Monsters

Rainer si rese conto di quanto forte stesse battendo il proprio cuore, solo una volta fermatosi a prendere un respiro.

La nave stava ormai andando fuori controllo e lui aveva perso ogni speranza, da quando quel rimbombo aveva riecheggiato per tutta la sala di comando. Come medico, lui non aveva ricevuto un addestramento specifico per quelle occasioni, anzi, la sua priorità era quella di salvare il maggior numero di passeggeri possibile, cosa che si era rivelata ardua, dopo ciò che aveva visto.

Spinse la schiena contro una delle pareti metalliche, cercando di respirare a pieni polmoni, dovendo normalizzare il battito, per non andare nel panico.

"Che cazzo era quello schifo?" sussurrò tra sé e sé, pregando affinché "quello" non lo sentisse.

Tutt'attorno, i cavi dei più svariati sistemi, emettevano scintille dovute al malfunzionamento generale e la cosa mise a disagio il medico più di quanto avesse sperato.

Rainer sapeva che l'ansia probabilmente non lo avrebbe mai abbandonato. Era un tipo emotivo lui, tuttavia cercò di calmarsi, usando la manica della tuta per asciugare la propria fronte, imperlata di sudore. La corsa per i corridoi della nave non lo aveva aiutato, complice la temperatura corporea, ormai alle stelle, bisognosa di un raffreddamento immediato.

Eppure, dalla posizione in cui si trovava, gli sarebbe stato impossibile, se non quantomeno improbabile, riuscire a raggiungere l'infermeria.

Il ponte C-3 dove sostava, infatti, si trovava nel compartimento opposto rispetto alla sezione A, in cui sorgeva l'infermeria, di conseguenza il medico si sarebbe dovuto arrangiare.

L'ennesima scintilla dettata da un cavo scoperto, fuoriuscente dalla parete, completamente divelta, lo riportò alla realtà.

"Quattro comparti, una sezione centrale. Se quell'affare viaggiasse a circa nove spark al secondo..."

Si bloccò. Aggiungere "sarei morto" lo avrebbe reso reale, tangibile e la cosa lo mise in agitazione.

Velocemente Reiner combatté contro il proprio istinto, il quale gli stava sussurrando all'orecchio di darsela a gambe in qualsiasi direzione possibile, a caso, preso dal panico come pochi altri.

Era un medico, non un soldato. Per quanto avesse ricevuto un addestramento di base all'accademia, il suo ruolo era quello di curare, non di combattere improponibili mostri di qualsivoglia pianeta.

Nella propria testa i pensieri si accavallarono, iniziando a galoppare celeri, quasi indipendenti, come avessero vita propria.

Si chiese da dove venisse quella sottospecie di animale, di "cosa", di...mostro.

Aveva davvero importanza?

Scacciò quel pensiero con la stessa velocità con il quale si era manifestato, facendo mente locale, per cercare di visualizzare la mappa della nave, come l'avesse avuta davanti.

Realizzato il percorso da seguire, iniziò a sgattaiolare pian piano lungo la parete, seguendo il ponte C-3 per tutta la sua lunghezza, pregando che l'essere non lo trovasse.

Arrivato all'imbocco con il compartimento centrale, vide che la porta automatica era aperta e sembrava non avere la benché minima intenzione di chiudersi. Come molte altre, doveva essersi rotta quando il sistema centrale era stato danneggiato e, guardandola più da vicino, era possibile notare dei cavi fuoriuscire dalla parete metallica che di norma la conteneva.

Tuttavia non fu solo quello a rapire lo sguardo di Rainer, il cui sangue quasi si cristallizzò nelle vene per il macabro spettacolo a cui stava assistendo.

Al di là della porta, infatti, sorgevano un anello esterno dal quale era possibile svicolare per gli altri comparti, e la sezione centrale, contenente la sala di comando. Nessun ostacolo si frapponeva tra lui e quest'ultima e da dove si trovava poté vedere la creatura intenta a divorare parte dell'equipaggio.

Il corpo scuro, scheletrico, quasi come fosse stato un grande felino dalle dimensioni ancora maggiori, sembrava più muscoloso solo nella parte superiore, all'altezza delle spalle. Le quattro zampe, che poggiavano a terra, dovevano essere munite di artigli affilati, con la quale stava tenendo fermo un cadavere. In esso, la testa ovoidale nascondeva una mascella forte, rinforzata ai lati da piastre metalliche, visibili da diverse angolazioni, con una serie di zanne altrettanto letali.

