Epilogo - Have Yourself a Merry Little Christmas
Here we are as in olden days,
happy golden days of yore.
Faithful friends who are dear to us,
they gather near to us once more.
Through the years
we'll always be together,
if the fates allow.
So have yourself a merry little Christmas.
Have Yourself A Merry Little Christmas -
Sam Smith
Le note provenienti dalla filodiffusione stradale richiamano l'attenzione di un uomo d'imponente statura e dal sembiante austero: il professor Ben Solo, docente di Storia presso il Boston College. I caroselli intonati per strada dai bambini delle scuole lo riportano al corrente periodo dell'anno: il più fervido di preparativi. Lui, così pragmatico e serrato nel suo mondo ermetico, non vi pone mai troppo caso. Si guarda intorno mentre passeggia con la sua tracolla di cuoio invecchiato, carica dei test di verifica degli studenti del corso di Storia Contemporanea. Una zaffata di vento più impetuosa gli fa sollevare il bavero del cappotto per coprirsi meglio.
Tutt'intorno è già un pullulare di decorazioni; i negozi di giocattoli trabordano di colori dal verde scuro di buffe calzamaglie degli "elfi addetti alle vendite", al rosso di fiammanti trenini in latta, schiaccianoci di legno dipinti a mano e ammiccanti e paffuti babbi Natale realizzati in ogni materiale adatto agli usi più disparati, gioia dei piccoli festanti e disperazione dei portafogli di mamme e papà. Il professore si ferma nella nota catena dei negozi di giocattoli FAO Schwarz e compra una di quelle piste con binari motorizzati e trenino in latta. Da bambino gli piacevano davvero tanto, non sa cosa regalare alla bambina che si recherà presto in visita a casa loro. Spera di aver scelto bene. Si sente come un pesce fuor d'acqua in quella che, per lui, non è stata la consuetudine degli ultimi anni. Ciònonostante si cala nel ruolo e porta a compimento il resto delle commissioni, prima di fare rientro verso la sua villetta di Beacon Hill. In un negozio di maglieria molto pregiata passa a ritirare un pullover di chashmere sulle tonalità del tortora e avio, impreziosito da bottoni gioiello in madreperla e fatto realizzare apposta per Lady Tano, la donna che il professor Solo considera una seconda madre e che, da qualche mese, vive con lui. Nella nota via dello shopping, Newbury Street, acquista invece degli orecchini per sua madre e un orologio da collezione Breitling Super Chronomat serie anni '80, per il generale Solo, suo padre.
La musica natalizia riempie ogni traversa e negozio mentre il professore fissa in maniera fuggevole la sua immagine che rimbalza da una vetrina all'altra, nel mentre che affretta il passo per terminare il prima possibile la sua missione.
Tutta quella frenesia che gli sfarfalla intorno, un tempo, non faceva che acuire il suo senso di inadeguatezza verso la vita, verso i rapporti sociali che non aveva, se non di lavoro o per necessità.
Eppure ora, nel pieno del "periodo più bello dell'anno", si ritrova a fare considerazioni di tutt'altro tipo.
Parcheggiata l'auto nel vialetto, inforca i pochi gradini che lo separano dall'uscio, frugando in cerca delle chiavi di casa con le mani cariche delle borse degli acquisti. È d'umore che fa invidia al Grinch, quando colei che considera la creatura più celestiale sulla terra spalanca la porta dall'interno e gli offre prontamente il suo aiuto. Gentile, si prodiga nel depositare ai piedi di un imponente albero di natale le confezioni delle dimensioni più disparate. Poi raggiunge l'uomo che è ancora imbrigliato tra pastrano, tracolla e chiavi, che cascano da una tasca sul parquet color frassino. La donna dipana l'intreccio della sciarpa annodata alla cinghia di cuoio della borsa da lavoro, aiutandolo a sfilare il soprabito e scrolla qualche fiocco di neve incastrato tra le ciocche corvine del professore; deposta la valigetta sul Chester a lavorazione capitonnè, si solleva in punta di piedi per salutarlo a dovere con un bacio sulla fronte, prendendogli il viso tra le mani e gli si stringe su una spalla.
Through the years
we'll always be together,
if the fates allow.
So have yourself a merry little Christmas
Le note di Have Yourself A Merry Little Christmas arrivano dallo stereo acceso mentre il professor Solo e Rey, sua moglie, si guardano in silenzio. Lo bacia teneramente sulla fronte, cullando quel residuo di malinconia che ogni tanto torna a opprimerlo. La stessa che l'ha fatta innamorare di lui e che solo lei riesce a sostenere senza crucciarsene, avendo imparato il modo di soffiargliela via dal cuore, quando si fa troppo pesante.
