« astra noctis : Kenneth »

tema: bianco
tag role: bacchedimirto
oc: kenneth (roy) hervan
infos: he, bisex, ignisterna
parole: 8727 💀

Straight up honey really I'm askin'
Most of these fellas think they be mackin' but they be actin'
Who they attractin' with that line, "What's your name, what's your sign?"
Soon as he buy that wine I just creep up from behind
And ask what your interests are, "Who you be with?"
Things to make you smile, what numbers to dial
You gon' be here for a while, I'm gon' go call my crew
You go call your crew, we can rendezvous at the bar around two




« nome : kenneth (roy) »

Il nome Kenneth ha duplice origine, che risale alla forma anglicizzata di due distinti nomi scozzesi: il primo - Coinneach - deriva dal gaelico caoin, "bello" o "attraente", mentre il secondo - Cinaed - significa "nato dal fuoco". Si tratta di un nome emblematico sia per quanto riguarda l'aspetto che la personalità del suo portatore, un nome che ha finito per calzargli a pennello con il corso degli anni, nonostante Kenneth stesso si sia interessato ben poco alla sua origine o al suo significato: anzi, saperlo forse alimenterebbe unicamente il suo ego. Il nome del ragazzo è stato scelto da sua madre, secondo una classica tradizione, in onore del padre defunto di lei, che si è sempre impegnato a proteggerla dalle discriminazioni (io invece l'ho scelto per Kenneth Branagh). Kenneth non disprezza il proprio nome, poiché ha un suono raffinato che, nonostante stoni con una personalità apparentemente ignorante, è molto diverso da quello dei soliti James, John o Thomas. O almeno, non disprezza il suo nome fino a quando non gli viene affibbiato qualche orrendo nomignolo come "Kenny" o - ancora peggio - "Ken": brividi lungo la spina dorsale ogni volta che qualcuno si azzarda a chiamarlo in uno dei due modi. Finisce sempre con un pugno ai limiti dell'amichevole o con una spinta contro il muro (dove il malcapitato rimane appiccicato grazie ai poteri di Kenneth).
Kenneth ha, inoltre, un secondo nome di cui quasi nessuno conosce l'esistenza. Si tratta del nome di origine anglosassone Roy, che significa "re" o "regale": è un nome molto usato in Nuova Zelanda e forse per questo il padre di Kenneth lo ha scelto per suo figlio. A causa del profondo odio che Kenneth ha nei confronti della figura paterna (quasi invisibile nel corso della sua vita), Kenneth si rifiuta di riconoscere Roy come suo secondo nome e, durante le presentazioni, decide sempre di ometterlo totalmente, nonostante esso sia rimasto suo malgrado nei documenti d'identità dato che sua madre si è sempre rifiutata di permettergli di toglierlo. Poche persone sanno dunque dell'esistenza di questo suo secondo nome: si tratta principalmente del povero personale scolastico che si ritrova ad avere a che fare con lui in presidenza, dovendolo gestire dopo qualche bravata del tutto evitabile.

« cognome : hervan »

Kenneth prende il cognome di sua madre, Hervan. La famiglia Hervan - da sempre stabile e prospera negli Stati Uniti - è proprietaria di una delle più grandi industrie automobilistiche americano del ventesimo e del ventunesimo secolo e ha sempre goduto di una grande ricchezza, con la quale ogni suo membro ha potuto condurre una vita agiata e tranquilla, lontana dalle avversità e priva di qualsiasi preoccupazione legata a possibili difficoltà economiche. Non che Kenneth abbia mai conosciuto uno di loro, a parte ovviamente sua madre, o che abbia mai particolarmente condiviso la ricchezza dei suoi famigliari. Nonostante l'impegno costante di suo nonno - Kenneth James Hervan - per proteggere la figlia dalle discriminazioni, la donna è fuggita all'estero, in Nuova Zelanda, a venticinque anni e Kenneth non ha mai conosciuto, né mai conoscerà, alcune delle poche persone sulla Terra che si rifiutarono di denigrare e isolare le persone nate con poteri. Gli Hervan, infatti, si erano già inizialmente opposti alle tradizionali leggi anti-maledetti, frutto del lato più barbarico della società, ma, dopo la scomparsa di Tamara e la morte di Kenneth James, sono stati costretti ad abbassare la cresta e ad assecondare di più le forze dell'ordine.

« nazionalità : neozelandese & americano »

Kenneth è nato in Nuova Zelanda e ha vissuto buona parte della sua vita a Wellington, dove sua madre si è trasferita a venticinque anni per sfuggire alle persecuzioni e dove ha conosciuto il padre di Kenneth, Peter Crawford, un neozelandese doc. Kenneth ha vissuto in Nuova Zelanda fino ai sei anni circa e si è trasferito con la madre negli Stati Uniti nel momento in cui gli abitanti di Wellington vennero a sapere, tramite il padre del ragazzo, che entrambi erano "maledetti". Una volta trasferitosi negli Stati Uniti - prima di finire all'Astra Noctis - ha acquisito la cittadinanza americana.

« età e anno : 19, 5° anno »

Kenneth è nato il 7 agosto e ha attualmente 19 anni. A causa del suo scarso rendimento scolastico riguardo le materie non speciali e del voto di condotta più che insoddisfacente, si è fatto bocciare ed è costretto a ripetere nuovamente il quinto anno, quando invece sperava di poter finalmente sfuggire alla spirale soffocante che l'accademia aveva sempre rappresentato per lui. "Forse è ora di crescere e mettere la testa a posto" ripete sempre sua madre, riuscendo impeccabilmente nel suo lavoro quotidiano di farsi pesare la sua esistenza. La verità è che Kenneth non vuole mettere a posto la testa, perché non ha mai pensato di avere qualcosa che non andava. Kenneth non festeggia mai il suo compleanno a causa di ciò che è successo il giorno della sua nascita: semplicemente, fa finta che sia un giorno come gli altri e nessuno viene a sapere - se non dopo diverse settimane - che ha compiuto gli anni. 

« astra noctis : ignisterna »

Kenneth frequenta l'Astra Noctis - già precedentemente rifugio di sua madre dai quattordici ai diciannove anni - da quando, dopo un breve soggiorno nel Nord della California, sua madre ha ottenuto la cattedra come professoressa di Controlli dei Poteri. Ha quindi passato gli ultimi dodici anni della sua vita entro i confini dell'accademia, vedendosi costantemente negato il permesso di lavorare o anche solo visitare il mondo esterno. Si può dire che Kenneth sia cresciuto ad Astra Noctis, finendo per dimenticare cosa significava respirare l'aria salata di mare di Wellington o fare la spesa al supermercato seduto nel carrello a giocare con i suoi lego. Conosce dunque la maggior parte del personale scolastico dell'istituto, che sono inclini - forse più di sua madre - a perdonargli qualche bravata di troppo commessa nel corso della giornata. Il custode, l'infermiera e Jenny (la donna delle pulizie) lo hanno un po' adottato come fosse loro figlio nel corso degli anni. 
Kenneth ha scelto senza pensarci la casata degli Ignisterna una volta scoperto che il loro colore caratteristico - oltre all'arancione - è il rosso e che il loro simbolo è il Minotauro ("wow, che figata!"). Non si è mai pentito, nonostante sua madre - che ai suoi tempi era entrata nei Caelestyr - non avesse apprezzato molto la scelta. 

