37 |Ci Vuole Coraggio|
Dopo dieci ore di lungo viaggio avevamo raggiunto nuovamente New Orleans.
Avevo lasciato i ragazzi alle proprie case ed Harry mi aveva quasi supplicata di rimanere a casa sua, ma io non avevo l'umore adatto.
Pensavo solo a quello che Aydan mi aveva raccontato e pensai anche al perché lo avesse fatto, forse per avvertirmi? Le domande che avevo erano tante ed il dolore che sentivo era sia fisico che mentale, ero stanca, ero stanca dei casini in cui eravamo ed ero stanca del suo tenere ancora a Karen.
Ero stanca delle sue bugie, ero stanca, punto.
Entrata in casa mi feci una doccia calda e lavai via tutti i pensieri.
Indossai il mio pigiama preferito e mi coricai a letto, lasciandomi indietro tutti i problemi. Stavo quasi per addormentarmi quando il mio telefono cominciò a vibrare, non mi alzai... Chiunque mi avesse chiamata avrebbe potuto aspettare fino al giorno seguente.
La mattina dopo mi svegliai riposata come non ero più stata da mesi interi. Capendo come io avessi bisogno anche dei miei spazi, stavo realizzando a poco a poco che non volevo più vivere così, amavo Harry ed amavo anche i miei amici ma ero arrivata al limite della sopportazione.
Perché non potevo avere una vita normale? Perché non potevo uscire con il mio ragazzo senza aver paura che potesse capitare qualsiasi cosa da un momento all'altro? Perché Harry teneva ancora a Karen? Possibile che il sentimento di mancanza potesse essere più forte di quello dell'amore che diceva di portarmi? Dovevo cambiare qualcosa, perché è questo quello che dovrebbero fare tutti, se non vi sentite felici, cambiate.
Cambiate quello che volete, che sia anche solo il modo in cui vi pettinate i capelli o che si tratti di trasferirsi dall'altra parte del mondo, se non siete felici facendo quello che fate, mi dispiace deludervi ma non lo sarete nemmeno col passare del tempo.
Ci vuole coraggio a cambiare le carte in tavola, ed io ero fiera di essere coraggiosa.
Rimasi distesa a letto pensando a quello che avrei potuto fare per cambiare la mia vita. Poi una lampadina si accese nella mia mente, dovevo crescere e diventare indipendente e come cominciare meglio se non trovarmi un lavoro, che mi facesse concentrare anche su altre cose.
Corsi davanti al mio armadio e mi vestii, scesi le scale e mi fionda in cucina dove aprii il frigo e presi un bicchiere di succo di frutta. Buttai giù il contenuto del bicchiere e con un enorme sorriso sul volto uscii di casa, camminando per le affollate strade di quella magnifica città. Passai di fronte ad un sacco di negozi in cerca di qualche foglio dove scrivessero che cercavano personale.
“Cavolo...” sussurrai sbattendo contro una persona che non avevo visto passarmi accanto, concentrata com'ero nel guardare in tutte le vetrine.
“Diamond, giusto?” chiese il ragazzo in questione, aveva un viso conosciuto. Poi strabuzzai gli occhi, ricordandomi della festa a casa di Lexy.
“Simon?” chiesi titubante ed anche un po' imbarazzata, consapevole di essermi scordata totalmente della sua esistenza.
“Esatto...” rispose lui, poi si guardò un secondo intorno.
“Scusami ma sto andando davvero di fretta... “ gli dissi io, guardando che ora fosse sullo schermo del telefono e notando nello stesso istante che la persona che mi aveva chiamata la sera prima fosse proprio quella da cui stavo scappando.
“Scusami se ti ho trattenuta, ma per curiosità... Dove stai andando?” chiese lui. Che ragazzo impiccione, pensai. Poi sorrisi.
“Sto cercando un lavoro...” risposi, rivelando i miei piani futuri.
“Davvero? Pensa che noi stiamo cercando qualcuno se sei interessata." Lo guardai non capendo, e lui notando che non avevo capito si voltò verso la vetrina dietro di noi e la indicò. Era un negozio di vestiti.
“Questo è il mio negozio” concluse lui.
Io strabuzzai gli occhi e lo guardai attentamente.
“Sei serio?” chiesi poi.
