Clara non sarà mai felice
Clara non era felice ormai da anni, non sentiva quasi nulla ormai da anni. Aveva riso, aveva pianto, aveva provato piacere e dolore, delle volte aveva addirittura creduto di essersi innamorata. Ma se paragonava quelle sensazioni a ciò che aveva sentito con e per lui, tutto sembrava insipido e spento. Quando pensava a quanto fosse colorata la vita insieme a lui, si sentiva come se quegli ultimi anni non li avesse vissuti in prima persona, ma solo visti scorrere davanti a sé.
Come se le lacrime o le risate non fossero state le sue, come se facesse parte di una recita, come se quei sentimenti appartenessero a un personaggio che doveva continuare a sorreggere.
"Non si può smettere di esistere per una persona." Questo le era stato detto quando lui l'aveva abbandonata. E Clara ci aveva creduto. Era sempre stata abituata a sentirsi dire dagli altri cosa fosse giusto fare o pensare e se i suoi genitori, le sue amiche e tutti quelli con cui ne aveva parlato, le avevano detto di andare avanti, di dimenticarlo, significava che quella era la cosa migliore per lei.
Non importava quanto fosse infelice, o per meglio dire, quanto si sentisse vuota. Doveva cacciare quel senso di soffocamento, quelle nausee pressanti e cercare un modo per riempire il vuoto che lui aveva lasciato. E fu così che Clara iniziò a gettarsi in modo spasmodico tra le braccia di chiunque le ricordasse Tommaso.
Era bella, e sapeva di esserlo. Piaceva a molti, e nei momenti di solitudine non era difficile per lei trovare qualcuno con cui passare il suo tempo, con cui coprire il silenzio. Le bastava postare una storia su Instagram e aspettare qualche ora. Le rispondevano a decine e lei doveva soltanto scegliere. Scegliere qualcuno che avesse un minimo di lui in sé.
Poteva essere qualunque cosa, un modo di muoversi, un gusto musicale, un pensiero simile, un profumo... Clara non lo faceva apposta, spesso se ne rendeva conto quando ormai la relazione con il malcapitato di turno era iniziata. Un giorno, anche dopo mesi, lo guardava più attentamente e si rendeva conto che sì, lo aveva fatto di nuovo. Aveva cercato nei suoi occhi quelli di Tommaso, aveva provato a rivivere con lui quei sentimenti travolgenti, ma senza successo.
E puntualmente ripeteva le stesse stupide azioni, ripartendo da zero. Aspettava che questa persona facesse un passo falso e con quella scusa la lasciava. Poi provava ad allontanarsi da tutti, ma non ci riusciva, non lo sopportava. Sentiva il petto schiacciarsi, le ossa indebolirsi, la testa esplodere. Si guardava allo specchio ed improvvisamente capiva di essere magra, eccessivamente magra. Poteva contarsi le costole, poteva chiudersi la vita tra le mani, poteva vedere le sue stesse vertebre. E ciò che fino al giorno precedente le era sembrato un fisico invidiabile, le appariva in quel momento poco più di un cadavere deambulante. Si vedeva fragile e vacua, impossibilitata a riempire la voragine che aveva al posto dello stomaco.
Quindi iniziava a cercare conforto nella vanità. I complimenti che riceveva dai ragazzi la aiutavano a stare meglio, erano come un unguento su quella pelle provata da una sofferenza che non spariva in nessun altro modo. Con tutti quegli uomini ai suoi piedi, era difficile credersi inutile o indesiderata. Poco importava se volessero lei o il suo corpo, poco importava se nessuno di loro fosse lui.
Non servirà dire che Clara non restava mai single per tanto tempo. Di solito nel giro di uno, due mesi, aveva già trovato qualcuno con cui pensava di poter stare bene. E all'inizio era davvero così, spariva il senso di inadeguatezza, spariva la sfiducia verso il futuro, spariva anche Tommaso. Ma come già spiegato poco fa, quel benessere non durava a lungo. E il copione si ripeteva all'infinito in un susseguirsi morboso di illusioni e risvegli. E non capiva perché fosse così difficile per lei provare qualcosa. Con lui ci aveva messo così poco, un sorriso e un rametto di rosmarino, e la sua vita era cambiata.
