CAPITOLO II
16 anni prima dell'Epoca buia
La luna piena illuminava con la sua flebile luce il bosco. I raggi lunari mostravano la via ad Esmeralda. Lei non capiva, perché la luna illuminava solo il percorso che lei avrebbe dovuto seguire? Che sia solo una coincidenza? O forse destino?
Cappuccetto Rosso correva veloce, gli ululati lontani si facevano più forti e udibili dopo ogni passo. Si stava avvicinando.
Le foglie si spezzavano sotto i passi svelti della bambina, il loro suono si espandeva inascoltato tra gli alberi ormai spogli.
Correva sempre più veloce.
Il respiro si faceva affannoso, la milza chiedeva pietà e le gambe sembravano cedere per l'immane fatica.
Mancava poco, se lo sentiva dentro.
1...2...3...4...5...6...
Iniziò a contare, come sempre.
29...30...
Una risata si fece largo tra gli ululati di dolore, ululati che cessarono in un rumore sordo.
Esmeralda raccolse quel piccolo brandello di resistenza presente in lei e corse verso la luce della luna.
42...43...44...
Raggiunse il luogo.
La luna illuminava una zona circolare disboscata, gli alberi erano spezzati, rovinati, morti.
Al centro della zona, c'era un lupo.
La sua pelliccia candida era coperta da foglie e macchiata di sangue: la lupa di sole poche ore fa giaceva supina a terra, morta.
«No! No no no no no no ...»
Cappuccetto Rosso non sapeva dire altro, il petto che faceva su e giù convulsamente, le lacrime che rigavano il volto, le ciglia bagnate, le labbra tremolanti e la fronte impregnata di sudore.
Il dolore prese posto nel suo cuore, lo stesso dolore che svanì piano piano facendosi sostituire dalla rabbia, forse la stessa rabbia che l'aveva spinta a lanciare il coltello nel petto del Cacciatore, suo padre.
«Allontanati da lei!» una voce rabbiosa spaventò Cappuccetto Rosso.
Dietro di lei un lupo nero ringhiava e sembrava bramare il suo sangue.
«N-non sono stata io, l-lo g-giuro» la voce della piccola Esmeralda era spezzata, i suoi occhi chiedevano pietà.
Il lupo ringhiava, gli occhi gialli splendevano nella notte oscura, pagliuzze color nocciola arricchivano lo sguardo d'odio presente nel suo cuore. Il lupo era più piccolo per la sua natura, circa 1.67, la scura pelliccia era coperta di sangue, così anche il lato destro della bocca.
«Dov'è!? Dove l'hai messa!?»
Il lupo si voltò, non era stato lui a parlare.
«Tu, tu eri morto!» Esmeralda sgranò gli occhi, dietro la fitta boscaglia l'imponente figura di suo padre si faceva avanti raggiungendo lei e il lupo nero.
Un morso profondo faceva uscire sangue dalla gola, zoppicava, e gli occhi erano due fessure cariche di rabbia e di un desiderio impronunciabile: il desiderio di uccidere.
Esmeralda sapeva cosa stava cercando il Cacciatore, voleva la sua ascia. Il lupo ringhiò contro il padre di Cappuccetto Rosso, si avvicinò alla minuta figura della bambina.
«È inutile ringhiare, tuo padre è morto!»
Bastarono quella frase, quell'insieme di parole che unite formano un concetto di senso compiuto, bastò poco per mandare in frantumi il cuore del giovane lupo.
Morto: 5 lettere in grado di distruggere qualsiasi persona, qualsiasi creatura vivente.
Morto .... Morto .... Morto .....
«Dov'è la mia ascia!? Rispondimi o ti taglio la testa come ho fatto con tua madre. Forza Esmeralda, dimmi dove l'hai messa e io ti risparmierò la vita. Ci stai?»
«No»
«E se io fossi ancora più pericoloso di quanti già non sia? Sai che lo sono...»
