~Capitolo 25~
Riemergo dall'acqua con prontezza e rapidità, come sé Aaron riuscisse a capire quando io ho bisogno d'aria, o meno.
Respiro con voracità e ingordigia da emettere dei mugolii.
Con la sua presa ben saldata sui miei fianchi, mi porta alla riva facendomi sdraiare sulla sabbia asciutta.
Cala prima la mia testa, e le mie gambe sul terreno e poi il resto del corpo.
Respiro ancora con affanno.
Lascia delicatamente i miei fianchi dalle sue mani calde, e per un momento rimane li a guardarmi non sapendo cosa fare.
Rimane inchinato con la schiena verso il mio viso, mentre i suoi occhi vagano in cerca di qualcosa.
Sospira e stacca il suo sguardo freddo, ma allo stesso penetrante, insieme al suo corpo.
Si sdraia di film ancora a me, e d'improvviso anche il suo respiro diventa corto in cerca di aria.
Osservo il mio addome che con gran velocità si comprime e si rilassa in movimenti irregolari.
Ora io non riesco a parlare e né voglio farlo, perché esse muoiono in bocca, come gelato al sole.
Blackborn si gira verso di me e mi scruta con i suoi occhi, ed ecco che il mio ossigeno scarseggia, non riesco a capire questo suo effetto!?
Per adesso non ho voglia di vedere nessuno, voglio stare da sola, lasciata nei miei pensieri.
Lui sembra capire, perché si alza e se ne va via.
Ed ecco che tutto ritorna alla normalità, non riesco a concepire questo suo drastico cambiamento.
E nemmeno il mio comportamento quando c'è lui.
Di questo suo angolo segreto che mi ha nascosto della sua vita, di quel suo lato oscuro che si nasconde dietro ogni battuta e risata.
Prendo i capelli fra le mie mani e tiro, tiro a tal punto da farmi male.
"AAAAAAAHHHHHH!!!!" Urlo per l'esasperazione e la confusione.
Sento uno strano eco farsi spazio nelle mie orecchie.
Esso viene interrotto da una sequenza di singhiozzi provenienti dalla mia bocca, ma non piango.
Mi giro sul lato destro rannicchiata nel mio mantello zuppo d'acqua.
I singhiozzi diventano quasi un pensiero lontano, ma le palpebre pesanti si fanno sentire, sono calamite attratte dal ferro.
Ed ora sì che mi accorgo che quel ferro è nei miei occhi.
Blackborn P.O.V's
Sapevo benissimo cosa intendeva con quel suo silenzio interrotto dai suoi respiri affannosi.
Non so neanch'io perché l'ho fatto, ma il mio istinto animale mi ha dette di farlo, di mostrargli cosa sono capace di fare.
Mi dirigo verso la mia stanza mantenendo uno sguardo basso verso il pavimento e le mani mentre le tasche dell'uniforme.
Con la coda dell'occhio vedo Càlél poggiato al muro del corridoio con le braccia incrociate e uno sguardo serio.
Che nervi quel ragazzo!
Lo sorpasso senza segnarlo di uno sguardo o saluto.
"Allora?! Come ha reagito Ravén?" dice lui.
Mi blocco e tenendogli sempre le spalle gli dico
"Non sono affari che ti riguardano" dico serio.
"Quando inizierai a crescere BJ?! Arriva il giorno in cui devi smettete di fare il bambino e iniziare a crescere" dice serio.
Stringo la mascella mettendo in evidenzia il mio canino dell'arcata inferiore.
"Sai c'è persino il giorno in cui bisogna smettere di essere superficiali e arroganti ed iniziare a fare la persona che tutti non si aspettano di vedere, cioè diversa" dico con tono di sfida.
Riprendo a camminare verso la mia stanza.
Digito il codice appena arrivo davanti alla porta.
Sospiro e mi avvicino allo specchio, la cicatrice viola dal mio collo è scomparsa.
È stata proprio Rae a togliermi quella cicatrice solo a contatto con le sue mani piccole, leggere e fredde.
E ha ragione! I miei capelli stanno cambiando di nuovo colore, diventando davvero troppo chiari.
La mia metamorfosi dovrebbe essere quasi al completo.
Potrò controllare di nuovo i canini e i miei istinti primordiali da animale assassino, ciò che io chiamo demone.
Solo a rifletterci su quelle parole che mi torturavano le orecchie quando ero bambino, ci soffro ancora adesso.
<<Cara non vedi?! È il bambino più stano, malvagio e con espressione cattiva che noi abbiamo mai avuto!>>
<<Lui è mio figlio! E non lo abbandonerò in un orfanotrofio, perché secondo te lui è malvagio>>
<<Lui per me è un nascituro nero, per me lui è un Blackborn!>>
"Vaffanculo!" urlo dando un pugno sullo specchio.
Esso si sgretola in mille pezzi che fluttuano nell'aria come fiocchi di neve.
Con la parte riflettente rimasta ancora nella cornice la graffio usando le mie nocche ossute e appuntite.
Di esso ora ne rimane solamente le ferite sulle mie braccia.
