Domani
Cercherò una scusa per sentirmi fragile, perché tu mi fai paura e non lo so nascondere.
Io vorrei soltanto i graffi sulla schiena.
Nudi, nel retrovisore,
in macchina io e te con la radio accesa.
Cosa vuoi spiegare, abbracciami.
Cosa succederà domani, all’inferno, sento i brividi.
Oh, chi se ne frega del domani.
Stanotte a casa non ci tornerai.
Oh, domani pensaci domani.
Restiamo qui confusi, come due amanti sconosciuti...
E ora sì, che tremo...
l’amore è un gioco in cui non vinci mai.
Mika
Domani
Si sdraia sopra di lei mentre continua a baciarla, avvolgendo pienamente, con le sue labbra, i petali vellutati di quelle di Jen.
Ha le palpebre socchiuse e lui l'assapora con una lentezza reverenziale, per non tralasciare neanche un minimo delle sensazioni che intende farle provare. E perché vuole essere certo che sappia che lui sente lo stesso, non un millesimo di meno.
Lo ha immaginato più volte questo momento, Poe, sicuro che lei ardesse del medesimo desiderio, ogni volta che i loro occhi si scontravano in un vortice di scintille infuocate.
La guarda da sotto la cortina di ciglia scure: ha il capo reclinato sul cuscino, ne avverte il respiro accelerato.
Le sposta alcune ciocche madide dalla fronte imperlata di sudore.
Con la punta dell'indice, in una lenta carezza, discende a sistemarle i capelli sottili perché non la facciano sudare.
Li raccoglie dietro la nuca, sollevandole leggermente il capo. Con l’altra mano le contorna la fronte.
Tutto mentre non ha mai smesso di osservarla attento.
Puntellato sugli avambracci, per non gravarle troppo addosso, le tiene le guance tra le mani. Con i pollici ne sfiora la pelle soffice e profumata.
Smette di lambire le sue labbra e se ne distacca per guardarla.
«Sono troppo pesante?» chiede premuroso.
«No» sussurra Jen in un respiro più ampio che le innalza il petto coperto da un top leggero dalle spalline sottili.
Allo sguardo rapito, dell’ufficiale non sfugge la morbida rotondità delle sue forme attraverso la stoffa impalpabile e che il riflesso perlaceo della luna contorna, complice, con una precisione infinitesimale e che lo strazia dal desiderio.
Il tenente colonnello si solleva e in un gesto fluido si libera della t-shirt che già lasciava poco all’immaginazione di Jen, duramente provata dalla forte attrazione che ha sempre nutrito per lui.
Ora può contemplare pienamente quell'incarnato bronzeo sul quale il lucore del satellite terrestre rilascia giochi di chiaroscuro, tracciando morbide linee curve lungo le spalle larghe, i bicipiti definiti – se pur non esageratamente – tornendo il profilo sensuale dei pettorali e degli addominali, anch’essi armoniosi, senza eccesso. Lo ammira trasognata, è bellissimo, al di là di ogni sua fantasia.
Lo desidera talmente tanto che il suo corpo le invia flebili ma inequivocabili segnali anche in “zone da tempo non pervenute”, date le sue condizioni. Il bisogno di lui la brama fino all’inverosimile, tanto che l’attesa stessa è già piacere in sé.
Si assaporano dapprima con gli occhi, in un tango di sguardi.
Jen prende a carezzargli il petto. Senza indugio si sposta sulla schiena dove gli deposita una lunga scia graffiante che scende fino ai lombi. Oltrepassa le fossette di Apollo, che scopre estasiata.
Sa quali corde smuovere e la risposta gradita del suo compagno non si fa attendere, ne sente la pelle tendersi e incresparsi dai brividi.
«Ho il permesso di...?» chiede fremente lui mentre si china a morderle appena un lobo per poi proseguire più in giù.
Lei gli serra il respiro traendolo a sé in un bacio rovente.
È un sì invitante e pieno.
Jen si nutre del suo sapore di uomo, è sublime; sa di tabacco che si fonde con un misto di menta: le balsamiche che mastica, dopo aver fumato.
