Fiamme di Redenzione

Nessuno sapeva come quel libro, il Malleus Maleficarum, fosse giunto nella capitale francese, ma indubbiamente una delle poche copie trascritte e impaginate con attenzione dalla stessa Santa Chiesa, aveva aiutato a seminare il panico per tutta la città.

Come nella vicina Germania stava accadendo, nonché in tutto il continente, le accuse di stregoneria andavano moltiplicandosi come un virus, espandendosi grazie a quel ceppo malevolo chiamato "ignoranza", provocando sintomi quali "tradimento", "dichiarazione del falso", ma soprattutto "paura".

Nessuno era al sicuro, nemmeno a Parigi, poiché come in qualsiasi altro angolo dell'Europa, la Chiesa aveva posto i suoi artigli ben al di sopra della consueta fede, instillando nella popolazione il dubbio, nonché il timore, che il male vagava tra loro. Celato sotto mentite spoglie, infatti, Satana in persona sembrava come tornato dall'inferno stesso al solo scopo di circuire giovani donne per farne spose, schiave, seguaci, capaci di terribili malefici con le loro pozioni e misture, abili nel manipolare il volere altrui, nonché semplicemente impeccabili nell'incantare chi dir si volesse con un solo sguardo.

A farne le spese, chiaramente, era stato il popolo innocente. Che si trattasse di accuse basate sull'invidia, sui giochi di potere tra persone abbienti con uno status sociale notevole o di semplici diffamazioni con un altro secondo fine, non aveva importanza dal momento che io e la mia congrega eravamo al sicuro.

Già, come molti altri in questa città e in questo continente, il mio unico peccato era quello di essere venuto al mondo. Non come uomo, non come cristiano, ma come stregone.

Avevo calcato le vie di Parigi fino a qualche giorno prima, impegnato a raggiungere come al solito la bottega di famiglia, data la nostra fama di abili farmacisti, ma mai e poi mai avrei pensato che qualcuno avrebbe potuto sospettare di noi.

Seppur giovane e ingenuo, nella mia mente si era instillato il dubbio sin dal primo istante poiché sebbene alla gente piacesse puntare il dito a caso contro chi era più benestante di loro, in famiglia vigeva una regola chiave che nessuno avrebbe mai infranto a costo della vita, proprio a causa dei tempi che correvano: mai rivelare la propria natura. Oh, sapevamo benissimo di essere braccati come bestie selvatiche nel bosco, quindi non avrebbe avuto senso mettersi in pericolo di proposito, mettere il proprio egoismo davanti al bene della famiglia, nemmeno in casi estremi.

In fondo nessuno di noi soffriva la solitudine poiché la congrega era la nostra famiglia sin dai tempi antichi.

In tutto ciò, Satana si poteva dire non c'entrasse nulla. Meno di zero e più di infinito, per così dire, poiché come la tanto amata Chiesa predica la sua fede senza aver mai potuto tastare di propria mano l'esistenza di Dio, allo stesso tempo non si aveva una certezza della presenza del Maligno. In alcune occasioni erano stati avvisati miracoli dalle testimonianze improbabili, nonché stregonerie dalla veridicità discutibile, spesso confermate dalla comune popolazione ad un solo scopo: evitare la forca. Il rogo in fondo faceva paura a tutti e io, così come i miei fratelli e sorelle, eravamo convinti che seppur chiunque avesse potuto avere una propria teoria in merito, per ciò che concerneva la fede, a Dio o a Satana a scelta, non tutto ciò che veniva raccontato aveva un vero fondamento.

Semplice logica, nulla di più, nulla di meno. Ovviamente io stesso avevo lacune sotto diversi aspetti, ma non mi capacitavo di come o del perché le nostre usanze venissero associate a un male simile. La mia famiglia si era sempre occupata di miscele ed erbe che aiutassero le persone a stare meglio, quindi perché qualcuno aveva messo in giro la voce che era Satana a guidarci? Nessuno nella mia famiglia mi aveva mai parlato di un Signore Oscuro, di un Maligno o di una creatura simile a cui dover sottostare indiscutibilmente, dunque non mi capacitavo di come la Chiesa avesse potuto inventare una cosa simile.

"Hanno paura, Jean. Non conoscono i nostri metodi, quindi ci temono, mettendo in giro voci false sul nostro conto e sul nostro operato."

Mi aveva detto mia madre, quando ero bambino. La prima volta che l'argomento era venuto alla luce, ingenuamente avevo chiesto per quale motivo la Santa Chiesa ci temesse tanto, dato che loro predicavano la benevolenza, l'accettazione e l'amore verso il prossimo, la fratellanza, ancora più fervida nella nostra patria. Lei si era limitata a sorridere. Un sorriso dolce e gentile, quello di un angelo disceso sulla Terra al solo scopo di condividere il proprio sapere con altri, aiutandoli a stare meglio, a guarire dalle malattie tangibili, poiché per quella più grave di tutte, la stupidità, non c'era cura e ancora non ci sarebbe stata nei secoli a venire.