« potere : telecontrollo (rune) »

Il potere di Kenneth è lo stesso di sua madre: il telecontrollo. Esso permette a Kenneth di marchiare oggetti o esseri umani con precise rune e, dunque, di poter muoverli tramite il proprio pensiero: si tratta della versione più complessa di una banale telecinesi. Kenneth è in grado bloccare, scagliare via, muovere di lato o addirittura accartocciare - e quindi distruggere - qualunque cosa desideri. Il potere può essere attivato sia da lontano che da vicino tramite il tocco. Il potere di Kenneth si suddivide in tre principali categorie d'azione che egli nomina "domini". 
Il primo dominio è il dominio di blocco, quello più semplice da applicare per il basso sforzo mentale che serve per attivarlo. Come dice il nome, questo dominio permette di bloccare momentaneamente oggetti (anche a mezz'aria) e persone, impedendo loro di muoversi per un tempo indefinito, che varia a seconda della sua concentrazione e della sua stanchezza fisica o mentale (il massimo che è riuscito a raggiungere è tre minuti circa).
Il secondo dominio è il dominio di adesione, che è più difficile rispetto al primo e permette di attaccare tra di loro persone, oggetti o persone con oggetti. Nonostante questo dominio sia più complicato del secondo (poiché richiede di occuparsi di due distinti esseri, che siano umani o oggetti e non di uno solo), Kenneth lo preferisce di gran lungo perché gli permette di prendere in giro qualcuno se gli serve o di tentare imprese molto rischiose ma originali. Per esempio, gli capita spesso di applicare il dominio su un suo amico seduto su una sedia, impedendogli quindi di alzarsi senza ritrovarsi la sedia attaccata al culo. Altre volte invece, tenta scalate impossibili applicando il dominio su mattoni o piete e appiccicandole al muro per creare una parete di arrampicata. 
Il terzo e ultimo dominio è il dominio di manipolazione, il più difficile, arduo e stancante di tutti e tre, poiché implica lo spostamento di un oggetto o di una persona. Per rendere l'idea, è come se questo dominio applicasse mille diversi "blocchi" in pochi istanti, permettendo a Kenneth di spostare ciò che desidera. Può dunque spingere oggetti nella direzione che desidera (scagliando anche ipotetiche armi per attaccare), muoverli, accartocciandoli o distruggendoli: questo flusso richiama un po' la presenza di due invisibili mani che manipolano l'oggetto o la persona. La sensazione che si prova - per quanto riguarda le persone - è quella di una leggera pressione mentale e corporea, come se si percepisse un'altra mente decidere come doversi muovere o in che direzione. 
Kenneth scoprirà a breve che è anche in grado di applicare le sue stesse rune sul proprio corpo - cosa che sua madre non aveva mai nemmeno preso in considerazione - e quindi essere in grado, tramite il dominio di adesione, di "camminare" su pareti e soffitti o, tramite il dominio di manipolazione, di scagliarsi in una direzione in caso di necessità.
Nonostante la dettagliata e intrigante descrizione di tutte le cose di cui è potenzialmente capace, il potere di Kenneth presenta non pochi limiti e punti deboli, che variano a seconda delle caratteristiche dell'oggetto o della persona su cui lo applica. Innanzitutto, il potere funziona molto di più sugli oggetti che sulle persone (poiché non hanno una "volontà" che necessita di essere "corrotta") e tuttavia la sua efficacia decresce quanto più l'oggetto stesso è grande. Per quanto riguarda le persone, una possibile ribellione indebolisce il potere, arrivando a disattivare le rune da lui applicate. Inoltre, le rune funzionano molto meglio su oggetti o persone da lui prima toccati che su qualcosa che si trova a distanza: più la distanza è ampia, meno efficace sarà il potere e il suo controllo. Oltretutto, il suo potere è estremamente stancante a livello mentale. Come le persone su cui applica il dominio di manipolazione percepiscono un intruso, Kenneth stesso sente una pressione a livello mentale, un peso che lo stanca quanto più utilizza il suo potere, allentando la sua presa su l'oggetto o la persona e arrivando persino - in caso di overuse - a farsi uscire sangue dal naso o addirittura a svenire per la fatica. È già svenuto diverse volte, a causa della sua tendenza a spingersi sempre al limite, oppure è capitato che, durante un tentativo di arrampicata, la sua fatica sia stata tale da fargli allentare la presa mentale sulle pietre aderite al muro, facendole staccare e cadere (conclusione: caduta da quattro metri e un braccio rotto).
Nonostante ciò, il suo limite più grande non è la fatica, ma sé stesso. Da anni. Ha disponibile una varietà incredibile di poteri da poter usare, ma non è mai riuscito ad eccellere completamente in nessuno di essi. A diciannove anni, all'alba del suo sesto anno accademico, ci si aspetterebbe che egli sia ormai in grado di controllare i suoi poteri e che li abbia sviluppati molto, diventando potente. Invece, nell'ultimo anno, la materia in cui ha i voti più bassi è proprio Controllo dei Poteri (materia insegnata da sua madre), nonostante sia una delle poche cose per cui si impegna davvero, passando ore ed ore ad allenarsi in autonomia con i propri poteri. Sembra quasi che ci sia un interruttore rotto, che non gli permette di usare i suoi poteri in modo efficace, come se da sempre fosse rimasto allo stesso deludente livello. I suoi poteri, in generale, sono molto più deboli paragonati a quelli di sua madre - o comunque paragonati a quelli che sua madre aveva alla sua età. Compensa la sua mediocrità dei poteri attraverso il combattimento fisico, sviluppando velocità, forza e agilità più che può: eccelle quindi nella difesa personale senza poteri, essendo costretto ad affidarsi principalmente a questa rispetto che ai suoi poteri. Inutile dire che sua madre non è molto felice.

« posizione voglia »

La voglia di Kenneth si trova sul fianco destro, poco sopra l'anca, ed è di dimensioni ridotte (circa 5 cm come diametro della circonferenza ad essa circoscritta). La posizione e la dimensione permettono che la voglia, quando Kenneth si trova a petto nudo, non venga vista perché coperta dal braccio.

