Cantina
Ero un teppista fuggito di casa, non valevo niente nonostante i miei genitori fossero ricchi, tanto ricchi da convincere la polizia a cercarmi quindi quando vidi un poliziotto mi nascosi in una vecchia villa, il giardino era spoglio e le poche piante morte ma mi fornirono comunque un ottimo nascondiglio, era buio quindi non vidi il volto del poliziotto e non me ne accorsi.
Quando si allontanò feci per uscire ma all'improvviso sentii il pianto di una bambina, mi voltai incuriosito, fu allora che lo vidi, la villa... quella vecchia villa in rovina... aveva qualcosa di contorto improvvisamente, sembrava il volto di una persona che piangeva, per qualche strano motivo sembrava che piangesse, poi quel assurdo rumore, un pianto acuto e disperato che mi fece svenire.
Mi svegliai in una stanza completamente buia, cercando di alzarmi caddi per terra, battendo la testa. Intontito cominciai a tastare per terra e trovando il mio marsupio. Sapevo che dentro c'era una torcia, la accesi. Mi trovavo in una stanza completamente chiusa, sia la finestra che la porta, ma dove mi ero? Se fossi rimasto lì sicuramente non avrei combinato nulla così mi riallacciai il marsupio, anche se non mi ricordavo di essermelo slacciato, poi riuscii finalmente ad alzarmi, mi avvicinai alla porta e la aprii.
Uscii in un corridoio buio, provai ad accendere la luce, invano, mi arresi a proseguire al buio con l'aiuto della torcia. Trovai delle scale e scesi al piano. Cosa ci facevo in una villa completamente al buio? Che fosse quella dove mi ero nascosto?
Andai in giro per la villa con il solo aiuto della torcia. Era deserta. Non sentivo alcun rumore venire da fuori, sembrava che la villa fosse in fondo ad un abisso. Era così silenziosa da sembrare innaturale, un incubo ad occhi aperti. Mi affacciai ad una finestra, non si vedeva assolutamente niente. Solo il buio più nero. Provai a puntare la luce fuori ma non aiutò, provai anche ad aprire la finestra ma era bloccata, girovagando trovai una porta che portava fuori.
Ovviamente non si aprì. Ero bloccato in una villa che sembrava in fondo all'oceano.
Ad un certo punto sentii uno strano rumore, sembrava che qualcuno strisciasse per terra. Mi girai, in cerca dell'oggetto che potesse causare un rumore tanto angosciante, solo per vedere un'ombra fuggire dalla luce, cercai di inseguirla. Non l'avessi mai fatto, ciò che vidi mi fece capire in che situazione mi trovavo. Non era nulla che potesse esistere nel mondo reale, era un essere strisciante completamente nero. Intravidi dei lineamenti umani ma ormai quell'essere di umano aveva ben poco, l'essere mi fissò con i suoi occhi vitrei, muovendo in modo strano e orribile quello che poteva essere la testa. Come gli puntai la luce addosso l'essere scappò via, cosa fosse non ne avevo idea.
Sentii il sangue raggelarmi nelle vene. Un brivido freddo mi salì lungo la schiena, graffiandomela. Mi sentivo svuotato di ogni cosa che potesse infondere vita in un essere vivente. Morto. Cercai di farmi forza, se volevo andarmene da lì dovevo andare avanti.
La notte sarebbe passata prima o poi e così fu, la stanza dove mi ero nascosto si riempì di luce al mattino. Sentii un rumore metallico, come di un meccanismo che scattava. Mi alzai e andai istintivamente alla porta. Abbassai la maniglia.
La porta si aprì.
Uscii, i raggi del sole mi accecò momentaneamente, quando i miei occhi si furono abituati alla luce vidi il giardino completamente morto. Non c'era un solo filo d'erba verde, gli alberi spogli, i rovi secchi che circondavano i confini del giardino erano talmente fitti da non lasciar intravedere niente di quello che c'era fuori, subito corsi al cancello, ma era chiuso da un catenaccio che quella notte, ne sono sicuro, non c'era, infatti troppo alto per tentare di scalarlo, ero passato proprio dal cancello aperto, chi aveva messo il catenaccio? Fuori la gente passava senza neanche notarmi. Scuotei il cancello gridando aiuto, ma nessuno sembrava sentirmi. Misi un braccio fuori per toccare una signora, ma o la mia mano o lei passarono attraverso. Non la toccai neanche. Non sentii niente. Tirai indietro il braccio, la donna si girò senza vedermi. Non aveva il viso, così come qualunque altro passante, urlando caddi per terra spaventato, indietreggiando e cercando invano di alzarmi “che diavolo sta succedendo qui?”
<Chi sei?> mi domandò una voce, la voce di una bambina, sobbalzai.
La voce rise allegramente, quella risata aveva qualcosa di strano, aveva qualcosa... qualcosa di antico. Mi girai. Vidi una bambina che mi sorrideva con la testa leggermente inclinata, aveva i capelli neri come l'oscurità che avevo visto quella notte e gli occhi azzurri come il cielo di mattina.