Ben Solo stringe sua moglie, affondando il viso tra i suoi capelli profumati di mela, rosa e cannella e non può fare a meno di pensare che la vita non sia mai stata tanto dolce, da molto, molto tempo.
«Credevo ti avesse inghiottito un Sarlacc» lo canzona la docente di Psicologia.
«Mi sono sacrificato per il bene comune. È stato straziante ma te lo dovevo» le sorride lui fronte contro fronte con le mani poggiate sui fianchi di lei. «Tu piuttosto, dovresti riposare, cos'è questo profumo, dunque?»
«L'arrosto di Bantha, brontolone. E non ho fatto tutto da sola»
Pochi istanti dopo, entrato in cucina, Solo nota un'affaccendata Lady Tano sfornare la seconda teglia di omini di pan di zenzero.
«Zia Tano» sorride il professor Solo, «ci stai viziando» termina, cingendola per le spalle e posandole un bacio sui capelli d'argento. «Non dovete stancarvi. Ho detto più volte a Rey che possiamo prendere una governante.»
«Lascia perdere, ragazzo» lo dissuade la donna, «io e la tua signora ci divertiamo un mondo da quando siamo a casa insieme. Ci godiamo questo bel periodo di tranquillità per entrambe. Siamo una bella squadra e gli ospiti da Lacey saranno qui tra due giorni. Ci stiamo portando avanti con i preparativi per accoglierli a dovere.»
«State cucinando per l'aviazione degli Stati Uniti, Ahsoka, questa è la verità» brontola il professore mentre Rey è ancora intenta a sistemare i pacchetti, di là in salotto.
«Mia madre e Nance sicuramente stanno preparando altrettanta roba» puntualizza Solo.
«Non preoccuparti, Ben. Io e Leia ci siamo divise i compiti così che nessuna di noi si stanchi troppo» lo rassicura l'anziana donna, tenendogli una mano tra le sue.
«È molto generoso da parte tua aver invitato le persone che per tua moglie rappresentano la sua famiglia. Sei un brav'uomo, Ben e sono fiera di te» continua Lady Tano. Il professore, che di austero ha mantenuto solo l'espressione, trae a sé la donna, stringendola e sorridendole genuinamente. Farebbe di tutto per colei che considera una seconda madre e per Rey, per vederle felici. Riporterebbe in vita Peter, il suo migliore amico, il figlio di Lady Tano, se fosse in suo potere.
«So che rivedere Dameron e gli amici di Rey rende felice anche te, Ahsoka. Non lo faccio solo per lei» asserisce fermamente Ben.
Dopo cena, Lady Tano li saluta per andare a riposarsi ed è il loro momento, quello nel quale Rey e Ben si ritrovano, dopo una giornata di lavoro. Il momento nel quale si confrontano, dialogano o sorseggiano una tisana calda guardando un film; ché tra loro di parole non ce n'è mai stato troppo bisogno.
Rey gli ha detto sì, a inizio settembre, dopo aver passato insieme il resto dell'estate a Lacey, Ben l'ha portata al monastero di Skellig Michael, in Irlanda. La cerimonia informale è stata officiata dallo zio eremita del professore: Luke. Erano presenti solo loro tre. Al ritorno a Boston, quando a Rey è stata assegnata la cattedra di Psicologia per un altro anno, lei e Ben hanno formalizzato la loro unione davanti alle legge e agli uomini, in municipio. Il sindaco Organa, madre di Ben Solo, ha celebrato il rito civile alla presenza di pochissimi invitati.
A Rey è servito tutto il poco coraggio che possiede, in queste situazioni, per informare Poe, Finn e Rose - gli amici di una vita - della novità e a loro non è venuto un colpo, per poco. Vestita di un semplice abito in stile impero, aveva chiesto a Finn di darla in sposa a Ben, e invece... il generale Poe Dameron, assicuratosi che né al professor Solo, né a Jen potesse dare fastidio la sua decisione, è stato lui ad aver concesso Rey, all'uomo che ama.
I due ex contendenti si sono guardati in maniera schiva, davanti al pulpito appositamente addobbato nella Sala Grande del municipio di Boston. Solo una frazione di secondo, un mutuo cenno di reciproco assenso che ha racchiuso l'implicita raccomandazione, da parte del blasonato generale dell'aviazione statunitense, all'indirizzo del docente di Storia.
In un tempo non lontano Poe Dameron non avrebbe potuto concepire un simile epilogo; Rey è stata la donna che ha amato per molti anni ma la vita prende strade inaspettate, a volte inevitabilmente contorte e dolorose. Eppure arriva sempre il momento nel quale la sofferenza lascia nuovamente posto alla gioia, alla scintilla di speranza che ha donato al generale Dameron e Rey il modo di volersi ancora bene senza più farsi male, una nuova vita per entrambi. Soltanto un anno prima, tutto questo sarebbe sembrato irrealizzabile.