« prestavolto : young james franco »

Kenneth è alto: si aggira intorno al metro e novanta, anche gli piacerebbe superare il metro e novantacinque. La sua corporatura è proporzionata e atletica, frutto sia degli ottimi geni ereditati da un padre con cui non ha mai voluto avere a che fare che di un duro e costante allenamento fisico, utile per accorciare quanto possibile la distanza in termini di pericolosità e potenza in combattimento che lo distanzia dai suoi coetanei. Le sue spalle sono larghe, i bicipiti muscolosi, le gambe lunghe. Le sue mani sono grandi, efficaci nel maneggiare una palla da basket (il suo sport preferito). Kenneth ha una carnagione abbronzata, che da una sensazione immediata di vitalità e che è molto simile a quella ambrata di sua madre. I capelli di Kenneth posso definirsi di un dorato castano chiaro. Sono molto mossi, praticamente ricci, tenuti in modo vagamente simile ad un mullet, quindi con le ciocche posteriori leggermente più lunghe rispetto a quelle laterali, che di solito sistema portandole indietro con il gel. Il ciuffo, invece, preferisce lasciarlo più ribelle, anche se si diverte a sistemarselo sempre. Il viso di Kenneth è bello, attraente e non c'è niente da fare. I suoi occhi marroni (color cioccolato al latte come quelli di sua madre) sono caldi e invitanti, sempre allegri e ammiccanti. Le sue labbra sono lievemente carnose e rosee. Kenneth, però, è quel tipo di ragazzo che ti stende con un sorriso, impreziosito da denti bianchi e perfetti. Forse il suo tratto più attraente è proprio questo: un sorriso che sprigiona tutta la sicurezza in sé stesso e una naturale capacità di ammaliare le persone dopo pochi secondi. 


« carattere »

Ciò che tutti – nuovi arrivati e non – notano come prima cosa quando incontrano Kenneth è il suo carattere estremamente estroverso e amichevole: si rapporta ad un estraneo con la stessa tranquillità e con la stessa disponibilità confidenziale con cui si rivolge anche a persone che conosce da anni. Gli capita spesso di iniziare una conversazione con qualcuno con cui non ha mai parlato, per il semplice fatto che si trova a suo agio nelle interazioni sociali. La sua natura è sempre stata – fin da piccolo – quella di un ragazzo allegro, gioviale ed easy-going. È anche grazie a questo carattere gradevole che Kenneth è forse una delle persone più popolari di tutta la scuola: egli ha moltissimi amici e tutti – dal primino alla signora delle pulizie – lo conoscono. Tuttavia, a causa di questa sua vivacità, a volte appare quasi esuberante, troppo frizzante per i gusti di chi preferisce essere lasciato in pace e che magari non sa – come del resto nemmeno lui sa – ciò che causa questo comportamento. A Kenneth personalmente importa in modo relativo di quello che le persone pensano di lui: se a qualcuno egli sta antipatico, sa che non è un suo problema e che non gli interessano le persone gelose. Kenneth non prova alcuna attrattiva per il litigio o lo scontro immotivato: non crede neanche di avere avuto lui stesso qualche particolare antipatia nel corso degli anni, proprio perché cerca di evitare certi tipi di emozioni autodistruttive (il discorso, ovviamente, non vale per sua madre).
Uno dei motivi per cui Kenneth è così popolare è il suo naturale fascino: il suo bel viso è una calamita e ancora di più il suo sorriso ammaliante, che è solito rivolgere a chiunque essendo una persona molto socievole. È proprio a causa di quel suo dannatissimo sorriso da star dei film americani che è stato capace, in tutti questi anni, di avere così tante relazioni. Kenneth, infatti, ha molto fortuna con maschi o femmine che siano. Inutile dire che è un asso nel flirtare. Inoltre, Kenneth trasuda sicurezza di sé da tutti i pori. Non si tratta di un tipo di carisma basato sul sentirsi superiore agli altri (cosa che lui non crede affatto) ma di un carisma che tende a far emergere il lato migliore delle persone, grazie al suo costante e genuino interesse nei confronti di ciò che gli altri hanno da dirgli così tanto per o da raccontargli. Lo disturbano le persone che si occupano quotidianamente di distribuire odio gratuito, in particolare le persone che parlano male degli altri senza averli mai conosciuti. Infatti, Kenneth è estremamente protettivo per quanto riguarda i suoi amici (ma anche le vaghe conoscenze) ed è quel tipo di persona pronto a difenderti fino alla rissa, nonostante non sia mai il tipo di ragazzo da andarsela a cercare. Kenneth è leale e sarebbe capace di pararti il culo anche a discapito del proprio. Le poche risse a cui ha mai partecipato, comunque, si sono concluse o con l'intervento di un prof o con la sua vittoria (almeno nei casi in cui l'altra persona non è così vile da utilizzare i suoi poteri).
Per quanto riguarda il suo atteggiamento durante l'orario scolastico, Kenneth è totalmente inseribile nella categoria dei "mascalzoni" dell'Astra Noctis e, insieme al suo migliore amico, è il casinista per eccellenza della scuola: combina guai su guai, bricconate su bricconate, tanto che forse sarebbe necessario installare in presidenza una sedia fissa con una targhetta che riporta il suo nome. Esempi delle sue numerose cazzate? Allagare i bagni, appiccicare la cartelletta del prof contenente le verifiche al soffitto, distruggere (forse intenzionalmente) attrezzatura scolastica, sfondare il muro con il carrello delle pulizie... Insomma, non cose troppo elaborate, ma che lo divertono molto (sempre perché lui si diverte con poco). La situazione diventa grava quando il suo essere irrispettoso trascende la semplice bravata e raggiunge livelli di esagerato menefreghismo: si tratta esclusivamente dei casi che riguardano lo studio, lo svolgere i compiti e i voti di merda che Kenneth si piglia ogni giorno in moltissime materie. Il suo approccio sbarazzino nei confronti della scuola non solo irrita sua madre, ma anche tutti gli altri professori, che si ritrovano davanti un ragazzo apparentemente privo di qualsiasi tipo di interesse per l'apprendimento scollegato dall'utilizzo dei suoi poteri o da un esercizio fisico. A Kenneth non piace studiare: non gli è mai piaciuto. Non riesce a concentrarsi, a seguire le lezione e nemmeno a leggere testi che superino la pagina e mezza in carattere 24. I lunghi e pesanti romanzi di Dickens non riescono ad attirarlo e così nemmeno le complicate reazioni chimiche, dieci diverse per ogni santissimo composto organico. Quello che ripete a sé stesso da cinque anni è che non gli interessa e che la conoscenza chiusa in un mattone da 600 pagine o in un libro di storia non lo riguarda. La verità è che, Dio, non riesce proprio a mantenere l'attenzione su un argomento per più di venti minuti: si distrae, pensa ad altro, e – quando si sforza di mettersi a studiare o a fare i compiti – gli viene un gran mal di testa leggendo le pagine dei libri. Per questo, Kenneth tende ad apprezzare solo le materie che non richiedono lo studio diretto tramite libri o appunti, quali motoria, combattimento, difesa personale e controllo dei poteri (nonostante la tenga sua madre). Attraverso lo sforzo fisico, sente finalmente di essere capace di fare qualcosa, una sensazione che non prova mai quando si approccia allo studio su libri.
Il comportamento di Kenneth è facilmente spiegabile solo attraverso un'informazione di cui lui stesso non è mai stato – e non è tutt'ora – a conoscenza: il ragazzo soffre di ADHD, il disturbo da deficit dell'attenzione/dell'iperattività. Si tratta di un disturbo legato allo sviluppo neuronale e caratterizzato da difficoltà nel mantenere l'attenzione, nello svolgere un'attività mentale prolungata e/o nel controllare il proprio comportamento. Il disturbo di Kenneth, nello specifico, fa parte della manifestazione di primo tipo di ADHD, cioè il disturbo con disattenzione predominante e con pochi – in alcuni casi nessuno – sintomi di iperattività, irrequietezza e impulsività. Il disturbo si presenta con vari sintomi, che – nel caso di Kenneth – si identificano con inclinazione alla distrazione, scarsa memoria (per quanto riguarda lo studio), disorganizzazione e difficoltà nel completare le attività che non hanno per lui attrattiva o che lo mettono a disagio. Questo aspetto sottolinea anche la notevole quantità di impegno che Kenneth mette negli allenamenti con i poteri: nonostante si senta a disagio a non saperli usare bene come gli altri e nonostante faccia fatica a concentrarsi, spende ore ed ore ogni giorno per cercare un miglioramento che, puntualmente, non arriva mai. Oltre alla disattenzione, Kenneth presenta sintomi legati all'iperattività e all'impulsività, nonostante siano molto meno marcati rispetto a chi soffre di un disturbo con impulsività predominante: è uno dei motivi per cui nessuno – né Kenneth, né sua madre, né qualunque altra persona da lui conosciuta – è mai stato in grado di identificare la presenza di questo disturbo nel ragazzo. La vivacità che lo caratterizza, infatti, sfocia spesso in un'eccessiva iperattività, che lo rende irrequieto e agitato, spingendolo a combinare cazzate, a infrangere le regole della scuola per placare questo suo prurito e, a volte, a reagire d'impulso nelle situazioni in cui qualcuno insulta, fa del male o ha qualche problema con un suo amico o una sua amica. Il disturbo spiega anche il suo atteggiamento nei confronti della relazioni: la sua irrequietezza lo spinge a cercare sempre nuove distrazioni, facendolo sistematicamente stancare dopo una o due settimane di quella che già ha. Sintomi secondari dell'ADHD, sono una difficoltà nell'attesa e nel rimanere seduti, che gli rendono insopportabili le lunghe lezioni teoriche. Oltre all'ADHD, ha sviluppato anche il cosiddetto "disturbo del sonno": Kenneth, infatti, fa molta fatica a prendere sonno la sera e, al contrario, a svegliarsi alla mattina, finendo sempre per essere in ritardo alle prime lezioni della giornata.
Inutile dire che Kenneth odia non essere in grado di sviluppare i suoi poteri: non riesce a spiegarselo e, più ci prova, meno ci riesce. Si sente costantemente sotto pressione e a disagio con sé stesso a causa di sua madre, che gli ricorda la sua debolezza rispetto alle capacità sia di lei quando era ragazza sia dei suoi coetanei: nonostante ciò che sua madre gli dice o non gli dice, tuttavia, non ha nessun tipo di complesso di inferiorità, perché il suo disagio è sempre e comunque direzionato verso sé stesso e mai si manifesta nel paragone diretto con gli altri. È un ragazzo complicato perché – da un lato, come già detto – è molto sicuro di sé e della propria personalità, mentre – dall'altro – è disturbato dalla debolezza dei suoi poteri e sa di avere qualcosa che non va.


