Warhammer 40K I

Primo racconto abbozzato nell'universo del gioco da tavolo Warhammer 40k, un'ambientazione molto cupa e "grimdark" (hanno letteralmente inventato il termine); spero possa piacere e interessare

Il terzo sole si stava finalmente avviando all'orizzonte. L'immensa landa infuocata davanti a lui avvampava di riflessi scarlatti, misti ai bagliori blu degli altri due astri diurni.
Pur con la tuta potenziata indosso, Atreus sentiva il sudore scorrergli lungo la schiena. Secondo Belath i sistemi di refrigeramento funzionavano a pieno regime, peccato non si capisse se dovessero raffreddare lui o la tuta.
Atreus aveva rinunciato a capire se il techmarine tenesse più ai suoi confratelli o al loro equipaggiamento, e visto che aveva due anni di servizio più di lui, evitava di farglielo notare. Quella era la sua prima esperienza da tenente, e Atreus non aveva voglia di renderla più difficile di quanto fosse.
Mentre osservava il tremolante deserto di Regaxes XI, l'astartes si concesse di sbuffare e lamentare in silenzio la sua sfortuna.
Una palla di sabbia accarezzata da ben tre soli, dove la notte, nel senso di assenza totale di soli nel cielo, durava a malapena tre delle ventinove ore di rotazione standard.
Maledetto da una pelle innaturalmente chiara, il tenente rischiava di ustionarsi ogni volta che usciva nel deserto. Era una minima mutazione del loro seme genetico, che nella teoria si manifestava in appena un marine su mille, e lui aveva avuto la dubbia fortuna di riceverla.
Atreus era arrivato a detestare quella somma di fenomeni, tre soli e pelle pallida, la seconda settimana di permanenza lì. Dopo quasi due anni di stanza sul pianeta, stava seriamente pensando se chiedere a una nave di sparare ad almeno un astro.
Un altro space marine entrò nella piccola stanza di comando, uno dei pochi luoghi freschi di tutto l'accampamento
«Rapporti?» chiese il tenente, resistendo alla tentazione di asciugarsi il sudore con la mano. La ceramite dell'armatura tendeva a riscaldarsi più del previsto.
L'altro, il sergente Aradiel, si prese un momento per respirare l'aria fresca della sala. Pur non avendo la stessa mutazione, anche per lui quel clima era atroce.
«Il sergente Bernoth riporta di aver ingaggiato dei predoni a sud est, sta dando supporto a una compagnia dell'astra militarum nel respingerli»
Atreus annuì. Non era nulla che richiedesse il suo intervento. Bernoth e la sua squadra erano i più esperti al suo comando, con i loro ventitré anni di servizio; andare ad aiutare i suoi veterani nel distruggere una banda di predoni, per Atreus, era quasi come insultarli.
Se tutto si fosse limitato a quello, forse Atreus avrebbe davvero conosciuto la noia su Regaxes XI. Invece, i guai si erano mossi a grappoli.
Nella teoria, quella palla di sabbia era abitata da pochi milioni di individui; nella realtà, la gente civilizzata di Regaxes occupava a malapena il sei per cento del pianeta, il resto era il dominio di un'incalcolata massa di predoni e tribù nomadi.
Che, ovviamente, avevano trovato nella loro spedizione il bersaglio perfetto.
Si erano divertiti ad assalire i convogli e le colonne dell'astra, così come pure gli skitarii e perfino i piccoli presidi degli space marine. Non ci avevano messo molto a scoprire che erano ossi troppi duri.
I predoni maneggiavano fucili messi assieme con rottami e armi di fortuna, immondizia che aveva disgustato tanto Belach quanto i tecnocrati della spedizione.
Da undici mesi standard, l'unico a sostenere con costanza i sempre più radi attacchi dei predoni era il battaglione di guardie Irlaviane.
Atreus accese la mappa olografica, tanto per ingannare il tempo e rivedere le pattuglie.
Oltre alla superficie, era segnato un confuso dedalo di tunnel e gallerie sotterranee. Era quello la causa del suo malumore.
La spedizione a cui partecipavano era guidata dai tecnopreti di Malapha, alla ricerca di qualche tecno reliquia. Per trovarla, bisognava scavare. E scavando, erano finiti prima nel sistema di gallerie usato dai predoni, poi in qualcosa di peggio.