Un lungo viaggio porta Jen, Poe e scimmietta verso Boston, la città più europea degli Stati Uniti. La bambina è emozionatissima in questa felice occasione perché la sua mamma è tornata a camminare da qualche mese - anche se la ferraglia viaggia comunque con loro, per i momenti nei quali Jen è stanca. Per Lily è incredibile sedere nei posti in prima fila, in aereo, e tenere la mano ai suoi genitori durante la fase del decollo. Ha incastrato la sua scimmia di peluche, Mrs.Nesbitt, e il funko pop personalizzato di Buzz Lightyear, ultimo regalo di suo padre, tra il sedile e il suo corpo. Guarda il suo papà e gli stritola la mano quando la gravità la appiattisce contro il sedile e si sollevano. E lui ricambia con mille piccoli baci adoranti sul dorso della sua piccola mano. Una volta stabilizzatisi in quota e staccate le cinture di sicurezza, il generale Dameron porta sua figlia nella cabina di pilotaggio.
«Questa è più grande di quella del tuo aereo, papà!» esclama la bambina incantata dalla quantità di luci e tasti sulle pulsantiere. «Da grande farò il pilota, come te» asserisce determinata la cucciola, riempiendo d'orgoglio l'ufficiale.
Qualche ora più tardi, i tre sono sul taxi che li conduce verso l'albergo che li ospiterà. Rose e Finn arriveranno l'indomani, proprio il ventiquattro mattina, per la vigilia. Poe ha deciso invece di partire con un po' di anticipo per godersi di più Lady Tano, e Rey naturalmente. È il ventitré dicembre e nevica copiosamente. Il manto candido distende il suo pallore lunare sui tetti dei caseggiati a mattoncini rossi. Lily non resiste a ingaggiare una battaglia a palle di neve, appena scesa dal taxi, nel piazzale del parcheggio antistante l'ingresso dell'hotel. Travolge i genitori e, guantini zuppi gettati sulla neve, continua scalmanata a mani nude, fino a che suo padre non la prende di peso per potarla al caldo. È diventata paonazza dal gelo. Jen recupera i guanti e finalmente i tre possono registrarsi alla reception: famiglia Dameron, tre persone nella family suite - che a poco servirà, vista l'abitudine di scimmietta di dormire accollata a suo padre. E nel lettone gli si attorciglierà più comoda che mai, ma il generale ci spera ugualmente che, attratta dalla magia del posto che ha scelto appositamente per lei, possa ritagliarsi qualche attimo di intimità con la sua dolce metà.
Il concierge consegna loro i bagagli nella suite Casa sull'Albero: due camere comunicanti in cui seguire il sentiero incantato popolato dalla riproduzione degli animali della montagna e dove è possibile arrampicarsi con i bambini sulla casetta di legno, in cima alla quale c'è il loro lettino, come in un vero bosco incantato. Una vasca idromassaggio con il profumo dei legni aromatici emanati da diffusori posti lungo il bordo e tanti comfort per le mamme e i papà. Scimmietta sgrana gli occhi e corre ad arrampicarsi sul suo letto che, ovviamente, Poe e Jen già sanno che occuperà solo di giorno, nei momenti in cui non staranno da Rey, con zia Tano, Finn e Rose.
Gli ospiti tanto attesi giungono a casa del professor Solo nel primo pomeriggio. A fare gli onori di casa si fa loro incontro una Rey trepidante. Li accoglie con calore e, superato l'imbarazzo iniziale, abbraccia per prima Jen; è felice della sorpresa di vederla camminare, poi si china per accogliere Lily. L'ultimo abbraccio, appena più stretto e prolungato è per il suo Poe. Credeva non avrebbe più potuto stringerlo in quell'intreccio di anime così rassicurante. Si perde un momento sulla sua spalla, godendo del tepore familiare che le perviene dal giaccone di lui: quell'odore di menta, tabacco e sandalo che sa di casa, dell'infanzia lontana trascorsa a Lacey insieme a chi l'ha curata, crescendola con un amore viscerale e puro. Qualche attimo dopo si ritrovano tutti in cucina, dove hanno raggiunto Lady Tano intenta a preparare della cioccolata calda per gli ospiti infreddoliti. Il tutto da accompagnare al primo assaggio degli omini di pan di zenzero che scimmietta ha già adocchiato entusiasta.
«Rey, non avevi lezioni oggi?» chiede Jen mentre Poe osserva le due donne un tantino in imbarazzo. Avendo guardato la moglie del professore un po' più a lungo, all'occhio attento del generale non é sfuggito il perché Rey sia a casa già alle tre del pomeriggio.