Fortunatamente, Rainer aveva notato in precedenza che la creatura non possedeva occhi, almeno in apparenza, quindi suppose dovesse avere un ottimo olfatto e un altrettanto sviluppato udito. Un passo falso e il medico sarebbe stato divorato vivo.

Eppure la vista di quella scena raccapricciante gli bloccò le gambe, come fossero diventate di pietra all'istante. Non era la prima volta che vedeva un cadavere e non aveva nemmeno una naturale avversità per il sangue: sarebbe stato stupido con il lavoro che faceva.

Eppure, vedere gli occhi vitrei spalancati di un uomo con il quale aveva parlato fino a poche ore prima, mentre il suo corpo veniva fatto a pezzi sotto ai suoi occhi, gli stimolò un conato di vomito. Istintivamente portò le mani alla bocca, dovendo trattenersi.

L'odore di morte era palpabile, così come era udibile lo scricchiolio delle ossa rotte sotto al peso della creatura, la carne smembrata, dilaniata in più punti per poter essere definita "pasto" da essa.

Ancora una volta il panico si fece spazio nella mente di Rainer, sgomitando con prepotenza nel suo cuore e nel suo cervello, senza dargli la possibilità di ragionare lucidamente.

Sarebbe morto.

Percepì il fiato della creatura sul collo, il suo masticare senza difficoltà delle ossa tanto fragili, fracassando ciò che aveva durezza maggiore, per lasciare le parti tenere, come gli organi interni, per ultime.

Rainer fu certo che i propri capelli grigio argento si sarebbero schiariti ulteriormente, a causa dello shock.

Un frastuono indescrivibile andò ripetendosi nella sua testa, come un suono metallico che tuttavia il medico non era sicuro esistesse davvero.

"Niente allucinazioni. Niente allucinazioni" continuò a ripetersi nella testa, cercando di recuperare quel briciolo di sanità mentale che gli era rimasto.

Nonostante le proprie suppliche, il suono non smise, rimbombando sottilmente, distante, come fosse procurato da un corpo contundente, forse. Bastò a far voltare la creatura scheletrica: il corpo scuro dai muscoli tesi rimase in attesa, come in ascolto, pur non avendo apparenti appendici auricolari sporgenti. Doveva avere orecchie simili agli uccelli terrestri, come piccoli buchi sulla testa che comprendevano l'anatomia auricolare all'interno, ma al momento quella non era la maggior preoccupazione di Rainer, ancora appiccicato al muro, tremante come una foglia.

Quel "dannato affare" avrebbe potuto avere le orecchie anche nel didietro per ciò che gli importava, tanta era la sua preoccupazione! No, la cosa fondamentale da tenere in considerazione in quel momento era il fatto che il suono distante avesse attirato l'attenzione del mostro che, istintivamente, si era voltato verso il punto da cui proveniva. Alla destra di Rainer, nella sua stessa direzione, per essere precisi.

Quindi il medico cercò di ragionare il più in fretta possibile, per evitare di essere percepito, sebbene non avesse nulla a disposizione per nascondere il proprio odore o i rumori provocati dai suoi stessi movimenti. In fondo, lui non era altro che un umanoide medio come molti altri: non possedeva speciali caratteristiche fisiche che gli consentissero di muoversi silenziosamente o altro, anzi, la capacità di poter vedere i flussi energetici, così come il sistema circolatorio e quello linfatico degli esseri viventi, già erano abilità sufficienti per la sua razza!

Tentò di inventarsi qualcosa, cercando nel muro metallico un qualsiasi anfratto che avesse potuto consentirgli di nascondersi e, con sua enorme sorpresa, vide che una griglia di aerazione era stata quasi del tutto smontata. Delle quattro grosse viti che la tenevano ferma, due erano saltate e una terza pendeva pigramente, ancora inserita nel buco, senza tuttavia apparente presa solida.

Nonostante il rumore stesse continuando, al momento, ciò che premeva maggiormente il medico era trovare un nascondiglio adeguato. Quindi in un tempo a detta sua infinito, in realtà limitato, si gettò sulla grata, facendo saltare anche la terza vite.

Non fu difficile per la creatura realizzare l'accaduto, confermando i propri sospetti: c'era qualcun altro ancora vivo. E quel "qualcun altro", sfortunatamente per lui, era ancora intento a cercare di togliere l'ultima vite della griglia, tirando come un ossesso, preso dal panico.

