prese dei respiri profondi. Odiava quel lato della donna che amava. -Carla per favore, sono stanco di cambiare avvocato ogni volta che ti gira- Ma lei iniziò a ridere.
-Tu cambi avvocato ogni volta che te lo chiedo perché detesti che un uomo mi stia vicino eccetto te-
Si forse aveva ragione, lui odiava che un altro uomo potesse avvicinarsi a lei, potesse anche solo guardarla in un modo diverso; il ruolo che ricopriva gli permetteva di far terra bruciata attorno a lei, ma sapere quanto lei fosse consapevole di ciò, giungendo perfino a deriderlo per il sentimento che nutriva nei suoi confronti non gli piaceva. Faceva leva sulle debolezze altrui sfruttandole a suo vantaggio, capendo il suo punto debole lo sfruttava a proprio piacimento ogni qualvolta si presentasse l'occasione.
-Carla smettila-
Studiò il viso incupito di Carlos notando si fosse già arreso senza nemmeno voler provare a sfidarla, il modo con il quale la guardava le piaceva così tanto da farla sentire unica al mondo. Accorciò le distanze tra i loro visi respirando profondamente e sfiorando la sua guancia con la sua. Sentì il suo respiro farsi profondo intuendo avesse chiuso gli occhi per assaporare meglio il suo odore e immaginando un bacio che non si erano mai dati.
-Mi piace quando mi guardi in quel modo- sussurrò al suo orecchio sorridendo, immaginando l'effetto che avesse su di lui in quel momento.
-Carla- Gemette quasi supplicandola di giocare in quel modo con i suoi sentimenti.
-Sai perché ti ho voluto come mio manager?- Non aspettò una sua risposta. -Guarda i nostri nomi, Carla- Carlos, sembriamo come due facce della stessa medaglia- Il tono profondo della sua voce fece si che un brivido percorresse lungo la schiena mentre il cuore iniziava a pulsare sempre più velocemente.
-Per favore- Supplicò ancora.
Non le piaceva nemmeno quando la gente le chiedesse per favore, sembra che, visto il "per favore" , potessero essere nella condizione di chiedere qualsiasi cosa senza pensare ci fosse qualcuno non disposto a dare quanto loro chiedessero. In altre occasioni avrebbe continuato quel gioco, ma la stanchezza bussò alla sua porta, sentiva gli occhi sempre più pensanti ma prima che potessero chiudersi del tutto gli diede un bacio... sulle labbra.
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