«Io, io sono in maternità» Rey fuga ogni dubbio.
«Oh, non avevo notato. Scusami» si disimpegna Jen, non volendo essere inopportuna.
«Non preoccuparti, Jen. Non è molto evidente ancora, nonostante sia alla fine del quarto mese. Tuttavia ho avuto delle piccole perdite così mi è stato ordinato riposo» precisa la ragazza.
«E non prendi pace mai abbastanza» la redarguisce Lady Tano, accarezzandola sui capelli.
«Quindi qui c'è un bimbo?» chiede Lily, tutta curiosa, poggiando l'orecchio sull'addome di Rey e carezzandolo con la manina in modo che il maglione aderisca, mostrando il ventre arrotondato all'espressione sorpresa di Jen e a un Poe che non toglie lo sguardo di dosso alla sua donna, attento a scrutarne il minimo incrinarsi d'umore, nonostante le frasi di facciata.
«Auguri, Rey. Scusa non avevo idea e... certo devi riguardarti, lascia che finisca io, qui, con Lady Tano» propone Jen mentre le due donne si passano tazze, piattini e cucchiaini per la merenda che li attende. «Poe, perché non vi sedete di là in soggiorno mentre io aiuto Ahsoka? Sono certa che tu e Rey abbiate tante cose da raccontarvi, noi invece faremo chiacchiere tra donne» suggerisce Jen. E, se dapprima Poe si mostra riluttante all'idea di appartarsi nell'altra stanza con Rey, il tacito consenso degli occhi fiduciosi della sua Jen lo convince.
Rey e Poe siedono sul Chester e dopo alcuni istanti di silenzio é l'uomo a rompere il ghiaccio «dunque sei incinta da questa estate, Rey?»
«Sì, da quando Ben mi ha portata a Skellig Michael e mi ha chiesto di sposarlo. Non è stato programmato ma è successo e...» non continua, temendo di ferire l'uomo che un tempo ha amato, quello da cui ha quasi avuto un figlio, perso in una circostanza estrema. Si ammutolisce Rey, portando le mani sui reni a una piccola fitta che le strappa un lamento.
«Stai male? Ti accompagno di sopra a distenderti» fa per alzarsi lui, premuroso, prendendo le mani della ragazza tra le sue.
«No, no, Poe. Tranquillo è tutto ok; si è solo mossa e mi ha tirato un calcetto nel costato ma non è pericoloso» lo rassicura, invitandolo a prendere nuovamente posto accanto a lei.
Abbassa lo sguardo Rey e prende un ampio respiro, seguitando a tenere le mani di lui con entrambe le sue.
«Poe» emette la giovane con un filo di voce, «la vuoi sentire?»
Il generale dell'aviazione degli Stati Uniti la guarda intenerito. «Si muove di già? Hai detto se voglio sentirla? È una femmina quindi?» chiede emozionato.
Rey gli prende le mani e le porta sul suo ventre; la bimba sussulta come avesse potuto avvertire il tocco familiare di quell'uomo gentile che per tanti anni si è preso cura della sua mamma. Lui fissa stupito prima il grembo, poi il volto della ragazza con la quale è cresciuto.
«Si chiamerà Shara» sussurra Rey non distogliendo mai gli occhi da quelli del suo Poe che si sono riempiti di una commozione che non può contenere.
«Io e Ben abbiamo deciso che si sarebbe chiamato Peter, come il figlio perduto di Lady Tano, se fosse stato un maschio. Shara, come tua madre, se fosse arrivata una femmina» precisa la giovane madre, «è il minimo che possa fare per ricordarla e tenere te e la tua famiglia, Poe, sempre accanto a me.»
«Rey... io non so che dire.»
«Non dire niente allora. Meriti questo e altro per essermi sempre stato accanto. Perché tu, i tuoi genitori, Finn e Rose siete la mia famiglia, l'unica che abbia mai avuto.»
Poe la stringe a sé, nascondendo più di qualche lacrima tra i suoi capelli dai toni caldi. Non passa troppo prima che scimmietta irrompa, reclamando a gran voce suo padre.
«Papà, papà, vieni. E anche tu, Rey; ci sono i biscotti, il tè e la cioccolata calda» fa le feste il piccolo pulcino di casa, tirando il generale e la professoressa per le maniche dei loro maglioni. Poe offre il braccio a Rey e raggiungono Jen e Lady Tano. Questo è lo scenario che Ben Solo osserva appena varcata la soglia della cucina, rientrato dal campus: la sua Rey con le persone a lei care, quelle del passato e del presente.
Prontamente Jen si fa incontro al professore per salutarlo.
