📻 ~ 4 ~ 🍎

~ Capitolo 4 - Confidenze tra demoni ~

Alastor 📻

Uscendo dall'hotel, mi diressi verso Cannibal Town. Nella strada principale, i cannibali si abbuffavano con organi e membra di altri demoni. L'odore di putrefazione regnava sovrano, penetrando ogni angolo di quella città maledetta.

Li osservai con distacco mentre divoravano con entusiasmo i resti altrui. Forse ero diverso da loro. Non per la fame - quella era inevitabile - ma per come la soddisfacevo. Non divoravo ogni demone che incrociava il mio cammino. Era più... selettivo.
Forse sono strano. L'unico peccatore che si sfoga con la proprietaria della sua anima.

Entrai nel negozio di Rosie. Era deserto.

Lei, con la solita grazia, passava la scopa sul pavimento. Alzò lo sguardo, e appena mi vide, il suo volto si illuminò.

R: "Alastor!!"

In un attimo mi stritolò in un abbraccio soffocante. Lo stesso che ricevetti il giorno in cui prese possesso della mia anima. Ricordo bene quella sensazione.

Una povera anima appena scesa all'Inferno, avida di potere, troppo sciocca per capire a cosa stava andando incontro. In meno di un minuto, il collare apparve al mio collo. E lei, Rosie, lo teneva saldo.
La mia padrona. Colei che mi aveva promesso potere in cambio di obbedienza.

A: "Ahia!"

Gemetti, cercando di liberarmi dalla sua stretta. Rosie, ridendo, afferrò il suo ombrello e me lo sbatté in testa con fare giocoso. Le mie orecchie si abbassarono per riflesso.

R: "Il resto di ieri."

Mi guardai intorno. Il negozio era deserto. Nessun cliente, nessun demone curioso. Era strano.

A: "Non c'è nessuno?"

Rosie esitò. Il suo sorriso si incrinò per un attimo, sparendo come neve al sole.

R: "Oggi tutti a casa."

La voce era carica di una leggera amarezza. Posò la scopa contro il muro e mi fece cenno di seguirla.

R: "Forza, accomodati."

Mi guidò nella sua stanza privata. Elegante, curata nei minimi dettagli, esattamente come la maschera che indossava ogni giorno. Sapevo che non la sopportava. Lo aveva ammesso qualche giorno fa. La stanza e la sua "personalità" le stavano strette.

Ci sedemmo su un divano di velluto. Era il luogo in cui Rosie riceveva solo le persone fidate. Charlie era stata qui. E ora c'ero io.

R: "Allora? Cosa mi racconti?"

Mi tolse il braccio da dietro le spalle, guardandomi con curiosità. Spostai lo sguardo sul pavimento.

Cosa avrei potuto raccontarle? Sapeva già tutto. Aveva accesso a ogni pensiero, ogni ricordo.
Eppure, una cosa non l'aveva scoperta.

A: "Credo di provare... certe emozioni."

Lo dissi a fatica, quasi come se quella frase fosse bloccata in gola.

Io, il demone della radio, provavo emozioni. Che notizia sconvolgente.

Rosie inclinò la testa di lato, curiosa come un gatto davanti a un topo.

R: "Ovvero?"

Sapeva esattamente a cosa mi riferivo. Voleva solo che lo dicessi ad alta voce. Si divertiva così, facendomi sudare per ammissioni banali.

A: "Credo di essere... i-... inna-"

La parola si impigliò tra i denti. Dire "innamorato" risultava più difficile che sventrare un demone.

R: "A tue parole, mio caro."

Sorrise con una sfacciataggine che mi fece irrigidire.

A: "Inna-"

R: "INNAMORATO!"

A: "...Sì."

R: "Si notava."

A: "...E hai comunque voluto farmi perdere tempo a dirlo."

R: "Certo! E ora, di chi?"

Abbassai lo sguardo, osservando le mie dita giocare nervosamente tra loro.

A: "Del padre di Charlie."

Per un attimo calò il silenzio. Poi Rosie spalancò gli occhi.