« storia »

La storia di Kenneth inizia con quella di sua madre, Tamara Hervan. Tamara proviene da una famiglia statunitense di ricchi proprietari di case automobilistiche e nasce a San Diego. Dopo che si scoprì – durante la prima fase dell'infanzia – che Tamara possedeva una maledizione (la trovarono nella sua cameretta a far volare per la stanza il suo peluche preferito), la famiglia Hervan – e in particolarmente il padre di Tamara, Kenneth James Hervan – decise che avrebbero tutti attentamente costudito il segreto, intendendo proteggerla dalle persecuzioni molto severe nei confronti delle persone nate con poteri. Infatti, essendo sempre stati una famiglia molto unita e solida, si rifiutarono di consegnare la bambina alle autorità (come il protocollo in California richiedeva di fare nel momento in cui qualcuno scopriva l'esistenza di un maledetto). Capirono, soprattutto grazie a lei, che era impossibile definire coloro nati con poteri "figli del Diavolo", perché quale Diavolo sarebbe mai stato in grado di generare una creatura così gentile e così allegra come lo era Tamara a sei anni? La bambina visse con tranquillità tutta la sua infanzia, frequentando pochi luoghi pubblici e studiando con una maestra – amica di famiglia – a casa. Tuttavia, con i suoi poteri che si facevano sempre più evidenti, era necessario trovare soluzioni: la famiglia Hervan si rendeva conto che non era possibile tenere la ragazza segregata per sempre. Fu a quattordici anni che l'occasione ideale per permettere a Tamara di crescere e di imparare si presentò loro davanti: la ragazza incontrò per caso in una delle sue occasionali uscite uno studente di diciannove anni dell'Astra Noctis, che la spinse a decidere di andare a frequentare l'accademia, sotto sollecitazione della famiglia. Fin dall'inizio, Tamara eccelse in tutte le materia scolastiche – da quelle più normali a quelle speciali – e, dato il suo rendimento scolastico impeccabile, le fu concesso di riprendere contatti con il mondo umano già al terzo anno di studi, fino a ricevere il permesso di lasciare l'accademia una volta compiuti i diciassette anni. Dopo aver concluso il suo percorso di studi, si recò finalmente a vivere di nuovo con la sua famiglia, con l'intenzione di iscriversi all'università per conseguire una laurea in Architettura. Contemporaneamente, si occupava per conto dell'Astra Noctis di individuare quanti più maledetti riuscisse a scovare nella sua zona. Dopo aver ottenuto il Dottorato in Architettura con ben tre anni di anticipo rispetto ai tempi prestabiliti, Tamara venne assunta in un'azienda come architetto a soli ventiquattro anni. Tuttavia, la sua vita lavorativa ebbe vita breve poiché, dopo pochi mesi, accadde che un giorno –dimenticandosi di coprire la voglia a forma di stella che aveva alla base del collo – un suo collega la denunciò alle autorità. Non potendo rischiare di mettere nei casini la sua famiglia, Tamara decise di fuggire all'estero e di allontanarsi per sempre dal suo luogo di nascita. Fu così che, dopo qualche tentativo, arrivò in Nuova Zelanda e si stabilì a Wellington, con documenti falsi e con un'identità rubata (entrambe fornite dai suoi ex professori dell'Astra Noctis). Il suo obiettivo non era di certo quello di creare ulteriori casini o di dare nell'occhio, ma invece di concedersi una vita normale, nella quale poter coesistere in pace con gli altri esseri umani della città neozelandese. Avendo cambiato identità, il suo sudato Dottorato in Architettura arrivò a valere meno di zero, poiché nessuno avrebbe dato per buone le parole di un'americana appena arrivata in città. Nonostante il contributo economico che la sua famiglia all'inizio gli fornì per permetterle di comprare un appartamento, Tamara faceva molta fatica ad andare avanti, non riuscendo a trovare lavoro. Fu così che un giorno in spiaggia conobbe Peter Crawford, un ragazzo all'incirca della sua età che faceva da istruttore di barca a vela, un sport particolarmente praticato a Wellington.