«Jen!» esclama Solo, «che meraviglia, io non sapevo avessi ripreso a camminare, sono davvero contento che tu stia meglio. È una gran bella novità.»
La donna lo bacia su una guancia, ponendosi in punta di piedi, vista la notevole statura di Solo. Subito dopo si susseguono le strette di mano tra Poe e il padrone di casa, seguite da una pacca amichevole l'uno sulla spalla dell'altro.
Dopo cena Jen, Poe e scimmietta prendono commiato; un taxi li riaccompagna presso il loro albergo, nel centro di città. Solo si è offerto di riportarli con la sua auto ma Poe ha insistito perché restasse con la sua famiglia, non intendeva approfittare oltre della loro generosa ospitalità.
Una volta in albergo, i tre sono avvolti da un ambiente caldo, interamente ricoperto in legno con una vista lunare, dalla camera padronale a quella più piccola della bimba, dove una finestra è ricavata proprio nel tronco d'albero accanto al cuscino e le permette di veder cadere la copiosa nevicata. A ogni modo lei, infilato il pigiamino felpato, si rintana tra il tepore del piumone matrimoniale e il calore dei corpi di mamma e papà. Seppellisce manine e piedini gelidi tra le gambe e sotto le braccia del suo principe dalla barba soffice come una nuvola e si addormenta in men che non si dica mentre lui le canta una canzoncina e le tenere mani di sua madre inanellano i suoi boccoli castani.
Una volta certi che dorma, Poe prende la mano di Jen portandone il dorso alle labbra per baciarlo. «Jen sei sicura che non ti rattristi vedere Rey in attesa? Sai, per quella questione di provare ad avere un figlio nostro e la decisione di restare solo con Lily?»
«Poe» lo rassicura lei, «no, sono felice per lei. Ha sofferto tanto. Nelle mie condizioni precarie un'altra gravidanza sarebbe rischiosa. Ho già provato la gioia di sentir crescere una vita dentro di me, e quel ricordo mi accompagna come fosse accaduto ieri; non ho rimpianti. E poi tu hai riempito d'amore la nostra vita, ancora di più. Hai adorato Lily dal primo istante anche se non ha il tuo sangue. Sei un uomo dal cuore grande, Poe Dameron.
Piuttosto, c'è qualcosa che ti turba a proposito della gravidanza di Rey? Ti riporta alla mente brutti ricordi?»
«Assolutamente, Jen. Sono felice per lei.»
«Chiamerà la bambina Shara, come tua madre. Rey è stata molto dolce a pensare a te, a un qualcosa che potesse farti avere un'altra Shara nella tua vita.»
A quel punto gli occhi lucidi dell'uomo fuggono quelli di Jen ed è dunque lei a baciare il palmo della mano di lui, che porta su una guancia. «Sono così fiera di te, Poe» gli carezza i ricci scuri, spruzzati qua e là d'argento. Poi riporta i grani di caffè scuri, di lui, nelle proprie pupille.
«Lo sai che l'ho chiamato, Jen?» se ne esce d'improvviso il generale.
«E me lo dici così?» ribatte lei con il cuore in gola. «Hai chiamato tuo padre? Quando?»
«L'ho chiamato prima. Ero in bagno e voi vi stavate cambiando.»
«E che gli hai detto?» chiede Jen esterrefatta.
«Gli ho detto: Ehi, Kes, ciao sono Poe e... poi che a capodanno sarà con noi!» asserisce laconico.
«Gli hai detto proprio così? Senza giri di parole?»
«Neanche mezzo. Conciso e diretto.»
«E lui? Che ti ha risposto?»
«Che ci sarà.»
È la vigilia di Natale e, seduti attorno al grande tavolo della sala da pranzo di casa Solo, il padrone di casa osserva i commensali conversare animatamente tra loro.
Complice qualche bicchiere di troppo del pregiato californiano, primitivo Zinfandel, dalle note speziate di viola e dal gusto avvolgente che va dall'amarena, alla cannella, fino al pepe, Ben osserva il trio felicemente ricomposto generale Dameron-Rey-Finn. Divertito, torna con la memoria a poco più di un anno prima, a quando li ha visti insieme per la prima volta, nel basement di Lady Tano dove Rey alloggiava e, poche ore dopo, dimenarsi in balli sfrenati in uno dei localini disseminati nei pressi del campus. Si sente improvvisamente molto imbarazzato al pensiero della gelosia pungente che lo aveva divorato a quel tempo, quando credeva che Rey fosse invischiata in un ménage à trois di dubbio gusto.
Non può che darsi dell'idiota magistrale per aver dubitato di Rey che non aveva mai vacillato, neppure quando si era scoperta innamorata di lui ma, per senso di dovere, era restata con l'allora tenente colonnello Dameron, suo fidanzato.