Sa di birra, anche. Quella che l’aviatore ha bevuto alla festa, ore prima. Tanta.
È ubriaco, non illuderti che desideri te. Hai visto come ballava, stretto alla brunetta, alla festa?
È a lei che pensa, anche ora mentre ti convinci che lui voglia te.
Oddio, ma chi vuoi prendere in giro?
È così sexy che ti venderesti l’anima e tutto quello che hai al diavolo per uno che ti guarda così.
Chi se ne frega della brunetta.
Chi se ne frega del domani.
Del dopo... lui è qui adesso e ti prenderai quello che vuoi senza pensarci troppo.
Le mani frenetiche di entrambi accarezzano l’uno il corpo dell’altra per donarsi a vicenda.
Quelle di Poe scendono fino a fianchi della compagna e Jen si irrigidisce.
Lui è attento: la guarda negli occhi, tutto il tempo. Non vuole calcare la mano.
Jen ha avuto storie precedenti, ha una bambina del resto, ma lui non ha esperienza con una ragazza come lei e, benché non voglia mai darle la sensazione di trattarla diversamente, ci mette accortezza come con qualunque altra donna non conosca bene e di cui debba ancora interpretare i desideri.
«Che c’è?» mormora il pilota «vuoi che... smettiamo?»
Lo guarda e gli occhi le si fanno tristi mentre lui cerca di leggerle dentro.
«No, non voglio che smettiamo, è solo che...»
«È solo cosa, Jen?» la stringe e la accarezza, occhi negli occhi. «Parlami» le sussurra.
«Io... non sono come le altre ragazze, Poe.»
Sorride lui. «Non c'è nessun problema, per me. Non c’è niente che non va» cerca di stemperare la tensione.
«No, invece i problemi ci sono. Tu non sai tante cose.»
Poe inclina il capo lateralmente per cercare di cogliere meglio ciò che la ragazza gli comunica.
Jen allora prende un respiro profondo e sposta le lenzuola mostrandogli le gambe, la parte del suo corpo che ne evidenzia la diversità.
«Può capitarmi di avere degli spasmi, se solo... mi tocchi, perché... ecco... oppure può succedere quello che mi è capitato qualche settimana fa, a casa mia, quando è successo tutto quel casino. E credimi, non è un granché durante l’intimità.»
Sente il dovere di avvisarlo che disguidi di carattere tecnico possono interrompere un momento intenso, in maniera spiacevole... e non gli dice tutto.
Poe le guarda le gambe, nonostante la differenza del tono muscolare leggermente inferiore al resto del corpo, le trova graziose: le caviglie sottili e i piedi bianchissimi smaltati di rosso vermiglio, come le mani.
Prende ad accarezzarle. Sa che lei non può sentire le sue mani ma continua e non distoglie lo sguardo, per farle sapere che la trova un incanto. Malizioso risale, giocando con l’orlo di pizzo delle mutandine che indossa.
«Dammi una mano, vuoi?» chiede lei, «avvicinami quella» indica la sedia a rotelle sulla quale si sposta. «Devo andare in bagno, scusa. Tu cerca riparo in caso arrivasse Lily all’improvviso...»
«Okay. Sotto il letto può andare?» ridacchia divertito l’aviatore.
«Se ti piace la polvere, accomodati» ricambia sarcastica.
Ma tu guarda se sul più bello che un tipo da paura sta per... devi pensare a svuotare la vescica, non sia mai al clou te la fai sotto come un’incontinente. Maledetta paralisi. Inveisce Jen, tra sé.
Si dà una sistemata ai capelli e controlla pure la peluria sull’inguine.
Sulle gambe per fortuna non si nota quasi. Ma il viso? Ha due occhiaie da fare invidia a un panda. Cerca di essere più in silenziosa che può. Non le capita tutte le sere che un vicino aitante le si infili nel letto, di solito è il posto riservato alla sua principessa, il sabato sera e quando irrompe a causa di un brutto sogno.
E davvero prega, scongiura con tutta se stessa che il suo angioletto dorma sonni sereni stanotte, nonostante il caldo.