Un dannato mondo tomba necron.
Che cosa passasse per i circuiti di quei cosi, per aver deciso di ibernarsi su quel pianeta, Atreus non lo capiva. E non voleva nemmeno capirlo.
Gli bastava sapere che, dei trenta space marine al suo comando, la metà dovesse essere sempre di stanza nella galleria che connetteva i loro tunnel a quelli dei necron.
Quindici confratelli in una zona del genere gli toglieva il sonno.
Per fortuna le perdite erano state minime, ma quello non lo rassicurava più di tanto.
Una luce rossa sul pannello di controllo, una chiamata in arrivo, lo distolse dai suoi pensieri.
Il tenente collegò la chiamata
«Qui Naberius, signore» disse un marine dai capelli rasati, fissando un punto imprecisato chissà dove. Atreus annuì, mentre accanto a lui Aradiel sogghignava lontano dallo schermo.
Il sergente Naberius era il novellino del gruppo, e l'unico ad avere un sacro terrore reverenziale di Atreus.
Inutile pretenderlo da Belach, che era stato suo superiore durante i suoi primi anni, o da Aradiel, con cui si conosceva dai suoi giorni come recluta
«Rapporto, sergente» Atreus aveva scoperto che ordini secchi e precisi parevano calmare l'altro astartes
«Signore, i techopreti richiedono la sua presenza, secondo i loro calcoli dovremmo sfondare la "porta" tra poco»
Atreus annuì di nuovo, mentre una scarica di adrenalina gli correva nel corpo potenziato. Sollevò lo sguardo su Aradiel, anche lui euforico di poter passare all'azione
«Comunica che li raggiungeremo subito» disse il tenente, chiudendo la comunicazione dopo che l'altro fece il saluto.
«Finalmente possiamo finirla» disse Aradiel, sorridendo soddisfatto
«Comunica a Bernoth che stiamo per ingaggiare i necron» Atreus si alzò, recuperando la spada potenziata «lascino perdere l'inseguimento e tornino qui, se succede qualcosa preferisco averli a disposizione»
Aradiel andò a eseguire, oltre che radunare la sua squadra di hellblaster.
Atreus si concesse un lungo respiro, odiando con tutto sé stesso l'aria rovente che gli entrò nei tre polmoni.
Tossendo, e masticando un'imprecazione, si diresse anche lui a prepararsi.

La rapida sosta nei suoi quartieri permise a Atreus di mettere ordine nei suoi pensieri.
Doveva mostrarsi calmo, come ogni ufficiale davanti alle sue truppe.
Prese la tunica nera, infilandola sull'arma tira potenziata color sangue, ricontrollando per l'ennesima volta le protezioni per le braccia color osso. Cinse alla cintura la spada potenziata color ebano, e infilò alla fondina la pistola al plasma.
Respirò piano, una, due, tre volte.
Chinò il capo davanti all'icona dell'Imperatore e del Leone, mugugnando una delle vecchie preghiere imparate da novizio.
Recuperò l'elmo e si avviò fuori, trovando Aradiel già pronto, fucile plasma in spalla e coltello da combattimento alla cintura.
Il resto dell'unità di hellblaster, tutti armati con la loro carabina al plasma, gli rivolsero un saluto marziale, prima di seguirlo.
Atreus sfilò davanti a loro, annuendo ai suoi vecchi compagni d'arme. Rallentò un momento davanti a fratello Moriaen, l'ultimo arrivato nella squadra; il giovane marine si concesse un debole sorriso.
Il tenente gli diede una bonaria pacca sulla spalla, proseguendo per altri due passi, superando i due posti vuoti, dove ci sarebbero dovuti essere gli ultimi due soldati.
Fratello Duriel era stato trapassato dai fucili gauss dei necron, fratello Gideon era stato colpito dalle lame fasiche di un distruttore.
Entrambi i fratelli erano nella loro nave, anche se le possibilità di Duriel erano minime. Ormai era questione di tempo, i servitori lo confermavano, prima che le macchine non potessero più tenerlo in vita.
