Pizza gratis

[2019] [Sorry, nessuna ship stavolta]

Un pochino mi mancava vederlo così.
Per quanto mi infastidisca perennemente il pensiero che quei mille cerotti gli facciano del male, dall'altra sono lusingato che abbia deciso di sforzarsi di smettere di fumare solo per far piacere al sottoscritto. E poi, rimanga un pensiero segreto, steso così sul divano e perso nel mind palace, assume un'espressione da angioletto così tenera che mi fa immancabilmente battere il cuore forte forte.
Comunque non è della mia attrazione per Sherlock Holmes che desidero parlare ora, ma del caso più strampalato che ci sia capitato per le mani nel giro di settimane a questa parte.
Si era presentato come un serial killer dalla mente davvero affilata; guardavamo il numero di vittime crescere, impotenti, e persino Scotland Yard aveva deciso di mettere in secondo piano quest'emergenza insanabile.
Non aveva modus operandi. Non aveva un luogo di preferenza. Non c'era legame tra le vittime e le esecuzioni seguivano due o tre metodi che si alternavano senza ritmi; l'unico legame erano le impronte digitali e il DNA sulle armi del delitto e sul resto delle prove, che ricollegavano ad una persona assente in tutte le banche dati della Nazione e dell'Unione Europea; poteva essere un qualsiasi maschio bianco, dai capelli corti e mori, alto circa un metro e settanta. Una persona normale, insomma, che però per motivi inspiegabili aveva deciso di uccidere sei, sette, otto persone a caso in tutta la regione e in tutti i ceti sociali attirandoli in scantinati e parcheggi isolati con qualche pretesto.
Eravamo basiti tanto dalla stupidità di chi si lasciava portare solo fino in quei posti, quanto dalla scaltrezza dell'assassino che a distanza di settimane ancora sfuggiva alle forze dell'ordine e anche all'unico consulente investigativo del mondo.

Mi sono fermato al numero otto perché in effetti non ce ne sono stati altri: appena ero venuto a conoscenza dell'ottavo decesso per mano di quel mostro ero scoppiato in lacrime, e Sherlock era rimasto scosso proprio da questo mio sfogo al punto di offrirmi di fare una passeggiata insieme. I miei nervi erano a pezzi, e ho subito pensato che un giretto con il mio migliore amico non avrebbe potuto che farmi bene; così l'ho seguito in panetteria, dove non abbiamo trovato traccia d'appetito per una merenda, e poi in un bar col medesimo risultato, e infine al parco e per le strade di Londra più in generale, senza meta. La compagnia di Sherlock stava facendo miracoli per il mio umore - ha questa caratteristica di saper essere cordiale e piacevole, quando gli va, e di farlo così bene che ci si dimentica quasi la sua capacità di essere insopportabile.
Tutto funzionava alla perfezione insomma, i nostri piccoli sorrisi, la luce nei nostri occhi che pian piano si riaccendeva.
Quando Sherlock ha avuto un'intuizione.

«Ehi John, che ne dici di pizza? Hai voglia di mangiare?»
«No, no, no grazie, non ho proprio appetito». L'ho guardato stranito, senza capire né la domanda né il motivo di quello strano tono che aveva usato per pormi la questione. Lui stava fissando un cartello fluorescente, appiccicato su un muro appena a fianco di un portone spalancato che dava sul nero più totale.
«Ma è gratis, Jawn» ha mormorato, accarezzando la pubblicità gialla che recitava: "Pizza gratis nel nuovo punto vendita", sopra una gran freccia che invitava ad addentrarsi proprio in quell'ingresso. «A me è venuto un languorino» ha sentenziato poi, guardandomi tutto serio.

Pochi secondi dopo stavamo rincorrendo un tizio a tutta velocità, a piedi e con le armi in mano.
L'avevamo trovato chinato sopra qualcosa di scalpitante e urlante, che aveva i modi e l'aspetto di un bambino. Si muoveva perfettamente, era vivissimo; avremmo saputo solo in seguito che era completamente salvo, ovvero che eravamo giunti in tempo per evitargli una fine prematura; ma non abbiamo avuto tempo di soccorrerlo anche nell'incertezza, perché ci siamo messi all'istante alle calcagna dell'assassino.
Corrispondeva ai pochi tratti che conoscevamo del serial killer, e dato che per inciso ci trovavamo a correre tra un garage e l'altro di una lunga di serie di rimesse collegate, persino io ero giunto a comprendere che si trattava di lui. L'abbiamo chiuso in un angolo con molta fatica, e dopo averlo immobilizzato, io mi sono dedicato a chiamare le forze dell'ordine mentre Sherlock gli porgeva domande profonde e freddissime. Non aveva famiglia? Dignità? Non aveva mai pensato ad affrontare le conseguenze delle sue azioni? Cosa lo perseguitava?
Mi sono avvicinato ai due appena terminato di parlare con Greg, e ho appreso che quello psicopatico provava un piacere indescrivibile nel vedere spirare le persone. Era affascinato dalla morte, dall'esperienza che tutti devono provare prima o poi, ma che nessuno vuole affrontare. Lo divertiva la disperazione di quegli sconosciuti mentre metteva fine alla loro esistenza, dolorosamente o meno, e soprattutto l'affascinava la lietezza che si spargeva sui loro volti quando la falce nera si appropriava delle loro anime.
Si sentiva un liberatore, ed era sicuro che tutti coloro che aveva liberato dalla "prigione di carne" gli fossero gratissimi. Nondimeno aveva un tornaconto da quelle esecuzioni: l'esperienza in prima persona dell'attimo del trapasso, con tutto quello che comportava, che mi ha fatto rabbrividire e venire quasi la nausea. Per un attimo ho avuto l'impressione che Sherlock avrebbe avuto piacere di uccidere quel matto, quello spaventoso ciarlatano che davvero non aveva motivo di vivere.
Tutto quanto è riuscito a fare, appena prima che Scotland Yard sopraggiungesse, è stata una domanda... Scioccante.

«Quindi niente pizza gratis, vero?»

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