Si sente in colpa a quei pensieri. Lily è la sua vita ma un uomo così sensuale che l’aspetta è un richiamo egoistico, famelico e troppo potente.
Di solito gli “incontri consolatori”, concordati sui siti dedicati, sono molto sporadici. Avvengono nelle grigie stanze di un motel. Sono tristi, vuoti e programmati. Non c’è niente di spontaneo. Atti meccanici che si consumano, anonimi, tra sguardi assenti e mani distratte.
Questa notte è diversa. Jen ha fantasticato tante volte sul momento nel quale lei e Poe Dameron avrebbero programmato una “sessione di prove alternativa” in camera da letto o sul tappeto del grande soggiorno di casa di lui.
E invece no. Sta succedendo in camera sua mentre il resto della famiglia dorme poco distante, e lei è elettrizzata come una scolaretta.
Assicurata la porta, torna verso il talamo.
«Ti do una mano?» riemerge il bel pilota in tutto il suo splendore.
«Non ti preoccupare, ci sono abituata.»
«Appunto per questo, lasciamelo fare...»
Non dice niente Jen. Solo lo guarda, con occhi disarmati dalla dolcezza con la quale le possenti braccia dell’uomo l’hanno sollevata e adagiata delicatamente sul letto.
Si riposizionano nello stesso abbraccio caldo di pochi momenti prima. Poe, su di lei, la guarda «Sei così bella, Jen... io...»
Lei lo interrompe posandogli l’indice sulle labbra, «Quanto parli, Top Gun...»
Lui non resiste a quell’ennesimo richiamo sensuale, catturando la punta del dito di lei tra le labbra per poi morderla piano mentre sorride sfrontato.
«Mettimi le gambe intorno a te» suggerisce Jen, e lui, con infinita accortezza, accomoda i loro bacini finché non aderiscono.
Non indossano che indumenti leggeri e il calore reciproco di entrambi è ben percepibile.
In un susseguirsi di baci sul viso, tra i capelli, mani che inseguono lembi di pelle sempre più sensibili, si avviano su una strada che sanno già dove porterà entrambi.
Jen sente un’improvvisa frescura sulla pelle, crede di stare impazzendo mentre avverte le spalline del top srotolate via; come seta scivolano sulla pelle tesa, fino a eliminare la poca stoffa che ancora la copriva.
Lo sguardo estasiato di Poe non mente. Con i palmi caldi circonda i candidi gigli sul petto di Jen. Le dita affusolate danzano sui boccioli teneri e delicatissimi, sui quali, pochi attimi dopo, lascia guizzare le proprie labbra.
Lei lo stringe di più a sé. Assapora con struggimento la frizione della barba o il solleticare dei riccioli che, simili a rivoli di cioccolata calda, si alternano ora alle dita, ora alle labbra di lui, donandole sensazioni che non ha mai provato con nessun’altro, prima.
E con sorpresa il suo corpo reagisce anche dove non lo credeva più possibile.
Poe la guarda, è bellissima mentre s’inebria di lui. Non si aspetta la reazione così intensa di Jen durante i soli preliminari. Se ne distanzia appena, per ammirarla: si morde, sensualissima, un lato del labbro inferiore, per trattenersi. Infine, vinta, sussurra mille volte il suo nome.
Si contrae, sussulta. Una visione paradisiaca che gli annebbia la mente. Le parole muoiono dalla gola alle labbra, riarse dall’eccitazione, per dirle quanto è bella. Ondate di brividi sempre più intense travolgono anche lui mentre stringe teneramente a sé quella creatura e riesce solo a pensare a quanto sia delicata.
Le accarezza le cosce, ne sente la cicatrice, sulla destra, sotto i polpastrelli, e fa male da morire. Quella cicatrice racconta di quanto Jen abbia sofferto, e ancora soffra, anche se ora ha per lui solo meravigliosi sorrisi.
Le mani giungono fino alle dolci colline tra cui il pizzo della culotte si perde. Il suo bisogno urge; libera tutti e due dagli ultimi indumenti, recuperando in fretta un condom che tiene nella tasca dei calzoncini. Lei lo blocca.
