Quel cinema sulla collina

Questa storia è stata scritta per il contest "Pasticceria creativa" di Ciambella198, sezione "Non ho passato il test di Rorschach - Contest astratto".

Quel cinema aveva fatto innamorare generazioni di gnomi marini, piccole creature acquatiche rassomiglianti una via di mezzo tra minuscoli umani e anfibi dotati del dono della parola. La dimensione, però, non era ciò che li caratterizzava, bensì una società pacifica dedita alla socialità, ai ritrovi in Piazza delle Alghe la domenica, mentre un mercato subacqueo veniva gestito dai commercianti più festosi.

Anche quella sera, alla prima di quello che si mormorava essere un nuovo film uscito da chissà dove, ogni ceto sociale era presente: vi erano squame e vesti di ogni colore, sfarzose acconciature tenute ferme dagli accessori più eccentrici, una moltitudine di persone tutte accalcate all'entrata. Non mancavano nemmeno i popolani con i loro sfavillanti sorrisi, personalità alla mano, intenti a chiacchierare del più e del meno, dipendenti dal gossip almeno quanto le loro controparti abbienti.

La fila di gnomi si snodava per metri, un record, considerando le loro dimensioni, segno evidente che il nuovo show doveva essere piuttosto interessante, forse bizzarro, possibilmente diverso dai precedenti.

E tra la fila di presenti si mimetizzava Zed, adolescente curioso dall'aria vivace e una zazzera di capelli del colore dell'acqua tenuti assieme in più punti da minuscole perle. Domare quella chioma ribelle era sempre stato un dilemma, ma lui non sembrava curarsene.

Era troppo impegnato a guardare avanti a sé, infatti, pronto a riscoprirsi sorpreso ogni qualvolta voltasse lo sguardo verso il cinema, la cui maestosa forma si stagliava al di sopra di ogni piccola creatura in fila.

La grande struttura si ergeva su di una collina, illuminata dal riflesso delle onde del mare dalla cui sommità penetrava una luce divina, di giorno, misteriosa, di notte, facendo rilucere il liscio metallo che ne componeva la maggior parte. L'entrata frontale presentava due fori, grandi a sufficienza perché gli gnomi potessero entrarvi, mentre la cupola trasparente sulla cima sembrava contenere una sorta di gelatina magica di colore rosa.

Tutto attorno sorgevano alghe sottili che ondeggiavano al ritmo delle onde del mare, mentre la sabbia presente sul fondale era costellata di conchiglie e ciottoli delle più svariate dimensioni e colori.

Zed si era sempre chiesto come facesse quella cosa enorme a riprodurre i film. Una spugna rosata, incastrata in una scatola di metallo caduta in quel punto secoli prima, secondo le antiche leggende, era inusuale perfino per il mondo sottomarino.

Nessuno degli gnomi si era mai curato della cosa fino a quando uno dei loro scienziati più studiosi aveva avanzato diverse ipotesi spaccando in due l'opinione pubblica: c'era chi sosteneva si trattasse di un'antica forma di vita ora riportata in superficie dal mare e chi invece credeva che fosse arrivata dal cielo, per inabissarsi fino a toccare la fine sabbia chiara del fondale. Nessuno sapeva la verità, ma tutti conoscevano la sua funzione: riprodurre una serie di film giunti da angoli sconosciuti per intrattenere il popolo.

Scene di guerra e di fantasia avevano affascinato il popolo degli gnomi per anni, secoli forse, tanto era il tempo passato e altrettanto scarsa era la loro memoria, ma ciascuno di loro aveva potuto conoscere mondi sconosciuti, creature mai viste, una vita in superficie che non avrebbero mai creduto possibile. Nemmeno nei loro sogni più fervidi.

Zed ricordava bene la prima volta che vi aveva messo piede, da bambino, accompagnato dai genitori come quella stessa sera. In quell'occasione la famiglia era entrata, aveva preso posto sulle seggiole in conchiglia lavorate dall'artigiano più famoso del paese, il signor Karli Scalpelli, e i loro nasi ovali erano stati puntati in direzione dello schermo.