“Si, se ti interessa puoi cominciare adesso... E se non ti dovesse piacere non c'è alcun problema” continuò lui.
“Già so che mi piacerà un sacco” dissi io, sentendomi felice come non lo ero stata da tempo.
“Allora andiamo” disse lui, poi si voltò di schiena e spinse la porta del grande negozio. Mi guardai intorno e mi sentii come in paradiso, c'erano vestiti ovunque... e non si trattava di vestiti qualunque ma erano vestiti di alta moda.
Spalancai la bocca quando passammo vicino ad un vestito che a detta mia era divino.
Ormai ero andata in iperventilazione una decina di volte. Sorridevo e sorridevo, senza smettere. Alzai lo sguardo e vidi la scritta “Ufficio” scritta sulla porta che Simon aveva spinto e dopo avermi fatta sedere su una sedia lo vidi frugare tra un sacco di scartoffie.
“Ecco qui” sentii sussurrare da lui, poi lo vidi prendere il foglio e passarmelo. Lo lessi velocemente capendo che si trattasse del contratto, poi strabuzzai gli occhi leggendo la somma che sarebbe dovuta equivalere al mio stipendio.
Mi passò una penna e firmai senza esitare neanche per un secondo, si abbassò un secondo e frugò in un cassetto della sua scrivania da dove estrasse una busta che mi passò.
“Cos’è?” chiesi curiosa.
“È l'uniforme, puoi andare in uno dei camerini per provarla” rispose, poi il suo cellulare cominciò a squillare. Mi alzai dalla sedia e mi avviai ai camerini, estasiata da tutta quella situazione.
Aprii la busta con mani tremanti ed estrassi da essa in paio di pantaloni eleganti a vita alta di colore lilla pastello ed una camicia bianca.
“Si” esultai felice perché adoravo quella tonalità di colore. Provai il tutto e guardandomi allo specchio capii che mi stesse magnificamente. Però mancava qualcosa. Guardai nella busta e sconcertata capii che dentro ci fosse ancora qualcosa, una piccola scatola bianca. Alzai il coperchio e vidi un paio di tacchi della stessa tonalità dei pantaloni.
Li indossai immaginando quanto difficile sarebbe stato abituarmi ai tacchi, essendo io una ragazza che raramente li indossava.
“Cazzo, sono in paradiso” sussurrai a me stessa mentre mi guardavo allo specchio per intero. Mi sentivo bellissima. Mi diedi un pizzicotto facendomi ritornare alla realtà.
“Come ti sta?” sentii chiedere a Simon. Non risposi, semplicemente tirai la tenda e gli mostrai il tutto.
“Sei... Wow” disse lui rimanendo a bocca aperta. Io lo stavo guardando e lui stava guardando me.
Mi sentii messa in soggezione e per fortuna o per sfortuna il nostro momento venne interrotto dallo squillo del mio telefono.
“Scusa, ma devo proprio rispondere” dissi io dispiaciuta. Lo vidi annuire ed uscii dal piccolo camerino dirigendomi verso l'entrata del negozio. Uscendo fuori una folata di vento mi scompigliò i capelli, trascini il dito su “Accetta chiamata” e misi il telefono all'orecchio.
“Diamond...” sentii dire dall'altra parte del telefono.
“Ciao Harry” sussurrai io mentre mi mordicchiavo un'unghia a causa dell'ansia.
“Perché non mi hai più risposto?” chiese lui, capii come fosse arrabbiato ma stesse provando a sembrare calmo.
“Perché la gente deve anche dormire, cosa mi volevi dire?"
“Niente, lascia perdere...” rispose lui, lo sentivo che stava per attaccare.
“Dobbiamo parlare” sussurrai facendomi coraggio.
“Di?” chiese, poi lo sentii armeggiare con qualcosa, supposti fossero delle chiavi dal rumore metallico
“Di un sacco di cose, ma non così” conclusi poi.
“Dimmi dove sei, ti vengo a prendere” disse lui. Andai in panico automaticamente.
“Io, adesso non posso H-ho da fare, ti mando un messaggio io” balbettai, poi attaccai il cellulare e lo poggiai sul mio petto.
Guardai il cielo per un secondo.
“Com'è che non riesco proprio a lasciarti?” chiesi tra me e me mentre ritornavo nel negozio.
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