Tra i due fu amore a prima vista: Tamara e Peter iniziarono a frequentarsi – prima poco e poi in modo costante – tanco che il ragazzo stesso l'aiutò a trovare un lavoro in un negozietto tramite alcuni suoi contatti. La relazione durò diversi anni (per la precisione quattro e mezzo) prima che Tamara rimanesse incinta. All'inizio, era convinta di voler abortire per una lunga serie di ragioni: prima di tutto, non volevo un figlio da accudire e non si riteneva ancora pronta a farlo; poi, non desiderava dare alla luce un altro essere umano "come lei", costretto a subire le stesse identiche sue discriminazioni; infine, non era sicura di come avrebbe reagito Peter alla notizia. Tuttavia, decidendo di parlarci in modo serio e maturo, Tamara scoprì che Peter avrebbe tanto voluto che ciò che c'era tra di loro diventasse una cosa seria: Peter desiderava avere una famiglia con lei e le espose con tranquillità i suoi proposi. Infine, entrambi decisero di tenere il bambino. Circa otto mesi dopo, durante una caldissima notte d'agosto passata in casa (poiché Tamara non voleva andare in ospedale) a soffrire un lungo e doloroso parto, Kenneth nacque. Un bel bambino, con occhi scuri e grandi e con qualche ciuffetto di capelli biondi sulla testa. E una voglia. Una voglia a forma di stella, con sei punte. Peter uscì di testa quando prese per la prima volta in mano il bambino, notando immediatamente la macchia scura sul piccolo corpicino di suo figlio: per poco non lasciò cadere il neonato per terra, preso da uno spavento e un orrore che deformavano il suo bel viso sbarazzino. Poche ore dopo, quando ancora Tamara era stesa immersa in una profonda stanchezza sul letto, Peter raccolse tutti suoi vestiti e gli oggetti personali, ficcandoli in tre grandi borsoni, e lasciò la casa di Tamara, tornando in fretta e furia a vivere con i suoi genitori. I primi mesi dopo l'improvviso abbandono da parte di quello che doveva essere il padre di suo figlio furono per Tamara estremamente difficili: si ritrovò a gestire un neonato da sola, dovendo accudirlo tutto il giorno e ricevendo una paga ridotta a causa della maternità. Era difficile non tremare di paura ogni qual volta qualcuno suonava il campanello o guardarsi intorno con ansia quando invece si recava al supermercato a prendere l'essenziale per la settimana. Tuttavia, per mesi, Tamara non venne disturbata e, anche se i suoi tentativi di dialogo con Peter fallirono ognuno più miseramente del precedente, il suo ex compagno non sembrava averla denunciata alle autorità. Tamara sperava soltanto che Peter stesse attraversando una fase di shock e che poi sarebbe tornato da lei: lo aspettò per mesi e mesi, giocando spesso con le dita con il ciondolo a forma di conchiglia che lui le aveva regalato. Dopo il primo compleanno di Kenneth, però, Tamara iniziò a rendersi conto che Peter non sarebbe mai più tornato da lei. Con un ultimo e deprimente tentativo, si recò da sola alla piccola casetta di legno che gli istruttori di barca a vela utilizzavano come reception: trovando il suo ex compagno a chiacchierare allegramente con una donna, mano nella mano, Tamara si rese finalmente conto della situazione in cui si trovava. Sola. Tremendamente sola, con un piccolo bambino rumoroso che piangeva tutte le dannatissime notti, che urlava e urlava, che non le lasciava un attimo di pace, che la stressava, che non era in grado di mantenere da sola. Abbandonarlo? Impossibile: se qualcuno avesse notato la voglia sul fianco, il piccolo Kenneth sarebbe stato spacciato. Ridusse il suo orario di lavoro a poche ore al giorno, arrivando persino a rischiare di lasciare suo figlio a casa da solo pur di poter racimolare quanto bastava per non morire di fame e per pagare le bollette.

Man mano che il tempo lentamente passava, il piccolo Kenneth cresceva diventando un grazioso bimbetto, sempre alla ricerca di una nuova sfida o di un nuovo gioco con cui potersi divertire. I suoi capelli si erano scuriti, assomigliando più a quelli della madre che a quelli biondi del padre, ma i suoi occhi non mutarono mai, rimanendo dolci e vivaci come erano apparsi alla sua nascita. Tamara iniziò a mandare Kenneth in una sorta di asilo nido per genitori single, che si occupava del bambino otto ore al giorno (cinque giorni alla settimana) e che le permetteva di avere un orario lavorativo più prolungato e, dunque, uno stipendio più alto. Quella non era lontanamente simile alla vita che la donna aveva sperato per sé stessa, ma si sforzava di accontentarsi di quello che aveva e cercava di dimostrare affetto a quel bambino che – secondo il suo punto di vista – aveva rovinato tutto: in fin dei conti, la sua nascita aveva fatto saltare tutto, tutta la sua copertura e tutta la relazione con Peter. Tamara sapeva in realtà nel profondo che suo figlio non aveva alcuna colpa e che lei era responsabile per le sue decisioni, ma non poteva evitare di immaginare come sarebbe stata la sua vita senza Kenneth e invece con Peter. Probabilmente, senza la nascita di Kenneth, Peter non avrebbe mai scoperto la sua vera identità. Kenneth, per i primi anni, era ovviamente troppo piccolo per essere consapevole della situazione in cui si trovava: non capiva perché sua mamma piangeva, stringendo un ciondolo a forma di conchiglia, e non capiva quando gli altri bambini parlavano di papà. Fu intorno ai cinque anni che iniziò a maturare una coscienza che gli permettesse di capire che sì, anche lui aveva un padre e che quel padre aveva abbandonato lui e sua madre per qualche ragione che non riusciva ad afferrare. Andava bene, era piccolo: non percepiva ancora il vuoto che quella consapevolezza – il fatto che il suo stesso padre fosse stato così disgustato da lui da abbandonarlo il giorno della sua nascita – lasciava nel petto. Potevano conviverci. Potevano farlo, assieme, lui e sua mamma, se volevano. Potevano farlo. Ci sarebbero riusciti, forse, se non fosse stato per ciò che successe il giorno del trentasettesimo compleanno di sua madre (poco prima del suo sesto compleanno).