Scacciando quei pensieri, Atreus guidò la squadra giù per i tunnel, fino al posto di comando avanzato dove erano già riuniti gli altri comandanti.
Gli hellblaster andarono a raggiungere i loro confratelli, mentre il tenente entrò per la riunione.
Come sempre, si meravigliò di come Thuggar potesse tremare così tanto. L'ometto era basso, rotondo, con indosso abiti sorprendentemente enormi anche per il suo fisico generoso. Sulla carta era il comandante delle forze di difesa di Regaxes XI, con autorità su quasi un milione di guardie e soldati; nella pratica, era solo un burocrate passacarte che era prossimo a svenire al minimo sparo
«Signore» disse un altro membro dell'astra militarum, un giovane con indosso l'armatura grigio scuro e i vestiti blu degli irlaviani; i galloni e le insegne lo qualificavano come un maggiore dei granatieri.
Ronzando, si fece avanti anche il terzo e ultimo occupante della stanza.
Goffo e gonfio, con la pelle pallida che contenuta a stento dalla tunica argentata e dalle protesi cibernetiche, il tecnoprete Trocno era il più silenzioso del gruppo.
Il tenente Atreus era fermamente convinto fosse dovuto, in buona parte, alla grossa massa di tubi e cavi che gli costituivano la faccia, dal naso in giù
«Calcoliamo che la porta sarà aperta entro dodici minuti, tenente» i ronzii attorno a lui divennero parole comprensibili «il vostro arrivo ci permette di terminare i dettagli del nostro piano d'attacco»
Uno skitarii d'alto rango, come indicava la cresta trasversale sull'elmo, si fece avanti, inserendosi subito dopo il suo tecnoprete
«Calcoliamo che al momento siano presenti non meno di cento quaranta guerrieri necron, più almeno cinquanta immortali e dodici distruttori canopthek; considerando le nostre forze attuali, in rapporto alla forza così enumerata, siamo in lieve inferiorità numerica»
Atreus si contenne dal commentare, mentre nella sua mente cercava di fare gli stessi calcoli del maresciallo skitarii. Forse Belach ci sarebbe riuscito, ma lui poteva solo annuire e prendere per buone le loro deduzioni
«Scusate ma... come è possibile?» si inserì il colonnello Thuggar, alzando la mano come un bambino che fa una domanda sciocca in classe. Il tenente si meravigliò di come l'omertà riuscisse a reggere i loro sguardi
«Voglio dire...» proseguì il colonnello «i signori skitarii ammontano ad almeno ottocento di unità, contando pure i loro robot... e i signori irlaviani sono almeno cinquecento... se ci sommiamo anche i mastri astartes, che sono trenta... e magari anche i miei ragazzi...»
«Otteniamo la somma di duemilacinquecento e trenta combattenti» lo interruppe il maresciallo «tuttavia lei parte dalla convinzione che si possa supporre un rapporto di efficacia combattiva di uno ad uno, cosa che lei potrebbe affermare solo non calcolando...»
«Scusate, posso spiegarlo io?» fece il maggiore dei granatieri
«Credo sia meglio» si inserì Atreus, osservando il volto perso e confuso di Thuggar. Il maggiore si schiarì la gola un paio di volte
«Molto semplicemente, un guerriero necron è più preciso e resistente di un umano normale; idealmente, possiamo considerare un guerriero come due soldati, quindi i loro cento quarante diventano almeno duecento e ottanta, in realtà, considerando che possono pure rigenerarsi, il loro numero va almeno triplicato: da cento quaranta a quattrocento venti; in una visione ottimistica, facciamo la stessa cosa anche per gli immortali: diventano cento cinquanta; sommiamo, e abbiamo cinquecento e settanta necron arrabbiati»
Thuggar aprì la bocca per dire qualcosa, ma Atreus fu più veloce, anche perché non gli andava di vederlo umiliarsi in quel modo
«A questo vanno sommati i distruttori canopthek, che da soli valgono almeno dieci soldati, e che possono anche loro rigenerarsi; inoltre, finora non si è parlato ancora del loro lord»
Il tecnoprete ronzò a metà tra l'eccitato e l'infastidito, prendendo di nuovo la parola
«A questo proposito, ricordo a tutti che l'obiettivo della nostra spedizione è l'acquisizione dell'artefatto custodito al centro della sala, non l'eliminazione dei necron»
L'astartes vide Thuggar sbiancare e cercare il coraggio di dire qualcosa.