Sorride Ben, osservandoli ora. Con fare benevolo, gli occhi che paiono narrare di mille storie, quelli di Lady Tano, si posano su ognuno dei presenti in una carezza calda. L'esuberante generale Han Solo prende la mano alla sua signora per farla poi volteggiare tra le sue braccia, al ritmo delle canzoni natalizie diffuse da un giradischi: il primo regalo di Rey a suo marito, il diciannove novembre, giorno del suo compleanno; il primo dei molti compleanni che la giovane si augura insieme a lui, come signora Solo, mentre siede sulle sue ginocchia e con fare quasi infantile gli poggia il capo sull'ampia spalla, cingendogli l'altra con entrambe le braccia.
Dopo una cena prelibata e degna di un reggimento Jen, scimmietta, Poe, Rose e Finn si sfidano in una manche alla risposta più veloce dell'ultima edizione di Trivial Pursuit. E benché ancora molto piccola, Lily che fa squadra con il suo super papà, riesce a dare filo da torcere a Finn.
Rey seguita a sorseggiare la sua tisana ai frutti rossi, cullata dal tepore del l'abbraccio di Ben che con una delle grandi mani accarezza il ventre di sua moglie mentre con l'altra le sfiora i capelli, baciandola sulla fronte.
Lady Tano s'è addormentata, nonostante il trambusto, sulla sua poltrona impunturata, di velluto verde. Un vecchio plaid sulle gambe e il piccolo bulldog francese Gary, suo inseparabile fedele amico che le fa compagnia, assopito anch'egli.
Faithful friends who are dear to us,
they gather near to us once more.
Amici vicini e lontani, tutti insieme. Qualcuno manca. Qualcuno mancherà per sempre ma, come ai vecchi tempi, nei felici giorni d'oro passati, sono con coloro che sono più cari.
La mattina del rientro a Lacey, Poe, Jen e scimmietta trovano una lieta sorpresa ad attenderli per l'ultimo dell'anno. Oltre alla maggiore delle sorelle Lindley e suo marito Jake c'è nonna Evelyn, giunta da Capeside. Un'emozione incontenibile per Jen che corre ad abbracciare l'amata nonna: la donna che l'ha cresciuta.
Evelyn non aveva mai approvato la scelta di sua figlia di legarsi a un uomo avido e calcolatore. Seppe essere madre per le tre nipoti, modificando le sue rigide convinzioni religiose e meramente teoriche pur di recuperare e confortare tre povere creature sole al mondo. E ci era riuscita, eccetto per la piccola Amy che non ce l'aveva fatta.
Poe è onorato di conoscerla; al funerale di Amy non è potuto esserci perché a settembre si trovava in Iraq, nell'ultima missione prima di essere promosso di grado. La sorpresa più grande però, per l'aviatore, arriva qualche momento dopo.
Scorge una sagoma in lontananza, quando da sotto il poggiolo, all'ingresso, volta il viso verso l'angolo della strada sovrastato da un cielo che il tramonto incendia di un rosa acceso intriso di nuvole di panna montata ripiene di cristalli di ghiacchio.
Poe recatosi a prendere della legna, fuori, è rimasto attratto udendo i caccia che hanno appena infranto il muro del suono con il loro roboante ruggito, solcando i cieli della contea di Thurston. Poco dopo, i suoi occhi si posano su un'ombra scura contro la porzione di cielo dai colori vivaci che divide, in maniera immaginaria, le sagome di pece dei caseggiati. Reca, in una mano, un bagaglio: oggetto assolutamente demodè, sostituito ormai da tempo dai più pratici trolley. Solo un uomo attempato e testardamente abitudinario può incaponirsi a volerne ancora fare uso. Una valigia sì, non può essere che quel cocciuto di suo padre che s'ostina a trascinarsela dietro - ma Poe sa bene che la valigia è simbolo di un qualcosa da cui Kes non può né vuole separarsi. È il gancio che lo ancora al passato e che gli ricorda le vacanze lontane: quando lui e Shara, insieme al piccolo Poe, trasportavano insieme alle loro pesanti masserizie speranze, sogni, giocattoli, infiniti cambi di vestitini per un ometto in miniatura e pappe, insieme alla visione di un lungo futuro radioso dinnanzi.
Poe discende trafelato i pochi gradini del portico, imboccando l'uscita per andare a passo svelto verso l'angolo della strada, non prima di aver degluitito faticosamente come stesse mandando giù un rovo di spine.
A mano a mano che il passo del generale s'allunga verso il genitore, la figura di Kes Dameron pare raccorciarsi insieme alla sua stessa ombra. Nel fulgore di quel tramonto Poe allenta il fiero passo di marcia, esitante, come di fronte a un nemico temuto: la sagoma che gli si fa incontro, lievemente ingobbita, emerge dall'ombra rivelando un volto scavato dall'impietoso trascorrere degli anni.