« 21/06, circa quattordici anni fa »

Kenneth stava giocando con i lego in soggiorno quando sua madre entrò in casa come una furia dalla porta sul retro, correndo verso la camera da letto. Il bambino, incuriosito dal rumore, si alzò, avvicinandosi alla porta spalancata. Sua madre aveva aperto l'armadio e stava tirando fuori magliette e pantaloni, infilandoli con forza all'interno di uno zaino che aveva lasciato sul letto. Kenneth rimase a guardarla svuotare i cassetti per qualche minuto, chiedendosi che cosa stava succedendo. La mamma l'avrebbe portato al mare? Di solito usava quello zaino per mettere dentro l'asciugamano, la crema solare e il pallone. «Mamma?» chiese debolmente ad un certo punto, coni suoi grandi occhi marroni spalancati quando si rese conto che la crema solare era ancora ferma lì sul cassettone. «Mamma?» chiamò più forte quando lei non lo sentì. Solo allora sua madre, con gli occhi spiritati e il volto cereo, alzò lo sguardo terrorizzato su di lui e parve ricordarsi della sua esistenza solo in quel momento. Esitò, con il suo libro preferito tra le mani. Kenneth non sapeva cosa stesse succedendo nella sua testa, ma sua mamma sembrava indecisa. «Sbrigati» disse infine, con voce tremante «Raccogli quanti più vestiti riesci a prendere e mettili nello zaino degli Avengers. Puoi portare una sola scatola di lego. Fai veloce» gli intimò la donna, riprendendo a fare quello da cui si era interrotta prima. «Ma perché?» chiese Kenneth, curioso come sempre. Sua mamma prese un profondo respiro, come se stesse cercando di non scoppiare come una bomba. «La mamma ti porta a fare una gita, amore. E siamo molto in ritardo. Fai veloce, va bene?» rispose lei, con un tono dolce che Kenneth non era abituato a sentire. Fu forse quello – una dimostrazione d'affetto che raramente riceveva –o forse la parola "gita" ma Kenneth corse allegro nella sua cameretta, prendendo lo zaino e mettendoci subito dentro tutti i suoi vestiti preferiti. Dieci minuti dopo, sua mamma si trovava davanti allo specchio con lo zaino in spalla, una borsa a tracolla (che conteneva tutto il denaro che era riuscita a trovare) e una mascherina sul volto, che aveva fatto mettere pure a lui. Kenneth si avvicinò e lei lo prese in braccio. Si chiese come faceva sua mamma a reggere tutto quel peso, ma sembrava quasi come se per lei lui pesasse meno di una piuma. In effetti, si sentiva leggermente tirato verso l'alto da un paio di mani invisibili. Sembrava divertente. Sua mamma si avviò verso la porta di casa e, prendendo un respiro profondo, la aprì, uscendo alla luce del sole del tardo pomeriggio. Kenneth fu immediatamente colpito da uno frastuono che lo fece tremare in braccio a sua madre. Strinse gli occhi, nascondendo il viso nel collo di sua madre. La percepì irrigidirsi e la sensazione di galleggiare si attenuò, prima di farsi più forte. Allora, Kenneth aprì gli occhi e scoprì che davanti a casa sua, decine e decine di persone – forse centinaia – bloccava la strada. Portavano cartelli scritti in rosso che lui non riusciva a leggere. Urlavano insulti. Kenneth spalancò gli occhi quando vide sette persone avvicinarsi a loro da oltre la staccionata: erano armati di pistola, una cosa che lui aveva visto solo nei film. Il suo corpo fu scosso da spasmi di paura quando il suono assordante degli spari supero il rumore della folla. Era piccolo, ma per un attimo sentì il dolore della pallottola anche se non l'aveva colpito. Fu allora che alzò lo sguardo e si rese conto che sua madre, con il viso estremamente concentrato, indicava le pallottole che si erano fermate a mezz'aria e che poi erano cadute nell'erba. Kenneth seppe in quel momento che era stata lei, che in qualche modo aveva impedito alle pallottole di raggiungerli, bloccandole a due metri da loro. Si susseguirono altri spari, ma nessuna pallottola riuscì a sfiorarli. In un attimo di sgomento, le persone con le pistole si fermarono, redendosi conto dell'inefficacia delle loro armi. Sua mamma corse l'occasione per indicare il grosso albero secolare piantato in giardino. Con un potente ed inquietante schiocco che fece sobbalzare di nuovo il corpo del bambino, l'albero si staccò dalla terra, facendo piovere schegge di legno tutto intorno e cadde tra loro e la folla, impedendo la vista di quelle persone grazie ai rami folti, su una macchina parcheggiata lì fuori, facendo esplodere il parabrezza. Sua mamma emise un respiro distrutto, ma non si concesse di riposare. Si voltò e aggirò la casa, correndo via da quella folla di bestie senz'anima.

 Kenneth seppe solo dopo diversi anni quello che era veramente successo. Sua madre – al ritorno dal lavoro – aveva incontrato per caso suo padre in un bar a cui si era fermata per bere un caffè: aveva cercato inutilmente convincerlo a parlare o anche solo ad ascoltarla per farle spiegare qualcosa. Peter Crawford – che non vedeva la sua ex compagna da anni – aveva dato di matto sentendosi parlare del figlio che non aveva mai cresciuto. Aveva chiamato le forze speciali dell'autorità, denunciando la presenza di due "figli del Diavolo" a Wellington, in Nuova Zelanda: forse era anni che aveva desiderato farlo, liberarsi di quel peso sulla coscienza e garantirsi di non vedere mai più né sua madre né lui. Come aveva fatto a resistere così tanto? La mamma di Kenneth, appena aveva capito cosa stava succedendo, era corsa in casa sua (a mezz'ora di distanza dal bar) dove già si stava formando una folla di assetati di sangue. Era entrata dalla porta sul retro con l'intenzione di prendere il necessario e scappare, perché non poteva farsi catturare, non lì non a causa di un uomo che amava. Fuggendo a bordo di una grande nave diretta in Europa. Fu così che Kenneth si ritrovò all'Astra Noctis. Seppe che a sua madre era già stato da tempo offerto quel lavoro, ma che lei aveva sempre ritardato la partenza nella speranza di poter riallacciare i rapporti con suo padre. Kenneth, dunque, vive all'Astra Noctis da quando ha sei anni e, dal giorno in cui varcò la soglia dell'accademia con lo zainetto degli Avengers sulle spalle, non ebbe più la possibilità di vedere il mondo.