Ma il ronzio eccitato di Trocno lo stava zittendo
«Se non erro, è nelle vostre previsioni che, una volta eliminato il lord le capacità rigenerative dei necron diminuiranno, giusto?»
«Sulla base delle precedenti esperienze, eliminato il lord la capacità di rigenerazione dei necron diminuirà di circa l'ottantasette percento, applicabile solo a quei necron che non abbiano già superato la loro soglia massima di riparazione» fece il maresciallo
«Se ammazzino il lord, poi gli altri potremo ucciderli senza problemi» sintetizzò il maggiore.
Atreus annuì, contenendo un sorriso. Era piacevole vedere quell'uomo così allegro e rilassato, forse l'unico ufficiale in quella sala a trovare quasi divertente la preparazione della battaglia. Atreus si rammaricò di non riuscire a ricordarsi il suo nome, gli irlaviani avevano troppi cognomi tutti uguali, o molto simili, e lui aveva rinunciato a capirne le differenze
«Per passare al piano di battaglia» si intromise il tenente, prima che sorgessero altre domande «siamo sempre del parere di usare un fuoco di saturazione?»
Gli altri si scambiarono giusto qualche sguardo, e fu di nuovo il maggiore a prendere la parola
«Apriamo la "porta", ci buttiamo dentro granate al plasma come se piovesse, fuoco a volontà con qualsiasi cosa assomigli a un'arma, ed a quel punto loro dovrebbero uscire e caricare» disse il maggiore; come punto sul vivo, il maresciallo skitarii si intromise
«Secondo i nostri calcoli, i necron saranno disposti a perdere circa il trenta percento dei loro soldati, prima di far intervenire in prima linea i distruttori e il lord»
«A quel punto» fece Atreus, guardando Aradiel in un angolo «noi e le squadre d'arma pensate concentreremo il fuoco su di loro, per poi guidare l'assalto alla camera»
Tutti annuirono, con solo Thuuggar che continuò a tremare.
Finita quella riunione, Atreus e Aradiel uscirono per riunirsi ai loro confratelli.
I marine erano al termine del corridoio che portava alla grande sala dove c'era la porta. Naberius stava terminando di passare in rassegna i suoi uomini.
Atreus la riteneva una cosa inutile, ma sembrava avere un buon impatto sia sul morale delle guardie, che vedevano i marine trattati come loro, sia su quello dei giovani astartes stessi. Non si era dato troppo peso a sopprimere quell'abitudine
«Fallo a noi» gli sussurrò Aradiel «e giuro che racconto a tutti della tua prima battaglia...»
Pur non volendo, il tenente sorrise
«Quella dove ti ho salvato la vita?»
«Tu sai quale» ribatté il sergente, infilandosi l'elmo.
Atreus stava ancora sorridendo, mentre Naberius lo fissava e scattava, seguito dai suoi astartes, in un rigido saluto militare.
"Tre minuti all'apertura della porta!" Risuonò una voce meccanica nel corridoio.
Infilandosi l'elmo e alzando il cappuccio, Atreus guidò i suoi confratelli nella grande sala.

La "porta", come l'avevano battezzata gli irlaviani, era in realtà un muro del vecchio complesso necron. Scavando, i predoni l'avevano riportato alla luce, per poi sigillarlo di nuovo quando ne avevano capito la pericolosità.
Invece che cercare un'altra apertura, Trocno e i suoi tecnopreti avevano ordinato di aprirci un varco. Quella soluzione aveva anche il vantaggio di metterli al sicuro dagli attacchi diretti dei necron.
Il tenente Atreus entrò nella grande camera sotterranea, ammirando il metallo xenos grigio verde che emergeva dalla terra nera. Una squadra di genieri era al lavoro, lavorando con taglierine laser per aprire l'apertura.
C'erano voluti due anni. Due anni passati a dover localizzare quel posto tra l'oceano di sabbia, stanare gli occupanti e capire come diamine aprirlo. La testardaggine dei genieri irlaviani, in qualche modo, stava avendo ragione perfino di quel metallo autoriparante. Diciassette mesi di lavoro, finalmente, stavano conducendo al termine.