Ampie occhiaie contornano due occhi grandi, scuri e acquosi circondati da una folta cortina di ciglia grigie.
Inarca le sopracciglia, guardando suo figlio. Una fitta gli punge il cuore ricordando l'ultima volta che ha visto gli occhi del suo ragazzo.
Occhi feriti e disillusi, rabbiosi. Occhi di chi attribuiva a suo padre tutti i mali del mondo.
Poe si forza di vincere il misto di imbarazzo e timore che lo hanno bloccato di fronte a Kes. Quanti anni sono passati? Anzi no. La domanda che l'aviatore si pone è: Perché sono passati tanti anni di silenzi assordanti?
Poi ricorda che non è mai saggio chiedersi il perché delle cose. La vita è ciò che succede come conseguenza delle proprie azioni, in un misto di circostanze e incontri già predestinati. E nel frattempo è sempre utile guardare al solo presente: l'attimo che abbiamo il dovere di sfruttare con intelligenza.
Mentre i pensieri si rincorrono nella mente dell'alto ufficiale le sue mani si sono già mosse a sollevare suo padre dal peso della valigia. Gli sfiora le mani fredde e ruvide, dalla pelle aggrinzita. Tremano un poco mentre lascia andare il bagaglio, come pure la voce, mentre saluta a monosillabi il suo ragazzo.
«Papà, ti avevo detto che sarei venuto a prenderti. Hai un bagaglio tanto pesante. Sui mezzi pubblici, poi.»
L'aviatore scuote la testa in segno di preoccupazione. Non c'è rimprovero ma gli occhi dell'anziano padre si abbassano tristi sotto il peso perenne e soffocante di non essere mai riuscito ad ascoltare suo figlio.
«Ho portato dei regali. Uno per ogni anno lontano da te. Sono tanti e mi serviva un posto dove metterli tutti. Ci sono anche quelli per gli altri» tentenna il distinto signore avvolto nell'elegante pastrano spigato, in angora.
Maledicendosi di averlo ferito, senza avere avuto la benché minima intenzione di farlo peraltro, Poe lascia cadere dalle mani la valigia che emette un tonfo sordo sulle assi di legno. Le sue braccia robuste avvolgono con impeto il corpo esile e curvato dai dispiaceri della vita, del genitore. L'aviatore si stringe convulsamente sulla spalla di suo padre, che ha tratto a sé, mentre la mano calda e rassicurante del generale smuove con dolcezza le ciocche grigie dell'uomo che è rimasto immobile a quel gesto, fino a che le mani esili si sono mosse a cingere le braccia forti del suo ragazzo, aggrappandovisi nella ricerca di un calore che il vecchio Kes Dameron si è costretto a dimenticare, con l'andare del tempo.
Singhiozza suo figlio, sulla sua spalla. Lo stringe con forza e una dolcezza attenta a non fargli male. Freme nel percepire il contatto con quel corpo smagrito che non ha più nulla del gigante possente e forte che lo faceva piroettare nell'aria, nel giardino di casa loro: lo stesso dove si trovano ora.
Adesso è un figlio adulto e nel pieno delle forze a sorreggere un padre stanco mentre gli scorre le dita sul volto emaciato, asciugando le lacrime che hanno finito per scalfire anche l'ex tenente dell'esercito.
Il rumore della valigia che ricade pesantemente richiama l'attenzione di Jen, dall'interno. La donna va a controllare che tutto sia a posto e quando fa per aprire la porta si tritrova davanti il suo Poe che stringe a sé un uomo non più giovane. Scimmietta reclama suo padre, nello stesso istante.
«Papà, il pranzo è pronto, aspettiamo solo voi e... tu sei il nonno?»
Il vecchio Kes Dameron strabuzza gli occhi dalla sorpresa a quella vocina entusiasta che chiama "papà" suo figlio.
«Poe?!» l'uomo riesce appena a replicare, annebbiato dallo stupore. Per quanto ricordi suo figlio Poe è sterile a causa di un varicocele scoperto a quattordici anni.
«Papà» replica, «ci sono tante cose che devo dirti.»
Jen, premurosa, invita i due uomini al caldo «ben arrivato, signor Dameron. Entriamo, è freddo.»
«Kes» risponde l'uomo, «chiamami Kes. Niente formalità, cara fanciulla» annuisce lusingato dalla dolcezza che un sorriso angelico dipinge sulle labbra color ciliegia della donna.
