Cenere - Parte due

Giunsero alla vista della torre o di quel che ne rimaneva solo dopo una settimana di cammino, non così presto come aveva pronosticato il vecchio. Lungo la strada avevano incrociato il vero luogo di sepoltura della madre di Jerewy e entrambi avevano pianto qualche lacrima. Suo padre gli spiegò che era stato lì dove le ombre lo avevano attaccato, costringendolo alla resa e a lasciarsi indietro tutto il superfluo. Aveva seppellito la tunica insanguinata di Rose che aveva portato con sè sotto un albero di faggio, il quale era cresciuto non poco negli anni e ora svettava scheletrico verso il cielo, artigliando le nubi con la scarna chioma. Sul terreno le foglie gialle d'autunno avevano creato un letto d'oro. Il vecchio aveva detto che le sarebbe piaciuto e Jerry aveva assentito. Alla sua domanda su chi si trovasse nella tomba che si erano lasciati giorni prima alle spalle, il padre era caduto in un silenzio cupo solo per poi sbottare che era stato il luogo in cui ella gli era stata portata via dalle creature. Lui aveva continuato il viaggio e solo quando si era dovuto arrendere alle ombre e aveva finalmente seppellito i vestiti di lei, l'ultimo involucro che la ricordasse, tornando indietro aveva ricordato di non aver pronunciato le parole e i gesti per donarle il passaggio all'altrove. Aveva perciò eretto una lapide e lasciato che la benedizione del sole scendesse a donare luce alla sua anima. Jerewy aveva annuito ancora, soddisfatto, e aveva predisposto il campo per quella notte senza ulteriori domande.

Erano andati via all'alba, entrambi incupiti, proseguendo il cammino sempre più leggeri di provviste ma carichi di fatica nelle gambe e nella mente. La memoria del vecchio, infatti, era stata fallace così come Jerry aveva temuto. Erano finiti in immense valli vuote con altrettanti villaggi abbandonati e tetri. In uno di essi avevano trovato lo scheletro di una madre con in grembo un bambino seduto ormai sui femori cerei. Si stringevano in un abbraccio disperato, adagiati su un ceppo vicino al muro di una casa che apparteneva più al bosco che a loro ormai. Il vecchio aveva pronunciato parole antiche mentre imponeva le mani sui resti e Jerry lo aveva guardato con distacco rovistando fra il ciarpame buttato nel fango nei pressi di un'abitazione vicina.

Suo padre non aveva pianto per i morti che assomigliavano alle costellazioni della Madre e del Fanciullo, neanche in seguito quando disse che era stato un cattivo presagio trovarli; ma lo fece quando vide i resti della torre rovinata al suolo. Jerry lo aveva visto correre con passo malfermo lungo il crinale della collina brulla, senza nemmeno appoggiarsi al bastone che aveva incominciato a usare vista la debolezza degli ultimi giorni. Lo aveva poi abbandonato, lasciato cadere fra i massi bianchi di quella che un tempo doveva essere la calcina che ricopriva lo strato esterno della torre.

-No! No...- lo aveva sentito urlare mentre anche lui si muoveva nella sua direzione. I mattoni candidi davano un'aria desolata all'altura, un paesaggio lunare e malinconico tempestato da un vento gelido che sollevava cenere e polvere nerastra. La poca erba temeraria che cresceva su bubboni di terreno gemeva frusciando nelle folate. Quando era arrivato in cima, aveva notato che dell'enorme torre che si ergeva alla sommità per quattrocento piedi non rimaneva quasi nulla. Solo i piani inferiori si erano salvati dalla distruzione degli invasori, lasciando un tozzo anello di pietre annerite e alcuni mozziconi di pilastri tesi come denti marci verso il cielo. Parevano lapidi senza nome e forse lo erano davvero. Tutto attorno, una desolazione di macerie grigie e erbacce infestanti facevano loro da offerte funerarie.