Un sorriso che non avrei mai più rivisto.

Mia madre infatti, così come gran parte della congrega, era stata arsa sul rogo qualche mese prima della mia rinnovata intenzione di rivolta, se così la si poteva chiamare. Grande abbastanza per poter lavorare, non a sufficienza per vivere da solo, i monaci erano stati tanto caritatevoli da accogliermi tra le loro mura, facendomi la grazia di poter vivere sotto a un tetto anziché all'aperto, donandomi un pasto caldo al giorno in grado di rimettermi in forze quanto bastava per potermi alzare e uscire dal monastero alla ricerca di qualche spicciolo, forse un lavoro sottopagato, in condizioni igieniche pessime. Della congrega era rimasto ben poco e anche quei pochi membri scampati al rogo avevano bisogno di un periodo di pace, non sarei mai potuto piombare lì su due piedi a chiedere asilo come un mendicante squattrinato.

Io li capivo, potevo percepire il loro dolore. Mia madre, così come mia nonna e sua madre prima di lei erano stati onorevoli membri della congrega e così lo sarei stato io. Non avrei mai potuto essere tanto egoista da esporli al pericolo, qualsiasi esso fosse. Se per proteggerli avrei dovuto nascondermi tra le mura di un monastero, così avrei fatto fin quando non si sarebbe presentata una nuova occasione.

Occasione che si presentò non troppi mesi dopo. Era stata la Gran Sacerdotessa a raggiungermi al monastero, confidandomi di aver in serbo nuove disposizioni per la rinascita della congrega.

Non sarebbe stata un'impresa facile, ma la mia presenza lì era di fondamentale importanza poiché ciò che andavamo cercando si trovava proprio nello stesso luogo, a qualche metro rispetto a dove io avevo mangiato, dormito e respirato negli ultimi mesi.

Lei era una donna qualsiasi agli occhi del volgo, intratteneva ottimi rapporti con i monaci e la Santa Chiesa allo scopo di essere sempre una mossa avanti a loro. Questo era il nostro compito, sia come adepti, che come veterani, ma non eravamo certo mossi da Satana in persona.

La questione era ben più semplice: la Chiesa ci aveva dichiarato una guerra spietata, fatta di roghi in piazza e carneficine nascoste dalla luce del sole e noi dovevamo proteggerci. La nostra magia, quella della natura e degli astri, non avrebbe potuto nulla contro di loro poiché seppur dotati di poteri magici, non eravamo onnipotenti. La stregoneria non era ciò che veniva descritto dai testi sacri e nemmeno ciò che veniva raffigurato nell'arte dell'epoca. Era tutta una questione di spirito.

Quel giorno incontrai la Gran Sacerdotessa nel cortile e lei mi sorrise come sempre. Era stata la nostra vicina di casa per anni, quindi nessuno si sarebbe insospettito nel vederla lì, a preoccuparsi per un orfano.

Dopo avermi chiesto come mi sentissi, andammo a sederci su una delle panchine del giardino e lei spiegò con minuzia ciò che avrei dovuto tenere a mente.

"Non dare l'impressione sbagliata, limitati a sorridere quando riesci, disperati quando devi, ma soprattutto rimani nel posto giusto al momento giusto" iniziò. Quindi sospirò.

"Abbiamo impiegato qualche mese, ma infine siamo riusciti a scovare la sua ubicazione. Il libro che la Santa Chiesa protegge con parsimonia si trova in questo luogo, è nascosto al pubblico." annuì. "Non sappiamo di preciso dove sia, ma non metterti in pericolo inutilmente, sai bene anche tu che il tomo non è necessario, contribuisce a far scena..."

Proprio così. Trovare il libro avrebbe significato molto per noi, ma distruggerlo non ci avrebbe dato più potere e nemmeno restituito i nostri cari.

Quella notte rimasi sveglio, dopo aver ben articolato non solo una serie di pensieri, ma anche un ottimo piano, nella mia testa.

"Sai esattamente dove si trova, te lo ha detto la Gran Sacerdotessa. Il Malleus Maleficarum. E' in una stanza del monastero, adiacente a quella dove torturano le povere donne accusate di essere le spose del demonio." sussurrai.

Streghe. Ecco come le chiamano. L'unica loro colpa è essere donne e saper usare i doni della natura come loro non sanno fare; esprimere ad alta voce quel che tutti pensano, ma nessuno dice.

Loro lo fanno. E muoiono.