Era giovane, aveva appena diciassette anni. Lei e Tommaso si conoscevano da molto, da quando erano ancora alle scuole elementari, ma non si erano mai stati molto simpatici. Erano diversi, forse troppo diversi: lei amava l'arte e l'irrazionale, era impulsiva e giocosa, mentre lui era una persona calcolata e fredda. Gli piaceva la matematica, la chimica e tutte quelle cose che per Clara erano complesse e noiose, e lui, dal canto suo, trovava sciocco ciò che lei considerava affascinante. Le loro differenze li avevano tenuti distanti, sebbene un po' di attrazione fisica ci fosse sempre stata, nulla lasciava presagire un simile sviluppo del loro rapporto.
Una sera, ad una festa di paese, un amico che avevano in comune, decise di dichiararsi alla ragazza che gli piaceva. Davanti a tutti le consegnò una rosa, coprendola di dolci parole. Clara osservava la scena sognante, e si lasciò sfuggire qualche commento a metà tra l'ammirazione e l'invidia.
Al ché Tommaso, cinico come sempre, colse un rametto di rosmarino dall'aiuola lì vicino e, scimmiottando i gesti del giovane cavaliere, lo donò a Clara. Quel gesto provocò in lei un tumulto di emozioni e una serie di scherzi, battute e frecciatine, li portò presto a trovarsi avviluppati nel letto di lui.
Quello era un rapporto che Clara riusciva a descrivere con una sola parola: "Caos". Nulla aveva senso. Non sapeva se Tommaso provasse qualcosa, quanto fosse coinvolto in quel gioco malato, o se per lui si trattasse sono di un passatempo, ma per lei era un disastro, un bellissimo disastro. Ne era dipendente e stargli lontana le era intollerabile. Doveva vederlo, aveva bisogno di sentirlo. Pensava a lui giorno e notte e spesso si ritrovava ad odiarlo perché non le bastava mai il tempo che le dedicava. Quando erano assieme era un susseguirsi di passione e di rabbia. Si aggrovigliavano, poi per qualche motivo litigavano aspramente, per tornare infine a fondersi con ancor più voracità.
Ad un occhio esterno poteva sembrare che godessero nel farsi male a vicenda e nel guarirsi l'un l'altra. Facevano di tutto per darsi fastidio e per farsi ingelosire. Si accusavano vicendevolmente di non tenere a quella relazione, di star illudendo l'altro. Ed entrambi si accorgevano di come, in quella faccenda, niente funzionasse. Niente andava come avrebbe dovuto, la loro era una relazione tossica e tutti e due lo sapevano alla perfezione. Ma nonostante ciò, per Clara lui era tutto. E quando se ne andò via, quando la abbandonò per un'altra, il mondo le crollò addosso, ed iniziò quello spiacevole iter di cui abbiamo parlato poc'anzi.
Da quella storia complicata erano passati ormai cinque anni. Non si erano mai più visti, se non di sfuggita per strada, né sentiti. Clara non sapeva cosa facesse Tommaso nella vita, se fosse ancora fidanzato con lei, se fosse solo. Non aveva notizie di lui da un lustro e la sua mente di rado si riempiva della sua immagine, un volto sbiadito in mezzo a tutti quelli che aveva collezionato.
E dopo tutto quel tempo lui si era rifatto vivo, senza un motivo. Clara non era felice ormai da anni, e non sapeva se l'emozione che stava provando fosse gioia o piuttosto paura. Le aveva risposto ad una storia, in modo amichevole, ma per quanto i suoi toni fossero innocui, lei aveva già iniziato a viaggiare con la fantasia. In poco tempo, infatti, si organizzarono per vedersi, per bere qualcosa e ricordare i bei vecchi tempi. Come se a lei servisse parlarne: aveva visto e rivisto quei momenti nei suoi sogni e nei suoi pensieri. Avrebbe potuto citargli ogni parola come un attore può fare con il suo copione.
Clara rimase ore, fissa davanti all'armadio, per capire cosa indossare, che trucco abbinarvi, che gioielli portare. Anche se continuava a ripetersi che si trattava solo di "un'uscita in amicizia", in fondo, non ci credeva nemmeno lei. Tommaso era tornato e quella era la sua grande occasione di riprenderlo e trovare finalmente la serenità. Sì perché se fossero tornati insieme, finalmente quel loop infernale sarebbe terminato. La solitudine, il senso di insoddisfazione e di incompletezza, sarebbero svaniti. Non avrebbe avuto più bisogno di cercare Tommaso in altri, inconsapevoli, uomini. Perché lui sarebbe stato lì con lei.
