Recitare la Verità

Vendetta, dolce vendetta.

Per quanto meschino, Isao non poteva evitare di compiacersi nello spettacolo che aveva davanti.

Fare un maledetto spettacolo teatrale per il festival scolastico. L'idea era venuta a quella sognatrice di Aika, ma nessuno pensava si tramutasse in realtà. E invece, complice una larga maggioranza, Isao e gli altri ragazzi erano stati costretti ad acconsentire.

La loro vendetta era iniziata lì, mentre costruivano e dipingevano le scenografie. Scegliere la protagonista era stato più semplice del previsto. Isao lo aveva gridato quasi per scherzo, ma tutti avevano approvato.

E così Hisako era finita a interpretare la principessa al centro dell'opera. La rappresentante di classe non ne era felice, ma si era dovuta piegare alla democrazia.

Osservando le prove del teatro, Isao non poteva evitare di gongolare, mentre l'amica si sforzava di ricordare tutte le battute. Una in particolare la metteva in crisi.

«Io ti...» disse Hisako, dritta sul palco, le guance color porpora e gli occhi bassi «io ti... ti...»

«Andiamo!» urlò Maiko, nominata regista «non è difficile! Dillo! Dillo maledizione!»

Hisako serrò le labbra, riuscendo a diventare ancora più rossa.

«Mi vergogno troppo! Mi rifiuto! È troppo imbarazzante!» disse alla fine, incrociando le braccia.

Tutti gli attori esplosero in un sospiro di disperazione. Isao, dal fondo della classe, ridacchiava. A una settimana dal festival, la principessa non riusciva a pronunciare proprio la battuta centrale dello spettacolo.

«Come godo...» disse Matsu accanto a lui, fingendo di dipingere un albero.

«A chi lo dici» gongolò Isao, chinando il capo quando tutta la "troupe" si girò verso di loro.

Il ragazzo attese qualche momento, prima di risollevare la testa. La scena era troppo comica per non ridere. Doveva fare i complimenti al club di cucito, perché i costumi erano fantastici.

Sembrava di guardare davvero una corte cinese di secoli prima, con le sontuose uniformi e le vesti colorate di eunuchi e ancelle.

Per quanto se ne lamentasse, Hisako era eccezionale. Alta un palmo piu delle compagne, avvolta in una lunga tunica color zafferano attirava tutta l'attenzione possibile, anche se al momento sembrava intenta a strangolare lo scialle d'avorio che le cingeva le spalle. Meglio quello, piuttosto che impugnasse i lunghi spilloni che le fermavano la crocchia di capelli d'ebano.

«É solo una parola! Una sola parola!» diceva Ken, il protagonista maschile.

Al contrario di Hisako, lui non chiedeva di meglio che mettersi in mostra davanti a tutti. Isao, anche da un punto di vista maschile, concordava con le ragazze che avesse un volto principesco, con un naso sottile e delicati occhi color ghiaccio.

Nelle vesti da generale, con la finta corazza e la spada al fianco, pareva uscito da un dramma storico.

«Beh non riesco a dirla! Ve l'ho detto dall'inizio che dovevamo cambiare attrice!» abiti a parte, la risposta di Hisako fu così femminea che tutti fecero un passo indietro.

Quella scena ormai si ripeteva ad ogni prova, il che voleva dire almeno tre o quattro volte al giorno. E tutte le volte, Isao gongolava.

Come da copione, non scritto, Ken lasciò il palco improvvisato, lamentandosi a gran voce contro tutto e tutti.

«Va bene, finiamola qua» un'esasperata Maiko passò in rassegna la classe «Isao, vieni qua, fa il principe»

Tra le risate e gli applausi generali, Isao raggiunse il palco, piazzandosi a gambe larghe davanti a una Hisako prossima a lanciare fulmini dagli occhi. Quello lo fece sorridere di più.

«Okay... allora, la principessa Fei si è appena dichiarata al generale Ren» fischi d'apprezzamento accompagnarono la sintesi «continuiamo!»

Isao non sapeva le battute, ma poteva limitarsi a leggerle mentre Hisako, lo sguardo che cercava di incenerirlo, terminava la scena.
Scesi dal palco, Isao ancora ridacchiava.

«Ma davvero non riesci a dirlo?» chiese all'amica.

Hisako si fermò di scatto, quasi facendolo cadere dalla scaletta. Si voltò verso la parete, scuotendo il capo.

«No, non ci riesco, contento?» disse.

«Mmm... un pochino» Isao si scansò in tempo per evitare un calcio «andiamo! È solo un teatrino scolastico, mica ti stai dichiarando davvero; tempo un'ora, e nessuno se lo ricorderà nemmeno che l'hai detto»

Hisako si girò verso di lui, un lampo diverso dal solito fastidio e sdegno sul volto. Durò appena un istante, poi gli occhi tornarono ad ardere di furia omicida.

