Incubi, Finale

Bakudeku,

Happy Halloween!

TW!
(Alternative Universe, sangue, violenza, mostri, creature ultraterrene, nella parte finale sono presenti tutte le ship precendenti!)

Scritto da: Lilla e Astra

🎃

Written by Lilla:

Il cielo s'era tinto di viola. Quella era la notte che Izuku amava di più. Poteva saltellare nel cielo, poteva osservare tutto quello che c'era sotto di lui. Eppure uno strano presentimento s'era impossessato di lui.

Rientrando nella scuola, il silenzio s'era fatto più prorompente. S'era mosso tra quelle sale come se stesse per scoprire il peggiore dei segreti. Proseguì fino a raggiungere la sua camera. La porta era aperta, sul letto c'era una figura.

«Chi va là?»

Varcò la soglia, i nervi irrigiditi, i muscoli pronti a scattare. La finestra era aperta. Sulla scrivania c'era un foglio di carta. Si avvicinò, lo prese. La figura sul letto non si mosse.

«Che cosa...»

Lesse il foglio. C'erano scritte poche parole, una firma. Halloween, zucche, mostri? Sbatté le palpebre, si volse verso la figura, ma non c'era più nulla. Il cuore gli finì in gola, si mosse lungo la stanza, raggiunse la porta. Stava per uscire quando si sentì trascinare. Una luce abbagliante lo accecò, un bagliore opaco si diffuse attorno al suo corpo. Ebbe un fremito, provò a liberarsi, scalciò, morse quell'essere. Non riuscì a fare nulla.

Si ritrovò catapultato in un mondo buio. Cadde. L'impatto col terreno gli fece digrignare i denti. Che stava succedendo? Il cuore prese ad agitarsi, sembrava volergli sfondare il petto per uscire, per darsi alla fuga. Si rimise in piedi, massaggiandosi la parte del costato che aveva sbattuto. Era su un terreno erboso. I suoi occhi saettarono attorno.

Era una foresta.

Alberi altissimi, vuoto attorno, verde, nero. Era notte, la Luna quasi non si vedeva attraverso quelle lande. Percepì un brivido attraversargli la nuca. Che voleva dire?

Scorse davanti a sé una sagoma. Gattonò fin lì, si aggrappò alla corteccia di un albero per rimettersi in piedi. Quella foresta era umida, fredda, solitaria. Izuku odiava il buio, le creature di Halloween, la solitudine. Soffocò quei timori, assottigliò lo sguardo, cercò dinanzi a sé. La figura era scomparsa. Proseguì. Non sapeva come diavolo fosse possibile che dalla sua camera fosse finito in quella dannata foresta.

Qualche ramoscello scricchiolava sotto le suole delle sue scarpe. Ringraziò il cielo di essersi messo una felpa o si sarebbe preso una bronchite mai vista. Sua madre si raccomandava sempre di coprirsi come si deve. Raggiunse il centro della foresta, si guardò attorno. Aveva segnato con un rametto ogni albero che aveva passato.

Ma allora perché gli sembrava di essere già stato lì?

Quel luogo era strano, inquietante. Ora s'era anche alzata una nebbia fitta, qualcosa che gli entrava nei polmoni e gli faceva pizzicare il naso. Si aggrappò ad un albero, prese fiato. Stava iniziando a sentirsi stanco. Una sonnolenza inquietante gli strisciava nelle vene, sotto le unghie, nella bocca. Scivolò sulle ginocchia, cadde in un sonno profondo. Prima di chiudere gli occhi gli parve di vedere una sagoma. Una sagoma nera, indistinta, ma sorrideva. Sorrideva con i denti rotti e gli occhi rossi. Rossi come il sangue che aveva sulla lama.

Quando riaprì gli occhi, qualcosa gli stava solleticando il naso. Si alzò di scatto, lo colse un capogiro e fu costretto a sorreggersi a qualcosa. La prima cosa che trovò. Gli sembrò morbida. Si resse, tossì. Un po' di saliva cadde per terra. C'era di nuovo quell'erbetta sottile, i rametti spezzati. Alzò lo sguardo, si guardò attorno. Dove diavolo era? C'era un fuoco brillante nell'angolo, figure che mescolavano qualcosa. Attese di vederle girarsi. Il cuore gli balzò in gola.

