Radici




Il treno delle 15,30 era arrivato eccezionalmente con solo qualche minuto di ritardo al primo binario della piccola stazione, e trascinando la sua trolley metallizzata lungo lo stretto corridoio del vagone letto, Madeleine si avviò verso l'uscita del treno.

La prima cosa che la investì all'esterno fu la luce calda e accecante del sole del dopopranzo, che le fece strizzare gli occhi e inforcare i grandi occhiali da sole con le lenti nere che la facevano sembrare una diva in incognito.

Era così che se la ricordava la luce di quel posto: bianca, accecante e piena di energia.

Anche il vento caldo dell'estate, appena uscita da sotto l'ombra della pensilina, rendeva l'aria irrespirabile, tanto che ad ogni fiato l'aria che entrava sembrava bruciarle le narici. In fondo era l'orario peggiore per arrivare in terra di Sicilia, per di più in estate e in pieno agosto. Ma il piano ferie e i turni che era riuscita a scambiare con i colleghi erano stati quelli, prendere o lasciare.

Non poteva perdere quell'occasione per andare a trovare la nonna e rivedere quei luoghi dell'infanzia. Diciotto anni sono tanti da passare con la voglia di rivedere il tuo mare. Era una bambina dodicenne quando i genitori l'avevano portata oltre confine con la promessa di una vita migliore e la speranza di un futuro più stabile. Adesso che i suoi erano in pensione e la nonna era malata in un letto, aveva deciso che era arrivato il tempo per ricongiungersi al suo passato.

Non aveva organizzato nulla, aveva fatto la valigia, comprato in stazione il biglietto e salita sul primo treno che le avrebbe garantito meno cambi possibili fino a destinazione. Aveva solo avvisato suo cugino Matteo con un SMS, affinché la venisse a prendere in stazione, l'indomani, per portarla alla casa della nonna.

Il lungo viaggio l'aveva stancata e si sentiva sporca e stropicciata come se avesse passato la notte nella lavatrice alla massima centrifuga. Anche il caldo che sentiva le ricordava quello dell'asciugatrice che aveva a Lione.

"Maddalena! Maddalena!" la voce profonda che chiamava il suo nome la fece girare. Era tanto che non sentiva pronunciare il suo vero nome, tutti ormai da tempo la chiamavano "Madeleine", alla francese, che rendeva il suono di quel nome dalla doppia "D" meno duro che pronunciato con la cadenza dell'isola.

Un uomo suo coetaneo, alto e muscoloso, le veniva incontro agitando un braccio. Un sorriso bianchissimo aperto su un viso dalla pelle cotta al sole si fece spazio tra i ricordi, facendole riconoscere il "piccolo" Matteo. Non lo vedeva da quando giocavano insieme a raccogliere i cocci di vetro levigati dal mare fingendo che fossero gioielli da regalare la sera alla nonna. Quante estati passate insieme, "posteggiati" entrambi lì, nei momenti in cui i rispettivi genitori dovevano lavorare e le scuole chiudevano per le vacanze estive.

Un sorriso spontaneo le si stampò in bocca e schivando i pochi lenti passeggeri che occupavano il binario, accelerò il passo per ritrovarsi dopo poco tra le braccia di un pezzo importante della sua famiglia. Fu un abbraccio che sapeva di casa, un tuffo nei ricordi sotto forma di ossa, pelle e muscoli. Si tennero stretti per attimi che sembrarono superare diciotto anni e che allentarono totalmente la stanchezza del viaggio.

La sua città del cuore l'accoglieva come quando era bambina, con affetto, luce e profumo di zagara riscaldata dal sole.

"Come stai picciridda, da quanto tempo non ti facevi vedere? E poi, all'improvviso, quel messaggio alle due di notte che mi fa sobbalzare. E certo che ti venivo a prendere! Che c'erano dubbi? Ora ti porto da nonna, non sai che gioia che le dai."

Tenendola sottobraccio e togliendole di mano la valigia, Matteo la sospinse verso una piccola Panda bianca posteggiata fuori dalla stazione.

"Ancora esiste questa vieille voiture?" gli disse con un sorriso incredulo.

"E' la macchina della nonna, ancora va che è una bellezza, al contrario di lei. Te lo ricordi quando le rubavamo le chiavi per giocare a guidarla?"

Un'altra ondata di ricordi la investì in pieno mentre dal finestrino aperto si godeva il panorama scostandosi continuamente i capelli dal viso. A quell'ora in giro c'erano poche auto per via del caldo e la strada verso la casetta di nonna Adele fu molto breve.

Appena arrivati davanti al grande portone blu un po' scrostato dal mare, Madeleine fu colta dalla strana sensazione di non essere in realtà mai andata via da quel posto. Era tutto come se lo ricordava e come lo aveva sognato ogni notte i primi tempi che era arrivata in Francia piena di nostalgia.

Tutto era esattamente dove lo aveva lasciato, solo che ogni cosa sembrava rimpicciolita. Anche il portone blu adesso le appariva come una porta comune, l'albero di gelsi che ombreggiava il baglio o la gebbia dell'acqua in cui faceva i bagni le sere d'estate, erano diventati poco più che una piccola cisterna all'ombra di un albero da frutta.

Si guardò intorno e riconobbe ogni angolo, ogni sasso e ogni pianta. Sembrava che tutto in quella terra l'avesse aspettata immobile nel tempo solo per poterla rivedere e consolare.

Una lacrima le spuntò agli occhi e una strana gioia la abbracciò invisibile, nel suo vestitino leggero ormai attaccatosi addosso per il sudore. Le gambe nude, candide di città, si misero a correre verso la costruzione e spalancando la porta fu investita dal fresco dell'interno che contrastava da sempre col fuoco del cortile.

Maddalena seppe solo urlare di gioia: "Nonna, sono a casa!"

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