Trattandosi di una tavola bianca talvolta andava riverniciata con speciali materiali in uso dal popolo degli gnomi, ma si presentava sempre in ottimo stato per far sì che ognuno potesse vedere uno dei molti film almeno una volta. La programmazione sembrava seguire uno strano ordine e non vi era un vero e proprio periodo di trasmissione, cosa del tutto normale per quel popolo, abituato alla volubilità del cinema stesso.

Si poteva quasi dire che la struttura avesse vita propria, tanta era l'espressività delle immagini, vivide come se ogni gnomo presente in sala fosse stato presente all'interno dell'evento narrato dalla pellicola. Zed aveva così scoperto una serie di mondi che aveva solo immaginato nelle sue storie più fantasiose: terre desolate sferzate da forze invisibili, imbrunite dal magma vulcanico, giungle di vegetazione che non necessitava di stare al di sotto dell'acqua per crescere. Per lui, abituato al mare, non potevano esistere scoperte più belle.

E via via che la fila si sfoltiva, il cuore di Zed rimbombava nel suo petto, la mente che vagava in una serie di ricordi dettati da quella prima esperienza.

Nulla lo avrebbe preparato alla meraviglia che lo avrebbe accolto una volta entrato nella struttura, dopo aver attraversato la piccola anticamera posta all'entrata, creata per non disturbare la messa in onda del film. Delle tende in alga kelp, simili alle loro sorelle dell'esterno, dividevano l'anticamera dalla sala principale, dove Zed riuscì a entrare con i suoi genitori a film avviato.

Non c'era da preoccuparsi che la messa in onda fosse anche a metà della trama: bastava attendere in sala la fine della trasmissione per vederla ricominciare subito dopo e la durata non era mai molta. Anche per questo motivo il biglietto costava solo due squame di pesce.

Quel giorno la trama sembrava incentrata sull'avventura del protagonista narrante non ben definito, come sempre, la visuale in prima persona dagli effetti grafici singolari. Più il personaggio si muoveva sullo schermo e più gli gnomi si sentivano rapiti dalla tensione della scena:

gli scatti repentini non avevano mai interrotto la visione, né avevano dato del filo da torcere alla trasmissione dell'immagine, come se una telecamera speciale fosse stata incollata a un qualche supporto del misterioso protagonista.

Ovviamente gli gnomi nemmeno sapevano cosa fosse una telecamera e la particolarità della trasmissione stava anche in quel sistema unico. Nessuno si era mai chiesto da dove venissero quelle immagini, leggende a parte, quindi tutti gli spettatori rimasero a godersi il film chiedendosi quale tipo di trama avrebbero potuto gustarsi quel giorno.

Anche in quell'occasione non mancarono le scene di battaglia, impregnate di scontri tra il protagonista, armato di una lunga canna di metallo da cui fuoriuscivano scintille dorate e scarlatte, e da una forza nemica sconosciuta. I loro costumi singolari, muniti di schermo che non permetteva la visione di una faccia di alcuna forma, erano forse il dilemma maggiore per gli gnomi.

Non poter riconoscere il nemico era straziante per loro, abituati non solo alla pace, ma anche alla vita in mare, fatta di elementi naturali, al massimo di qualche scaglia iridescente da impiegare come decorazione. Pensare che un nemico avesse potuto invadere la loro casa, per molti rappresentava una minaccia inconcepibile.

Forse anche per quel motivo alcuni spettatori gridarono nel vedere quel nemico corazzato avanzare verso di loro, intenti a osservare la scena con gli occhi del protagonista, la cui canna metallica prese a colpire gli avversari. Un forte boato e gli umanoidi davanti a lui caddero sulla sabbia rossa.

Il cielo giallo, le cui polveri avrebbero ucciso un essere umano adulto, non sembravano tangere il protagonista, che ben sopportava quel sottile velo traslucido, non sufficientemente opaco da impedire una visuale cristallina. Più complesso sembrava invece riuscire a vedere la terra rossastra ai piedi dell'energumeno, tanto alto che per gli gnomi era difficile credere esistesse una creatura terrestre del genere.