Aveva uno strano presentimento.

Una mano gli sfiorò la schiena, si girò lentamente. Lo strillo seguì il pugno. Qualcosa che lo colpì allo zigomo e lo fece ruzzolare a terra. Era un... un... che diavolo era? Si rialzò, strinse la mascella. Davanti a sé quelle zucche con gambe, braccia e un corpo, si avvicinavano. Volevano... deglutì. Il pentolone bolliva, loro attendevano che lui si muovesse. Sbarrò gli occhi. Quelle che avevano tra le mani erano coltelli.

Volevano cucinarlo?

Cadde a terra, camminò all'indietro, i rametti gli graffiarono i palmi. S'allontano, raggiunse il mostro alle sue spalle. La sua lama gli brillò davanti al viso come un fulmine. Izuku chiuse gli occhi. La pietra gli pizzicò la pelle del collo. Strinse le dita, le unghie affondarono nella pelle.

Un soffio di vento gli fece riaprire gli occhi. Si guardò attorno, gli alberi erano ancora lì, le nuvole avevano riempito il cielo, schermavano la Luna dal suo sguardo. Fece scorrere la testa a destra, a sinistra. Non c'era nessuno. Si stese sull'erba, si tastò il collo. Dov'erano finiti quei mostri? Ebbe un fremito. Qualcosa gli aveva avvolto i polsi. Sollevò la testa, tirò via il braccio, ma quello non si mosse. Provò con l'altro, ma era bloccato. Non vedeva nulla, ma qualcosa gli stava avvolgendo anche le gambe. Si dimenò, provò a scalciare, a liberarsi. Non c'era niente da fare. Stava per essere preso anche alla gola. Erano rampicanti. Il terreno sotto di lui era diventato lento, acquoso, bollente, come un brodo. Urlò, dalle labbra non gli uscì nulla. Sbarrò gli occhi, guardò in direzione del cielo, ma quello era sparito. Davanti a sé ora c'era di nuovo il mostro di zucca. Il suo ghigno mostruoso, i denti intagliati nella parte arancione.

«Ti cuocerò a puntino.» sentenziò. Abbassò il mestolo, prese a girare.

Urlò, si dimenò, scalciò ancora e ancora, ma la zucca calò il mestolo di legno, la minestra prese a volteggiare. Izuku con essa. Chiuse gli occhi, sentì il brodo sommergerlo, riempirgli ogni orifizio, ogni lembo di pelle. Lo sentì filtrare nei polmoni, sbarrò gli occhi, gli parve di soffocare, strillò più forte. La bocca però, era diventata un buco senza altre facoltà. Non respirava nemmeno più.

S'arrese a un sonno che gli parve morte.

Qualcosa gli artigliò un braccio. Schiuse gli occhi, l'aria gli riempì la bocca, il petto. Tornò a respirare di colpo, gli bruciò la gola. Davanti a sé c'era una distesa di lapidi. Era tutto buio, tutto freddo. Si tirò su. I mostri-zucca erano spariti. Si rimise in piedi, si sentiva tutto il corpo ustionato. Sollevò un lembo della maglietta, spaventato. La pelle era ricoperta da ustioni giganti, bollicine piene di liquido. Storse le labbra, trattenne un gemito; era in un cimitero. Aveva smesso di farsi domande. Non sapeva come tornare al suo mondo, aveva fredddo, era ferito, stanco. Zoppicò in cerca dell'uscita. Non la trovò. Le lapidi gli giravano attorno come su una giostra. Era tutto così lugubre.

Si stese accanto ai fiori, su una lapide con l'immagine di un vecchio signore baffutto.