«Sei sicuro?! Stiamo parlando di Ken Goman! Già ha un ego grosso quanto una casa, ricevere una "confessione" davanti a tutti glielo renderà grande quanto un palazzo!»

«Un palazzo di molti piani» rise Isao. Stavolta non fu abbastanza lesto, e il calcio lo prese dritto sul ginocchio.

«E hai idea, di quante vorrebbero essere al mio posto?!» sbraitò ancora Hisako, la faccia rossa d'ira.

«Ah, non farla così lunga!» Isao saltellò lontano, reggendosi in modo plateale la gamba offesa.

«Che cosa?!» un'inviperita Hisako pestò un piede a terra. Ormai la sua acconciatura iniziava a sfaldarsi, con gli spilloni che tremavano a ritmo dei suoi tremiti di rabbia.

«Devi solo dire "ti amo" al più bello della scuola! Quanto può essere difficile?»

«Tu riusciresti a dirlo a Yukiko Utsukushi?»

«Certo!» disse Isao, fissando il vuoto con espressione sognanre.

Hisako, mordendosi le labbra, marciò oltre di lui. Per un attimo, il ragazzo pensò di vedere delle lacrime agli occhi dell'amica.

Impossibile. Nei sedici anni della loro conoscenza, non aveva mai visto Hisako piangere di rabbia, o per altri motivi.

Non era nemmeno sicuro potesse farlo.

Mentre guardava Hisako dirigersi verso il camerino, Isao sbuffò irritato, tornando al suo lavoro.

«Oh, ma va davvero bene se non lo dice?» stava chiedendo una comparsa a Maiko.

«Ce lo faremo andar bene, tanto dal contesto si capisce lo stesso» sbuffò la regista, raccogliendo appunti e copioni, prima di correre dietro a Hisako. Di nuovo, Isao credette per un momento, quando la ragazza gli passò accanto, che nei suoi occhi ci fosse un lampo omicida.

Finito di sagomare, dipingere e posizionare le scenografie, Isao e il suo gruppo tornavano verso casa.

«Certo che, in fondo, un po' imbarazzante deve esserlo» disse Matsu, calciano un sassolino.

«Che cosa?» fece Isao, alzando gli occhi dal cellulare.

«Beh, in fondo sta facendo finta di confessarsi davanti a tutti, e nemmeno al ragazzo che le piace» proseguì l'altro.

Spedì il sassolino contro un palo della luce.

«Perché, secondo te a Hisako piace qualcuno?» voleva essere una battuta, ma la voce di Isao si tinse di una strana nota.

«Boh» si limitò a dire l'amico.

«Beh, l'abbiamo scelta per questo, no?» disse Netami, un'altra delle comparse. Il suo sorriso non era per nulla incoraggiante.

«In che senso?» stavolta, perfino Isao riconobbe l'ansia nel suo tono.

«Ovvio, no?» proseguì Netami «l'irreprensibile Hisako dovrà dire una cosa così imbarazzante; se ci riesce, sarà come se si fosse confessata a qualcuno di inarrivabile; se non ci riesce, andrà a finire che qualcuno penserà che Ken le interessi davvero!»

Mentre Netami ridacchiava, Isao sentì una fitta di panico dritta al cuore.

«Io... io penso che ho scordato un quaderno, torno un attimo indietro» balbettò. Matsu alzò le spalle.

«Bravo, e sbrigati pure!».

Isao stava già correndo verso la scuola.

Una falcata dopo l'altra, i suoi pensieri oscillavano impazziti.

Era solo un maledetto spettacolo, solo teatro. Solo finzione. Però, se ridere di Hisako in classe andava bene, le implicazioni nella scuola sembravano troppo grandi.

Non era certo del perché, ma l'idea che qualcuno potesse crederla davvero innamorata di Ken mandava in bestia Isao.

E irritarsi senza sapere perché lo faceva arrabbiare.

E quella rabbia gli mordeva il petto, mentre diventava un qualcosa di ben diverso. E, d'improvviso, un odio ardente per Ken gli faceva stringere le mani, mentre il solo ripensare a quella scena dello spettacolo gli accendeva lampi di invidia nel cervello.

Arrivò a scuola e si diresse alla sua classe come una furia.

Conoscendo Hisako e Maiko, erano ancora lì a provare. Le trovò intente a recitare, ed entrò così di corsa che le due sussultarono.

«Ma che ti passa per la testa?!» gli urlò contro Hisako, tirandogli dietro un libro. Isao lo schivò per un soffio.

