1. Pioggia di Novembre
Varrano, Italia
20 novembre 2009
23:19
Cos'erano quelle luci che biancheggiavano poco dopo il tramonto?
Nulla, solo il frutto di un' effimera appartenenza al cielo di quei lievi, sottili bagliori di luce del sole.
Una goccia di pioggia sciolse nel nulla quel lieve bagliore biancastro, e come in un domino altre gocce cominciarono a bagnare timidamente il terreno.
Due, tre, quattro, cinque...
E in breve tempo il fiume accolse nel suo bacino una moltitudine di pesanti gocce insipide.
La pioggia batteva contro il vetro della finestra e gli infissi scricchiolavano spinti dal vento. I gomiti secchi poggiati sul davanzale cosparso di schizzi evanescenti. Gli occhi semichiusi rivolti verso terra. Giuliana era affacciata ad una finestra della casa. Un fulmine dalle mille ramificazioni lacerò il cielo, e il rumore di un tuono fu talmente minaccioso da buttare giù sul pavimento una lampada da tavolo. Giuliana rimaneva immobile davanti alla finestra, assistendo a quel diluvio con un'impassibilità incredibile. Ad ogni goccia che cadeva sui fili d'erba dell' aiuola le parve che illusioni e disinganni, dolori e gioie, speranze e desideri le gravassero addosso come un peso opprimente. E non poté fare nulla. Due lacrime rigarono le guance del nero del mascara e si posarono sulle labbra secche. Ingoiò un ammasso di saliva e muco insapore e chiuse gli occhi. Aprì la bocca sperando di sciogliere il nodo alla gola ma emise soltanto un gemito di nostalgia.
Nostalgia della vista di quelle alte montagne oltre valle, lontane lontane, sfumanti all'orizzonte, lievi nel crepuscolo entro rosei vapori.
Aveva mancanza soprattutto di quel tramonto che assaporò poche ore prima a Varrano sulle rive del fiume.
Il cielo era di un bel rosso caldo e creò intorno a lei un' atmosfera rassicurante, che la fece sentire protetta e al sicuro. Uno spettacolo talmente incantevole che se Giuliana avesse avuto un foglio e una penna sotto mano avrebbe descritto in rime. Le nuvole si persero all'orizzonte insieme alla frustrazione della donna e, con gli ultimi raggi del sole ancora presenti, lei poté notare dei puntini minuscoli ma luminosi nel cielo, le stelle. In quel momento l'aria era di una purezza aurea. Tutte le cose in ombra parevano smaltate in quella limpidezza. Giuliana, al calar del sole, si sentì sciogliere di fronte a tanta pace.
Chiuse gli occhi, poggiò la borsa e i palmi delle mani sull' erba e alzò la testa verso il cielo. I lunghi e ondulati capelli biondi cadevano sul prato attorcigliandosi in dozzine di ghirigori. La sua mente cominciò a riempirsi di cerchi gialli e rossi, i quali attorcigliandosi tra loro formarono un groviglio folgorante. Strinse di più le palpebre cercando di spazzare via quella visione, ma non ottene nulla. Anzi, sembrava come se quelle sfere la colpissero in pieno volto, aprendosi e disperdendo mille goccioline d'acqua. Aprì gli occhi. Vide le gocce di pioggia pesanti come mercurio che le cadevano sul viso incipriato, sprofondavano in quel cespuglio dorato e le bagnavano gli abiti.
Fece una smorfia: il nero del maltempo era arrivato, avvolgendo il magnifico rosso caldo e l'animo rasserenato di Giuliana. Con un respiro profondo, la donna si alzò da terra gocciolante. Prese un ombrellino dalla borsa per ripararsi la testa e ritornò nella nebbiosa Varrano. Man mano che camminava le vie diventavano sempre più deserte, e i pochi passanti che vi erano camminavano a passo veloce verso il tepore delle loro case. Ma lei a differenza loro camminava sbattendo i piedi a terra, come se dopo la contemplazione di quella meraviglia del creato facesse fatica a ritornare alla triste realtà.