Tiro dei lunghi respiri prima di perdere interamente le staffe.
Sarà meglio finirla qui oggi.
**
Ravén P.O.V's
~Durante il sogno~
Una brezza di fiori mi porta su un sentiero dalle pietre color viola e blu e il terreno cristallo.
Ai suoi margini ci sono delle comunissime pietre e su ognuna di loro c'è una lucciola che fa giochi di luce.
Mi lascio trasportare dalla beatitudine del luogo.
"Ravén!" mi chiama una voce dolce e melodiosa.
"Ravén sono qui!" mi richiama, è lei, è la sua voce, da quanto tempo non sentivo la sua voce.
"Mamma dove sei?" dico disperata.
"Sono qui!" ed ecco che compare l'eco.
"Corri Ravén sono qui!" aggiunge.
Io inizio a correre disperata in cerca della sua voce.
Eccola li!
In tutto il suo splendore, indossa un vestito lungo bianco ornato da un cinturone in acciaio in vita.
Sulle sue braccia ci sono intrecciate delle Edere velenose.
"Madre!" urlo andandole incontro per abbracciarla.
"Sai che puoi fidarti delle persone che ti stanno accanto, non solo di stessa. Ti voglio bene, tesoro!" dice con tono dolce sparendo fra le siepi.
"No, non andartene già via!" dico scavando nella siepe per incontrare di nuovo io suo viso, almeno una carezza, ma non c'è nessuno, mi sembra un vicolo cieco.
Scavo ancora con insistenza, ma subito dopo le foglie davanti a me si trasformano in lenzuola viola.
Sto cadendo giù in un pozzo senza fine.
Sento una forte pressione comprimermi di più verso il letto.
Spalanco gli occhi e quel posto paradisiaco che c'era prima è svanito in un solo battito di ciglia.
Sussulto e mi metto seduta suo letto avvolgendo le mie ginocchia fra le mie braccia.
Tremo, sia per il freddo che per il sogno, trasformando così le pelle delle braccia in pelle d'oca.
Mi accorgo che il mio tremolio si fa sempre più forte, e solo con uno sguardo agghiacciante mi rimetto in sesto.
Approfondisco i respiri recuperando la pace interiore persa poco tempo fà.
Tutto c'era in quel sogno, pace, tranquillità, serenità, beatitudine, mia madre, ma soprattutto il verde.
Già... Il verde dominava dappertutto, persino sulla pelle di mia madre.
Quando scavavo nella siepe quel colore sembrava quasi uccidermi.
Riusciva a colpirti nel profondo semplicemente con un solo sguardo.
Tutto ciò mi fà pensare a quei suoi occhi, smeraldi.
Riuscivano ad incutere beatitudine e terrore, un terrore piacevole.
Sapevano catturare, prendere tutto con la forza e non lasciare niente a nessuno.
Il suo sguardo ti indica quando sei di sua proprietà o meno.
Ti rapisce, colpisce, è graffiante, accecante, ti uccide, e rinasci.
Mi alzo dal letto titubante e ancora immersa nei miei pensieri.
Ho dormito così tanto che persino i miei vestiti e le mie scarpe si sono asciugati.
Una folata di vento gelido scompiglia i capelli e muove il mio mantello.
Guardo in direzione della finestra.
"È già buio!" dico con un filo di voce.
Chiudo la finestra e osservo in che ordine sono disposti i libri nella libreria.
Prendo l'unico libro che mi ha accompagnato dalla nascita e dove ripongo tutti i miei pensieri, parole e ricordi.
Il mio Dream Note.
L'ho prendo ed insieme mi dirigo verso il soggiorno.
Che strana, ma piacevole beatitudine.
Non sento Laika ridere, non sento Dexter rimproverarsi di aver sbagliato un quadro ai video games, non sento la voce di Càlél e nemmeno le battute squallide di BJ.
Passi incerti e titubanti mi avvicino sempre di più, non so perché, ma è inquietante.
Faccio capolino con la testa in direzione del soggiorno.
Non c'è nessuno.
Ad animare questa sala c'è un enorme abete rivestito da sfere luccicanti color dell'oro e rubino.
Dei fasci di luce bianca lo ricoprono con eleganza.
Quindi è cosi un albero di Natale!
Non ne vedevo uno da dieci anni!
In questo momento solo lui illumina la grande sala.
E visto che ci sono approfitto del momento di pace per leggere un buon libro vicino a quest'albero.
Mi siedo a gambe incrociate di fare ancora a lui e con una mano inizio a sfogliare delicatamente le pagine.
Ad ogni pagina compare una luce diversa: azzurra, viola, rossa, rosa, gialla, verde, nera...
Ed ora è il momento di voltare pagina e incidere i ricordi.
Con l'indice e il medio premo sulla gemma, concentro tutti i ricordi più recenti e li visualizzo mentalmente.
Dopodiché pian piano staccò le dita dalla gemma e una scia color del fiume.
Volteggio le braccia intorno al fiume di ricordi ed essi si intrecciano tra le dita come filo di lana.