Il vecchio si era fermato a pochi passi da quella che un tempo doveva essere l'entrata della torre. Un'enorme ferita nera ne deturpava i contorni, facendola assomigliare a uno slabbro marcito da tempi immemori. Quando Jerry gli era arrivato abbastanza vicino, lo aveva udito ansimare per la fatica, un ginocchio piegato in avanti e la barba imperlata di gocce: ma non era sudore. Suo padre piangeva come un bambino, anzi no, come un adulto sconfitto, un adulto a cui l'ultimo desiderio della sua vita è stato negato. Provava molta pena per lui.

-Padre...- tentò di dire ora dopo attimi di silenzio.

-Non corrompere questo momento.- Il vecchio alzò la mano, tremante contro il cielo grigio di ottobre. La abbassò e cercò il suo bastone che ora giaceva abbandonato alla base della collina. Diede l'impressione di maledirsi dandosi qualche manata sul capo, poi urlò la sua rabbia verso lo squarcio nero, verso le sale in rovina della torre che tanto a lungo aveva cercato di raggiungere. Il grido vibrò nel vento con vigore, poi si spense piano nei polmoni stremati. Jerry attese che la sua ira si placasse.

-Ricordo quando ci rifuggiamo qui, sai?- Parlò a voce bassa, un mormorio che si perse nelle folate. Jerewy lo udì appena ma non lo esortò ad alzare il tono e così egli continuò: -Quando il nord venne sopraffatto dai loro stessi alleati, dalle ombre, venimmo qui in cerca di riparo.
La torre è isolata abbastanza dal mondo esterno, è così che gli studenti possono veramente dedicarsi a coltivare il sapere senza rimanere invischiati nella vita mondana. Era quello di cui avevamo bisogno durante il disastro: un riparo sicuro, difficile da raggiungere. Io e gli altri maestri venimmo qui, prendemmo sotto la nostra ala gli studenti che ancora non erano stati evacuati e resistemmo più che potemmo. Poi...- La voce del vecchio si ruppe. Si portò una pugno alla bocca e lo morse fra le labbra. Rimase così per un bel pezzo, il vento che pettinava le frasche la faceva da padrone insieme al canto leggero dei passeri.

Riprese poco dopo: -Poi ci presero e noi lottammo. Prima i soldati e in seguito le creature, le ombre. Vedi, ci vuole il fuoco contro di loro: le rallenta, le indebolisce. Sono tenebre, dopotutto, e ogni luce divora il buio. Lo scoprimmo a nostre spese quando uno degli studenti si incendiò la tunica per sbaglio.- Sbuffò a quel ricordo, quasi avesse connotati divertenti nelle sue memorie. Lo vide mormorare un nome fra le labbra ma la brezza si portò via le parole. –Fu grazie all'incendio che scappammo. Il bosco, dall'altra parte della collina, è completamente bruciato, lo hai notato?-

Jerry mormorò un assenso e il padre annuì di rimando. –Fu grazie a quello che riuscimmo a salvarci. Non riuscirono a prenderci nel fuoco. –

Si alzò la manica e espose la serpeggiante cicatrice di una fiamma che gli avviluppava il bicipite e che Jerry sapeva scendere fino al fianco. –Le lasciammo alle nostre spalle e poi ci disperdemmo, non eravamo che in pochi i rimasti. Non so che fine fecero gli altri ma posso ben immaginarlo. In molti morirono quella notte.-

-Conosco quella cicatrice.- Jerry puntò un dito guantato verso il padre, la cappa gli volava d'innanzi coprendogli la vista. La scostò con un gesto brusco. –Ci avete sempre detto che ve l'eravate procurata da bambino.-

Il vecchio non rispose, rimase ad ansimare con gli occhi lucidi in cui si rispecchiavano le nubi di un autunno secco. Jerry proseguì immemore della pietà che aveva provato per il padre pochi attimi prima: -Mentivate.-

-Vi proteggevo.-

Jerry sbuffò amaramente. –Da cosa?- fece.