«Che diavolo sta succedendo?» si domandò fra sé e sé. Gli bruciava la gola. Poggiò la testa su quel terreno umido. L'odore dei fiori freschi gli solleticò le narici. Cercò sollievo poggiando le mani bruciate contro il marmo gelido della lapide, funzionò. Almeno finché qualcuno non gliele cacciò via.

«Questa è la mia tomba, ragazzo! Trovatene una tua.»

Si trovò davanti una figur smorta. La testa distaccata dal collo, un buco nel petto. Izuku arretrò impaurito. Balzò in piedi, gli arti gli fecero scappare un gemito.

«Cazzo.» biascicò.

Il signore davanti a lui era bianco come un calzino. Aveva baffi più scuri, un corpo che sembrava fatto di pensieri. Che stava succedendo? Cos'era quello? Tremò. Si rifugiò accanto ai fiori. Non c'era neppure un arma nei paraggi, come poteva-

La luce accanto alle lapidi. La prese di scatto, la gettò contro la figura. Quello strillò qualche insulto, il suo intero corpo s'infiammò. Una fiamma color arancio salì da quel riflesso bianco, grasse risate rieccheggiarono lungo tutto il campo. Izuku si portò i palmi alle orecchie, premette forte. Non voleva sentire il suono della morte, non voleva vedere ma doveva assicurarsi di essere al sicuro e-

«Tutto bene?»

Stavolta, c'era una donna. Izuku se la trovò davanti come un'allucinazione. Era vestita di stracci rotti, ma era sicuro che fossero un abito da sposa. C'era anche il velo tutto bucherellato. Un bouquet fiorato gli pendeva dal polso rachidico. Era magra, aveva labbra grosse, tinte di viola, occhi blu, enormi. Ciuffi color ossidiana che le toccavano il petto ogni volta che si piegava.

Izuku arretrò, sentì il freddo della lapide contro i reni.

«Chi sei?» biascicò. Aveva una voce rauca, secca. Avrebbe voluto bere fino ad avere la nausea, gli pulsava tutto il corpo, aveva l'emicrania.

«Sono una sposa.» mormorò lei, sorridendo. Scoprì i suoi denti, quelle striscioline bianche, rotte ai lati. «Sono una sposa bellissima, felice. Ma mi manca lo sposo. Ho un'idea! Vuoi essere il mio sposo? , devi essere il mio sposo, dammi la mano. Dammi la tua mano, dammi-»

«No, io non... non posso, mi dispiace-»

Il viso di lei assunse una sfumatura più scura, si rabbuiò. S'accostò. Gli prese la mano, la strinse a forza tra le sue, Izuku strillò. Le bollicine presero a infiammarsi, la testa gli pulsò.

«Lasciami, lasciami, lasciami stare!» strillò, ma lei rise. Di una risata che gli penetrò nelle vene, che gli fece venire i brividi. «No, no, no!»

«Ora ti riporterò dalle zucche, con le zucche. Devi stare con loro.» aveva una voce cattiva, sdoppiata. Izuku ne ebbe paura, la colpì in viso, forte. La testa le si staccò dal collo, il sangue spruzzò come una fontana, cadde tutt'attorno a loro. Gli sporcò il viso, gli schizzò la bocca. Sputò, si rialzò di colpo. Doveva scappare.

La donna strillava, correva, scalpitava.

«Vieni qui! Vieni qui!» gridava mentre arrancava contro le lapidi e ci strusciava le unghie contro, le faceva diventare rami. Izuku si strinse la testa, corse, corse senza guardarsi indietro. Sorpassò una serie di lapidi, qualche cappella, alberi. Il cancello. Lo vedeva, era a pochi metri da lui, era proprio...