Le scene si susseguirono senza esclusione di colpi e Zed rimase a osservare con meraviglia l'ennesimo scenario incredibile, che lo rapirono fino a quando qualcosa non lo distrasse. Non distante da dove si trovava, infatti, uno gnomo sembrava intento a piangere per l'emozione.

Zed lo capì grazie alla propria empatia e al fatto che quel sorriso stampato sul suo volto ricalcava l'amarezza di una sconfitta. Trattandosi del signor Manovella, il tecnico e custode del cinema, a Zed la cosa parve un po' strana considerando l'enorme successo di quell'ennesima pellicola.

Non riuscendo a trattenere la curiosità, Zed svicolò tra la folla e raggiunse l'anziano gnomo, la cui folta barba aranciata aveva ormai perso il suo originale splendore.

«Cosa la rende tanto triste, signor Manovella?» mormorò il giovane, per non disturbare.

«Oh, mio caro, se solo sapessi...» bofonchiò l'altro.

La schiena ricurva dello gnomo più anziano sembrava complice della sua stessa mente, come se lui fosse stato a conoscenza di un segreto ad altri precluso, capace di incuriosire Zed come poche altre cose.

«Dica, dica, signore» incalzò il giovane, ormai al limite della sopportazione.

Il suo visetto rotondo sprizzava curiosità da tutti i pori e le sue lentiggini azzurre spiccavano sul colore pallido, interrotto sulle guance da un po' di rossore.

L'altro lo guardò con titubanza, inarcando un sopracciglio, smuovendo qualche ruga del viso. Poi sospirò, facendo segno a Zed di seguirlo, portando un dito della mano libera sulle labbra, come a chiedergli il massimo riserbo per non disturbare i presenti in sala.

Il ragazzo non si sarebbe mai fatto scappare quell'occasione e non si fece ripetere l'invito, deciso a seguire l'anziano gnomo ovunque lui avesse desiderato.

Il signor Manovella fece strada per il piano superiore dopo aver svoltato un paio di volte per i corridoi dell'interno della struttura: considerato quanto tutto l'edificio fosse di dimensioni contenute, i due non impiegarono molto a raggiungere il luogo designato e Zed rimase sorpreso nel notare che il piano sarebbe stato anche più luminoso rispetto a quello inferiore.

La stanza possedeva delle finestre, che però erano state chiuse per non interferire con la messa in onda del film e sul soffitto si poteva notare parte della stessa spugna rosata visibile dall'esterno. Sia nella stanza che fuori, quella conformazione singolare sembrava avere attorno una specie di capsula trasparente e quello era il motivo per cui la si poteva osservare facilmente, senza che l'acqua di mare ne invadesse le piccole rientranze. All'apparenza morbida, la spugna era formata da una serie di forme lunghe ripiegate su loro stesse, interrotte da scanalature simili alle strade di campagna a cui Zed era abituato a percorrere per andare da casa a scuola, ma con diverse curve di troppo.

La cosa più sorprendente, tuttavia, era il cavo che si estendeva da un lato della spugna fino al piano inferiore, dove, a rigor di logica, era proiettato il film ancora in corso. Anch'esso incapsulato con un materiale differente rispetto a quello della spugna stessa, sembrava essere stato rattoppato in diversi punti e Zed si chiese se non fosse stato proprio il signor Manovella a eseguire quel minuzioso lavoro.

«Che posto è questo?» chiese il giovane, il naso rivoltò all'insù, l'espressione di pura sorpresa.

L'anziano gnomo prese posto su uno sgabello, accanto a un tavolo da lavoro colmo di pezzi e progetti, forse inerenti al cinema stesso, forse anche ad altro.

«Vorrei raccontarti una storia, ragazzo» iniziò.

«Adesso?» chiese Zed, confuso.

Il signor Manovella annuì, allungando una mano verso il tavolo per recuperare la propria pipa a bolle, da cui presto avrebbe iniziato a inspirare una sostanza verdastra.

«Da dove credi provenga questo cinema?»

«Non saprei, signore. Qualcuno pensa sia arrivato da sotto la sabbia, qualcun altro crede sia giunto dal cielo, ma ognuno poi ha una propria versione della storia».