Sta per arrivare alla sua massima bellezza di luce quando degli improvvisi passi si avvicinano.
Dal corridoio entra un ragazzo assonnato che non si regge nemmeno in piedi strabuzzando gli occhi con una mano.
Smetto d'improvviso e concentro lo sguardo sul libro.
"Rae! Ancora sveglia?!" dice Blackborn tra uno sbadiglio e l'altro.
Io non rispondo alla sua domanda.
Con la coda dell'occhio vedo che si prende una bottiglia di latte dal frigo e la versa interamente nella tazza.
Si trasforma in un gatto sul banco della cucina, ed inizia a bere.
Io nel frattempo, continuo a sfogliare le pagine con indifferenza.
D'un tratto non sento più quel suono di latte che schizza, ma non importa.
Sento qualcosa di caldo e peloso posarsi sulle mie ginocchia.
Poi delle fusa...
Faccio cadere il libro dalle mani per lo spavento.
"Black alzati subito!" dico fredda, ma lui sembra già nel mondo dei sogni.
Roteo gli occhi al cielo e sbuffo sonoramente.
"Black non dormire proprio adesso" bisbiglio smuovendolo un pò.
Ciò che mi attira del suo sguardo caldo è il suo canino, sbuca dal musetto mettendo in risalto il bianco del suo dente rispetto al suo pelo nero.
Prendo il libro caduto a terra, cioè è quello che cerco di fare , lui scivola più in là mettendomi in difficoltà.
Sbuffo e copro il viso con le mani.
Delle zampette si posano sulle mani, le scosto e vedo un gatto con gli occhi verdi osservarmi.
Strofina il suo musetto contro il mio naso.
"Black ti prego, perché lo fai?" dico, ma in sua risposta si trasforma nelle sue sembianze umane.
Il suo corpo contro il mio mentre strofina il suo naso con il mio mi spinge sdraiarmi.
Gli occhi sono invasi da luci bianche e sfere di plastica, siamo sotto l'albero.
Bacia la punta del naso con tempi regolari fino alla fronte.
Sento di esplodere, il cuore batte così forte che non riesco a respirare.
Ed io non so neanche cosa significa.
"Fermati" bisbiglio, ma lui non sembra ascoltarmi.
Posa i suoi gomiti di fianco alle mie spalle.
Io per fermarlo con la mani sui suoi bicipiti stringo la sua pelle tra le mie mani.
"Credi che qualche graffio o pizzico mi possa fare male?" dice cin voce profonda.
Il suo sguardo incita terrore e forse sé ne accorge, perché si alza dal mio corpo sedendosi a gambe incrociate.
"Scusami..." dice dandosi degli schiaffi sulla testa.
"Io non so nemmeno perché ti comporti così con me, solo con me..." dico abbassando il tono di voce sull'ultima frase.
Non mi risponde, si gratta solamente la nuca per l'imbarazzo, almeno credo.
"Volevo darti questo come mio regalo per Natale" dice con imbarazzo dopo alcuni secondi di silenzio.
Mi porge un pacchetto colorato che si può subito notare la somiglianza ad un libro.
Lo scarto e la prima cosa che noto è la copertina verde ornata da piccoli elfi e fate disegnati a mano.
"Trattato delle fate di Ismaël Mérindol" bisbiglio il titolo del libro.
Questo nome...l'ho già sentito, ma dove?!
"Mi ricordo che quando eri bambina di piacevano molto e quindi pensavo che ti piacesse sapere la verità su queste cose che a te piacciono" dice tutto d'un fiato.
Queste sue parole mi risvegliano dai miei pensieri.
"Grazie..." dico con un filo di voce, accenno un mezzo sorriso che per me è già molto.
"Cavoli Rae mi sta sorridendo, questo Natale mi riserva molto sorprese, chissà quale sarà la prossima, una più movimentata?!" fa un ghigno malizioso.
"Calma gli ormoni idiota! Sto sorridendo perché nessuno mi ha mai regalato un libro, specialmente sule creature magiche" dico iniziando a sfogliarlo.
"Bhe allora non è stato vano prenderlo" dice sdraiandosi a terra con le braccia piegate dietro la nuca.
"Ora vorrai dirmi che vuoi anche tu un regalo" dico fredda.
"Su questo ci ho riflettuto molto, ma mi basta vedere e sapere che quello che faccio per te ti fa sorridere"
Ed ecco che avvampo, di nuovo.
Non riesco a capire questo mio continuo cambiamento di temperatura.
"Rae Rae sai una cosa?" dice d'un tratto dopo un lungo silenzio.
"Cosa?" dico confusa.
"Potevi anche aiutarmi con l'albero sai?" dice maliziosamente.
So cosa si riferisce.
"Sai tu sei nato per distruggere momenti di beatitudine, idiota guasta feste" dico con non chalance.
"È un dono naturale, sorella Rae!" ammicca.
"Purtroppo è la dura realtà e comunque smettila di chiamarmi Rae io mi chiamo Ravén!" borbotto.
"D'accordo Rae!"
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