« famiglia »

Tamara Hervan 
Età: 51 anni
Potere: telecontrollo

Tamara Hervan è la professoressa di Controllo dei Poteri ad Astra Noctis, scuola che lei stessa ha frequentato dai quattordici ai diciannove anni. Tamara è un donna severa, indurita dagli eventi traumatici che hanno caratterizzato gli ultimi vent'anni della sua vita. Con lei, Kenneth ha un rapporto amaro, fatto di costanti litigi quotidiani che nascono soprattutto o dal rendimento scolastico del ragazzo oppure dal suo comportamento in generale. Tamara, abituata alla sua stessa perfezione nei voti scolastici, non ha mai visto di buon occhio le insufficienze che Kenneth è solito prendersi, in particolare nelle lezioni "normali" come matematica o letteratura. Oltretutto, anche se non lo dice mai esplicitamente, fa percepire molto bene a Kenneth la sua costante delusione per quanto riguarda i suoi stessi poteri, che il ragazzo sembra non essere riuscito mai a sviluppare veramente come qualsiasi altro studente della scuola. Alcuni riterrebbero che avere tua madre come professoressa - benché sia noioso perché ti controlla h24 - sia una cosa bella, perché dovrebbe essere in teoria più buona e comprensiva nei tuoi confronti. Invece, per Kenneth è un vero e proprio incubo, poiché Tamara sembra scagliarsi in particolare proprio contro suo figlio, mettendogli addosso una grande quantità di pressione e di frustrazione personale davanti agli sguardi amareggiati o ai voti radicalmente più bassi sia rispetto agli altri studenti che rispetto a quelli che qualunque altro professore gli avrebbe dato. La verità (di cui nessuno dei due è veramente a conoscenza) è che i poteri di Kenneth non si sono mai veramente sviluppati proprio a causa della pressione di sua madre. Sarebbe inspiegabile infatti poiché il ragazzo passa tutti i giorni ad allenarsi - spesso eccessivamente - con i suoi poteri, senza ottenere risultati e cambiamenti ormai da circa due o tre anni. Kenneth soffre molto l'asprezza che sua madre gli riserva e vorrebbe poter finire questa dannata scuola solo per allontanarsi definitivamente da lei. Sapeva che un tempo non era stata così, che quello che era successo a lui con suo padre aveva gravato molto su sua madre. Tuttavia, Kenneth non capisce cosa lei abbia contro di lui o perché sia sempre così eccessivamente severa e distante. Kenneth, inoltre, giudica tutte quelle scelte sbagliate di cui è venuto a sapere solo tirandole fuori quasi con forza da sua madre nel corso degli anni: nascondere la maledizione al suo compagno, aspettare di accettare una proposta di lavoro nella speranza che lui tornasse da lei, andare a parlargli quel giorno di quasi quattordici anni fa. 


Peter Crawford
Età: 52/53/54???
Poteri: nessuno

Peter Crawford è un buco nero nella memoria di Kenneth. Non ricorda il suo volto - non ricorda niente di lui, come potrebbe del resto? - ma la sua assenza sembra risucchiargli l'anima in certe brutte giornate. Suo padre non c'è mai stato eppure la sua privazione gli pesa come in realtà egli fosse costantemente presente, a rovinargli le giornate già rovinate da sua madre. Kenneth lo odia, quanto lo odia. Lo odia profondamente, con tutto sé stesso, e vorrebbe solo... vorrebbe solo che sua madre non pensasse ancora a lui: non lo dice mai, ma si capisce. Kenneth lo odia, lo odia, lo odia.


« orientamento e genere : bisexual, male cis »

Kenneth non è stato da sempre consapevole del fatto di essere bisessuale. Per i primi anni di studio all'Astra Noctis, non ha mai nemmeno preso in considerazione il concetto di orientamento sessuale: semplicemente, gli era sempre sembrata una cosa che non lo riguardava e su cui non era necessario fermarsi a riflettere. Si limitava ad ignorare l'argomento. Kenneth si era sempre ripetuto, nel corso di diversi anni, che lui non avesse niente a che fare con gay o cose del genere: pensava di sentirsi a posto con sé stesso con qualche relazione occasionale esclusivamente con ragazze della sua età o di un paio di anni più grandi di lui, ragazze che comunque non lo colpivano mai particolarmente. All'inizio del quarto anno, tuttavia, finì a limonare con un ragazzo dopo aver fatto qualche tiro di troppo durante una festa: da quel momento fino alle vacanze estive, Kenneth aveva attraversato un periodo abbastanza fragile del suo percorso di studi poiché, tra il suo rendimento scolastico costantemente calante e la scoperta che forse sotto sotto non è vero che i maschi non gli piacciono, non riusciva mai a concentrarsi. Durante il quinto anno, è arrivato ad avere un'accettazione più ampia di sé stesso, iniziando ad uscire sia con ragazzi che con ragazze. Ora, non si sente a disagio a esplicitare il suo orientamento, ma esce sicuramente con più ragazze che ragazzi, nonostante sappia che non avrebbe alcuna difficoltà a trovarne. Non ha mai parlato a sua madre della sua bisessualità e non crede lo farà mai perché, oltre a non sentirsi a suo agio con lei, crede che non sia affatto affare suo chi lui si fa o non si fa. Per quanto riguarda le relazioni, Kenneth cambia ragazza o ragazzo davvero molto spesso, per il semplice fatto che il suo interesse cala in modo indirettamente proporzionale a quanto aumenta quello dell'altra persona: di solito, quando la persona con cui si ritrova a stare per averci provato con costanza e probabilmente esserci andato a letto inizia a comportarsi troppo come un vero partner, Kenneth tende ad allontanarsi, a dimenticarsi della sua esistenza e a cercare una nuova distrazione. 

« conoscenze »

- Dorian Zephyr VeritassaturnoIogy ) : Kenneth e Dorian sono migliori amici da quando Dorian è arrivato all'Astra Noctis (due/tre anni fa). I due solo accomunati da un carattere e da un comportamento scolastico abbastanza simile: si divertono, infatti, a combinare casini su casini e ritrovarsi in presidenza, come se fosse un appuntamento quotidiano. Sono molto legati e, infatti, Dorian è l'unica persona in tutta la scuola a conoscere il giorno del compleanno di Kenneth. Si divertono molto (almeno Kenneth 😝) a fare tantissime battutine gay. Kenneth si ritrova a gestire spesso eventuali scontri o risse che nascono dalla rabbia di Dorian, ma lo fa con piacere, perché non vuole che il suo amico si faccia del male (sia a livello fisico che emotivo): cerca di calmarlo come può. 

