Parte 1. Cap 1: Rapunzel
-Ok, Pascal. Se riuscissi ad arrivare un po' più in alto, avrò la vista perfetta da dipingere.- Dissi, mentre issai la gamba sul ramo dell'albero. Se i miei capelli fossero ancora lunghi 20 metri, li userei per arrampicarmi su questo albero, probabilmente raggiungerei i rami in cima in pochi secondi. Ma ora dovevo usare le mie gambe. Saltai su e afferrai un ramo basso, poi mi spinsi su. Lentamente e regolarmente, mi alzai su. A Pascal, il mio camaleonte domestico che se ne stava appollaiato sulla mia spalla e si teneva aggrappato al mio collo per salvarsi la pelle, sfuggì un piccolo sussulto.
-Va tutto bene, Pascal! Ti tengo! E comunque, da quando hai paura delle altezze?- Lo stuzzicai. Pascal gemette -dopotutto, avevamo passato quasi 18 anni in una torre-, ma con la coda nell'occhio vedevo il suo sorrisetto. Mi misi in equilibrio sul ramo dell'albero, cercandone uno frondoso più su. Quando mi allungai, mi sembrava di oscillare e Pascal strinse più forte.
-Whoa!- Dissi con una risata, mentre vacillavo per un secondo, prima di tenermi salda al ramo, i piedi penzoloni. Pascal strillò. -Non ci penso nemmeno a tornare giù ora, ho aspettato tutto il giorno per questo momento.-
Era proprio così. Mi sentivo davvero fuori posto per tutto il giorno nel mio nuovo ruolo di principessa e speravo che dipingere un suggestivo panorama fosse quello di cui avevo bisogno. Le guardie del castello, che mio padre aveva incaricato di seguirmi ovunque, non aiutavano a sentirmi più a casa. Finsi di non vederli tenermi d'occhio, quando mi tirai su.
-Wow.- dissi, quando trovai la postazione perfetta. -E' bellissimo!-
Il paesaggio si dispiegava davanti a me come un sogno diventato realtà: montagne distanti, dolci colline verdeggianti e un fiume tortuoso, che scintillava alla luce del sole.
Mentre cercavo i miei pennelli per dipingere, Pascal mi tirò i miei nuovi capelli corti. -Oh, no! Ho dimenticato il mio album?- Pascal annuì. Ero stata così concentrata a uscire all'aria fresca e a dipingere che avevo proprio dimenticato la carta! Pascal sembrava un po' sollevato e indicò il terreno. -Ok, va bene, ma torneremo qui non appena lo riprendo!-
Mi sedetti con attenzione sul ramo e oscillai le gambe al lato del grande ramo. La prima cosa che vidi quando guardai giù erano le mie nuove scarpe -quelle che avevo calciato via non appena ero uscita. Erano le scarpe più scomode di sempre. In pochi secondi, il gruppo delle guardie si precipitarono davanti a me, uno con una scala sotto il braccio.
-Sto bene! Sto bene!- dissi. -Davvero. Posso scendere da sola.-
-Principessa, non possiamo correre rischi.- disse una guardia benintenzionata, mentre appoggiava la scala contro l'albero, 2 altre guardie la assicuravano con una presa ben salda.
-Um, grazie per la soluzione, ma in realtà guardavo in avanti per saltare.- dissi con un sorriso.
Prima che potessero protestare, lo feci. Pascal si chiuse gli occhi con forza, quando balzai e atterrai, come sempre, sui miei forti piedi nudi.
Era la mia prima settimana a Corona e mi stavo ancora abituando a tutti i cambiamenti. Avere così tanti desideri realizzati subito era esilarante. Avevo dei genitori ora. Veri genitori che mi adoravano e si preoccupavano per me! Per non parlare del mio vero amore Eugene -dolce, buffo Eugene! Oh, e poi c'era la mia nuova casa, lo splendido castello con le sue torri a forma di meringa e lussureggianti giardini. E tuttavia qualcosa non andava. Mi mancava qualcosa. Speravo che dipingere mi avrebbe aiutato a scoprire cosa fosse, o almeno aiutarmi a finire il pomeriggio con una nota felice.