«O se io lo fossi?» mise la mano dietro la schiena e tirò fuori l'ascia e la puntò verso il padre, c'era del sangue raffermo sulla lama argentata.
Con uno scatto il Cacciatore raggiunse Esmeralda, lei non demorse e cercò di colpirlo alla testa. Non ci è riuscita. L'ascia era troppo pesante.
L'arma cadde a terra davanti ai due contendenti.
L'ansia era palpabile nell'aria, odore di sangue si sprigionava dal corpo del Cacciatore, le vene verdognole sui dorsi delle mani sembravano voler esplodere, dalle tempie gocce di sudore scivolavano cadendo a terra.
il respiro affannato di Cappuccetto Rosso scandiva il tempo che passava.
Un solo secondo e il lupo morse il collo del Cacciatore, la ferita si aprì ulteriormente e una quantità indefinita di sangue iniziò a colare.
Il volto di Esmeralda era una maschera di disgusto e paura.
Il lupo nero ringhiava contro il Cacciatore che era a terra sdraiato, il sangue e il sudore colavano copiosi dalla ferita unendosi in un disgustoso miscuglio.
«Andiamocene» disse Esmeralda, un sospiro uscì dalle labbra.
«Noi? Perché "noi"?» chiese il lupo.
La voce era molto simile a quella del Grande Lupo Cattivo. Era calda protettiva, Esmeralda si sentiva al sicuro.
«Cosa intendi dire?»
«Tu andrai via, io devo finire del lavoro»
«No»
«Tu te ne andrai via e io finirò il lavoro» il lupo usò un tono che non ammetteva repliche.
«No, tu verrai con me perché io ....» Esmeralda ingoiò il fiotto di saliva, è stato come togliere un peso dalla coscienza.
«Perché io ho paura ... non so dove andare ... ho bisogno di qualcuno che conosca la zona.»
Orgoglio, un'emozione che ti rende muto, un'emozione che ti fa fare cose assurde perché ciò ti implica a non dire mai "ho paura". Esmeralda è sempre stata così. Troppo orgogliosa per dare ragione agli altri o per confessare loro le proprie paure.
«Hai paura? E di cosa?» chiese il giovane lupo. Gli occhi dorati splendevano nella notte oscura.
La luna giocava a nascondino con le nuvole, il vento usava i rami degli alberi come fossero uno strumento affinché trasmettessero la sua musica.
Il giovane lupo si avvicinò alla ragazza e le leccò la guancia pulendo il sangue. Esmeralda lo guardò negli occhi, contò ogni singola pagliuzza che vedeva nelle iridi, gli accarezzò il pelo corto e scuro.
Non sapeva neanche lei di cosa aveva paura, forse della solitudine.
"Io non ti lascio sola, ma devi aiutarmi a trovare mio padre."
"Va bene. Andiamo a cercare tuo padre." Disse distogliendo lo sguardo da quello del suo nuovo amico che al contrario, non le staccava gli occhi di dosso.
Esmeralda seguiva il lupo che a sua volta seguiva l'odore del padre. I rami secchi le schiaffeggiavano il volto ma la ragazza non poteva permettersi di rallentare o addirittura fermarsi.
"È vicino! Lo sento! Papà, sto arrivando! Resisti!" il giovane lupo aumentò il passo seguito da Esmeralda.
I due amici raggiunsero una zona del bosco che non avevano mai visto; gli alberi erano altissimi, talmente alti da rendere l'aspetto della loro chioma di aghi tale e quale ad una macchia indefinita di colore verde scuro.
La luce lunare non raggiungeva neanche lontanamente il suolo, Esmeralda si vide costretta a fermarsi per non rischiare di cadere e ferirsi ulteriormente.
Il giovane lupo la guardò confuso.
"Perché ti sei fermata? Ti senti male?"
"N-no, è solo che non vedo nulla." Ammise la sua nuova amichetta.