«Io... beh... volevo vedere se vi servisse una mano»

Quella scusa non convinceva nemmeno lui stesso, ma le due ragazze, imbronciate, si limitarono a ignorarlo.

Isso prese posto a un banco, mentre le due terminavano le battute.

«Ebbene, stanotte dovrò partire per il fronte, no so se farò ritorno, principessa» declamava Maiko, nei panni del generale «auguratemi ogni bene, che io vinca e possa tornare»

«Io vi auguro ogni fortuna, e vi aggiungo ciò che mai vi sono riuscita a dire» recitava Hisako «io ti amo!»

Isao sgranò gli occhi, mentre spalancava la bocca per la naturalezza con cui lo aveva detto. Un tuffo al cuore gli fece morire in gola ogni commento.

«Perché?! Perché ci riesci da sola, ma non con Ken?!» urlava Maiko, artigliandosi i capelli. Hisako fissava il pavimento.

Isao non sapeva cosa dire.

«È... è perché non sei un ragazzo» balbettò Hisako.

Prima che se ne rendesse conto, Isao era stato trascinato davanti all'amica da un'infuriata Maiko.

«Proviamo così!» sbraitò la regista.

«Cosa?» fece Isao, incapace di capire perché si trovasse in quella condizione improvvisa, senza preavviso. Fissò Hisako, che sollevò il capo un istante appena, ma tornò a guardarsi le scarpe quando per un momento i loro occhi si incrociarono.

«Ma andiamo» la voce del ragazzo tremolava «ma ti pare che possa mai dirlo? A me? Ma nemmeno se...»

«...amo» il sussurro di Hisako gli gelò il sangue nelle vene, e insieme gli incendiò cuore e faccia.

«Eh?» fu tutto quello che riuscì a dire, mentre si girava verso Hisako.

Gli occhi della ragazza erano lucidi di determinazione, si stringeva la gonna come a voler artigliare il coraggio.

«Io ti amo» disse, a voce alta. Isao barcollò un momento, incapace di guardare in volto Hisako come di distogliere gli occhi.

Rimasero in quella posizione per ore, forse, o almeno fino a quando Isao non riuscì a capire che doveva dire qualcosa.

Quando finalmente un mezzo verso strozzato gli uscì dalla bocca, Hisako corse fuori dall'aula. Il ragazzo stava ancora fissando il vuoto.

«Maschi...» Maiko, dopo un veloce scappellotto all'amico per svegliarlo, corse dietro all'amica.

Dopo essersi evitati per sette lunghi giorni, nei limiti del possibile, finalmente arrivò il momento della recita.

Il loro teatro improvvisato aveva ottenuto un buon successo, e la sala si era riempita in fretta. In realtà, Isao sospettava molti fossero venuti più per farsi una risata che per vero interesse.

Lo spettacolo andò meglio del previsto. Tra i costumi eccelsi, la buona trama e la recitazione di tutti, alla fine il pubblico si appassionò molto alla storia.

Al momento della scena, Isao era dietro le quinte, a spostare dei pannelli con le sceneggiature.

«Ebbene, stanotte dovrò partire per il fronte, no so se farò ritorno, principessa» declamò Ken, le mani che si muovevano per dare enfasi alle sue parole.

Tutte le ragazze in sala, tranne una, lo fissavano estasiate. Hisako, dal canto suo, recitò la sua battuta.

Tutto il mondo sembrò tendersi, con Maiko che si mordeva le mani, le comparse che imploravano divinità, e Isao che, senza una buona ragione, si affacciava da dietro le quinte. Il sipario aperto lo nascondeva al pubblico, ma era ben visibile dalla prospettiva di Hisako.

La ragazza lo scorse subito, un rossore improvviso le attraversò le guance.

«Io ti amo» disse, con la voce forte e sicura che le era propria. Ken per primo sgranò gli occhi sbalordito, ma si rese conto subito che Hisako non stesse guardando lui.

Quando si girò, completamente fuori personaggio, per vedere a chi si stesse rivolgendo, Isao era già sparito.

Qualche minuto dopo, tra applausi ben più scroscianti del previsto, la recita era terminata. Isao, il coraggio preso a due mani, si avvicinò a Hisako, fingendo di portare degli scatoloni.

Li posò vicino alla ragazza, che si stava riposando su una sedia. Senza una parola, il ragazzo si sedette accanto a lei. Per lunghi minuti non dissero nulla, fissando il vuoto davanti a loro.

«Ti amo» disse Isao, un sussurro appena udibile.

«È la mia battuta» ribatté Hisako.

«Non sto recitando»

Nessuno osò disturbarli fino alla successiva rappresentazione.

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