Cenere - Parte uno
Le memorie del mondo sono cenere agli occhi di chi non ricorda.
***
Il fuoco si era esaurito in un letto di braci rossastre immergendo il campo in un alone dalle tinte sanguigne. Scintille volavano di tanto tra i tizzoni accesi, lanciandosi verso il cielo e cercando forse di ricongiungersi alle perpetue cugine che illuminavano la notte di luce argentata. Gli occhi del vecchio le osservavano ricopiandosi in miriadi di bagliori sulle pupille umide. Conosceva ognuna di quelle costellazioni: fra tutte scrutava la Madre nel suo vestito lungo a sei pieghe, il Fanciullo raggomitolato accanto a lei in posizione fetale. In mezzo a loro Bagliore del Mattino brillava fulgida contro il nero dell'universo, un ponte di luce e d'amore a congiungere le loro dita allungate per sfiorarsi.
-Dovete mangiare.- L'uomo vicino al fuoco parlò con la bocca piena e le parole uscirono goffe e pasticciate dalle sue labbra. Le braci gli accendevano il volto di cremisi, allungandogli ombre scure sugli zigomi e sugli occhi. Quando il vecchio si voltò verso di lui, quello gli fece un cenno verso lo spiedo che era posato di sghembo su una schiera di foglie fresche. Nella penombra, parevano mani nere protese in offerta. Adagiata sopra di esse, una misera anatra selvatica riluceva lucida di grasso.
-Non ho molta fame. Puoi avere tu la mia parte, Jerewy.- Il vecchio aveva parlato volgendo nuovamente lo sguardo alla volta celeste. Aspettava che la luna sorgesse da dietro le montagne a est, interrompendo il livore di quella notte buia, interrompendo i suoi incubi ad occhi aperti. Bagliore del Mattino parve ammiccare un assenso muto, gelido. Le chiome degli alberi gemettero sotto una folata di vento e l'orlo nero contro il cielo sembrò protendersi per ghermirlo. Ricordi indistinti e amorfi si mossero dentro di lui cercando di fare altrettanto.
-Non saranno le stelle a permettervi di rimanere in piedi, padre. La strada alla torre è ancora lunga.- Aveva inghiottito il boccone e ora la sua voce era chiara. Si alzò in piedi con uno sbuffo e strappò una coscia dall'anatra avvicinandosi al vecchio. La sua salute era peggiorata precipitosamente negli ultimi giorni a causa del viaggio che lo stava sfiancando eppure rifiutava ancora il cibo, preferendo invece rimanere a osservare le vestigia degli anni che furono, del mondo come un tempo era stato. Le memorie di quei giorni lo avevano colmato e aveva finito per cibarsi di quelle invece che delle poche prede rimaste nella foresta. Osservava con occhi spenti i boschi, gli antichi presidi di guarnigioni o, peggio, le stelle del mattino, cosa che finiva per privarlo anche del sonno oltre che del nutrimento.
Gli porse la carne senza aspettarsi che le rivolgesse attenzione. Il vecchio infatti non la degnò di uno sguardo. -I marinai la chiamavano Speranza del Mattino.- disse invece, allungò un dito adunco e arcuato dall'artrite verso il cielo. –Noi la chiamavamo Noia del Mattino.- Rise sommessamente ma l'ilarità si trasformò in un eccesso di tosse e quando Jerry gli mise una mano sulle spalle per calmarlo, quello mosse la mano stagliata contro le stelle per allontanarlo con un gesto brusco.
-Sto bene, sto bene.- fece scontroso, la voce rauca.