"Giusto, non sei come me!"
Esmeralda sentì una mano prendere la sua e posizionarla su quella che sembrava essere una spalla.
La ragazzina urlò spaventata e fece cadere il presunto uomo a terra dandogli un calcio alla gamba.
"Ma che fai!? Sono io!"
Esmeralda sussultò e rimise al suo posto l'ascia.
"Io chi?" chiese intimorita tenendo comunque pronta la mano posata sul manico della sua arma.
"Caleb! Il figlio del Grande Lupo Cattivo! Impossibile che tu non mi conosca, sono famoso!" rispose indignata la stessa voce che fuoriusciva dalla bocca del giovane lupo. Esmeralda iniziò a ridere.
"Caleb? Mai sentito. Un vero lupo è diventato mio amico e ti farà a brandelli!"
"Io sono il tuo nuovo amico, guarda i miei occhi."
La ragazzina non poté non stupirsi nel vedere gli occhi del suo nuovo amico illuminarsi nuovamente mettendo una lieve luce sul volto del giovane.
"Quanti anni hai?" chiese confusa la ragazza.
"Sedici, perché?"
"Non so, sembri un ventenne." Rispose la ragazzina arrossendo poiché non sapeva cosa dire. In effetti non sapeva nemmeno cosa pensare. Per un attimo le parve di voler sapere tutto del suo nuovo amico: quanti anni aveva, qual'era il suo gusto di gelato preferito... Sempre se mangiava gelato, non lo sapeva.
I lupi sanno cos'è il gelato?
"Tu invece quanti anni hai ragazzina?" disse Caleb battendo le mani affinché la polvere si togliesse dai suoi vestiti sgualciti.
"10 anni." rispose fiera la ragazzina.
"10 anni? Mi stai prendendo in giro, vero?"
"Cosa c'è di così incredibile?"
"Ehmm, non so. Parliamo de fatto che ti porti un'ascia delle dimensioni decisamente fuori dalla tua portata?"
"È per difendermi"
"Ma qui ci sono io!" disse fingendosi offeso il giovane licantropo.
Esmeralda sentì un ringhio poco lontano. La ragazzina non fu l'unica.
Il sorriso strafottente di Caleb si capovolse lasciando spazio alla tristezza.
I due giovani si gettarono di capofitto nelle ombre più oscure del bosco, con gli occhi di Caleb come unica fonte di luce. Il ragazzo iniziò a piangere immaginandosi di trovare il cadavere di suo padre tra le braccia.
Esmeralda prese Caleb per un braccio e lo portò in una zona poco illuminata dalla luna, sembrava un'oasi nel deserto. Accasciato al suolo sanguinante e con il petto tagliato da parte a parte, c'era il famosissimo e temutissimo Grande Lupo Cattivo.
Caleb si gettò tra le braccia del padre piangendo disperatamente.
"Non mi lasciare, ti prego... Prometto che imparerò a cacciare... poi puoi insegnarmi a ululare meglio... Ma ti prego... Non mi lasciare... Ho bisogno di te... Papà... Ti voglio bene."
Il Grande Lupo Cattivo strinse a se suo figlio in un moto di disperazione.
"Proteggi la fanciulla! Ad ogni costo!"
Caleb non capiva.
Quale fanciulla? La sua nuova amichetta?
"Figliolo... Prima che io..." Una forte morsa allo stomaco lo costrinse a vomitare sangue. Gli occhi di Caleb si sgranarono ogni secondo di più.
"No no no no no ... Non morirai, non puoi. Sei immortale."
"Ho la pelle dura ma... Posso morire..."
Le lacrime di Caleb scivolavano via a fiotti, mentre pochi passi lontano Esmeralda piangeva a causa dei sensi di colpa che la uccidevano dentro.
"Caleb... Ti vog-g..." Chiuse gli occhi lasciando che dalle labbra uscisse il suo ultimo respiro.
