Il gioco delle tre carte - Melody


Lalande 5, quello il nome della stazione spaziale in cui l'astronave approdò dopo diversi giorni di viaggio. O almeno questo è ciò che io ricordavo, dato che non avevo avuto la possibilità di capire bene quando giorno e notte si erano alternati, il più delle volte.

La verità era che nello spazio tutto era relativo: luce e buio, la durata del tempo, che variava a seconda del sistema utilizzato per misurarla sui vari pianeti e una serie di altri fattori.

Ma finalmente sarei stato libero da ogni vincolo e avrei avuto la possibilità di dare sfogo alle mie abilità, pronto per una nuova avventura.

Cercai di non dare troppo peso alle parole dell'anziana signora incontrata al bar della nave, colei che mi aveva fornito una serie di prospettive con una serie di carte tra cui avevo scelto e che mi erano state rivelate con annesso significato. Noioso, oserei dire.

Non potrei nemmeno dire se quell'incontro fortuito fosse avvenuto davvero o se, preda di un tedioso viaggio senza fine sulla maestosa Ekpyrosys, avessi iniziato ad avere le allucinazioni. O meglio, il mio singolare sistema nervoso avesse iniziato ad averle.

Poco importava, dal momento che ora io e gli altri componenti dell'equipaggio saremmo scesi senza troppe attese, poiché l'attracco era ormai giunto al termine e il portellone fece per aprirsi, inondandoci con una serie di odori e colori che potemmo vedere non appena la luce si fu stabilizzata.

Tutto negli spazioporti brillava di luce propria: come un puntino singolo nell'infinità del gelido universo, torcia di luce che avrebbe dovuto fungere da punto focale in un buio quasi assoluto, contornato da stelle distanti migliaia di chilometri. E quello stesso puntino luminoso si era rivelato poi brulicante di vita, di creature ed esseri viventi dalle più disparate forme, provenienti da galassie vicine o lontane, solo di passaggio o lavoratori stazionari, ma tutti in fervente attesa.

Ai lati delle candide strutture, infatti, perfettamente lucide e disinfettate, vi erano genti da ogni dove, tutte accomunate dall'attesa, con le espressioni più variegate a dipingere i loro volti o altre zone del corpo, a seconda di dove si fossero trovati i loro organi espressivi.

Meraviglioso, ecco il termine giusto.

Quello sarebbe stato il terreno perfetto per l'inizio di un'avventura e, allo stesso tempo, un'area di caccia che mi avrebbe permesso di trovare il miglior offerente. Tutto ciò che mi sarebbe servito, era un alibi.

Viste le mie abilità e il mio carisma, però, non sarebbe stato così difficile. Tutto ciò che avrei dovuto fare era osservare in giro per qualche istante e poi mettermi a suonare.

Il primo obiettivo era capire quante creature sorde ci fossero nella stazione, come sempre. Per me quella ricerca rappresentava sempre un'eccitazione impalpabile e inesprimibile, dettata anche dal fatto che nessuno avrebbe potuto leggere i miei pensieri.

Inespressivo, ligneo, oserei dire, nei secoli ero riuscito a mimetizzarmi tanto bene da risultare reale, assumendo la forma più consona al mio scopo dell'epoca, che tuttavia mi si era ritorta contro nel tempo, rivelando quindi il vero me stesso solo in circostanze straordinarie.

Quindi iniziai la mia ricerca, eccitato come un bimbo la mattina di un Natale terrestre, allungando le mie spire invisibili tra la folla, incantando i più con infrasuoni percepibili e non percepibili allo stesso tempo, a seconda della creatura che li avesse uditi.

I terrestri erano sicuramente i più semplici da raggirare, data la loro assenza di poteri magici o di abilità particolari: loro erano suscettibili agli infrasuoni, ma non capivano come gestirli e il loro subconscio li registrava nella mente spacciandoli per eventi paranormali. Sciocchi.

Eppure lì non vi erano solo umani, ma la cosa non si rivelò troppo difficoltosa da affrontare. Mentre alcuni si lasciarono irretire da me e dalla mia presenza, altri, non potendo udirmi, percepirono le vibrazioni, che modulai specificatamente per quelle creature, rendendole affabili, amichevoli e gentili, come la carezza di una persona amata, lo sguardo intimo di chi conosce ogni lato del partner e lo adora senza limiti, il bacio sulla fronte di una madre amorevole.