«Vieni dentro di me» lo richiama con voce soave. «Non sono nel periodo fertile»
Le pupille gli si sciolgono fino alle viscere, tanto dolce è quell’invito.
«Jen, ti fidi così tanto di me? Non ho fatto controlli recenti. Prima, io... avevo una relazione stabile, o almeno così credevo... non ho pensato servissero. Non lo avevo programmato, anche se ci speravo un sacco di stare con te. Voglio fare quello che è giusto» mormora leggermente spiazzato.
Poi abbassa gli occhi, e sorride, come quando improvvisa un nuovo accordo che gli piace. Con quel sorriso che le ha rivolto la prima volta che lo ha visto.
Quello che gli disegna le rughe d’espressione ai lati degli occhi e li rende tanto luminosi che sorge il sole in piena notte e tutte le stelle del cielo notturno gli brillano dall’anima a quello sguardo pieno di vita.
Jen gli seppellisce il viso sul seno mentre lo stringe forte e lui, piano, scende nel paradiso e brucia all’inferno per attimi eterni nei quali si sente completo, appagato.
Come quando... più di quando...
Jen è dolce. Gli regala se stessa con fiducia incondizionata mentre lo sente perdersi dentro di lei in un ansito roco, che non trattiene, sul petto voluttuoso. La riempie. È suo, e lei anche.
Si appartengono.
Si gustano. Si vivono.
Si accoccola nell’incavo del collo della ragazza, che gioca con le dita tra i capelli scompigliati.
Socchiude le ciglia in piccoli battiti intervallati e lei si bea del loro dolce solleticare sulla pelle.
La guarda. È stupenda.
È diversa da... Rey, totalmente.
Le ciocche bionde, e ondulate sulle punte, le contornano un seno florido. La luna nasce sui suoi fianchi, simili a quelli di una Venere botticelliana.
Il busto è circondato da braccia tornite e mani affusolate, polsi esili.
Le gambe di porcellana delicata.
Morbida è, allo sguardo, al tatto, al gusto.
Gli effluvi fruttati che emana ti rendono completamente pazzo di desiderio, in pochi attimi. Un corpo da dea, generoso, nelle forme e nell’anima.
Sulla pelle di seta, il candore del latte.
È di statura minuta, sta tutta in un abbraccio.
Credeva di fare del salubre sesso, quella notte, con lei che in mille pensieri indecenti, di cui si è vergognato e sentito in colpa per settimane, ha bramato dal primo istante che ha conosciuto, perdendo il conto di quante volte l’ha sognata così.
E ora la realtà ha di gran lunga superato la fantasia.
L’ha sempre trovata forte e seducente, proprio per questo.
È intelligente, sa quello che vuole – e vuole lui, tra le altre cose – e questo lo galvanizza all’estremo, da troppo non si sente desiderato così da una donna.
Stretti l’uno all’altra, mille pensieri si assiepano sul cuore di entrambi che pulsa all’impazzata di vita.
«Perdonami» sussurra Jen.
Poe si puntella sugli avambracci per cercare i suoi occhi, con aria interrogativa.
«È da tanto che... volevo durasse di più.»
E lui sorride, e di nuovo le stelle gli si riaccendono in viso mentre la accarezza.
«È stato bellissimo, Jen. Va tutto bene» la rassicura posandole un bacio sulla fronte.
Lei gli cerca ancora gli occhi «Da tanto non stavo con...»
«Sssttt» le soffia sulle labbra, tornando a baciarla «è tutto perfetto, davvero. Mi è piaciuto tanto, sei delicata.»
Le si accoccola sul cuore, ne sente il battito e vorrebbe addormentarsi così, con lei nuda tra le braccia.
«Vorrei dormire con te, Jen, ma non priverò la tua principessa del buongiorno che viene a darti tutte le mattine» le bacia la fronte, ancora, e lei si sente protetta.
Poco dopo lo osserva rivestirsi e renderle i suoi indumenti. Sa che, come altre volte, non risentirà più quel calore per tanto. Non risentirà più il “suo calore”, diverso da quello di chiunque altro. E già le manca, terribilmente.