Attorno a lui, Atreus vide i soldati prendere posizione.
Requiem pesanti e cannoni automatici venivano piazzati dietro barriere erette con sacchi di sabbia e calcinacci.
Squadre di specialisti, armati con fucili plasma e termici, tutti con indosso le livree irlaviane, si ammassavano nella seconda linea.
Le coorti di skitarii, vanguard e kastellan si allineavano con meccanica precisione, spianando i fucili verso la porta sempre più aperta. Alle loro spalle, ronzanti e sfrigolanti di elettricità, tecnopreti fulguriti e corpuscari innalzavano i loro inni al dio macchina, preparandosi alla carica.
«Noi saremo subito dietro di loro» disse Atreus, indicando alle sue squadre dove prendere posizione. Lui stava al centro, con Aradiel ed i suoi hellblaster, subito dietro i vanguard ed al riparo da uno schermo di ceramite; a destra c'erano Naberius ed altri dieci astartes armati di fucili plasma; a sinistra, i cinque eradicatori del sergente Merir con i loro fucili termici.
Facendosi largo tra le schiere degli skitarii, Belach arrivò accanto a lui. Il tenente si prese un momento per osservarlo.
Il techmarine era alto, perfino per un astartes, e sull'armatura indossava la tunica nera degli adepti al dio macchina; attorno a lui, tentacoli meccanici oscillavano, sondando l'aria
«La porta sarà aperta tra meno di un minuto» la voce di Belach era apatica, ma meno ronzante dei tecnopreti
«Novità su quello che c'è dall'altra parte?» domandò Atreus
«Nulla di nuovo; la camera oltre la porta è un quadrato di circa cinquanta metri di lato; i necron sono ammassati davanti l'apertura, immortali sul fronte, guerrieri ai lati, distruttori e lord nelle retrovie; il nostro obiettivo è in un piedistallo al centro della camera»
La risposta di Atreus venne ingoiata dal boato del metallo che si rompeva. I genieri avevano finito di aprire la breccia, e si stavano ritirando dopo aver buttato qualche granata per coprirsi la fuga.
Gli skitarii, dal canto loro, avevano già aperto il fuoco. Per un momento, nemmeno le lenti dell'elmetto permisero ad Atreus di vedere nulla, tra il fumo e i bagliori rossi dei laser; poi, proprio quando finalmente i suoi occhi si stavano abituando, lampi blu emersero da oltre la porta, seguiti dalla massa ordinata dei necron.
Per lunghi minuti la galassia intera si ridusse a un furioso scontro a fuoco, un silente lampeggiare di rosso e blu.
Poi gli irlaviani vennero avanti, aggiungendo i bagliori purpurei dei loro plasma alla massa, i tecnopreti intonarono i loro canti e si gettarono nella mischia
«Sta fermo!» disse Atreus ad Aradiel, vedendo il sergente già pronto a correre nella breccia «non ancora!»
La mano del tenente stringeva con foga l'elsa della spada potenziata, mentre il dito fremeva sul grilletto della pistola. Era inutile lanciarsi adesso nella mischia, la sua freddezza lo ripeteva al suo desiderio di correre in avanti.
Alla fine, dopo una breve eternità, un necron si fece strada tra i suoi simili. Più alto, con una cresta decorata sul capo, il corpo metallico smaltato di nero e oro contro il grigio sporco degli altri.
Tranciò di netto un fulgurite, muovendo la sua spada attraverso carne e ossa come fossero acqua. Atreus lo vide afferrare e frantumare la testa di un corpuscari, schiacciandola come un uovo
«Carica!» urlò il tenente, balzando oltre la copertura e iniziando a sparare contro il lord dei necron
«Sangue e cenere!» gridò Aradiel al suo fianco, mentre lui e gli hellblaster riempivano l'aria con le esplosioni argentate dei loro plasma.
Anche Naberius stava avanzando, in una lenta cadenza ritmata di passi e colpi, che stava facendo cadere gruppi di guerrieri necron.
Meril si era diretto verso degli immortali, fondendone i corpi metallici con le sue armi.