-Dai segreti che ho serbato con me. I maestri, i consiglieri, hanno tutti dovuto portare un pesante fardello...-

-Consigliere? Voi eravate consigliere... Del re?-

Il vecchio si passò una mano sugli occhi e poi sollevò lo sguardo al cielo. Nella sua mente i pochi ricordi vividi del suo passato scorsero veloci come un fiume dai numerosi pesci ma che lui non riusciva a pescare. A mani nude, si ritrovava tagliato fuori da cotanta abbondanza. Si dannò per la sua fallace memoria e serrò i pugni contro i fianchi digrignando i denti verso le nuvole.

-Lo ero, sì. Ho visto il disastro abbattersi su questa terra, ho visto il cancro renderla marcia- disse poi, nella voce un tremore che non era causa del vento freddo.

-Non ce lo avete mai detto.-

-I segreti!- sbottò nuovamente il vecchio artigliandosi la veste. –Vi ho messo al riparo dalla loro pericolosità! Il loro peso sarebbe stato troppo grande per voi e per vostra madre.-

Jerry si animò al sentir parlare del genitore scomparso. –Neanche lei era a conoscenza del vostro passato, quindi?- Scosse la testa e la bocca gli si torse in una smorfia divertita e amara al tempo stesso. –Come siete riusciti ad attirarla qui allora?-

Suo padre chiuse gli occhi e inclinò la testa all'indietro, lacrime scintillarono nell'apatica luce che la coltre di nubi era tanto clemente da far oltrepassare. La barba folta e bianca gli si imperò abbondantemente prima che riprendesse a parlare con voce spezzata ma sicura. –Con l'unica cosa che fa gola a tutti quanti voi.-

-Il tesoro.-

-Il tesoro.- ripetè il vecchio e si girò a guardare il figlio con occhi che si erano fatti rossi e increspati di venuzze. Sembrava stanco, svuotato, come se la prostrazione di tutti quei giorni avesse raggiunto il culmine proprio lì, su quella collina. E forse era vero o forse no: magari erano soltanto le rivelazioni che aveva dovuto tirar fuori negli ultimi giorni che lo avevano sfiancato, Jerewy non sapeva dirlo. Lo ascoltò socchiudendo gli occhi al vento mentre gli parlava.

-Lo abbiamo nascosto prima di appiccare l'incendio.- fece volgendogli uno sguardo fermo ma allo stesso tempo inerte, privo d'emozioni. –Entra con me. E' ben nascosto, non lo avranno trovato.-

Jerry lo guardò diffidente. –E se fosse solo un'altra menzogna? Io non credo al passato che pensate di aver vissuto.-

Le labbra del vecchio si contorsero in una smorfia che scoprì i denti, un ringhio muto che ne deturpò i connotati già sfigurati dalla spossatezza. La carne gli si assottigliò sugli zigomi rendendolo simile ad un teschio. La voce che risuonò dalla sua bocca fu secca quasi quanto un osso che si frantuma: -Entriamo. Valuterai tu stesso se darmi del bugiardo.-

-Tu cosa farai?- Jerewy fece un cenno col mento verso la torre e la sua entrata buia, orribile.

Il padre si portò la mano al petto all'altezza del cuore. Massaggiò per qualche secondo la tunica sgualcita con dita scarne e annerite dalla sporcizia. Parve pensare molto alla risposta, poi ritirò la mano e sempre guardando il figlio negli occhi rispose con voce flebile: -Devo cercare una cosa.-

Jerry chiuse gli occhi a fessura e indagò il vecchio con lo sguardo. Debole, fiaccato nel corpo, nella mente e nei ricordi. Convinto che fosse un pericolo più per se stesso che per lui, fece un cenno affermativo prolungandone la durata mentre osservava le macerie sparse per la collina. –Bene- disse infine aggiustandosi il bavero della cappa che gli batteva vicino ad un orecchio nel vento. –Fammi strada.-

Il vecchio lo guardò per un secondo appena, poi si voltò, superò un mattone bianco fessurato di nero, e si avviò verso quella che un tempo era la porta della Torre dei Maestri del Sud.

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