Lo gnomo adulto osservò il ragazzino per qualche secondo, pensieroso.

«Mi crederesti se ti dicessi che io so da dove proviene?» chiese a un certo punto.

Zed quasi fece un salto sul posto per la sorpresa e gli occhi presero a brillargli di meraviglia. Sebbene non fosse ingenuo era certo che l'unica persona che avesse potuto sapere la verità era il signor Manovella. Lui si occupava del cinema da anni e sempre lui si era interessato a fare ricerche in merito.

«Posso raccontarti ciò che ho scoperto, ma bada bene ragazzo di non cambiare la versione della storia, se mai volessi andare a raccontarla in giro. Io ormai sono vecchio e presto qualcuno dovrà prendere il mio posto, quindi è ora che la storia di questo povero malcapitato venga a galla» continuò il signore, prima che Zed potesse parlare.

«Malcapitato? Il cinema sarebbe malcapitato?» insistette il ragazzo.

C'erano tanti modi per definire un luogo, ma di certo non "malcapitato" che si addiceva invece di più a una persona, a un essere vivente.

Ma il signor Manovella annuì senza tergiversare, pronto a vuotare il sacco. Inspirò ed espirò dalla sua pipa e poi iniziò a raccontare.

«Quello che vedi riprodotto sullo schermo del cinema è reale, è la verità. Non la nostra, che viviamo sotto acqua, ma quella di qualcun altro» spiegò. «Grazie alle mie ricerche ho scoperto che il protagonista, che noi non vediamo mai, se non parzialmente, è il vero io narrante della storia. Si tratta sempre della stessa persona, se calcoliamo l'altezza, i gesti e altri fattori, quindi verrebbe da chiedersi come sia possibile e perché qualcuno dovrebbe impiegare sempre lo stesso attore per diverse storie».

«Giusto, è un'ottima osservazione, signore!» notò Zed. «Dunque quale sarebbe il motivo di queste scelte?»

Il signor Manovella ci pensò su, forse alla ricerca delle parole corrette da impiegare.

«Tu sogni mai, Zed?»

«Certo, signore. Ma non vedo come questo c'entri con la storia del cinema».

L'impazienza della gioventù si scontrava di continuo con la saggezza dell'età, nel corso di quel dialogo tra due generazioni differenti. Eppure l'anziano gnomo sembrava sapere il fatto suo.

«Immagina di poter sognare per sempre. Fingi, per un attimo, di poter dormire all'infinito e che qualcuno trovi la tua mente e riesca a collegare i tuoi pensieri a un grande schermo, riproducendone i ricordi e i sogni più vividi».

Zed rimase a bocca aperta, per poi sbiancare. Non c'era bisogno di fare domande, né di aggiungere altre parole, non per quel frangente, almeno, necessitante solo di quello scambio di sguardi complici.

Se quelle avventure erano reali, significava che, come Zed aveva sempre sperato, c'era molto altro al di fuori dell'acqua, del mare a lui conosciuto, ma lui stesso non avrebbe mai potuto neanche immaginare luoghi tanto sorprendenti. Pianeti, terra asciutta, una serie di scintillanti colori e il fuoco che il ragazzo aveva visto solo all'interno di quell'infinità di blu salato, proveniente dai vulcani sommersi.

E se tutto ciò era reale, quello che sostava sopra alla testa di Zed non era altro che un "contenitore di memorie", una rosea scatola di meraviglie e di ricordi, pregna della vita vissuta da qualcun altro, da un avventuriero, da un guerriero, da uno sconosciuto, ormai quasi un amico, dell'intera popolazione di gnomi.

Al ragazzo piaceva molto quella versione romantica della storia, che avrebbe raccontato al prossimo con estremo entusiasmo, alimentando la leggenda del guerriero venuto dal cielo, benché, in fin dei conti, tutto ciò che era rimasto non era altro che quello: un cervello munito di sistema nervoso che si era miracolosamente salvato nell'impatto avvenuto secoli prima, parziale sopravvissuto di un'antica guerra che gli gnomi non avrebbero mai neppure potuto immaginare, tanta era la loro natura pacifica.

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