Scansando skitarii e tecnopreti, Atreus era quasi a ridosso del lord, quando una massa torreggiante di metallo gli venne addosso. Il tenente fece in tempo a alzare la spada, deviando all'ultimo la lama iperfasica dello skorpech.
Il costrutto a tre gambe, torreggiando su di lui, continuò a mulinare le falci che aveva al posto delle mani. Atreus digrignò i denti, più infastidito che preoccupato.
A gambe larghe, parò la lama destra del mostro di metallo con la sua spada, sfruttò l'angolo e fece guizzare in avanti la sua arma, trapassando l'occhio dello skorpech. Mentre quello analizzava la situazione, il tenente allineò la pistola, sparando due lampi di plasma argentato a distruggere il bacino della creatura. Un fendente al collo, e Atreus scavalcò la carcassa ferrosa del distruttore, avanzando deciso verso il lord.
Quello, immobile come una statua tra i suoi immortali, aveva il volto inespressivo rivolto verso di lui.
Un colpo di plasma venne intercettato da un necron, mentre Aradiel superava in corsa la massa fusa di un altro distruttore.
Un fiume in piena di colpi gauss costrinse perfino il sergente ad arretrare, ma i soldati meccanici iniziarono a retrocedere, rientrando nella camera alle loro spalle.
Il peso dei numeri, l'abilità di astartes ed irlaviani, oltre alla disciplina degli skitarii, avevano surclassato qualsiasi stramberia tecnologica dei necron.
Atreus urlò, raggruppando gli hellblaster attorno a lui. Voleva condurre una sola, ultima carica contro la breccia, chiudendo la faccenda in fretta, prima che i necron potessero mettere in atto qualche stratagemma
«Sangue e cenere!» proclamando a piena voce il grido di battaglia del suo capitolo, Atreus corse assieme ai suoi confratelli astartes, ed agli irlaviani così folli da seguirli, oltre la breccia.

Macinando gli ultimi metri prima della porta, Atreus mozzò di netto la testa di un necron guerriero; il corpo metallico continuò ad avanzare, fino a quando un hellblaster non lo colpì in pieno petto.
Varcando la breccia, il tenente si ritrovò nella sala che per tutto quel tempo i necron stavano difendendo.
Più vasta del previsto, con le pareti di un metallo lucente, così lucido che poteva vedersi riflesso all'infinito nei muri. Al centro, su un piccolo ripiano color onice, stava in stasi una piccola piramide color bronzo.
L'astartes registrò tutto in un rapido battito di ciglia, mentre si muoveva contro il lord necron.
Ora che lo vedeva meglio, ne scorgeva i sottili decori e incisioni sulle placche bronzee, riempite di smalto rosso, come a imitare un sistema di vene e arterie.
A catturare di più la sua attenzione, fu la lunga spada gialla che la creatura-macchina teneva in mano.
Atreus lo caricò, sparando all'impazzata con la pistola plasma, mandando un colpo dopo l'altro a schiantarsi sul corpo del lord. I fori che si aprivano, bianchi di calore, finivano inghiottito dal nero del metallo del necron.
Quando gli fu addosso, fu come se non avesse mai sparato. Le loro spade si incrociarono a mezz'aria, scivolarono l'una sull'altra, si separarono per poi colpirsi di nuovo
«Migliore» la voce atona e gracchiante del necron uscì dalla bocca immobile. Atreus menò un fendente a due mani, ma l'altro lo deviò con facilità, tirando una rapida stoccata dritta alla sua faccia.
Il tenente si scansò appena in tempo, e la spada gialla poté solo scalfire l'elmo e strappare il cappuccio.
«Meglio di quanto pensassi» disse il lord, incalzandolo. Atreus si trovò sulla difensiva, le braccia che tremavano ogni volta che incassava un fendente.
Preso il tempo all'avversario, il tenente riuscì a penetrarne la guardia, colpendo il metallo al costato. Il graffio sparì prima ancora che lui ritraesse la lama.
Atreus riuscì a prendere le distanze, fronteggiando col respiro affannoso il lord. Non aveva tempo di vedere cosa stesse succedendo attorno a lui, ma a giudicare dalle urla non aveva molto tempo per chiudere lo scontro. Tenendo la spada dritta davanti a se, estrasse il pugnale da combattimento.
