~Capitolo 6~
Non c'è la faccio, mi scoppia la testa. Cosa devo fare? Devo scegliere i miei poteri o la mia vita? Toglierli dal mio corpo vivendo una vita da normale ragazza americana o tenerli vivendo una vita di pieno inferno non conoscendo il mio passato e neanche cosa accadrà fra tre anni. La gente avrebbe scelto di toglierli i poteri al mio posto ma, io non sono la gente, non sono gli altri. Sono solo un po', diversa... Vorrei ancora vedere mia madre, abbracciarla, accarezzarla e sapere chi è il mio vero padre. Avvolte non mi sento affatto nata sulla Terra, mi sento un pesce fuor d'acqua, una rosa nera in mezzo a un campo di rose rosse.
Proprio per questo devo cambiare, fisicamente. Voglio essere come ogni persona, libera di esprimere al mondo ogni sua emozione e non schiava dei suoi poteri.
Mi alzo dalla branda e vado verso la porta.
"EHI!" Dico urlando dalla mia cella.
"Cosa vuoi ragazza?" Dice uno delle guardie.
"Portatemi da Kratos. Ho preso una decisione" Dico con tono autorevole.
**
"Hai fatto bene, Ravén. Una decisione molto astuta" dice Kratos tenendomi le spalle.
"La decisione di togliersi i poteri è una bella mossa. So come ci si sente ad avere poteri del genere e non saperli gestire" dice voltandosi verso di me.
"Ci vorrà un po' di tempo ma toglieremo i tuoi poteri, uno per uno" dice aprendo una porta di vetro. Obbligata a seguirlo entro.
"Questo è il laboratorio" aggiunse mostrandomi l'intera stanza arricchita da strane armi, microscopio, ampolle di ogni grandezza, bombole d'ossigeno etc...
Tolgo il cappuccio dalla testa.
Oltre me e Kratos ci sono anche degli uomini in divisa blu con molti distintivi e altri in camice.
"Devi entrare in questa vasca di vetro piena d'acqua tiepida. Ti aiuterà Steven a indossare il tubo per l'ossigeno" dice mostrandomi lo stesso ragazzo dell'infermeria.
"Steven" si avvicina a me con una mascherina ed un tubo. Mi aiuta a mettere l'elastico della mascherina dietro la testa.
"Perché i tuoi poteri?" Dice Steven fissandomi negli occhi. Non gli rispondo perché ha già messo il tubo nella mia bocca.
"Ora sdraiati nella vasca di vetro delicatamente. Farà molto male quindi devi resistere al dolore" dice prima che io entri nella vasca piena d'acqua lasciando gli occhi aperti.
Ai lati della vasca in vetro entrano delle specie di siringhe, molto grandi.
Di colpo il mio corpo viene perforato da aghi: braccia, cosce, polpacci, addome, polsi e spina dorsale.
Il dolore è così forte da non poter muovere neanche un muscolo, posso solo provare a distogliere un po' di esso con la mente.
Il mio primo momento di felicità è stato proprio quando ho conosciuto Dido, lo ricordo ancora. Era impaurito e affamato, ma dopo un paio di carezze ed un pezzo di carne cruda non si staccò più da me, li conobbi la felicità.
Quando mi sentivo triste e malinconica era sempre pronto a sollevarmi il morale, sprizzava gioia e buon umore da tutti i pori ed è ancora tutt'oggi la parte che detesto di più il suo essere così felice e spensierato.
"Kratos non mi ha ancora detto cosa vuole fare della ragazza"
"Non toglieró ora i suoi poteri..."
"Come?"
"Le cancellerò solo la memoria, per adesso. La voglio come mia apprendista nel distruggere tutti gli esseri umani e creare una nuova forma di vita, poi quando avrò finito le toglieró i suoi poteri così che io potrò prenderli"
Queste sono le uniche parole che non mi sarei mai aspettata da nessuno.
Comincio a calciare contro il vetro, staccando alcuni aghi dalle gambe. Inizio a muovermi da una parte e l'altra per far capovolgere la vasca.
Mi alzo di colpo in piedi facendo staccare gli ultimi aghi dal mio corpo.
"Prendetela! Non deve scappare" dice Kratos alle sue guardie.
Le guardi iniziano a scagliarmi contro proiettili e dei blast luminescenti con le loro armi.
Io non faccio altro che schivare o usare la mia magia per catturare oggetti e lancirali addosso alle guardie.
Vedo l'uscita non molto distante da me. Volo verso la porta, ma uno degli uomini di Kratos mi prende di striscio con un proiettile. Questo però non mi ferma. Apro un varco che mi teletrasporta al di fuori della prigione abbandonata.
Corro verso il bosco che circonda l'intera prigione. Sento i passi e gli spari delle guardie alle calcagne. Trovo riparo in una specie di solco formatasi col tempo grazie alla terra e alle radici degli alberi.
"Dove cazzo è andata?"
"Forse da quella parte"
"Se non l'ha troviamo il capo ci fa a pezzi"
"Sbrighiamoci !"
Sento i loro passi sempre più lontani fino a non sentirne neanche il rumore di legni che si spezzano.
Perdo sangue da tutto il corpo, ogni parte perforata dagli aghi perde sangue come fiumi.
Non riesco a stare in piedi, sto barcollando. Mi gira forte la testa e i muscoli tremano come foglie per la troppa profondità in cui gli aghi hanno perforato i muscoli.
Cado a terra, ma qualcuno mi sorregge la testa.
"Ora non possono più farti del male, Ravén"
Vedo una sagoma davanti ai miei occhi ma è sfocata.
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