Caleb strinse forte a sé il corpo del padre che dalla forma da lupo era tornata a essere umana.
Solo in quell'istante Esmeralda comprese che poteva vedere meglio Caleb: era alto, molto alto, le braccia forti e coperte da un corto velo di peluria stringevano il cadavere del genitore, i capelli neri erano scompigliati, gli occhi neri diventavano sempre più rossi per via del pianto.
Esmeralda raggiunse il nuovo amico e appoggiò la mano sulla sua spalla.
"È il momento di andare." disse tutto d'un fiato. Odiava gli addii.
"È colpa mia... Se solo fossi stato un vero uomo come lo è stato lui... Sarebbero ancora vivi." gli occhi del giovane erano spenti, vuoti, privi di qualsiasi emozione.
"Non dirlo? Sai che non è vero." La ragazzina ha sempre odiato cercare di confortare gli altri, non ne era capace.
"Senti, ci conosciamo da pochi minuti e non so nulla di te... Potresti uccidermi... No insomma... Voglio dire... sei troppo carino per... NO! Voglio dire che non è stata colpa tua. Ok?"
Caleb sorrise leggermente contagiando anche la sua nuova amichetta.
I due amici, dopo aver seppellito i cadaveri dei rispettivi genitori, se ne andarono a casa di Esmeralda ma qualcosa le impediva di entrare lì dentro. Caleb si fermò sulla soglia e attese che l'amica desse qualche segno di vita.
"Esmeralda, va tutto bene?"
"N-no... Ho una pessima sensazione, andiamo via di qui. Andiamo dove nessuno ci può trovare."
Caleb abbassò lo sguardo.
"Non voglio abbandonare i miei genitori. Io rimango qui se non ti dispiace."
Esmeralda non negò il fatto che ci fosse rimasta male. Ci teneva ad avere un compagno di avventure.
Ma capì e rispettò la scelta dell'amico.
"Allora ci vediamo... Ti lascio casa, se vuoi"
"Grazie" rispose Caleb imbarazzato.
"Bene... Allora io vado" disse la ragazza indicando un sentiero che l'avrebbe portata lontano da lì.
"Avrai bisogno di provviste"
"Già... tutto pronto" disse indicando lo zaino da cui si intravedeva l'ascia del Cacciatore.
"Bene" l'imbarazzo presente nell'aria su poteva tagliare con un coltello.
"Allora ciao"
"Già ... Ciao"
Esmeralda fece un respiro profondo e prese il via verso nuove avventure.
Guardò indietro chiedendosi di cosa ne sarebbe stato dell'amico ma non aveva tempo per pensare a lui. Un'incredibile avventura la attendeva.
Ma non sapeva che l'avrebbe passata con Caleb, un'avventura chiamata dagli ebaif con il nome di "Amore"
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Buonanotte a tutti! Sono la scrittrice di questa fiaba e sapendo di essere mancata per tantissimissimissimo tempo, vi devo delle spiegazioni:
Iniziai a scrivere questa storia in estate, circa un anno fa. Essendo in Albania e quindi non a casa mia, non avevo internet e questo limitava molto le cose che potevo fare con Wattpad.
Finita l'estate, è subentrata la scuola che mi ha tolto ogni singolo secondo del mio tempo libero passato a studiare e maledire i professori.
Per un paio di mesi mi dimenticai dell'esistenza di Wattpad e mi dedicai a serie tv, youtube e cose belle.
Come forse già sapete, mi sono ispirata al famosissimo videogioco "The wolf among us" e dopo aver saputo che presto uscirà il secondo capitolo della serie, decisi di aspettare il proseguimento del gioco affinché riesca ad accumulare ancora più idee.
Vi ringrazio infinitivamente per il supporto che mi date, anche su altre storie.
Ora vado a nanna perché sono le 3:16 del mattino. 😴
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