L'aria era diventata gelida. Un soffio di vento si insinuò tra le fibre dei pantaloni neri in cotone. Un brivido fece rizzare i peli biondi attaccati alla pelle di Giuliana. Gli stivaletti con il tacco in pelle proteggevano miseramente i piedi ghiacciati. I capelli biondi bagnati appiccicati attorno alla testa rotonda. Il volto bagnato da un misto di acqua piovana e lacrime. Il tutto coronato dal trucco sciolto sulle guance, che aveva trasformato il viso della donna in una maschera di dolore. Il freddo pervase la sua schiena e la abbracciò come una coperta di neve.
Gli occhi semichiusi si spalancarono. Nel maltempo la solitudine delle strade scorreva come un brivido elettrico per tutto il mondo e la donna, con la sua immaginazione, poteva seguire questa solitudine impetuosa per città note e ignote, lande, montagne, foreste, mari e persino all' interno della sua misera abitazione.
Eppure lei se ne stava in piedi affacciata sul davanzale della finestra, con le mani giunte, come se dopo la contemplazione di quel tramonto non riuscisse più a trovare un senso alla sua vita. Alla luce fioca di un lampione le gocce sembravano fili d'argento che si scioglievano sull'erba del prato. Se la pioggia continuava a venire giù così, prima di mattina l'acqua avrebbe superato gli argini del fiume. Giuliana era bagnata fino alle mutande. Le guance e il mento gelati e le lenti degli occhiali rigate dalla pioggia. Erano bastati dieci minuti, la distanza dal fiume a casa, sotto la pioggia che piano piano era aumentata talmente tanto da diventare un acquazzone, per ridurla a un cencio bagnato.
Si voltò dietro di sé. Una cascata di goccioline trasparenti cadde dalla sua testa ai suoi piedi. Il pianoforte dalla superficie nera e lucida alla sua sinistra, la credenza a destra e poi il tavolo bianco e rettangolare sul quale vi era poggiato un coltello.
L'immobilità della condizione di quella sua esistenza gli suggeriva pensieri nervosi, quasi lampi di inquietudine. Fece due passi avanti verso il tavolo e prese il coltello con la mano destra, stringendo il manico tra le dita. Alzò il braccio sinistro e con le pupille dilatate affondò la punta del coltello nell'epidermide bianca.
Giuliana, immersa nella sua inquietudine, cominciò a tracciare sul braccio una profonda linea orizzontale. Sentì un leggero dolore sprigionarsi per tutto il corpo. Un tremolio cominciò a impossessarle le gambe. Finì di disegnare il taglio e lasciò cadere il coltello a terra. Il cuore le palpitava forte. Dalla finestra aperta il vento soffiava scompigliandole i capelli, le fischiava nelle orecchie e le entrava nella bocca spalancata.
Volse la testa verso l'alto e chiuse la bocca.
Cosa cazzo sto facendo?
Doveva essere impazzita di colpo. Aveva preso il coltello e si era tagliata con una minima reazione al dolore, come se nel suo cervello ci fosse stato una specie di blackout. Non sapeva nemmeno come faceva ancora a sopportare quella fitta di dolore, con tutta quell' inquietudine che aveva in corpo.
Chiuse gli occhi e abbassò la testa verso il basso.
Gli tornò alla mente una donna dalla carnagione nivea, con una capigliatura ricca e ricciuta. Il suo corpo nudo tremava dalla paura sotto le lenzuola accartocciate e il viso era coperto da un cuscino quadrato tenuto stretto da due mani carnose. Sullo stesso letto, sdraiato affianco a lei, vi era un uomo dal viso ovale incorniciato dalla barba nera e ispida. Era alto come uno stecchino e i due occhi neri come due pozze di petrolio la scrutavano sconvolti: era il suo ex marito, Sergio.
Nel frattempo dal suo braccio sinistro le gocce di sangue scendevano copiose sul pavimento, mescolandosi alle lacrime di acqua piovana.