R: "Il Re?"

A: "Sì."

R: "Capisco perché Charlie vi abbia messo in stanza insieme."

Non risposi. Continuavo a fissare il pavimento.

A: "Non credo che ricambi."

Lo dissi piano, come se l'ammissione facesse più male di quanto volessi ammettere.

R: "Oh, e che ne sai? Magari scatta una bella scopata e si dichiara!"

A: "ROSIE!"

Le lanciai uno sguardo fulminante, arrossendo.

R: "Tranquillo, stavo scherzando."

Agitò la mano con disinvoltura e scoppiò a ridere.

A: "Sarà meglio..."

Sbuffai, incrociando le braccia. Rosie, però, continuava a ridere di gusto. Smise di ridere lentamente, asciugandosi una lacrima immaginaria dall'angolo dell'occhio.

R: "Ah, Alastor... chi l'avrebbe mai detto. Il demone della radio con il cuore che batte per il Re dell'Inferno."

Si alzò e fece un piccolo inchino esagerato, come se la situazione fosse una commedia teatrale e io ne fossi il protagonista.

A: "Non è così drammatico."
In realtà lo era. Più di quanto volessi ammettere.

R: "Oh, certo, certo. Dimmi, Lucifero lo sa?"

A: "Ovviamente no!"
Mi alzai di scatto, quasi offeso dalla domanda. Rosie rise di nuovo, stavolta più sommessamente.

R: "Perché non glielo dici?"

A: "Perché non voglio essere vaporizzato o trasformato in uno dei suoi esperimenti infernali. Ti sembra una buona ragione?"

Rosie si avvicinò, si sedette di nuovo, appoggiandosi con un gomito alla spalla di una poltrona. Il suo sorriso si addolcì, come faceva ogni volta che smetteva di scherzare.

R: "Alastor... Lucifero non ti farebbe mai del male. Almeno, non se Charlie è nei paraggi. Lo sai bene."

Abbassai lo sguardo. Aveva ragione, in parte. Lucifero era imprevedibile, ma la sua debolezza per Charlie era evidente. E lei sembrava provare una strana simpatia per me.

A: "Non è questo il punto."

R: "E allora qual è?"

A: "È complicato."

Rosie sospirò, girando gli occhi come se avesse sentito quella frase troppe volte.

R: "Lo è sempre, tesoro. Eppure... eccoti qui."

Fece un gesto vago verso di me, come a sottolineare la mia evidente confusione.

A: "Lui... è diverso."

R: "Diverso come?"

Mi sedetti di nuovo, tamburellando le dita sui braccioli del divano.

A: "Non saprei spiegartelo. Quando è vicino, tutto diventa più... quieto."

Rosie sollevò un sopracciglio.

R: "Quieto? Lucifero? Oh, ti ha proprio stregato."

A: "Non lo dire nemmeno per scherzo."

Mi passai una mano tra i capelli, frustrato.

A: "Forse è solo un'ossessione temporanea. Passerà."

R: "Sicuro?"

Il suo sguardo si fece più penetrante, come se volesse scavare dentro di me.

R: "Se fosse così, non saresti venuto qui a parlarne."

Le sue parole mi colpirono più di quanto avrei voluto. Mi limitai a rimanere in silenzio.

R: "Senti, Alastor..."
Si sedette accanto a me, con un tono più serio.

R: "A volte... certe cose non passano. Puoi ignorarle quanto vuoi, ma alla fine ti seguiranno ovunque. Anche qui all'Inferno."

Le lanciai un'occhiata di sbieco.

A: "Parli per esperienza personale?"

Rosie sorrise appena, ma stavolta il suo sguardo era distante.

R: "Forse."

Ci fu un lungo silenzio.

R: "Comunque, se decidi di fare qualcosa, fallo in fretta. Non credo che Lucifero sia il tipo che aspetta."

A: "Non ho detto che farò qualcosa."

R: "Certo, certo."
Si alzò con nonchalance, tornando a spolverare qualche oggetto inutile sullo scaffale.