In genere Rainer sapeva mantenere il controllo, per quanto riguardava il suo lavoro e il dover soccorrere i pazienti rimasti feriti durante le varie missioni all'esterno o sui pianeti che avevano visitato, ma quella situazione era diversa.

La creatura doveva aver percepito il rilascio di ormoni, l'adrenalina a mille avrebbe potuto essere percepita da qualsiasi creatura nel raggio di almeno venti metri, quindi il ragazzo avrebbe dovuto sbrigarsi. Tirò come un pazzo nel tentativo di togliere anche l'ultima vite, fin quando non realizzò il proprio errore e decise di cambiare sistema, mentre nell'aria riecheggiava il ringhiare acuto della creatura, ora intenta ad avanzare verso di lui.

Non c'era tempo per altri errori, se Rainer avesse voluto sopravvivere. Quindi fece ruotare la griglia verso l'alto, aprendo il passaggio dietro di essa, seppur questo non avesse esattamente un bel aspetto.

Sebbene fosse stretto e pieno di polvere accumulata durante i viaggi, il medico non aveva certo il tempo per lamentarsi, dovendo svicolare all'interno, in tutta fretta. Infilò le gambe con una celerità incredibile, facendo scivolare il resto del corpo contro la superficie metallica del condotto, che stava rimbombando a causa dei balzi della creatura.

Non ci avrebbe messo molto a raggiungerlo, poco ma sicuro, quindi Rainer tentò di rintanarsi all'interno del condotto il più in fretta possibile, scivolando con i piedi, data la superficie liscia, potendo percepire il proprio battito cardiaco come avesse avuto il suo stesso cuore in mano.

L'ansia, dettata dalla paura e dalla sensazione di pericolo, non lo aiutò a ragionare lucidamente, ma l'istinto gli fu sufficiente per correre ai ripari in fretta, pronto a richiudere la grata ora davanti a sé, se non fosse stato per la celerità del mostro. Con un balzo, infatti, gli fu davanti, e con una zampata ben assestata fece saltare grata e vite, rompendone l'unico lato ancora saldo, fino a pochi istanti prima.

Da quell'angolazione Rainer poté vedere il muso ovoidale della creatura come mai prima d'ora. Ringraziò l'assenza di occhi che, se non altro, lo aveva aiutato a non essere visto, tuttavia quando vide la bocca spalancarsi nel tentativo di afferrarlo, dopo essere stata inserita nel condotto, non riuscì a trattenere un grido.

Ritrasse la testa e la parte superiore del corpo in fretta, senza azzardarsi ad allungare un braccio nel tentativo di scacciarlo, sia mai che lo avesse preso. Con quelle zanne acuminate sarebbe bastato un morso per ritrovarsi senza arto.

Dominato dalla paura e dal panico, Rainer quasi dimenticò il rumore in sottofondo, crescente, sebbene coperto dai latrati e dal ringhiare della creatura, ora a pochi centimetri da lui, ma entrambi si soffermarono ad ascoltare quando un boato risuonò nel corridoio.

Ci fu uno scoppio, poi il lato opposto del corridoio, rispetto a dove Rainer e la creatura si trovavano, esplose, formando un buco dalle dimensioni notevoli. Subito, l'aria proveniente dall'esterno tentò di risucchiare qualsiasi cosa nel raggio di qualche metro e tutto ciò che non era saldo al pavimento o alle pareti, iniziò a prendere il volo.

A causa della forte pressione, anche il mostro dovette tenersi con gli artigli al pavimento, ma Rainer ebbe difficoltà a trattenersi dal non essere risucchiato fuori dal condotto. Se avesse mollato la presa, sarebbe stato sbalzato fuori e la creatura lo avrebbe divorato, o peggio, sarebbe stato risucchiato nel vuoto cosmico. Morire per congelamento nell'universo, tuttavia, sembrava meglio che essere divorati vivi.

Stremato, ancora scosso dagli avvenimenti e in preda al delirio di chi sa che la sua fine è vicina, Rainer fu sul punto di lasciare la presa. Tutto attorno a lui aveva perso di significato e all'improvviso la morte non sembrava poi così male, se solo lo avesse aiutato a trovare pace.

Tuttavia una voce lo riportò alla realtà. Una voce maschile e fin troppo sarcastica.

"Chiudi quel fottuto buco, cazzo!"

Mai imprecazioni furono tanto capaci di rincuorare il medico, grato per non essere più solo.

