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~ Capitolo 2 - Oltre il sorriso ~

Lucifero 🍎:

Dopo aver fatto un giro con Charlie per l'inferno, rientrammo. Ero stanco, così decisi di rilassarmi un po'. Entrai nella stanza e vidi Alastor con la faccia incollata alla scrivania.

L: "Al? Tutto ok?"

Invece di rispondere, mi fece il dito medio e tornò alla sua posizione precedente. Sembrava triste, come se qualcosa lo stesse turbando. La mia curiosità aumentò. Mi avvicinai lentamente e appoggiai le mani sullo schienale della sua sedia, cercando di intravedere la sua faccia. Non sembrava affatto in forma; il suo sguardo vuoto mi incuriosì ancora di più. Cosa lo aveva ridotto così? Un tipo come lui non si mostrava mai vulnerabile; doveva esserci qualcosa di serio dietro quel comportamento.

L: "Che hai?"

Al: "Sono stanco."

Mentì, e lo capii subito. Volevo capire di più, quindi mi avvicinai ulteriormente, cercando di leggere la sua espressione. I suoi occhi erano persi nel nulla. Girò la testa, provando ad evitare il mio sguardo.

L: "Non dormi?"

Alzò la testa e poggiò il mento sulla scrivania. Non si mosse dalla sedia, ma notai che si stava toccando il petto, quasi tremando. Chiuse un pugno sulla sua camicia, come se quel punto gli provocasse dolore. E se fosse davvero così?

Al: "Non dirmi cosa devo fare."

Non risposi. Anche se il tono di voce che usò fu davvero sgradevole, preferii non replicare.

L: "Sai... dovresti imparare a nascondere meglio i tuoi segreti, almeno quando sei con me."

Girai lentamente la sedia di fronte a me. Aveva ancora il pugno stretto sulla camicia, e mi guardò con antipatia. Feci un passo verso di lui, allungando la mano verso il suo petto. Lui evitò il contatto, ma non mi fermai.

A: "Ma che vuoi fare?!"

L: "Voglio vedere cos'hai."

In un primo momento non rispose.

A: "Sono affari miei..."

Rispose con un'espressione tetra, cercando di allontanarsi da me. Peccato che dietro di sé ci fosse il muro.

L: "Scusa, ma cos'hai contro di me?!"

Mi lamentai come un bambino, mettendo il broncio.

A: "...Niente, mi fai solo antipatia."

Alzai gli occhi al cielo, esasperato.

L: "Non hai motivo di odiarmi."

A: "Certe volte sei fastidioso. Fai troppe domande invadenti, sei un asociale seriale, hai sempre quella goffaggine che fa venire i nervi, pur essendo un re. Devo continuare?"

L: " No dai, fai con comodo "

Gli dissi sarcastico. Si girò di nuovo verso la scrivania e mise la testa sopra il suo braccio.

A: "Sei fastidioso, come una spina nel fianco."

L: "Grazie per la sincerità."

Restammo in silenzio per un po'. Mi stesi sul letto, osservando lui che con un dito girava una moneta, probabilmente per noia.

L: "Ti posso fare una domanda?"

Si girò, ancora più infastidito di prima. Mi guardò con disprezzo, ma poi si calmò e tornò a fissare la moneta.

A: "Tanto parleresti comunque... Che vuoi?"

L: "Ma i cervi vanno in letargo, perché tu no?"

A: "Wow, che domanda stupida."

Si girò nuovamente verso di me. Per qualche motivo, il suo sarcasmo era difficile da capire, ma penso che in quel momento volesse esserlo. Continuammo a fissarci in silenzio, poi Alastor distolse lo sguardo e tornò con la testa sulla scrivania. Tra sguardi sul soffitto e pensieri che fluttuavano, passarono una ventina di minuti. Poi Alastor si alzò, prese un libro e si coricò dalla parte del suo letto. Smisi di pensare e mi accorsi finalmente di lui.

L: "Cosa leggi?"

A: "Un paio di cazzi tuoi."

L: "Che bel titolo, me lo presti?"

A: "Sogna."

Il silenzio avvolse la stanza. Ogni tanto ci scambiavamo degli sguardi, poi tornavamo entrambi alle nostre attività: lui al suo libro e io a guardare il soffitto. Dopo un po', Alastor si toccò il petto, si alzò e andò in bagno. Passò un po' di tempo e, alla fine, cominciai a preoccuparmi. Mi avvicinai alla porta del bagno e bussai.

L: "Alastor, tutto bene?"

A: "Sì... Cazzo..."

L: "A me non sembra."

A giudicare dal suo tono, non sembrava stare affatto bene. Sembrava sul punto di urlare dal dolore.

A: "Non entrare."

L: "Perché?"

A: "Cazzi miei."

L: "Hai rotto il cazzo con sto 'cazzi miei'."

Entrai nel bagno. Alastor era seduto per terra, il petto lacerato con un tentativo di cucitura mal riuscita. Quando mi notò, i suoi occhi divennero neri come le tenebre.

A: "TI AVEVO DETTO DI NON ENTRARE! ESCI SUBITO!"

L: "Ma neanche per il cazzo."

Alastor sbuffò, poi, con riluttanza, mi acconsentì ad aiutarlo. Mi sedetti sulle ginocchia e, con cura, aprii completamente la camicia semiaperta. Mi passò del cotone e del disinfettante. Lo usai per pulire la ferita. Alastor continuava a muoversi e a emettere versi di dolore.

A: "Non puoi... che so, fare una sorta di incantesimo di guarigione?"

L: "Che cazzo ti sembro, Harry Potter?"

A: "Che sarebbe?"

L: "Tu non-... sai cosa? Non importa."

H: "Al, sei lì dentro?"

Era Husk, che continuava a bussare incessantemente. Alastor sembrava davvero irritato.

L: "Cosa facciamo adesso?"

A: "Posso sopportare, ho passato di peggio."

Ci alzammo. Mi sistemai la giacca e mi sedetti sul letto, facendo finta di non essere interessato. Alastor si sistemò la camicia e aprì la porta.

A: "Che cosa c'è?"

H: "Posso parlarti un momento?"

Alastor si guardò intorno, poi fissò me con uno sguardo indeciso. Alla fine, accettò e uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. Ovviamente, da bravo re, mi affrettai a origliare. Che posso dire, mi piace ascoltare i fatti degli altri.

A: "Che vuoi?"

H: "Rosie è alla porta, credo sia incazzata."

Al: Porca troia, ho scordato di andare al suo negozio

H: Va bene, allora torno al bancone...un' altra cosa

A: Si?

H: ....P-Per caso hai..*👌👈* con *indica la stanza*

Al: Cosa?! NO, MA COME TI VIENE IN MENTE?!

H: Ah-..scusa sono io che ho frainteso

Al: Tu- io- Ugh, lasciamo stare, ci vediamo più tardi

H: Ciao

L: 💭Ma che cazz..

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