Era quindi importante che quella sera tutto fosse perfetto. Non doveva dargli a vedere che fosse ancora così tanto interessata a lui, avrebbe fatto la figura della psicopatica, ma comunque avrebbe dovuto flirtare abbastanza da farlo cadere nella sua rete. In quei cinque anni aveva affinato le tecniche di corteggiamento e ormai per Clara, ricevere un "no", era pressoché impossibile.
Passò a prenderla alle otto e mezza, lei aspettava nel suo stretto tubino color pece, con la pochette argento che le ballava nervosamente tra le mani ingioiellate. Quando lo vide non riuscì a fare a meno di sorridere. Il tempo lo aveva cambiato, ma gli occhi erano sempre i suoi.
Arrivarono al bar, il solito bar, e cominciarono a raccontarsi tutto ciò che si erano persi l'uno dell'altra. Nessuno dei due aveva avuto una vita sentimentale molto ordinata, e nella voce di entrambi, la malinconia era palpabile."Forse" pensava Clara "Si è reso conto anche lui che questa è l'unica soluzione."
Lui studiava le solite cose noiose e difficili, lei cercava ancora di diventare un'artista. Tutti e due finanziavano le loro vecchie passioni balzando da un lavoro mediocre all'altro e né l'uno né l'altra avevano piani precisi per il loro futuro. Entrambi avevano perso i rapporti con tutti i loro vecchi amici e avevano abbandonato l'attività di volontariato in parrocchia, ma nonostante ciò, nessuno dei due era molto diverso dall'ultima volta in cui avevano parlato.
"Facciamo una passeggiata?" Propose Tommaso, dopo il terzo giro. Doveva smaltire l'alcool prima di rimettersi alla guida, o almeno questa fu la scusa che usò per potersi appartare con lei. Come Clara si aspettava, nel buio delle stradine strette del loro paesino, lui le rubò un bacio, e, senza nemmeno rendersene conto i due si ritrovarono in auto a giocare. Avevano molto tempo da recuperare.
All'una di notte Clara era a casa. Dentro di lei si stava abbattendo una tempesta. Certo, la serata era andata bene, forse anche troppo, e lui già le aveva scritto "Buonanotte streghetta." proprio come quando avevano 17 anni. Ma guardandosi riflessa in quello specchio che oramai odiava, Clara si rese conto di una cosa inquietante: nemmeno con Tommaso era riuscita a riprovare quello che lei credeva fosse amore. Neanche con lui, aveva sentito le farfalle nello stomaco o il mondo mancarle sotto ai piedi. Come poteva essere possibile? Aveva passato gli ultimi cinque anni a ricercare lui in ogni persona che le si parlasse davanti, e quando finalmente era tornato si era resa conto che non era realmente ciò che voleva.
Di punto in bianco si accorse di quanto fosse stata stupida. Aveva sognato e agognato quegli episodi passati, idealizzandoli, creando nella sua mente un'immagine perfetta che nella realtà non era mai esistita. Aveva conservato quel rametto di rosmarino e altri piccoli souvenir nel tentativo disperato di tenere quella felicità con sé, senza capire che era lei stessa a privarsene.
Perché sì, immaginando Tommaso come l'essere perfetto, cosa che in realtà non era, toglieva a sé stessa la possibilità di innamorarsi, di trovare qualcuno che fosse alla sua altezza. Ricordando quei momenti come l'unica vera espressione dell'amore, aveva gettato via migliaia di momenti altrettanto belli, solo perché non ne raggiungevano l'intensità. Una sensazione che lei stessa, rielaborandola ossessivamente, aveva reso irraggiungibile, ineffabile.
Dopo Tommaso nessuno sarebbe mai stato alla sua altezza, non ci sarebbe stato mai un bacio più bello di quello che si erano scambiati in quel caldo pomeriggio di luglio, mentre i loro amici erano distratti, non ci sarebbero mai stati degli occhi belli e intriganti quanto i suoi. In questo modo si era preclusa la possibilità di essere felice, persino con lui.
Perché Clara non voleva Tommaso, lei voleva avere di nuovo diciassette anni, per poter ripetere all'infinito quella storia. La storia di quando la sua ingenuità ed innocenza le avevano permesso di scambiare un'avventura estiva per vero amore.
Clara non sarà mai felice.
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