La foto

È da un'ora che siedo su questa panca e fisso la porta del suo studio.

Mi piego in avanti e con entrambe le mani sul volto scuoto la testa, il dolore che sento irradiarsi nel mio petto da giorni non mi da tregua.

Devo farlo prima che ci pensino gli altri, come per i suoi vestiti.

Hanno tolto tutto con una rapidità che non so spiegarmi, tanto che ho fissato immobile per una notte intera il suo lato dell'armadio vuoto.

Non ho permesso a nessuno di toccare i suoi libri impilati sul comodino, a quelli ci penserò io, come allo studio ora.

Espiro e con un balzo sono davanti alla porta che spalanco trattenendo il fiato.

Scorro lo sguardo sulla sua scrivania, sui fogli sparsi... che stupido, chissà cosa mi aspettavo di trovarci.

Forse speravo di vedere il suo caschetto biondo, le sue spalle dritte e il collo sottile, come se fosse ancora seduta alla scrivania a lavorare.

Amanda Gregoretti.

Leggere il suo nome sulla laurea appesa al muro mi provoca una fitta al petto ancora più forte.

Mi avvicino alla scrivania, il suo pc portatile è ancora acceso, stacco il filo del carica batterie e abbasso il monitor.

Hanno posato la sua borsa sulla sedia, il cellullare è proprio di fronte a me, qui sul primo ripiano, non ho idea di chi ci abbia pensato.

Lo metto in carica. Lo accendo... "ovvio, c'è il pin" ...sussurro.

Avrei voluto già guardarlo diversi giorni fa: non riesco a capacitarmi del fatto che fosse al telefono quando è successo, in fondo, è il verbale che dice che aveva il telefono in mano.

Amanda ci stava attenta a questo, mi sembra di sentire la sua vocina "Giorgio, non si sta al telefono mentre si guida" e lei... guardava il cellulare?... non è possibile.

Tolgo la borsa dalla sedia, mi siedo e lascio andare le spalle contro lo schienale, ruoto a destra e a sinistra.

Poi assottiglio lo sguardo, prendo la sua agenda e un foglio cade sul pavimento.

È un Excel stampato, leggo un elenco di username e password, da quelle bancarie a quelle dell'abbonamento a Zalando privé, la password Netflix e poi Spotify.

E se l'avesse perso e qualcuno l'avesse trovato?

Non ti preoccupare Amanda, l'ho trovato io, potrò disdire gli abbonamenti e forse chiudere i tuoi social... ma a questo non voglio pensarci ora, mi fa troppo male.

Pin cel: due-due-zero-cinque. Lo leggo con occhi sbarrati.

Afferro il telefono e provo a sbloccarlo.

Mi appare la schermata, osservo le icone, apro il registro chiamate, l'ultima risale alle otto del 10 maggio, ha parlato con sua madre.

Sorrido... visto Amanda, non eri al telefono e sei stata incolpata senza che tu lo meritassi... anche se io non l'ho mai messo in dubbio.

Apro la sua galleria di foto. Ecco lei che abbraccia Giulia e guarda me che le sorrido, Paolo mentre mangia le lasagne alla comunione di nostra nipote. La locandina dell'evento al quale voleva partecipare. Continuo a scorrere le foto...

"Chi cazzo è lui qui" dico ad alta voce e sento la sedia sbattere contro il muro per la spinta data alzandomi.

È un selfi: Amanda è avvinghiata a un ragazzo, lui ha scattato e lei è così attaccata che gli tira la polo giù scoprendogli il collo, il viso di Amanda è agganciato al suo e ha un'espressione che non le ho mai visto.

Il mio cervello si spegne e dopo un tempo che mi sembra infinito, poso il cellulare cercando di non fare caso alle dita intorpidite.

Mi appoggio con entrambe le mani alla scrivania e lascio scorrere tutte le lacrime che avevo conservato per gli anni a venire... poi mi riscuoto...

riprendo il cellullare, lo sblocco... ora voglio capire di più penso aprendo WhatsApp. 

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