Si trovava sola, in quel tetro appartamento dove oramai i mobili avevano assunto un' aria vecchia e miserabile. Quella casa era un quadro disorganizzato di false apparenze e finte agiatezze.
Si poteva sentire in quegli spessi strati di polvere la delusione di Giuliana, e allo stesso tempo l'odore di tutte le rose che le aveva regalato Sergio. Nelle credenze mezze vuote della cucina, nella camera da letto spoglia... in qualunque stanza dell'abitazione aleggiava ancora l'insoddisfazione e la stanchezza di Giuliana nell'essere trattata come una schiava, e il sudiciume di Sergio ubriaco.
Se prima la donna aveva condotto una vita di inganni e astinenze, in quel momento aveva caldo nell'anima. E non sapeva nemmeno lei il motivo. Ma allo stesso tempo riusciva a gustare il sapore di tutti quei ricordi di cui era pregna quella casa. Poco fa la sua anima era congelata in quello stato di sofferenza, che la destinava a vivere nell'incubo della privazione di tutto.
E ad ogni goccia del suo sangue che veniva giù sul pavimento stava pian piano uscendo da quell'incubo. Era stata rigettata inconsciamente nella realtà e un forte calore al petto le diceva di fare qualcosa di folle e bizzarro per cambiarle la vita.
Una lampadina si accese nella sua testa, illuminando cumuli di mondezza remota.
Non voleva più essere dipendente dalla droga dei ricordi, desiderava essere ubriaca del presente.
Si stropicciò gli occhi come se avesse sognato e guardò l'orologio fisso sulla parete. Erano passate quattro ore da quando si era seduta in riva al fiume. Medicò la ferita fasciandola con una benda, si infilò la giaccavento e andò in garage. Faceva freddo e i vestiti bagnati la coprivano piuttosto male. L'aria gelata gli scendeva giù per la gola mentre sollevava la saracinesca del garage. Una cascata di acqua la travolse inzuppandola ancora di più di quanto non lo fosse prima.
Si riparò rapidamente dentro la sua Renault e accese il riscaldamento.
Il calore, seppur poco, cominciò a riscaldarla.
Il motore fece tre singhiozzi e s'accese in una nuvola di fumo bianco.
La schiena dritta appoggiata al sedile. Le mani che stringevano fermamente il volante. Lo sguardo fisso sull'immagine mossa e sfocata della strada. L'acqua scrosciava forte sui vetri, e veniva spazzata via dai tergicristalli che si muovevano a destra e sinistra.
Giuliana avrebbe potuto guidare per sempre. Che bello lasciarsi alle spalle quel temporale e quella terra grigia popolata da gente squallida e scappare verso l'ignoto.
Una strana vitalità si era intensificata dentro di lei, producendo un immenso piacere in ogni singola componente del suo organismo. In quell'estrema solitudine un brivido bollente percorse la sua labile coscienza e dissolse quest'ultima nel nulla.
Aveva gettato via il passato come se non fosse mai esistito e iniziava ad affrontare il presente con una gaiezza innaturale, sognando ad occhi aperti l'ignoto avvenire. La follia cadeva nel suo animo come una rugiada vivificatrice e la faceva sentire libera e importante.
Giuliana accese la radio. Due conduttori radiofonici stavano conservando alacremente:
«Un brano che cattura l'essenza del nuovo sound elettro-pop anni '80, dall' atmosfera quasi ipnotica.»
«E poi quella voce graffiante e potente unita a un suono di batteria incredibile e inconfondibile!»
«Insomma sapete tutti di chi stiamo parlando... di Phil Collins e del suo capolavoro contenuto nell'album "Face Value", che lo porta inaspettatamente ai primissimi posti delle Hit Parades di tutto il mondo. A voi l'ascolto di "In the Air Tonight"!»
La donna alzò il volume della radio.