Il figlio lo guardò con disapprovazione. –No, non vi credo. Tenete, mangiate.- Gli mise nuovamente l'anatra davanti il viso e quello la prese senza un lamento. Ne piluccò la pelle, masticando a fatica fra i pochi denti guasti che il tempo gli aveva risparmiato. –Non saranno i ricordi a tenervi in vita, padre. Assaporate la carne e provatene piacere. Fatelo per me.-
Il vecchio non rispose. Continuò a masticare rivolgendo ancora la sua attenzione al cielo, uno spicchio di luna si era sollevato oltre i rilievi ad est e già la radura pareva essersi rischiarata d'argento. La sua rada e incolta barba canuta rilucette pallida come un fuoco fatuo. -Sai perché la chiamavamo Noia del Mattino, Jerewy?- proruppe poco dopo aver inghiottito un minuscolo boccone.
Il giovane sbuffò spazientito e si allontanò rimettendosi a sedere. Pescò un lungo stecco dalle sterpaglie e si mise a rigirare le braci con occhi che parevano infuocati nella luce rossa. Spilli di luce gli danzavano sulle pupille.
-No, padre, non lo so.- borbottò con la consapevolezza che il vecchio non avesse accolto per nulla il suo suggerimento.
-Dovevamo uscire sulla torre a tracciarne i moti per tutta l'estate. Capisci? Ogni notte, per tutto il periodo estivo.- Sogghignò deciso e Jerry vide un pezzetto d'anatra mezzo masticato volare nel buio. –Questo significava stare svegli almeno fino alle cinque del mattino. Era una seccatura.-
-Potevate svegliarvi più tardi?-
Il vecchio si girò a guardarlo con le folte sopracciglia corrucciate. Le rughe della fronte giocavano con le ombre del fuoco prendendo assurde forme. Rise aspramente prima di rispondere. –Ragazzo mio, i maestri non ce lo avrebbero mai permesso. La sveglia era sempre al canto del gallo, non un minuto più tardi.- Sollevò la coscia d'anatra morsicata e la agitò nel buio verso la sua direzione. –Mi sono preso tre fustigate al mio primo anno di apprendistato quando non mi svegliai in tempo per la colazione. Te le ho mai date tre scudisciate, Jerry?-
I grilli cominciarono in quel momento a cantare, grattando sui loro addomi sonate che loro non potevano comprendere. Il vecchio si riportò la coscia alla bocca e cominciò a succhiarne il grasso fra le labbra in lunghi gorgoglii corrompendo la musica.
-No, padre, mi avete riservato il bastone di tanto in tanto. Quello me lo ricordo.- Il giovane si guardò le dita allungandole verso il tepore della brace ardente. –Vi ricordate quando mi avete rotto il mignolo perché avevamo bruciato quel libro? Io e Wellyg. Ve lo ricordate, padre?-
Il vecchio smise di mangiare e bloccò il suo sguardo sulla Noia del Mattino inseguita a pochi passi dalla faccia pigra e assonata della luna. –Me lo ricordo, Jerry. Avrei dovuto suonartele meglio.-
-Cosa aveva di tanto speciale?-
-Niente.-
-Nostra madre vi dovette tenere per evitare che vi scagliaste contro di noi con rinnovata foga. Fu l'unica volta che le vostre botte andarono ben oltre la semplice punizione. Perché?-
Il vecchio gettò l'osso con ancora qualche filamento di carne lontano, fra gli steli d'erba. I grilli smisero di cantare per qualche secondo, allarmati, poi ripresero a gingillarsi con le loro canzoni.
-Era un libro che mi era molto caro. Ho avuto una reazione spropositata, ecco tutto- rispose il vecchio in modo secco.
-C'entrava con la torre che stiamo cercando...- fece il giovane, ma suo padre lo interruppe prima che potesse completare la frase.