Non avrebbe avuto importanza chi io fossi stato nella fantasia delle loro fragili menti: tutto ciò che volevo era confondere le acque per trovare un nuovo compagno di viaggio, di avventura, forse di vita e non essere scoperto, una volta terminato il mio lavoro.

Quindi cercai a fondo un luogo dove tutti si sarebbero fermati un istante a guardarmi e, una volta trovato il punto giusto, anche io rimasi in attesa. Quindi estrassi il violino che faceva come parte di me e iniziai a suonare da quel piccolo angolo luminoso, lasciando che la luce mi inondasse completamente, ponendomi al di sotto di un riflettore più che apprezzato.

Sistemato l'arco, tese le corde, assicuratomi di essere in forma smagliante per quella performance, iniziai a suonare, permeando l'atmosfera delle melodie più singolari e, allo stesso tempo, comuni, rasserenando l'ambiente. Chiunque, nella stazione, avrebbe potuto udire il mio essere, la mia gioia e il disperato grido, percepibile solo nel subconscio, di ricerca di qualcuno che fosse abbastanza per me, colui o colei che avesse potuto soddisfare le mie più rosee aspettative.

Qualcuno avrebbe risposto alla chiamata? Dunque infine si sarebbero accorti di me?

Rimasi in attesa, allietando le orecchie e i vari apparati sensoriali delle creature di Lalande 5 per quello che mi parve un tempo infinito, mentre la mia mente inviava segnali di invito, pensieri dolci e fugaci, immagini di puro piacere che avrebbero attirato la mia preda nella trappola senza esitare. Un bambino che rideva, un cane che giocava, essere per lo più sconosciuto ma sempre di buon impatto nelle menti extraterrestri, giocattoli e una serie di divertenti passatempi vennero inviati nell'etere circostante, connettendo le menti, le coscienze nascoste al di sotto della conscia percezione del sé, come un virus invisibile.

Gestire tutte quelle creature contemporaneamente non fu facile, ma ero sempre andato forte con la telepatia e, non per vantarmi, anche con la telecinesi.

Rimasi piacevolmente sorpreso nel notare che, attorno al mio corpo fatto di carne e ossa, da cui mi era stato fatto il dono della vista binoculare, una piccola folla di persone si era radunata ad ascoltarmi con maggior attenzione, mentre l'archetto, mia estensione brachiale, si muoveva avanti e indietro, disegnando note invisibili sulla serie di corde sotto di esso.

I suoni fuoriuscivano senza necessità di impegnarmi: mi bastava immaginarli, pensarli, connetterli a me poiché era di me che essi erano formati, donandoli attorno, nell'atmosfera, come piccoli doni d'addio a coloro che fossero stati sufficientemente arditi da prestarmi conscia attenzione.

Gli strati della mente, per così dire, non erano semplici da capire e mentre alcune creature erano in grado di perepirmi da sveglie, in modo senziente e palpabile, tutte le altre potevano farlo solo in modo subconscio. Che realtà crudele.

Dato che coloro i cui sensi acuiti erano pochi, rimasi confuso nel notare che, fra tutti, solo una piccola bambina era rimasta immobile a fissarmi per tutto il tempo, attratta dalle mie note, ipnotizzata dalla tela di ragno musicale da me creata a regola d'arte. I biondi capelli, le due codine ai lati della testa e le guance rosee la facevano somigliare molto a una terrestre, ma, osservando meglio la sua mente, era chiaro non lo fosse.

Percepii gioia da lei, una gioia folle e immensa, mista a un che di macabro, quasi come se la piccola mi avesse riconosciuto e non avesse desiderato altro al mondo se non me. Il mio modello, la mia postura, ogni cosa di me iniziò a desiderarla tanto quanto lei anelava a me e in breve smisi di suonare, rasserenandola con la mia sola presenza fisica, tangibile.

Lei mi prese per mano e insieme ci dirigemmo verso un luogo più appartato, dove io avessi potuto continuare a lavorare su di lei, sulla sua psiche, facendola mia in ogni senso. Non avrei mai immaginato si sarebbe trattato di un cucciolo, questa volta. Un "bambino", "cucciolo", "infante", qualsiasi termine andava bene per definire qualcosa, o qualcuno, la cui maturazione non era arrivata all'età adulta della sua specie, ma, forse, questa volta sarebbe durata di più proprio per questo.