Tutti prendono posto, Poe nel mezzo tra suo padre e sua figlia. Guarda Jen, seduta di fronte a lui; sorride a nonna Evelyn e a Tess che finalmente pare aver ritrovato anche lei la serenità, da quando le trasferte di Jake sono meno lunghe.
Ognuno di loro è stato fin troppo relegato a una solitudine forzata; le sorelle Lindley, nonna Evelyn, Kes stesso, da quando è morta sua moglie, e non ultimo Poe sempre sul filo di un destino senza radici e senza nuvole perché, benché ci vivesse in mezzo alle nuvole, il peso dell'incertezza che ha sempre portato sul cuore non lo abbandonava un secondo, seppure abilmente dissimulato dal suo perenne fare scanzonato.
Ognuno dei presenti ha trovato, negli anni, il modo di sopravvivere al proprio dolore e alla solitudine, in qualche modo. Tuttavia oggi è il giorno nel quale un destino complice ha ricomposto, unito e guarito quelle ferite, facendo in modo che le persone presenti si incontrassero al momento giusto, per una volta: una volta che vale la vita stessa.
È mezzanotte e si brinda al nuovo anno. Poe Dameron, con la piccola Lily abbarbicata al suo collo, legge uno dei suoi passi preferiti da Il Canto di Natale di Dickens - quello che gli leggeva sempre sua madre, finché ha potuto.
Ci sono molte cose, credo, che possono avermi fatto del bene senza che io ne abbia ricevuto profitto e Natale è una di queste... un periodo di gentilezza, di perdono, di carità, di gioia... nel quale uomini e donne sembrano concordi nello schiudere liberamente i cuori serrati e nel pensare alla gente che è al di sotto di loro come se si trattasse realmente di compagni nel viaggio verso la tomba, e non di un'altra razza di creature in viaggio verso altre mete.
Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l'anno.
Egli era abbastanza saggio da sapere che su questo globo niente di buono è mai accaduto, di cui qualcuno non abbia riso al primo momento.
E sapendo che in ogni modo la gente siffatta è cieca, pensò che non aveva nessuna importanza se strizzavano gli occhi in un sogghigno, come fanno gli ammalati di certe forme poco attraenti di malattie.
Il suo cuore rideva e questo per lui era perfettamente sufficiente.
Non rivide più gli spiriti ma di lui si disse sempre che se c'era un uomo che sapeva osservare bene il Natale, quell'uomo era Ebenezer Scrooge.
Possa questo esser detto veramente di noi, di noi tutti.
«"Che Dio ci benedica, tutti!"» gli fa eco Lily, citando la frase del suo personaggio preferito che chiude il racconto: il piccolo Timmy.
Fine
Angolo Autrice:
Ferraglia è il nomignolo con il quale Jen chiama la sua sedia a rotelle ed è un omaggio al modo in cui viene apostrofato il Millenium Falcon nella saga di Star Wars.
I colori del maglione di Lady Tano sono ispirati ai colori dei Montral (organi sensoriali atti a individuare oggetti in avvicinamento, di colore avorio e azzurro simili a corna, tipiche della razza Kessuriana e Togruta: quella da cui proviene Ahsoka Tano) e dalla cappa indossata dalla ex apprendista Jedi Ahsoka Tano, appunto. La chiamo Lady Tano come la etichetta Darth Maul in The Clone Wars, quando la ragazza non riveste più il ruolo di capitano e apprendista Jedi.
Il Sarlacc creatura onnivora dall'universo Star Wars, si fa particolare riferimento a quella del Grande pozzo di Carkoon su Tatooine, che ingoiò Boba Fett ne Il Ritorno dello Jedi.
Il Bantha è una sorta di bufalo del bestiario di Star Wars.
La parte padre-figlio tra Poe e Kes dove si parla della valigia che rappresenta il passato è un omaggio a Oto Horvat e al suo libro Sabo si è fermato.
Amici, eccoci giunti alla fine di questa storia.
Come sempre, salutare i miei personaggi mi rende malinconica. Questa è la quadratura del cerchio.
Grazie a chi mi ha seguito in questo percorso con preziosi consigli per migliorare il mio lavoro, sacrificando il proprio tempo a mio beneficio. Su tutte Helmwige che ringrazio con tutto il cuore. È un onore essere letta da te.
Ringrazio anche la mia affezionata lettrice Antilope79 per il supporto e le sue preziose analisi ogni fine capitolo.
Dopo questo capitolo seguirà un post credits tutto a sorpresa, restate sintonizzati. Non vi siete ancora liberati di Jen e Poe.
Il presente scritto partecipa, inoltre, come one shot a se stante al Contest Un Fandom Sotto L'Albero, indetto da LeFateDellaNotte
Restate connessi e che la Forza possa sempre essere con tutti noi.
Nives ♥️.
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