R: "Ma se un giorno vedrò il Re con uno di quei tuoi sorrisi stampati in faccia, voglio essere la prima a sapere com'è andata."

A: "Se accadrà, sarai l'ultima a saperlo."

Rosie rise di nuovo.

R: "Ah, ma io lo saprò comunque, caro Alastor. Lo saprò comunque."

Sospirai, lasciando cadere la testa all'indietro contro lo schienale del divano.
Forse aveva ragione.
Forse.

Alastor: "...Sai che odi quando fai la misteriosa, Rosie."

Rosie: "Oh, non sono misteriosa. Sei tu che non vuoi affrontare quello che provi."

Mi limitai a borbottare qualcosa di incomprensibile, fissando il soffitto. Ogni tanto mi chiedevo perché continuassi a venire qui. Forse perché Rosie era una delle poche persone in grado di guardarmi dentro senza che glielo permettessi.

Rosie: "Quindi... che farai?"

Alastor: "Niente. È solo una fase. Non durerà."

Rosie: "Certo, certo. Sai, continui a ripeterlo... ma non sembra che ci creda nemmeno il demone riflesso nel vetro laggiù."

Seguii il suo sguardo verso una vetrina impolverata. Il mio riflesso mi restituiva un sorriso che sembrava più forzato del solito.

Alastor: "Pfft. Non ho bisogno di consigli sentimentali da una che ha letteralmente incatenato la mia anima al suo ombrello."

Rosie: "Oh, ma io e la tua anima andiamo molto d'accordo."
Fece roteare il suo ombrello con una grazia inquietante, come se fosse pronto a scattare da un momento all'altro.

Alastor: "Non dubito che vi siate scambiati confidenze alle mie spalle."

Rosie: "Sempre."

Non riuscivo a trattenermi dal ridere. Era la prima volta da giorni che mi rilassavo davvero.

Rosie: "A proposito, Lucifero ha detto qualcosa ultimamente?"

Alastor: "No. È questo il problema."

Rosie inclinò la testa, curiosa.

Rosie: "Oh? E perché mai? Pensavo che apprezzassi il silenzio del nostro caro Re."

Alastor: "Appunto. Troppo silenzio. Lucifero non sta mai zitto così a lungo. È... sospetto."

Rosie mi osservò per un momento, poi si lasciò cadere accanto a me, le gambe elegantemente accavallate.

Rosie: "Forse sta aspettando che tu faccia la prima mossa."

Alastor: "Tsk. Non succederà."

Rosie: "Che peccato. Avrei adorato vedere il grande Alastor fare il primo passo."

Mi voltai verso di lei, squadrandola con una finta severità.

Alastor: "Se non la smetti, ti lascio il negozio vuoto per un mese."

Rosie: "Sai che torneresti dopo una settimana. Non riesci a startene lontano da me."

Alastor: "Questo è perché possiedi la mia anima. Dettaglio importante."

Rosie: "Dettaglio insignificante, direi."

Mi alzai con uno scatto, stirandomi con esagerazione.

Alastor: "Bene. È stato illuminante come sempre, Rosie, ma ora devo andare. Sai, doveri infernali e tutto il resto."

Rosie: "Oh, certo, certo. Non farti farti sorprendere ad osservare o semplicemente fissare Lucifero."

Alastor: "Non lo fisso."

Rosie: "Come no."

Le lanciai uno sguardo irritato mentre mi avviavo verso l'uscita.

Rosie: "Ehi, Alastor."

Mi fermai, senza voltarmi.

Rosie: "Qualunque cosa accada... non ignorarla troppo a lungo."

Esitai per un secondo.

Alastor: "...Vedremo."

Uscendo dal negozio, l'aria di Cannibal Town mi accolse con il suo odore di carne bruciata e decadimento. Un tempo, quella sensazione mi dava un certo conforto. Ora sembrava solo... rumore di sottofondo.

Lucifero non mi usciva dalla testa. E il peggio era che, nonostante tutto, una parte di me non voleva che se ne andasse.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top