Per tutto il giorno, Friedborg, la dama di compagnia di mia madre, mi aveva insegnato l'educazione reale. Mamma aveva spiegato che Friedborg mi stava aiutando finché non avessi una mia dama di compagnia. Non pensavo di averne bisogno. Finora avevo imparato tutto da sola, inclusa astronomia avanzata! Ma iniziavo a rendermi conto che le principesse devono fare ogni cosa diversamente.
Prima, Friedborg aveva passato ore a istruirmi su come sedermi correttamente. E poi avevamo passato il resto della giornata a far pratica su come aprire una porta. Volevo fare del mio meglio, ma facevo fatica ad avere una conversazione con Friedborg, dal momento che non è una gran chiacchierona.
-Allora immagino che mi farete vedere come sedermi?- chiesi con un sorrisetto timido, mentre era in piedi a indicarmi una sedia.
Fece un brusco cenno. Poi si spostò le gonne, mosse le ginocchia da una parte e si lasciò cadere sulla sedia, come se avesse perso la sensibilità nelle gambe.
-Così?- chiesi, tenendo la schiena molto rigida e abbassando la metà inferiore del mio corpo come si fosse completamente sconnesso dal torso.
Lei grugnì e aggrottò le sopracciglia, poi mi segnalò di alzarmi.
-Um, ok.- Sospirai, chiedendomi come possa essere considerato un'arte il fatto di sedersi. Dovevo imparare tutto da zero? La lezione di domani sarebbe stata come stare in piedi? E per quanto riguardava il camminare? Era travolgente pensare a tutto ciò che dovevo sapere. Presi fiato e provai a concentrarmi sul lato positivo. Forse Friedborg poteva essere mia amica, se mi fossi impegnata di più. Decisi di iniziare dalle basi. -Allora cosa preferite, la vaniglia o il cioccolato?-
Mi fissò per un momento, come se le avessi chiesto qualcosa di troppo personale, tipo di che colore erano i suoi mutandoni. Oh, mamma mia. Pensai. Ho così tanto da imparare!
Immaginai che non fosse in vena di convenevoli, quindi senza alcuna conversazione, feci pratica su stare in piedi e sedermi finchè non mi si gonfiarono i piedi nelle scarpe schiaccia-dita. 3 ore e 2 vesciche dopo, non solo avevo imparato a sedermi come una signora, ma sapevo anche come chiudere una porta senza voltare le spalle agli altri e a come tenere per bene una tazza da tè. Pascal si intrufolò nella camera verso la fine della giornata e scosse la testa, come a dire. Le buone maniere sono sopravvalutate. Dovetti concordare.
Atterrai da un ramo basso e quando mi alzai, non credetti ai miei occhi -Eugene era lì, presentandosi col mio album, come se fosse stato la rosa perfetta.
-Eugene, mi hai portato la carta! Ma come hai...?-
-Ti conosco bene.- disse Eugene con un sorriso. -I pennelli e i colori erano spariti e pensavo "vuoi scommettere che alla mia ragazza manchi questo?"-
-Aw, grazie.- dissi, quando mi diede l'album. Rilassai le spalle e il calore mi riempì il cuore. Lo abbracciai. Per una frazione di secondo, mi chiesi se lo avessi fatto per bene, ma poi mi ricordai che era Eugene, la persona con cui potevo davvero essere me stessa. Eugene dette un'occhiata alle guardie e loro indietreggiarono - un pochino.
-Noti niente di diverso?- chiese lui, girando su sé stesso lentamente e mettendosi nella posa "bell'uomo", anche se non ne aveva bisogno. Gli occhi marroni e caldi di Eugene e il sorriso furbo sono irresistibili da ogni angolo.
-Hmm.- dissi, esaminandolo. -Hai una nuova camicia?-
-No.- disse lui.
-Ti hanno lucidato gli stivali?- chiesi.
-Beh, sì, ma non è quello che speravo avresti notato.- disse.
-Il barbiere ti ha fatto un nuovo taglio di capelli?- chiesi.
Eugene si godeva la toelettatura reale ogni giorno da quando eravamo arrivati al castello.
-Ci sei quasi!- disse Eugene, illuminandosi.