Il lord scattò in avanti, coprendo in due passi scarsi la distanza tra loro.
Calò la spada in un ampio fendente, Atreus la intercettò con la sua. La nera lama potenziata del capitolo, provata dallo scontro, si spezzò di netto, ma il tenente riuscì comunque a fermare l'avversario con l'elsa. Gli affondò il pugnale nel petto, dritto al centro del grosso medaglione nero.
La lama ricurva penetrò per metà, ma senza nessun risultato. Atreus la trovò incastrata.
Il lord lo prese alla gola, stringendo
«Migliore di tanti» disse il necron, emettendo un suono che poteva essere una risata «inferiore a me»
Per quanto facesse forza, l'astartes non riusciva a spingere più a fondo il pugnale, e una parte del suo cervello a stava chiedendo se servisse a qualcosa. Il braccio destro gli tremavano, sotto sforzo per evitare che l'altro liberasse la spada.
Il fiato iniziava a mancargli, e le ginocchia stavano tremando, quando un bagliore d'argento investì la testa del necron.
Space marine e macchina sussultarono, troppo storditi per rendersi conto del corpo in rosso che li travolse entrambi
«Spegniti, sotto razza di servitore troppo cresciuto!» urlò Aradiel, ruzzolando insieme al lord e ad Atreus in un groviglio di arti e macchina.
Il lord fu in piedi per primo, con il pugnale di Aradiel conficcato nell'occhio e in mano il braccio strappato del marine.
Atreus si stava tirando in piedi, cercando a tentoni la pistola plasma o qualsiasi altra arma. A casaccio, trovò l'elsa di una spada, la strinse e menò un fendente al collo del necron.
Con un verso di apatica sorpresa, la testa del lord volò via, recisa dalla stessa spada gialla che aveva impugnato fino a qualche momento prima
«È finita...» disse Aradiel... tirandosi a sedere «ti ho salvato di nuovo, e sono tre!»
«Contati le braccia, piuttosto...» boccheggiò Atreus
«Due» disse, alzando il braccio mozzato «gente! Chi ha un lanciafiamme? Devo saldarmi un braccio!»
Nessuno rispose, anche se Bernoth stava già contattando la nave per i primi soccorsi.
Qualcosa gli picchiettò l'armatura. Atreus e Aradiel, col proprio braccio a mo' di mazza, si voltarono di scatto.
Una piccola figura, alta poco meno di un bambino umano, stava tutta intabarrata in una lunga tunica color osso
«Un osservatore dell'oscurità» disse Atreus, togliendosi l'elmo per vedere meglio la strana creatura. Inclinando il cappuccio, sotto cui non si intravedeva nulla, l'osservatore indicò la spada necron.
Atreus gliela consegnò. Fin da quando erano novizi, gli era stato insegnato ad assecondare quelle strane figure che giravano attorno ai marine nella loro fortezza monastero
«C'era un osservatore con noi?» chiese Aradiel, mentre la creatura trotterellava via, tenendo la spada tra le mani
«Pare di sì» rispose Atreus, guardandosi intorno, e facendo una rapida conta di morti e feriti
«E perché?» continuò il sergente
«Chiediglielo, sarai il primo a cui uno di quei così risponderà» disse, per poi afferrare per la collottola il sergente «glielo chiederai dopo esserti fatto medicare»
«E se sparisce? Andiamo! Si sta pure portando via la spada!»
Bernoth si avvicinò a loro, sollevando con il braccio meccanico il riottoso sergente
«Lo porterò sulla nave per le cure» disse il techmarine «ottimo lavoro, tenente»
«Grazie, Bernoth» rispose lui, sorridendo
«Io non sono soddisfatto!» gridò Aradiel, mentre la sua squadra si incamminava dietro di lui e il techmarine «non importa a nessuno!? Atreus! Questa non me la scordo!»
Trattenendo le risate, il tenente diede indicazioni alla squadra di Naberius per mettere in sicurezza il perimetro.
Qualche ora dopo, con i tecnopreti carichi di tecno reliquie e pezzi di necron vari, poterono tornare in superficie, dichiarando finalmente vittoria dopo quasi due anni di maledetta spedizione.

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