L'incubo
Ricordo tutt'ora il suo viso.
La vidi per la prima volta a 5 anni, in un incubo.
Nel sogno, guardavo fuori dalla finestra della mia cameretta, la sera, al terzo piano, e lei era sotto casa mia, vicino alla panchina in pietra, con un cappuccio in testa. Parlava con qualcuno, anche esso incappucciato.
Dopo un pò che guardavo incuriosita, senza capire cosa dicessero, lei si è voltata e mi ha visto.
Dal terzo piano non avrò avuto una visione perfetta, ma nei suoi occhi ho visto un misto di emozioni: erano nerissimi, ti entravano dentro, scrutando insensibili ogni parte della tua psiche.
Ma al loro interno vedevo quasi della nostalgia, come a dire: "Eccoti, sono contenta di rivederti. Ti ricorderai di me!".
Nel contempo i suoi bianchi e lucidi denti si erano digrignati dentro le labbra color sangue in un inquitetante sorriso.
Sulla sua fronte ricordo un luccichio, qualcosa di simile ad un terzo occhio indiano, forse una pietra preziosa.
Mi sono nascosta dietro le tende arancioni della mia cameretta; pensavo, ingenua, che così non mi avrebbe vista.
Vivevo con mio padre, mia madre era morta con la mia nascita.
Avevamo tranciato così i rapporti con la famiglia di mia madre: erano contro di noi perchè mi ritenevano responsabile della sua morte.
"Figlia della morte".
Tornando al sogno, dopo attimi, o forse minuti, o forse ore, di cui non ricordo assolutamente nulla, ho sentito mio padre gridare.
Era in camera, con un pugnale piantato nel cuore.
Spaventatissima, sono corsa in corridoio.
Quel corridoio pieno di specchi, dove prima mi divertivo a giocare, ora mi confondeva.
Sapevo dell'esistenza di una porta, nascosta tra gli specchi, che dava in uno sgabuzzino.
Mi ci sono nascosta.
Lo sapeva, lei sapeva!
Ha aperto lentamente la porta, sono tuttora convinta abbia capito dov'ero dal rumore del mio cuore, che stava letteralmente esplodendo.
Me la sono trovata davanti.
Capelli lunghi, neri, non bellissima ma dai tratti particolari.
Ah, ho avuto la conferma di avere una buona vista: i suoi occhi erano proprio come li avevo visti poco prima, ma la sensazione che lei capisse tutto quello che provavo era esponenzialmente aumentata.
Lo vedevo bene, ora, quella specie di terzo occhio, credo fosse un rubino. Qualcosa che luccicava, rosso, nel mezzo della sua fronte.
Ricordo che mi ha puntato qualcosa sulla fronte, forse una pistola, come nei film americani.
Poi mi sono svegliata, urlando.
Nonostante mi fossi fatta sentire per bene, mio padre non venne in camera mia.
Leggermente preoccupata andai io da lui.
Papà era disteso sul letto, non respirava.
Ho chiamato la signora che abitava sul nostro pianerottolo, e in poco tempo c'erano un sacco di persone in casa nostra.
Ho sentito dire una parola, di cui a 5 anni non conoscevo il significato, ma che ho imparato a conoscere molto bene: infarto.
Mio padre aveva avuto un infarto durante la notte.
È trascorso tanto tempo, tanti anni che hanno velato di incomprensione il passato.
Mi sono tornati in mente questi fatti e questo sogno ieri, quando, guardandomi allo specchio, ho rivisto un volto noto.
Dopo tanti anni.
Guardavo i miei capelli, lunghi e neri.
Guardavo i miei occhi, neri e profondi.
Guardavo i miei tratti somatici, non perfetti, ma particolari.
Oggi lei è tornata da me.
Oggi ho capito che quello che una bambina spaventata aveva metabolizzato come un semplice rubino era in realtà una pallottola insanguinata.
Rossa, incastonata come una pietra preziosa, o come i suoi occhi nella mia memoria.
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