«Lo sento arrivare nell'aria stanotte, oh Lord
E ho aspettato questo momento per tutta la mia vita, oh Lord
Riesci a sentirlo arrivare nell'aria stanotte?
Oh Lord, oh Lord»
La pioggia prese a battere più forte contro la carrozzeria della macchina, come se volesse sfondarla. Fuori il lamento stridente degli alberi spaventava gli animali che correvano alla cieca verso un rifugio. Le gocce dell'acquazzone sui tetti delle case producevano un picchiettio come di unghie che tentassero di smuovere le tegole.
Ma quella sera Giuliana aveva sciolto nel suo stesso sangue il ricordo del tradimento di Sergio, e non le importava nulla di cosa le stesse accadendo intorno.
«Beh, se mi avessi detto che stavi affogando
non ti avrei teso la mano.
Ho già visto il tuo viso, amico mio
ma non so se sai chi io sia.»
Giuliana pestò sull'acceleratore e una serie di pensieri trionfali cominciò a invaderle la mente.
Avrebbe sfondato il muro della banca e si sarebbe portata via il Bancomat e poi giù, giù, verso il punto più a sud del intero pianeta Terra. Lì avrebbe cambiato identità e condotto una vita all'insegna della ricchezza e del relax più totale.
Dilatò le pupille.
«Beh, io ricordo.
Io ricordo, non preoccuparti.
Come potrei mai dimenticare?
È stata la prima e ultima volta che ci siamo visti.»
La lancetta del contachilometri raggiunse i centoquaranta. I lampioni le schizzavano ai lati in una lunga scia al sodio. Imboccò la sopraelevata che portava alla banca.
Quella notte avrebbe avuto la sua vendetta, a costo di realizzare l'impossibile.
Giuliana dopo una curva imboccò via Gabriele D'Annunzio, per poi arrivare alla Piazza della Minerva, dove era situata la banca.
«Ma so la ragione per cui mantieni il tuo silenzio.
No, non mi freghi.»
La donna si schiacciò contro il sedile e puntò dritto contro il Bancomat. La ruota destra colpì a centosessanta chilometri orari il marciapiede e la macchina si ribaltò. Quest'ultima cominciò ad avvitarsi su se stessa e si accartocciò contro un'enorme fioriera di cemento.
«La ferita non si vede, ma il dolore continua a crescere.
Niente di nuovo, né per me, né per te.»
Giuliana sfondò di testa il parabrezza e volò oltre la fioriera, finendo di faccia contro una rastrelliera per biciclette. Rimase lì a braccia aperte ma poi, con un enorme sforzo, si sollevò e iniziò a barcollare in mezzo alla piazzetta pedonale.
Al posto del volto aveva una maschera di carne viva e vetro. La pioggia continuava a cascargli addosso. Nonostante ciò riuscì a barcollare come un barbone in direzione del bancomat.
Un dolore immenso le si espandeva negli arti.
Con un solo occhio vedeva la macchinetta che sputava soldi come una slot machine impazzita. Ma anziché monete erano banconote verdi grandi come tappeti.
Era ricca.
Si inginocchiò a raccoglierle e sputò un grumo di sangue, muco e denti.
La banca.
Colpita.
Assurda la vita.
Se solo si fosse messa la cintura non avrebbe sbattuto la testa contro il parabrezza dell'auto sfondandolo e... realizzò l'atroce verità.
«Posso sentirlo nell'aria stasera, o Lord, o Lord, o Lord, o Lord
Sì, stavo aspettando questo momento da tutta la mia vita, o Lord, o Lord»
Giuliana sputò un grumo di sangue, muco e denti e mentre stringeva i suoi soldi si accasciò a terra.
Numerosi passi scattanti si avvicinavano verso di lei.
Alzò lo sguardo
E la morte se la prese.
¹ Questo è un omaggio al romanzo "Come Dio Comanda" di Niccolò Ammaniti (2006)
² È stata riportata la traduzione italiana della canzone "In The Air Tonight" per facilitare la lettura del racconto.
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