-Non la stiamo cercando. Io so esattamente dove si trova.-
-Non lo metto in dubbio, padre. Ma è passato molto tempo da... Da quello che è successo.-
-Credi che per caso i paesaggi mutino con gli anni? O che forse le montagne cambino forma al volgere delle stagioni? Su questa terra il soprannaturale non ha ancora così tanto potere, temo.-
-Non sto dicendo questo.- Il giovane strinse i pugni sulle ginocchia e poi se li portò alle tempie. Parlare col padre, cercare di farlo ragionare era diventata un'impresa non da poco. –La terra non muta, padre, ma la vostra memoria sì. Questo è un dato di fatto. Mi avete raccontato la storia della Noia del Mattino per ben due notti di fila, non ve ne ricordate?-
Il vecchio distolse lo sguardo dal cielo e lo piantò negli occhi accesi di rosso del figlio. Le ombre arancioni delle braci gli danzavano nelle orbite. Una paura dalle fattezze astratte gli smosse il corpo in un moto viscido che gli accarezzò il cuore. Non stava dimenticando, non era vero. Non poteva farlo.
-Tu menti- gli disse puntandogli contro lo stesso dito che poco prima si era sollevato a indicare con tanto dolcezza il cielo stellato. Ora tremava, accusatorio. –Tu menti. Sei venuto solo per...- La bocca gli si contrasse in una smorfia e serrò la mascella. –L'avidità ti ottenebra i sensi, ecco tutto.-
Jerry si sollevò in piedi. Il bastone che teneva di sbieco sulle gambe cadde sulle ceneri ardenti prendendo fuoco e liberando un fiamma arancione che si aggrappò come una mano al drappo notturno del cielo. –Non cercare di dirmi come devo comportarmi, vecchio.- I suoi occhi ora lampeggiavano nel buio e non erano le braci ad animare quei bagliori, ma la rabbia e, forse, qualcos'altro di molto simile alla cupidigia. –Il mondo è cambiato da un pezzo e tu sei sempre rimasto aggrappato ai tuoi maledetti libri, a quel tuo tanto amato sapere e ai ricordi.- Sputò per terra oltre il cerchio di luce che racchiudeva il bivacco e lo rendeva sicuro. –Ci stai annegando dentro.-
-Tu anneghi nel mare di ignoranza in cui ti sei calato, figlio. Non sono riuscito a salvare nessuno di voi.-
-Non vogliamo essere salvati.- ringhiò Jerry e fece un cenno al cielo e alle stelle. –Non sono quelle a sfamarci, non più. I tuoi tempi sono andati, padre, è questo che conta ora.- Sollevò un lembo del mantello a mostrare un piccolo pugnale ricurvo aggrappato alla cintura.
Il vecchio lo osservò con distacco e ripugnanza poi tornò a voltarsi verso la luna che si era adagiata fra le pendici di due monti. –Se credi che il mondo prima fosse facile, ti sbagli. Se pensi che io non abbia saggiato il tempo dell'acciaio e delle tenebre, ti sbagli parimenti.-
-Ogni tanto sembrate dimenticarlo.-
Il vecchio provò una paura atavica irrompergli nel corpo ancora una volta. Non voleva perdere il controllo sui suoi pensieri, sui suoi ricordi. Non poteva, non doveva.
–Io non dimentico.- disse esitante.
-Ne siete sicuro, padre?-
-Sì.-
-E nostra madre? Lei ve la ricordate?-
-Cosa c'entra tua...-
-Abbiamo superato la sua tomba due giorni fa e non avete detto una parola.- Jerry allungò un dito verso il bosco mentre la faccia gli si comprimeva in un'espressione di disgusto. –Voi e questa stupida ricerca. Ci avete privato di nostra madre e non ci avete mai chiesto scusa.-
Il vecchio non parlava. Rimase ad osservare la luna che si era staccata dai monti e guardava con occhi accusatori il mondo: guardava lui. Ma non voleva essere giudicato, non poteva, lui era l'ultima speranza per il Monderbair e arrivare alla torre avrebbe significato ritrovare ciò che era perduto. La soluzione, forse, al male che imperversava per i tre regni.