-Hmm.- dissi. -Se ti riferisci al ciuffo della frangia che è un po' più "folto", allora non credo che conti davvero come "cambiamento".-
-Che intendi con "non conta"?- chiese Eugene. -Il ciuffo più in pendenza mi cambia completamente la forma del viso! Aggiunge un tocco di raffinatezza, non ti pare? La parola disinvolto non ti viene in mente?-
-Eugene, tu stai sempre bene. Ora, che ne dici di fare a gara a chi arriva in cima a quell'albero?- dissi, disegnando col piede una linea di partenza sulla terra.
-Non posso.- disse Eugene con un sospiro.
-Perchè no?- chiesi, alzando un sopracciglio con aria di sfida. -Paura che ti batterò?-
-Mai.- Strizzò l'occhio. -In realtà, tuo padre vuole che io ripassi le leggi contro i criminali... e le punizioni per averle infrante. Dice che è parte del, er, dell'ufficiale istruzione che potrebbe mancarmi.-
-Oh.- dissi, incapace di nascondere la delusione.
-Non posso deludere tuo padre.- disse Eugene. -Avere il viso sui manifesti da ricercato negli ultimi anni sembra ancora infastidirlo. Penseresti che riportare a casa la principessa perduta mi avrebbe assolto da tutto ciò per sempre, ma... oh, beh!-
-Mi dispiace tanto.- dissi.
-Ti dispiace? Per cosa? Per avermi dato la possibilità di passare il resto della mia vita con te, la mia persona preferita in tutto il mondo? Per condividere questa vita di alta cucina e trattamenti spa infiniti? Per avermi fornito una camera nel castello? Per avermi offerto un futuro come un principe, seduto accanto alla mia migliore amica?- disse, alzandomi il mento. -Studierò galanterie straniere e decoro diplomatico e macro e microeconomie - persino microscopiche economie, se necessario.-
-Ma esistono davvero?-
-Non credo, ma il punto è che mi unirò a un club di lavapiatti o parteciperò a una competizione di mangia-polpettone, se è ciò che serve a tuo padre per farmi accettare. Non potrei essere più felice, Rapunzel.-
-Bene.- dissi, mordendomi il labbro.
-Vuoi una spinta?- chiese Eugene, facendo un cenno davanti all'albero.
-Va bene.- dissi, dandogli gentilmente un pugno sul braccio. -Sai che amo un'avventura, anche se piccola.-
-Ci vediamo a cena.- disse, sogghignando quando si voltò per andarsene.
Guardai Eugene tornare al castello. Mi chiesi perchè non potevo essere felice come lui. Avevamo tutto quello che chiunque desiderasse. C'era qualcosa che non andava in me? Era quasi come se nemmeno sapessi quanto fossi sola nella torre, ma tutto era cambiato ora. Sentivo i posti dentro di me che erano stati vuoti per così tanti anni da volerli riempirli tutti. Feci un respiro profondo e decisi di divertirmi. Dopotutto, era un pomeriggio perfetto e io ero una ragazza con una manciata di colori e un album pieno di carta.
Decisi di avvicinare le guardie e chiedere loro un momento di privacy.
-Allora, sono in giardino, uno con un grande muro intorno. Credete che possa avere una mezzora per me stessa?-
Scossero le teste, ma notavo le gocce di sudore che gli colavano dalle fronti. Sotto tutte quelle armature, dovevano arrostire.
-E' un caldo pomeriggio.- dissi. -E quella fontana nel giardino principale sembra il posto perfetto per una piccola pausa. Forse potreste immergere i piedi nell'acqua fresca? Io vado a sedermi su quell'albero per avere un momento in silenzio di riflessione. Fare un piccolo dipinto, sapete? Scommetto che una sguazzata rinfrescante vi farebbe bene. Siete sicuri di non potervi prendere una piccola pausa? Mi riempirebbe di gioia vedere voi felici.- Uno di loro abbozzò un sorriso e poi lo fecero anche gli altri. -Forza! Ci vediamo fra un po'.- E se ne andarono, dandomi dei pochi preziosi momenti di privacy.
Pascal si riposava all'ombra sotto, mentre tornai in fretta sulla mia postazione. Stavo per tirare fuori un pennello quando la vidi. C'era una ragazza in un piccolo campo nascosto. Allungai il collo. Aveva una specie di spada o simile e sembrava stesse combattendo contro l'aria.
Mi domandai, chi era quella?
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