- Søren Sortconi-gio ) : Kenneth e Søren sono buoni conoscenti, anche se non amici. La loro prima interazione è avvenuta quando Kenneth aveva 16 anni e Søren 15: si tratta infatti del ragazzo con cui Kenneth, dopo aver fumato ad una festa, ha limonato e il ragazzo grazie al quale ha capito di non essere etero. Ovviamente, questo piccolo avvenimento ha creato un casino nella testa di Kenneth, che - preso dal panico derivante da un'iniziale omofobia internalizzata - lo ha allontanato prima che tra loro due potesse succedere qualcosa di serio. Ora, questo è per entrambi acqua passata e Kenneth non prova più alcun tipo di disagio nello stare in sua compagnia. Anzi, Søren è solito fargli i compiti in cambio di tazze di tè. 

- Malik Rizwan Hassenjeangeniiee ) : Kenneth ha avuto moltissime relazione nel corso degli ultimi due anni. Malik è uno dei tanti ex di Kenneth ma la loro relazione è finita in modo diverso rispetto a quella con chiunque altro: inavvertitamente, usando i suoi poteri (che gli permettono di leggere il passato dagli oggetti che tocca), è riuscito a vedere sprazzi del passato di Kenneth toccando quel famoso zainetto degli Avengers che il ragazzo tiene sempre in camera. Le domande di Malik - che seguirono quel contatto - furono così disturbanti in Kenneth che innescarono una reazione dettata dalla paura: egli spinse Malik fuori dalla sua stanza e la relazione finì molto più velocemente rispetto al normale. Tuttavia, alla fine di quest'estate, una sera che Kenneth aveva bevuto un poco, decise di chiamare il primo ex che ha trovato in rubrica: Malik. Ora, i due sono in una relazione senza impegni da qualche giorno ormai. 

« curiosità : la tua b-b-b dice sì, sì, sì »

- sport : Kenneth ama gli sport soprattutto per il fatto che la maggior parte di essi non implica l'utilizzo dei poteri. È bravissimo in quasi tutti gli sport, grazie al suo fisico atletico e alla sua altezza. Tuttavia, sono due gli sport che pratica seriamente. Il primo è calcio, a cui si divertiva a giocare persino all'asilo nido a Wellington. Il secondo - e anche quello che gli piace di più - è il basket. Kenneth ama il basket in ogni suo aspetto: il palleggio, il passaggio, il tiro. Giocarci gli sembra quasi naturale: forse perché ha iniziato ad approcciare questo sport a solo sei anni, quando - appena arrivato all'Astra Noctis - gli mostrarono la palestra dell'accademia e gli iniziarono ad insegnare le basi del basket. Kenneth segue la NBA, l'Eurolega, la Lega Spagnola e l'Euro Champions League: è un patito. Il suo giocatore preferito è Anthony Davis, nonostante egli tifi i Golden State Warriors (alla fine, sua madre proviene dalla California) in NBA (da molti definito il miglior campionato al mondo). Kenneth è di solito il playmaker della squadra. Giocando così tanto a basket, Kenneth ha rotto, lussato o insaccato praticamente tutte le dita delle mani almeno una volta.

- palestra : Oltre allo sport, Kenneth fa spesso esercizio fisico mirato, attraverso pesi, bilancieri e tutti i vari macchinari presenti nella Palestra Minore. È abituato a stare attento alla quantità di calorie che assume ogni giorno, in modo da poter mantenere il suo fisico ben allenato sempre in forma. Quando si allena con i poteri, nella Palestra Maggiore, tuttavia, tende spesso ad esagerare.

- musica : Kenneth ama ascoltare la musica, perché - grazie ad essa - è in grado di rilassarsi. Passa la maggior parte del suo tempo libero (quando è da solo) con le cuffie. Ascolta principalmente old school hiphop e 90s rap, e quindi artisti come Snoop Dogg, Eazy-e, Ice Cube, Dr Dre, N.W.A e - soprattutto - i suoi preferiti: The Notorious B.I.G e 2pac. Tra i suoi album preferiti ci sono "The Chronic" (Dr. Dre), "All Eyez on Me" (2pac) e "Ready to Die" (Biggie). Nonostante questo sia il suo genere preferito (si concede anche hiphop americano anni 2000), evita di ascoltare spesso alcune canzoni che, come "Who shot ya?" di Biggie, contengono nella traccia suoni di spari.

- fonofobia : Il motivo per cui Kenneth evita le canzoni che sa contengono suoni di spari è legato ad una sua particolare fobia. Si tratta della paura dei rumori forti ed improvvisi degli spari da armi come pistole o del vetro e della ceramica che si infrangono. Questa fobia genera intensi e fulminei attacchi d'ansia legati alla mancanza del respiro e alla confusione mentale che gli blocca i pensieri. Si tratta di una paura che ha le sue cause nel trauma particolare da lui vissuto a sei anni circa, quando - scappando di casa con sua madre - la folla inferocita aveva cercato di sparargli addosso e poi quando sua madre aveva usato i suoi poteri per bloccare loro la strada. Kenneth non ha mai fatto niente per superare questa sua condizione e non ne ha mai parlato con sua madre, rifiutandosi di avviare la conversazione e soprattutto di farsi aiutare sotto questo aspetto. Attenzione, Kenneth non è spaventato da tutti i rumori forti come tuoni o botte improvvise, ma solo da quelli che gli ricordo quel particolare evento della sua infanzia.

- cane : Kenneth - anzi forse è più corretto dire che sua madre possiede un cane, un golden retriever di tre anni che si chiama Hurricane, allegro e caotico (ha rotto un bel po' di vasi da quando lo hanno preso). Kenneth lo porta sempre a fare passeggiate nel parco e nei giardini dell'Astra Noctis, dove si è fatto tanti amici per la sua natura eccessivamente amichevole (è capitato che si lanciasse letteralmente su un gruppo di ragazzi che giocavano a calcio, volendo fare amicizia). 


« autore »

Salve a tutti, chiedo umilmente perdono per la lunghezza della scheda ma quando parto, parto, e soprattutto non mi piace trattare certi argomenti in modo vago e generale. Spero apprezziate l'impegno: inutile dire che l'ADHD di Kenneth invece non riuscirebbe a farlo. Per qualsiasi tipo di rapporto con questo testone, scrivetemi pure!

Baisac113 saturnoIogy coni-gio justagnessss jeangeniiee DemiGod_06 Spada_Bianca nnotaghostiswearr Black_Riddle  _-sxuron-_ (ho taggato chi mi veniva in mente help)

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