Ma io conosco la verità! Mia madre era una di loro, mia nonna lo era, ad anche la nonna di mia nonna. Quando mia madre è stata bruciata, i frati mi hanno accolto fra loro, per salvare la mia anima.

"Ma io sono come loro e non voglio essere salvato. Sono loro che voglio salvare e lo farò stanotte..."

Tutto ciò che desideravo era salvare la mia gente. Mezza congrega era stata messa al rogo, mentre altre donne innocenti si trovavano nella sala delle torture, accusate più o meno ingiustamente di stregoneria, nonché di strani patti con un'entità caprina di cui nessuno aveva mai potuto accertarne l'esistenza. Così come del divino, siamo coerenti. Nessuno di noi avrebbe mai potuto dichiarare pubblicamente di non essere un credente cristiano, era un'eresia. Ma io ero nato in un contesto differente rispetto agli altri, la mia famiglia era di streghe e stregoni da generazioni, quindi era normale che fossi un po' scettico. O quantomeno avessi un punto di vista diverso rispetto a quello della Santa Chiesa.

Quindi ciò che sorgeva spontaneo da chiedersi era: la mia anima sarebbe stata salva in quel luogo? Io non credo. Quel luogo fatto di anime pure e preghiere benevole in apparenza, non era altro che una carneficina fatta di paura e di ignoranza nascoste alla luce del sole. E più la luce si faceva intensa, più il buio affilava gli artigli all'insaputa dei poveri agnelli smarriti, che venivano messi alla forca come omaggio sacrificale. A chi? A Dio? Lui era davvero così sanguinario da volere la morte di migliaia di innocenti? Per cosa, poiché la stregoneria, quella vera, si basava sui principi della natura e della bellezza in essa contenuti, al solo scopo di guarire chi ne aveva bisogno?

Le parole di mia madre non mi furono mai tanto chiare. "Ci temono. Hanno paura." Di noi, sì, dell'ignoto e del diverso, di ciò che non potevano controllare con le loro mani.

Mi alzai quindi alla svelta, raccogliendo il necessario affinché il mio piano andasse in porto. Legai la cintura portaoggetti alla vita, assicurandomi di fare il minor rumore possibile, sgattaiolando rapido tra i corridoi, infilandomi nelle rientranze delle pareti in pietra che odoravano di muffa e di stantio.

Da quella posizione vidi un'iscrizione posta al centro del corridoio, al di sotto di un dipinto che ritraeva l'ennesima scena cristiana con tanto di redenzione e salvataggio dell'anima dal peccato e potei leggere ciò che i caratteri recitavano.

"Mesdames et messieurs, approchez de l'action

Mesdames et messieurs, approchez de l'action
Et venez écouter la dernière confession"

O qualcosa di simile, poiché non ero molto bravo a leggere. Mia madre mi aveva insegnato quanto bastava per sopravvivere e per evitare i guai.

Il cuore mi batteva all'impazzata, ma ormai avevo deciso. Non volevo essere salvato poiché nella mia mente la salvezza non esisteva. Non quella che la Santa Chiesa proponeva almeno.

I monaci non erano famosi per le le loro passeggiate notturne, più abituati alla levataccia dell'alba piuttosto che altro, quindi mi fu semplice evitare quelle due guardie di ronda che normalmente pattugliavano i corridoi. Non c'era nulla da nascondere in un monastero, almeno in apparenza, quindi la sorveglianza era ridotta. Ciò almeno finché non giunsi davanti all'entrata della sala delle torture, situata in un lungo corridoio in cui era visibile una porta anche sull'altro lato. Quella doveva essere la sala in cui era nascosto il libro.

Attesi il cambio della guardia per sgattaiolare verso una rientranza che mi avrebbe celato alla loro vista e rimasi in religioso silenzio il tempo necessario affinché un altro uomo prendesse il posto del precedente. Attesi ancora e una volta certo che fosse l'unico presente nel raggio di metri, estrassi dalla sacca alla cintura una polvere bianca, che soffiai su suo viso. Subito l'uomo si addormentò, scivolando a terra con leggerezza, quasi come se fosse la più naturale delle cose o lui stesso avesse programmato di farlo. Le polveri della Gran Sacerdotessa erano superlative!

Quindi sgambettai velocemente nella sala, più concentrato a non fare rumore che altro, tant'è che controllai che non ci fosse nessuno all'esterno, dando le spalle alla sala, silente.