Qualcosa gli si avvinghiò al piede. Scivolò. Tese le mani in aria, provò ad afferrarsi a qualcosa, ma non aveva nulla affianco, attorno. Cadde di faccia, sbatté il naso, ruzzolò sangue rosso come vino. Ne sentì il sapore amaro in bocca, in tutta la gola. Non riusciva più a distinguere quale fosse il suo sangue e quale fosse quello della sposa. La sposa. Si ricordò di lei, scalciò. Davanti a sé, il cancello si faceva sempre più lontano. Le sue inferiate nere erano stecchini, il custode, un uomo grassotello, rideva. Lo indicava, gracchiava col giornale ancora stretto tra le mani. Poi si volse, lo guardò. Era un mostro. Un mostro con la testa di zucca e improvvisamente ecco che avanzava fino a lui. Izuku scalciò, si graffiò contro il terreno. Fu tutto inutile, il custode aprì la bocca, la Luna luccicava sopra di loro, rendendo quella bocca un incavo arancione e rosso. Rosso di sangue.

«Buon appetito!» strillò quella voce grottesca. Izuku serrò gli occhi, s'irrigidì. La zucca chinò la testa sul suo collo, lo morse.

«Izuku!»

Gli si sbarrarono gli occhi. Il fiato gli ruzzolò in gola come un incendio. Lo sentì ardere, scendere, cadere. Schiuse gli occhi, i colori forti lo colpirono. Sbatté le palpebre, cercò di mettere a fuoco. Cos'era quello? Cos'era tutto quel giallo?

«Ohi, ma ti svegli?»

Riconobbe la voce, fu colto da un capogiro. Si aggrappò al suo braccio.

«Katsuki.» biascicò

«Hai preso una botta in testa?» gli chiese. Sentì il letto abbassarsi, qualcosa gli scivolò dalle orecchie, tornò a sentire bene. Prima di allora, i suoni erano stati distanti, ovattati.

«Kacchan, che succede? Dove sono i mostri-zucca

«Ti sei di nuovo addormentato con le cuffiette. E la musica dark. Cristo, una di queste volte ci resterai secco, vedrai.»

Cuffiette.

All'improvviso gli si fece tutto più chiaro. Ma certo, s'era addormentato qualche ora prima, tornando dagli allenamenti. Era così stanco che s'era infilato le cuffiette con i video di Halloween, sui mostri-zucca, sulle spose cadaveri, sui travestimenti. Che stupido era stato, che scemo. Certo, era andata così. S'era addormentato e aveva fatto tutti quegli incubi infiniti. Sospirò, si tirò a sedere, si perlustrò le mani col cuore in gola.

Non c'erano piaghe, non c'erano bruciature. Tirò un sospiro di sollievo.

«Kacchan, menomale che mi hai svegliato.» biascicò.

Il biondo s'era seduto sul letto, lo guardava incuriosito. Aveva addosso la solita maglietta col teschio. Nello scorgerla Izuku fu pervaso da un brivido; i ricordi erano ancora troppo freschi.

«Che hai sognato?»

Si guardò ancora le mani, tremando. Temeva di veder spuntare le vesciche da un momento all'altro, o che la testa di Katsuki si fosse trasformata in quella dei mostri-zucca, o che-

«Se resti qui ti racconto tutto.» promise.

Gli si aggrappò alla mano. Katsuki scosse la testa, sembrò star combattendo una battaglia tra sé e sé. Alla fine annuì.

«Sputa il rospo.»

Izuku si mise a sedere con le gambe incrociate, le mani ancora tremanti. Le parole scivolavano via come sangue.

«Ho sognato di essere in una...»

Nessuno dei due si accorse della figura oltre la finestra, di quegli occhi gialli, vuoti, inquietanti, della testa a forma di zucca che li spiava.

🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕

Alla finestra qualcuno li stava osservando dall'inizio della prima storia. Aveva ascoltata felicemente ogni singolo racconto con il suo sorriso smagliante e l'eccitamento che solo una bambina poteva possedere.

I suoi lunghi capelli bianchi si muovevano al ritmo del vento mentre i suoi occhi rossi e verdi continuarono ad illuminarsi ad ogni abbraccio e bacio che la famiglia si dava all'uno e all'altro.

<<Sapete la storia più inquietante? Che in quella famiglia ci sarei potuta essere pure io...>> Ma non aggiunse altro.
Se ne andò via, per poi sorvolare tutte quelle case con altrettante famiglie in festa mentre lei era sola.