-Lei conosceva i...-
-Risparmiatemi le vostre sciocchezze sull'amore che supera anche i pericoli più estremi. Risparmiatemi le vostre menzogne. Vi è importato più il destino di questa maledetta terra che quello di vostra moglie.- Il giovane fece un profondo respiro e si voltò verso il fuoco. La sua sagoma, stagliata contro il letto di braci, fece danzare sul terreno un'ombra animalesca. –Non mentite, padre.-
Il vecchio sentì le lacrime che tratteneva da giorni riuscirgli a bagnare finalmente le guance. Non le deterse, le lasciò ruscellare sul volto mentre la luna le illuminava d'argento. I ricordi che ancora non erano sbiaditi lo travolsero e sentì il cuore fermarsi, perdere battiti nel ricordo di Roselin.
-Quando la presero le ombre, eravamo molto più a sud di quanto la tomba si trovi adesso.-
Jerry non parlò, tese però le orecchie e ascoltò con attenzione. Il suo silenzio era solo un chiaro invito a continuare. Il padre non perse tempo per farlo: -Non rimase nulla di lei. Un involucro di stracci arrossati dal sangue. Nulla più.- Tirò su col naso e se lo pizzicò fra due dita, poi riprese. –Andai avanti, il suo sacrificio non doveva essere vano. Avevamo pianificato quel viaggio e avevamo infuso così tante energie, speso così tante risorse per esso che mi pareva di farle un torto ad arrendermi.-
-Ma l'avete fatto lo stesso.- La voce di Jerry era gelida. –Siete tornato indietro.-
-Fui attaccato anch'io qualche giorno di cammino dopo.-
-Non è possibile, voi mentite.-
Il vecchio osservò le spalle del figlio e un livore che non era dovuto alle ombre della notte incominciò a scendergli sul viso. –Stai dandomi forse del bugiardo?-
-Sì.- La schiena del figlio si arcuò quando sputò nel fuoco. –Nessuno sopravvive ad un attacco delle ombre, lo sapete bene, padre. O forse state solo dimenticando gli eventi. La vostra mente si offusca, proprio come temevo.-
Il vecchio ignorò la provocazione del figlio e tentò di continuare: -Loro...-
-Risparmiatevi questa assurda commedia, voi l'avete persa e siete tornato...-
-No! Non è così! Venni attaccato nella notte e loro mi presero. Rovistarono dentro la mia anima, dentro la mia testa; ho sentito il tocco viscido delle loro menti dentro di me! Poi...- Il vecchio si dimenò fra l'erba su cui era seduto, i grilli continuavano il loro richiamo d'amore; due civette gridarono lontano all'unisono, incombenti come un cattivo presagio. Una mano nodosa gli corse alla tunica e strinse un rigonfiamento all'altezza del petto. –Io... Non ricordo.-
-Non ricordate?-
-Mi sono svegliato illeso il giorno dopo, solo le ferite testimoniavano ciò che era successo. Ecco tutto.-
-Voi mentite.- Jerry si era voltato e osservava il padre nella sua ombra.
-Non posso darti risposte che non conosco, ragazzo, e questa è la verità di cui dispongo.-
-Dove è morta mia madre?-
-A tempo debito, ti mostrerò.- Il vecchio lasciò il pugno che aveva stretto sul tessuto logoro e si passò i palmi sulla faccia ancora umida di pianto. Non voleva che lui lo vedesse in quello stato ma temeva che il figlio se ne fosse già accorto. –Presto saremo in vista della torre.-
-Presto quanto?-
-Avrai quello che sei venuto a cercare, figlio, smettila di essere impaziente.-
Jerry sogghignò sprezzante, poi si voltò e si mise a sedere dando nuovamente le spalle al padre, lasciandolo solo oltre il cerchio del fuoco. La luna era ormai alta e rideva maligna alla sorte dei meschini uomini che popolavano il mondo. Il vecchio la osservò ancora per un po' e si concesse qualche altra lacrima prima di stendersi e cercare di dormire. Sul suo petto, un rigonfiamento celato dalla veste si muoveva seguendo il ritmo spezzato del suo respiro che scivolava in un sonno tormentato da incubi, frammenti di ricordi.
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