Quando mi voltai dovetti trattenere un urlo. Il fetore del sangue che sporcava il pavimento e parte delle pareti era insopportabile, tanto che assieme alla voce, trattenni anche un conato di vomito. Sembrava non esserci anima viva. Non un singolo respiro, non un flebile lamento. Finchè non mossi i primi passi in avanti, tastando il terreno. Il buio era assoluto, quindi decisi di utilizzare l'ennesimo trucco da mago da quattro soldi, poiché quell'incantesimo era in grado di eseguirlo anche un bambino. Estratto un cristallo di luna, lo sfregai su una sostanza anch'essa ricevuta dalla Gran Sacerdotessa e subito una minuscola luce fece capolino dalla punta del cristallo.

Per poco non svenni.

Accanto a me era sistemato un tavolino sul quale erano appoggiati arnesi metallici dalle forme più disparate e dai molteplici impieghi. Qualcuno doveva servire a mutilare e segare, qualcuno probabilmente andava inserito in vari orifizi per poter produrre danni tali da invocare la morte a gran voce. Il tutto ricoperto di sangue.

Quando mi accorsi dell'unica superstite tra un ammasso di cadaveri poco distante, il respiro mi si strozzò in gola e i brividi mi percorsero la schiena. Aveva un aspetto orribile. Denudata, martoriata dalle percosse e dalle escoriazioni, mi fissava con due occhi vuoti, allibita. Era rannicchiata in un angolo della pila, probabilmente uscita di senno per ciò che aveva subito e aveva dovuto vedere. Le mancava un orecchio, a guardarla bene, ma era solo una delle tante sporgenze di cui era sprovvista.

La fissai per secondi interminabili. Un fantasma in mezzo alle carcasse, ecco cosa sembrava. Persa, sola, abbandonata.

Non era una strega, non faceva parte della congrega e che io sapessi non esistevano streghe o stregoni solitari, sarebbe stato troppo rischioso. La testa iniziò a girarmi e ben presto mi resi conto che non sarei potuto rimanere in quel luogo tanto a lungo. Il tanfo di sangue e morte era insopportabile e sembrava esserci solo quella donna tra i superstiti. Avevo fallito la mia missione di salvataggio?

Poi mi venne un'idea. Se il Malleus Maleficarum era il libro da cui la Santa Chiesa attingeva per le torture, mi sarebbe bastato rubarlo e distruggerlo. Mi mossi ancora prima di finire di pensare, tanto erano insopportabili quella vista e quell'odore.

Approfittai del fatto che non ero ancora un adulto per sgattaiolare di nuovo fuori dalla sala, infilando in tasca il cristallo poiché non si sarebbe spento a comando. La guardia ancora dormiva, quindi fui rapido a sorpassarla e dopo aver controllato ancora una volta che non ci fosse nessuno, attraversai il corridoio il più in fretta possibile.

Fui rapido e silenzioso come un gatto nel raggiungere la sala, affrettandomi a cercare il libro che non era affatto nascosto come avevo creduto. Qualcuno doveva averlo usato recentemente, ecco perché era ancora lì, in bella vista, nella sua teca di vetro.

Per un istante il cuore mi si fermò. Se lo avessi distrutto, avrei risolto parte dei problemi della mia gente e prima che me ne accorgessi le mie mani erano dentro la teca, avvinghiate al libro. Di fretta lo posai sull'unico tavolo presente nella stanza e senza pensarci due volte cercai nella borsa alla cintura, trovando ciò che mi serviva.

Il mio corpo si mosse da solo, afferrando l'acciarino che avevo portato con me, forse pensando a quell'eventualità. Il fuoco avrebbe divorato ogni cosa, me compreso, se ne avesse avuto l'occasione. Quello era ciò che volevo. Distruggere ogni cosa in quel luogo, distruggere i loro falsi ideali costruiti sui cadaveri e sulla morte di migliaia di innocenti.

Una volta creata la fiamma, il resto fu semplice. La carta prese fuoco a una velocità incredibile. Non era abbastanza per me, volevo di più. Iniziai a dare fuoco a tutto ciò che trovavo, dalle tende ai tappeti, qualsiasi cosa sarebbe andata bene e non mi preoccupai di uscire o di mettermi in salvo, anzi, sbarrai la porta per essere certo che nessuno sarebbe riuscito a entrare.

Il fumo si propagò in men che non si dica e dopo pochi istanti iniziai a chiedermi se stessi facendo la cosa giusta. Mi rassegnai quasi subito, mettendomi l'anima in pace.

Avevo fatto una scelta, quella di salvare la mia gente, il resto non importava. Stremato, mi sedetti a terra, attendendo la morte, sebbene sapessi che il fumo mi avrebbe rintontito prima. Quindi ero destinato a morire come mia madre? Infine le fiamme erano davvero il destino di una strega? Che destino crudele.

Rimasi immerso nei miei pensieri finchè non abbassai lo sguardo, notando una botola laddove le fiamme avevano mangiato il tappeto. Forse, in fondo, avevo ancora una speranza.

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