Raggiunta una zona in ombra, una specie di corridoio inutilizzato dai più, dove di norma passavano solo gli automi addetti alle pulizie, rimanemmo a fissarci per qualche istante e lei mi sorrise.

"Mi desideri?" le chiesi.

Lei annuì.

"Vuoi rimanere con me per sempre?" insistei, facendo flettere le gambe per osservarla meglio.

Il suo sorriso si allargò in modo quasi innaturale per il corpicino che aveva e una serie di denti acuminati fece capolino dalla bocca, mentre lei annuiva.

Io non riuscii a sorridere, non mi era stato fatto il dono di un corpo molto abile nell'esprimersi, ma glielo inviai telepaticamente e lei mi lasciò entrare.

Fu un susseguirsi di immagini l'istante che seguì ed entrambi potemmo percepire la mia coscienza abbandonare il vecchio corpo, per trasferirsi in quello della bambina, che azzannò poi il ragazzo che mi aveva ospitato fino a quel momento. I suoi denti penetrarono la carne e io le intimai di non avere fretta, di attendere il trasferimento prima che la fame avesse avuto il sopravvento sulle sue facoltà mentali.

Conoscevo quella razza di umanoidi dediti a divorare le loro vittime con le bocche dalle dimensioni espandibili, in grado di allargarle a sufficienza perché vi passassero grandi pezzi di carne, che strappavano con i denti aguzzi, senza lasciare altro che pozze di sangue dove il cibo veniva consumato.

Non sarebbe stato un problema vivere in un corpo del genere: ne avevo visti di peggio e ciascuno di loro era stato preda del mio incantesimo che li aveva consumati nel corpo e nell'anima, rafforzando maggiormente il mio spirito e la mia musica. Già, come essere senziente fatto di suoni e vibrazioni, il mio punto debole era costituito dal corpo fisico che avevo plasmato nel tempo fino a ridurmi a un violino dall'aspetto trasandato e, nella mia inesperienza, non avevo calcolato le relazioni interpersonali.

Quello strumento musicale mi aveva attratto sin da quando ero stato lasciato sulla terra secoli fa e mi ero innamorato della magia che quegli strumenti erano in grado di produrre. Tuttavia ero stato sciocco e, nel mio infantilismo, non avevo tenuto conto di fattori più importanti come l'incapacità di avere un volto in grado di formare vere e proprie espressioni.

Avevo peccato nella comunicazione fisica, non verbale, ma fortunatamente la natura mi aveva dotato di altre abilità, come la telepatia, la telecinesi e un carisma notevole, capace di far cadere ai miei piedi chiunque mi avesse ascoltato e così avevo risolto parassitando il corpo di altri. L'universo era silenziosamente caotico e nulla si sarebbe potuto opporre a me dato che il nulla assoluto non esisteva.

La vita era rumore, ogni cosa emetteva suoni: dall'acqua e il fuoco, ai sordi passi delle creature, i versi degli animali, il canto di persone e fauna dell'universo, così come il frinire di insetti, l'assordante partenza di un razzo e perché no, anche lo scricchiolio delle ossa che il mio corpo precedente emise ne venir fatto a pezzi dalla piccola, ormai in mio completo possesso.

Quella fame, ora saziata, mi faceva sentire vivo. Mi aggrappai alla sua mente con tutto me stesso, facendole raccogliere da terra il mio vero corpo non appena lei ebbe finito con gli ultimi bocconi e la bimba poi sorrise, riflettendo il mio stato d'animo.

Quindi, assieme ci voltammo a guardare la stazione spaziale e sorridemmo, certi che saremmo rimasti a suonare la nostra successiva avventura ancora per molto tempo.

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Spazio autore:

Wordcount: 1911 (word) / 2000

Prompt: su WattpadBrividoIT/WattpadAvventuraIT/WattpadMisteroIT

Parole sotto a tre carte di cui non rivelerò il numero: alibi, violino, telepatia

Bene, un'altra one shot è andata XD che dire, quando ho letto le parole l'idea di un essere extraterrestre dalle sembianze di violino che con la sua anima/musica parassitasse il corpo di altri mi è venuta subito alla mente, il resto è venuto dopo. 

Non ho messo il trigger warning perchè non ci sono descrizioni eccessive, ho preferito così per il numero limitato di parole e per lasciare spazio all'immaginazione e lo stesso vale per il titolo...

Nel complesso spero che la storia vi sia piaciuta, liberissimi di dirmi cosa ne pensate hehe ^^

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