<M-mi chiamo... mi chiamo Simon> risposi balbettando.
La bambina sorrise <Io sono Sofì>
<Dove siamo?>
<In una villa, io vivevo qui con i miei genitori ma poi mio padre impazzì portando con sé mia madre>
<Cosa sono le persone là fuori...?>
<Potrebbero essere vere come potrebbero non esserlo>
<Quanti anni hai?>
<Non ricordo, la verità è che non so neanche da quanto sono qui>
Io ero sconvolto, osservai il via vai della gente senza dire una parola e quando mi girai mi accorsi che il sole stava già tramontando, eppure era passato poco tempo dall'alba.
<Cosa..?>
<Oh no...> disse Sofì spaventata.
<Che succede?> come per risposta un massa liquida nera cominciò a riversarsi nel giardino.
<Corri> mi disse la piccola prendendomi per la manica, cominciamo a correre fino alla porta, entrammo appena in tempo.
Quella roba nera rimase sulla soglia, senza scorrere dentro la villa, accesi la torcia e mi avvicinai per osservare quella strana massa, sembrava liquida, ma anche solida e gassosa, puntando la luce contro vidi che la luce non riusciva a penetrare in quella strana oscurità.
Chiusi la porta senza neanche pensarci, la serratura scattò da sola, anche se avessimo potuto riaprire la porta non credo che sarebbe servito.
<L'oscurità avvolge la villa ogni notte, se rimani fuori e ti fai prendere lei ti ingoia e di te non rimane più niente> disse Sofì, ma come mi girai lei non c'era più.
A quel punto decisi di frugare nel marsupio, ci trovai dei fiammiferi, delle sigarette, un filo molto robusto e un coltello, mancava la pistola che ero riuscito a comprare un po' di tempo fa. Girai a lungo con il coltello in mano, fino a calciare qualcosa con i piedi, guardai per terra e vidi un registratore, raccogliendolo mi accorsi che qualcuno aveva registrato qualcosa, decisi di ascoltare il nastro, era la voce di una donna: <Primo giorno; ricordo a stento la nostra missione e solo perché l'ho scritta su un foglio, non riesco a ricordare il mio nome né quelli dei miei amici se mai ne ho avuti, ma questo non mi impedirà di trovare la chiave per risolvere l'enigma di questa assurda villa... Secondo giorno; durante la notte la villa cala in un silenzio anomalo, il mio compagno è quasi impazzito, per calmarlo al mattino siamo usciti in giardino, abbiamo provato a chiedere aiuto alla gente fuori ma nessuno ci ha sentiti, le persone non hanno il volto, o siamo noi che non riusciamo a vederlo?... Terzo giorno; il mio compagno è morto, è voluto restare fuori mentre calava la notte, una strana massa nera si è come rovesciata nel giardino inghiottendolo, il giorno seguente non c'era la minima traccia di lui, ma ora che non c'è più mi chiedo se fosse reale e se lo sono anch'io... Quarto giorno; ho finalmente capito il segreto di questo posto, la cantina, è in cantina che è stato nascosto...-rumore di passi- Sto scendendo la cantina, spero di farcela, non si vede niente, cercherò di fare luce... ehi, chi c'è? Fermo dove sei! No... noooooooo!> poi si sentono solo ruggiti, urla di dolore, il rumore di ossa che si rompono e carni che si lacerano, spensi il registratore, lo misi nel marsupio, mi rimisi a cercare.
Al mattino uscii fuori per cercare qualcosa che potesse aiutarmi. Tornai davanti al cancello osservando il via vai della gente senza volto, bambini, anziani, donne, uomini, tutti sembrano assomigliarsi senza il viso. Abbassando lo sguardo mi accorsi di una pistola automatica, la raccolsi.
Era la mia, per fortuna era ancora carica, mettendomela in tasca vidi Sofì, stava ridendo, mi avvicinai <Sofì, dove eri finita?>
<Ho avuto paura, scusa se sono scappata è solo... che...> si bloccò e cominciò a tremare.
<Che ti prende?> domandai preoccupato.
Si prese la testa tra le mani e cominciò a gridare <No! Non voglio stare qui! È buio! Fatemi uscire! Fatemi uscire vi prego!>
<Sofì!> la richiamai prendendola per le spalle <Io ti farò uscire, te lo prometto> lei ancora tremante annuì con la testa.
I suoi occhi pieni di lacrime erano colmi di terrore e paura. Io la abbracciai stretta a me, mentre la stringevo tremava e con le mani afferrava la mia maglietta. Rientrammo prima di sera, quando la notte calò, io e Sofì ci mettemmo a cercare la cantina. Ma senza trovare niente, finché non sentii di nuovo il rumore strisciante. Era di nuovo quello strano essere, questa volta però afferrai la pistola e gli sparai senza indugio, Sofì non sembrò molto contenta di quel gesto. Non so se lo presi ma scappò via spaventato e non si fece più vedere. Sofì era terrorizzata e si teneva stretta a me, io tenevo la pistola nella mano libera pronto a sparare a tutto ciò che si muovesse. Alla fine trovammo la cantina.