La notte divenne sempre più buia mentre lei cantò come sempre la sua solita ninna nanna prima di scomparire definitivamente fra le stelle di quello spaventoso cielo notturno.

Dormi dormi anima bella,
Che tu non sia più maledetta.
Vorrei tanto potermi addormentare
Per potervi finalmente sognare.
Le luci della notte mi fanno compagnia
Ma come farò senza la vostra melodia?
Il mio cuore ogni volta si rivolge alle stelle perché è proprio da lì che provengo.
Per favore salvatemi da questo dolore...
L'oscurità non aspetta e presto mi divorerà per sempre.





Written by Lilla:

«E questa era l'ultima, bambini.» disse, chiuse il libro che teneva sulle ginocchia.

Si schiarì la gola con un bicchiere d'acqua. Aveva letto tutte le favole del libro. Gettò un'occhiata alla finestra. S'era fatto buio, le decorazioni ai lati della stanza s'erano colorate di ogni sfumatura. Le zucchette appese alle colonne li guardavano come se stessero sorridendo. Si sistemò sulla sedia, tornò a guardare i bambini.

«Ricordatevi marmocchi; fate i bravi altrimenti durante la notte di Halloween, il mostro-zucca verrà anche a casa vostra e vi mangerà.»

«Kacchan!»

«Zio Kacchan!»

«Papà!»

Esclamarono tutti insieme. Katsuki scrollò le spalle.

«Ho solo detto la verità, ti ricordi di quella volta in cui-»

«Ok, ok. Bambini, sono arrivati i vostri genitori!» sentenziò Izuku, avviandosi in direzione delle porte. Le schiuse e permise ai loro amici di entrare. Avevano organizzato quella giornata per farli divertire e raccontargli qualche buffa avventura.

Salutò i suoi ex compagni di classe, batté la mano a Kirishima, salutò Shoto, Sero, Uraraka, Toga. C'erano anche Mirio e Tamaki che si tenevano per mano. Loro figlio era identico. Un misto tra il viso di uno e le linee facciali dell'altro. C'erano Hawks e Dabi, il corvino stava prendendo in giro il fidanzato per chissà quale sciocchezza, c'erano Shinsou e Denki. Denki era tutto sorridente, con un costume da scheletro, con tanto di trucco, Hitoshi gli camminava affianco, tenendo le loro dita intrecciate. Izuku si precipitò da una coppia all'altra, assicurandosi che i bambini fossero tutti correttamente affidati. Li salutò con baci sui capelli, strette.

«Grazie mille per oggi, Izuku.» gli disse Tsuyu, avvicinandosi. Tokoyami s'era messo un mantello con tutte lucciole disegnate sopra.

L'hero sorrise.

«Non c'è di ché. Sai che amo i bambini.»

Gli altri ricambiarono il sorriso, gli diedero abbracci, strette di mano, baci sulle guance. Mina gli batté una mano sul sedere, facendolo diventare bordeaux.

«Buona serata, BakuDeku!» cinguettò mentre sua figlia riempiva di baci Kirishima.

Izuku stava per prendere fuoco. Si rifugiò vicino a Katsuki e al loro figlio. Il biondo lo prese per mano, borbottando qualche insulto verso Mina e il suo Capelli di Merda.

Fu solo quando se ne andarono tutti e Izuku ebbe spolverato la scuola, rimesso a posto le decorazioni e sistemato il salone che ebbe modo di pensare alla sua famiglia. Il figlio s'era addormentato. Era felice della giornata trascorsa insieme, Katsuki l'aveva messo a letto, gli aveva baciato le guance.

Gli sfuggì un sorriso.

Era da quel primo Halloween che stavano insieme. Lo amava. Lo amava come non aveva mai amato nessuno. Lupetto o non.

Gli si avvicinò, intrecciò le loro dita. Katsuki, il viso invecchiato dall'età gli rivolse un sorrisetto, lui glielo baciò. Avrebbe baciato quel sorriso miriadi di volte, sempre.

«Buon Halloween, Kacchan.»

«Buon Halloween, fantasmino mio

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top