L'ennesimo suono, questa volta rapido e conciso, venne seguito dall'improvviso arrestarsi dell'aria, facendo tornare tutto alla normalità, o quasi. La pressione era tornata stabile, ma il mostro doveva essere ancora lì, poco ma sicuro.

Quindi Rainer tentò di sbirciare fuori dal condotto, rimanendone comunque nascosto all'interno e ciò che vide lo lasciò basito. Di fronte a sé, infatti, sostava una persona, di cui lui riuscì a vedere solo i vestiti blu scuro e il braccio teso, un'arma impugnata in direzione della creatura.

Il medico non riconobbe il tipo di arma, capendo solo che doveva trattarsi di una pistola o qualcosa di simile e la cosa venne confermata quando l'altra persona sparò al mostro, visibilmente furioso, ancora intento a ringhiare. Dalla pistola fuoriuscì una capsula che andò a piantarsi nella pelle del mostro, rilasciando scariche elettriche sufficienti a stendere una qualsiasi creatura della sua stazza.

In meno di qualche secondo, la creatura cadde a terra paralizzata, strappando un sottile sorriso al medico.

Si sentiva grato nei confronti di chiunque lo avesse salvato e poté finalmente tirare un sospiro di sollievo, sentendosi al sicuro. Avrebbe dovuto ringraziare il suo soccorritore, si sarebbe sdebitato fino alla fine dei suoi giorni, se necessario, ma soprattutto avrebbe dovuto chiedere un passaggio, dato che non sarebbe stato in grado di pilotare la nave da solo.

Quindi si decise a uscire dal condotto, mentre in sottofondo poté sentire due persone bisticciare come non mai. O almeno due persone era ciò che si sarebbe aspettato.

"Ti avevo detto di essere veloce! Che ti tengo a fare sulla mia nave, se sei così lento?!" sbraitò un ragazzo dai capelli rossi, quello vestito di blu.

"Sono stato veloce, non mi tediare, sottospecie di serpe nei panni di un umanoide! Se ci tieni tanto, la prossima volta fattelo da solo!" rispose una creatura antropomorfa dal candido manto bianco, eccezion fatta per alcuni punti.

Ciò che si palesò davanti agli occhi del medico erano infatti due umanoidi dall'aspetto bizzarro, a partire da quella sottospecie di piccolo volpino bianco, con l'interno delle orecchie blu elettrico e gli occhi gialli. In alcuni punti del corpo quali la punta delle orecchie o la terminazione delle zampe, era presente del nero, così come delle chiazze a forma di stella sulla coda vaporosa.

Certo, non a tutti era consentito di vedere di persona una "volpe cosmica", esseri dotati di natura dispettosa, dediti al furto e alle attività di dubbia natura legale, ma non fu solo quell'essere a far raggelare il sangue nelle vene di Rainer.

Gli esseri antropomorfi erano difficili da trovare, soprattutto quelli naturali e non geneticamente modificati, come quella piccola volpe, ma ancora più raro era il ragazzo dai capelli rossi che sostava di fronte a lui.

Raccolti in un caschetto corto, con una stretta coda lunga sulla parte posteriore, gli occhi tanto chiari da non poter quasi essere esposti alla luce del sole, quello doveva essere per forza un braxiano. Umanoidi dotati di capacità uniche, come il poter dislocare e piegare le loro ossa flessibili a proprio piacimento, per potersi infilare nel più piccolo degli anfratti, essi disponevano anche di zanne velenose all'interno della bocca, capaci di uccidere un uomo con un solo morso. Dichiarati quasi estinti, c'era un motivo per cui qualsiasi essere senziente nell'universo li temeva: erano considerati i migliori assassini in assoluto.

Rainer fu sul punto di svenire. La gola gli si seccò all'istante, le gambe gli si fecero molli e il cuore tornò a galoppare come avesse visto la cosa peggiore che avesse potuto capitargli. Perché di fatto era così.

Il rosso avrebbe impiegato un secondo a ucciderlo, se solo avesse voluto, ma con enorme sorpresa del medico, gli rivolse uno sguardo perplesso, a tratti confuso.

"Sei l'unico ancora vivo su questa nave?" chiese il braxiano.

Rainer impiegò qualche secondo a realizzare la domanda, dovendo mettere a fuoco ciò che stava accadendo, frastornato dal susseguirsi degli eventi. Non riuscì a resistere: svenne pochi secondi dopo, senza nemmeno riuscire a rispondere alla domanda.

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