Mentre scendevamo Sofì canticchiava una canzoncina di cui non volle dirmi il testo. Arrivato all'ultimo gradino provai ad accendere la luce, la soffitta si illuminò e con orrore vidi un piccolo corpo mummificato.
Non ebbi molto tempo di assimilare tale immagine perché sentii un ruggito, mi voltai giusto in tempo per vedere una belva mostruosa saltarmi addosso e infilargli in bocca la mia pistola, fortunatamente troppo dura per i suoi denti, anche questa bestia aveva dei lineamenti umani che ormai aveva quasi completamente abbandonato, presi il coltello e lo piantai nella testa della bestia che si bloccò e morì cadendo di lato, io mi rialzai.
Sofì era rimasta immobile per tutto il tempo, troppo spaventata per fare qualsiasi cosa.
Non so come facessi a saperlo ma non indugiai affatto, come se fossi guidato da qualcuno.
Trovai una tanica di benzina e la rovesciai sul corpo, poi con un fiammifero gli detti fuoco sperando che in questo modo la maledizione che gravava sulla villa potesse spezzarsi, presi Sofì per mano e risalimmo le scale di corsa. Ci avviammo alla porta, sentii il rumore della serratura che scattava, aprii la porta. C'era ancora l'oscurità, ma come feci un passo si aprì permettendomi di passare.
Attraversammo tutto il giardino fino ad arrivare al cancello che non aveva più il catenaccio.
<Possiamo andarcene> dissi, ma Sofì si bloccò e non fece più alcun passo <Che ti prende?>
<Sofì era una piccola bambina; che a cinque anni, poverina; venne rinchiusa nella cantina; “tu sei il demonio” le disse suo padre; “condannerai anche tua madre”; la piccola morì di stenti; i genitori non fecero altrimenti; ignari della maledizione; caddero nella dannazione; da allora lo spirito della piccola erra senza pace; e nella villa... tutto tace> canticchiò.
Allora capii, il piccolo scheletro che avevo bruciato era Sofì, era morta a cinque anni perché i suoi genitori, impazziti per chissà quale motivo, l'avevano rinchiusa nella cantina, dopo essere morta il suo spirito era rimasto lì intrappolato, per questo aveva tanta paura del buio, in oltre lei mi aveva detto che suo padre era impazzito portando con sé la moglie, non esisteva nessun altro in quella villa se non le due bestie che sicuramente erano quello che rimaneva dei suoi genitori. Quando uscii dal giardino la villa e Sofì sparirono, finalmente Sofì avrebbe riposato in pace. Era notte fonda. Misi via la pistola e mi rimisi in cammino, deciso di ritornare a casa dopo anni, ero scappato di casa ed ero entrato in quella villa appunto per trovare rifugio dalla polizia, mai avrei creduto cosa avrei trovato al suo interno.
Conservai il registratore e ora dopo quarant'anni da quell'avventura spaventosa, ho deciso di mettere tutto per scritto, feci delle ricerche e trovai un articolo che parlava di un omicidio-suicidio avvenuto in quella casa, il padre di Sofì e la madre di Sofì erano morti qualche giorno dopo di lei per la fame, sembra che si fossero rinchiusi loro stessi all'interno di quella villa.
Ripensai ai due diversi comportamenti di quegli strani esseri, uno mi aveva assalito e Sofì ne aveva paura, mentre l'altro fuggiva dalla luce stessa e quando gli sparai Sofì sembrò arrabbiata, forse il risentimento che provava era solo rivolto al padre, mentre la madre l'aveva perdonata, del corpo di Sofì non c'era neanche un accenno del resto secondo l'articolo quei due non avevano figli, che avessero tenuto segreto il concepimento di Sofì? Forse era per questo che non riuscì a riposare in pace, aveva bisogno di qualcuno che si accorgesse di lei, che la proteggesse, che la ricordasse.
Dalla registrazione della donna che arrivò in quella villa prima di me si capisce che lei e Sofì non si incontrarono, forse è per questo che quella donna non riuscì sopravvivere, non trovai mai niente su di lei, come se non fosse mai esistita, forse sarebbe successo anche a me, ad ogni modo dopo quell'avventura misi la testa a posto, tornai a casa dove i miei genitori prima mi sgridarono ma poi mi abbracciarono felici di rivedermi, promisi di rigare dritto, tornai a scuola e mi impegnai a fondo, riuscii a finire gli studi, a trovare un lavoro e a farmi una famiglia, ebbi una bellissima bambina che chiamai Sofì e scrissi questo libro nella speranza che dopo la mia morte almeno queste pagine potessero ricordare l'ingiustizia subita da quella povera bambina che la trasformò da vittima a carnefice una volta morta, io non dimenticherò mai e adesso non lo faranno neanche queste pagine.
Fine....
Seirin: più di 2300 parole..... Dio cane quanto ho scritto.....
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