E mentre l’afa notturna rende molti insonni, lei trema dentro al sinistro riaffacciarsi dello spettro di quella solitudine cui è condannata.
La felicità è effimera, ancor più rara per le persone come lei. Lo sa. La sua gioia, l’unica della sua vita, è la sua bambina.
Rivestitosi, Poe è pronto per andare via, non prima però di tornare verso il letto e baciare Jen sulla bocca, sugli occhi, sulle guance.
«Buonanotte, Jen. Sei meravigliosa» le sussurra piano.
«Buonanotte, Top Gun, e... tu, sei stratosferico» lo canzona lei, sfoderandogli un sorriso da parte a parte.
Non senza fatica, per il gran caldo, si arrampica alla finestra della propria camera.
Eppure gli pare un’inezia.
Può certo rientrare dalla porta; non ci sarà suo padre Kes ad attenderlo per una sonora lavata di testa come quando era ragazzo. Ma vuol riprovare l’ebrezza di quei tempi, come quando mamma Shara gli copriva le spalle.
Il cuore gli pulsa ancora nelle tempie. Saranno le tre del mattino.
Si butta sotto la doccia fresca e quasi prova dolore a lavarsi via di dosso il miele di lei.
Esita... scorre il palmo della mano dove lo ha marchiato con i segni della passione. E ne vorrebbe ancora, della sua bocca, del suo tocco delicato.
Jen. Non pensa ad altro.
È come una droga ipnotica.
Siede sul davanzale della finestra di camera sua. Ha lasciato i ricci umidi, che si allungano rilasciando sulla pelle ambrata goccioline che gli regalano una parvenza di refrigerio, in una notte bollente.
Fissa dritto dinnanzi a sé i vetri, serrati da tempo, della casa al di là del grande acero. Sono sbarrati dai sigilli gialli del posto sotto sequestro. Un nodo gli stringe il respiro.
Un pizzicore familiare si affaccia dietro le ciglia malinconiche che ripercorrono una vita che non c’è più. Per troppo, l’unica che ha creduto possibile. Il passato bussa insistente in un groppo nodoso dietro le narici, ma lui non aprirà, stavolta.
Chiude gli occhi, il capo poggiato all’infisso della finestra.
Sono le quattro.
Lo sa dal vento: è sempre a quell’ora che cambia. Anche nelle notti più torride, la fresca brezza continentale giunge fino alla sua pelle madida e lo culla, dopo notti affette da un’insonnia snervante.
Le goccioline che scorrono dalle ciocche ancora bagnate gli percorrono il petto e lo fanno rabbrividire a contatto con la frescura notturna.
Chiude gli occhi e s’immagina siano le labbra e le dita di Jen. Non riesce a non fissare la finestra della casa in basso.
Stai dormendo? Pensi a me? Perdio se sei stupido, Dameron.
Eppure da tempo immemore non si sente così.
Negli occhi di Jen non c’è il solo desiderio carnale di una donna con la quale si consola, ogni tanto, lo sa.
Lo sa dal modo in cui lo guarda, dal modo nel quale le dolci nocciole screziate d’agata, di lei, si ancorano alle sue pupille.
Dalla tenerezza infinita con la quale lo ha sfiorato, dopo la passione.
Da come lo ha cullato, non riuscendo a smettere di torturargli i ricci, in un groviglio affettuoso.
Lo stesso modo nel quale lui non avrebbe mai voluto smettere di sentire ogni centimetro della pelle lattea di lei, sotto le dita.
Angolo Autrice:
Il quattro luglio è appena trascorso.
Poe voleva vedere i fuochi d’artificio con Jen e direi che ha trovato un modo alternativo a questo suo desiderio, essendosi fatto distrarre, poco prima, da un passato con il quale deve ancora far pace.
Il presente però, sta acquistando uno spessore nuovo e tutto suo e il tenente colonnello Dameron non ignorerà questo nuovo stato di cose.
Jen è insicura, si butta a capofitto, come sempre. Viaggia costantemente sul filo dell’incertezza, ma è un’impulsiva di natura, proprio come Poe.
Il domani si preoccuperà di sé stesso.
Nives ♥️.
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